I pastori e l’origine delle paste romane

Immaginiamo, qualche secolo fa, un pastore con le sue pecore e i suoi cani che porta i propri ovini a brucare in qualche pascolo lontano dalla propria casa: è il fenomeno della transumanza, le cui radici affondano nel III secolo a.C.

In Italia, la transumanza è stata sempre effettuata con regolarità, anche se in tempi recenti non è poi ancora così diffusa, per motivi legati a tecnologie e modalità di allevamento animale innovative: in alcuni casi viene fatta con camion e autotreni su cui vengono trasportati gli animali. La transumanza mediterranea – differente è quella alpina legata all’alpeggio in estate e alla custodia in stalle in inverno – è il trasferimento delle mandrie e delle greggi, in estate, verso i pascoli in quota e in inverno verso quelli a valle e in pianura, con spostamenti tra territori anche molto distanti tra di loro.

 

 

Lo spostamento degli animali, attraverso i tratturi – le vie della transumanza – è una ricorrenza antica utile ad avere condizioni climatiche favorevoli e sempre buoni pascoli; i pastori vi portavano le loro greggi, venendo accompagnati dai loro fedeli e operosi cani, che rappresentavano un imprescindibile aiuto per la gestione e la difesa delle pecore. Talvolta gli spostamenti stagionali riguardavano anche i cavalli, come per quelli bradi di Castelluccio di Norcia.
Questa usanza è stata praticata, fin dai tempi antichi, nelle regioni dell’appennino centro-meridionale, soprattutto nella parte meridionale di Umbria e Marche, nella maremma tosco-laziale, nell’alto Lazio, in Puglia, Lucania, Campania, Abruzzo e Molise. Tale tecnica pastorale ha innescato importanti e indissolubili conseguenze con scambi sociali, culturali e gastronomici.
Da questo punto di vista i pastori, nei loro percorsi di transumanza, transitavano perlopiù distanti dai luoghi antropizzati e dovevano cibarsi dove si trovavano e con quello che avevano a disposizione. Infatti si portavano dietro alimenti che rimanessero inalterati nonostante il clima e i lunghi tragitti, al fine di conservare le loro caratteristiche alimentari. Carni secche, formaggi, fiaschetta di vino e gallette venivano portati al seguito mentre scambiavano, con i contadini che incontravano, formaggi freschi e ricotta con uova, pane, farina, vino oppure con sale, pepe, tabacco e fiammiferi. Lo scambio di culture, di prodotti, di usi e costumi, fin da allora nasceva spontaneo tra popolazioni diverse.
Una fonte d’acqua era una sosta obbligata per far bere le greggi e qui i pastori s’incontravano tra di loro o con le genti locali che commerciavano o che esercitavano il baratto. In questi luoghi, costantemente frequentati, potevano nascere, sasso dopo sasso, o un ricovero o un luogo di culto e in seguito un agglomerato abitato.

I piatti della tradizione

Tra gli alimenti che un pastore transumante dell’appennino dell’areale prossimo al confine umbro-laziale-marchigiano-abruzzese e destinato con le sue greggi ai pascoli attorno a Roma poteva portare con sé, come scorta personale di derrate alimentari, erano farina o pasta essiccata, pecorino, guanciale, uova e dopo la scoperta dell’America, il pomodoro.
Da questi pochi elementi nascono dei piatti definiti storici e di culto che hanno origine dalla cucina tipica antica, conosciuti a tutte le latitudini del globo terrestre e che la città di Roma ha fatto si che siano divenuti tra i protagonisti della propria tipicità: Roma li ha fatti conoscere ai viaggiatori di tutto il mondo associandoli, come è corretto, a un binomio indissolubile costituito dalla bellezza della Città Eterna e dalla bontà degli antichi piatti.
Quindi la pasta cacio e pepe, la gricia, la carbonara e l’amatriciana sono piatti considerati tra i più autorevoli e apprezzati ambasciatori di romanità che ovunque non vengono tradotti nella lingua locale ma sono, a prescindere, riconosciuti e desiderati, riuscendo così ad abbattere qualsiasi tipo di barriera e mettere d’accordo tutti quelli che li hanno potuti apprezzare o solamente agognare di assaggiarli. Ma in tutto questo, i pastori transumanti dell’appennino e delle campagne dell’Italia centrale, sono stati i veri e inconsapevoli protagonisti per aver ispirato tali ricette nate da ingredienti, per loro necessari e che hanno donato un’unicità culinaria e tipicità che Roma ha avuto il pregio e la forza di diffondere ai palati di tutto il mondo.

 

Carbonara

 

Possiamo dire che la pasta alla gricia è la capostipite storica dei condimenti delle altre paste; schematicamente, mettendo in risalto gli ingredienti che compongono il piatto, potremmo così riassumere:

  • pasta, guanciale, pecorino e pepe = Pasta alla Gricia;
  • meno guanciale = Pasta Cacio e Pepe;
  • più uovo = Pasta alla Carbonara;
  • più pomodoro = Pasta all’Amatriciana.

Tutti e quattro i piatti sono composti da ingredienti molto semplici, ma la loro preparazione è talmente delicata e meticolosa nei vari passaggi culinari che richiede molta attenzione.
Ciascuno di questi quattro piatti ci aiuterà a fare un viaggio del gusto a ritroso nel tempo e con la mente potremmo immaginare di diventare un po’ pastori come quelli che preparavano e assaporavano la loro pasta in un’antica ricetta mentre, con le loro greggi, erano destinati ad arrivare a Roma e a portare le loro preziose testimonianze culinarie che sarebbero state destinate a divenire immortali come e insieme alla beltà della Città Eterna.
Non solo Roma ma visitare l’appennino umbro e laziale, n0ursino e amatriciano potrebbe essere un’occasione per scoprire nuove mete e territori e conoscere le comunità locali con le loro tradizioni secolari. Sicuramente, durante le nostre passeggiate sui sentieri tra un borgo e l’altro, incontreremo qualcuno che ci intratterrà piacevolmente con racconti e aneddoti sulla transumanza e magari essere accompagnati nella conversazione da un gustoso piatto di pasta preparato con una ricetta antica e un bicchiere di buon vino.
Rimanete sintonizzati su queste pagine, prossimamente vi racconteremo la preparazione originale delle quattro antiche ricette e allora si che ne scopriremo delle belle… vi avviso che saranno banditi aglio, olio, peperoncino, cipolla e ovviamente la panna, altrimenti non parleremo delle antiche e originali ricette ma delle loro, seppur apprezzate, fantasiose e irriverenti varianti. Evviva i pastori! Evviva la tradizione pastorale appenninica e italiana!

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Marco Pareti

Giornalista pubblicista, si definisce etrusco, in quanto nato nella Capitale da padre umbro di Tuoro sul Trasimeno e madre toscana di Cortona. Appassionato di foto, cinema, storia e viaggi, è attratto dalla cultura enogastronomica dei luoghi visitati e dagli usi e costumi locali. Laureato in Pedagogia, ha scritto libri, ideato e organizzato eventi e mostre. Per AboutUmbria Magazine scrive di eventi e territorio.