Stavo facendo un volo all’interno degli Stati Uniti quando ho conosciuto delle donne che venivano dall’Inghilterra, dalla Francia e dalla Germania e stavano andando a un congresso internazionale di coperte patchwork.
Mi hanno raccontato che avevano l’abitudine di riunirsi e lavorare insieme. È sempre un piacere ritrovarsi tra amiche e fare delle cose assieme come giocare a burraco o lavorare a maglia, fare biscotti oppure intrecciare cesti. L’idea di intrecciare cesti è venuta a una signora tuderte, Francesca Marri, che si diverte con le sue amiche e assieme si rilassano dopo una giornata impegnativa. La casa della signora Marri è piena di cesti di ogni tipo, colore e funzione; Francesca non si limita solo a intrecciare rami e rametti, ma conosce anche la storia dei cesti, che si perde indietro nei secoli.
I cesti di ogni dimensione sono sempre stati usati da che esiste l’uomo. L’uomo primitivo ha imparato a intrecciare rami e farne dei contenitori per trasportare le cose asciutte, ma non si potevano trasportare i liquidi. Allora si comincia a usare la terra argillosa come semplice rivestimento dell’interno dei cesti per renderli impermeabili. Poi l’argilla uscirà dai cesti e diventerà ceramica uno dei capisaldi delle prime civiltà. Il cesto è un prodotto naturale, perché è il risultato di intrecci di rametti di ogni tipo di pianta. Francesca intreccia rametti di olmo, di ginestra, di vitalba, di ornello, di salice e i rametti dritti degli olivi. Così ho scoperto che il salice da intrecci è la varietà detta Salix Viminalis.
Ne consegue che il colle Viminale, dove ha sede il Ministero degli Interni, era un colle coperto di salici. L’uomo ha imparato a non distruggere la natura nemmeno per fare i cesti. Infatti, i rami si raccolgono prima delle gemme e si raccolgono solo i ributti o i polloni che sono quei rami legnosi che crescono alla base delle piante e che andrebbero eliminati. Appena raccolti sono freschi e umidi e necessitano di essere asciugati ma non troppo perché non si secchino.
Una volta asciugati si bagnano leggermente per far riprendere la plasticità e si procede. E qui nascono le sorprese. Ogni paese, ogni zona ha il suo cesto e ogni ramo permette di essere lavorato con una tessitura particolare. In Francia, nel Perigord, la tecnica è tutelata ed è caratterizzata da una particolare lavorazione a spirale che si fa con il vimini, osier in francese.
Prima di conoscere la signora Marri credevo che i cesti fossero oggetti non particolarmente interessanti. Invece mi sono accorta di averne visti tanti e con tante funzioni diverse. Nei miei ricordi di bambina ci sono i cestini porta merenda dell’asilo, le gerle che i montanari caricavano sulle spalle come zaini e le sporte per la spesa che le donne avevano al mercato. Ne ho visti anche in mano ai raccoglitori di funghi su e giù per i boschi, ho visto i cestini porta trote addosso ai pescatori, ho avuto la borsa keniota e il cestino porta pane sardo. Insomma, ero circondata da questi silenziosi aiutanti che non apprezzavo a sufficienza.
Se qualcuno si vuole cimentare a intrecciare vimini e altri rami basta che vada su Instagram e vedrà la signora Marri in azione.
Instagram: cesteria _ telospiegoconlemani
Renata Covi
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