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L’oro rosso dell’Umbria

di Renata Covi

Lasciamo parlare i numeri: 150.000/180.000 fiori di Crocus Sativus coprono un campo immenso bellissimo e violetto, e da tutto quel campo si ricava solo un chilogrammo di zafferano.

L’oro rosso

Una quantità enorme di fiori per poco prodotto: ovviamente questo fa alzare il prezzo, come per il caviale, ma a differenza di quest’ultimo lo zafferano ha una storia millenaria che oscilla tra magia, salute, prestigio e cucina. È stato per secoli un prodotto di successo, tanto da guadagnarsi il soprannome di oro rosso. È stato un prodotto multitasking, usato come colorante per tingere i tessuti reali, ma anche come prezioso afrodisiaco e cosmetico per ravvivare le guance pallide.

In Italia la parola zafferano evoca subito il risotto alla milanese, mentre in Francia è un ingrediente della bouillabaisse (zuppa di pesce) e in Svezia è un elemento del Grande Amaro Svedese.

Tutti si servono dello zafferano. Infatti è molto richiesto e nel mondo se ne producono 180 tonnellate l’anno. Il 90% proviene dall’Iran. Quello in polvere è una delle spezie più soggette a frodi e adulterazioni. La polvere può essere mescolata con la curcuma o con la calendula, ma c’è chi non esita ad aggiungere minerali polverizzati o coloranti sintetici. Poi, come nelle antiche spezierie, c’è anche il rischio di acquistare un prodotto ormai vecchio e mal conservato.

prodotti tipici umbria
Fiori di zafferano essiccati

Lo Zafferano del ducato

Una volta arrivava da Oriente seguendo il percorso della Via delle Spezie, poi ha attecchito anche in Italia ed è stato coltivato in Abruzzo e nelle terre di Spoleto e di Terni.

Varie vicende storiche ed economiche l’avevano fatto sparire dal mercato interno, ma adesso è tornato alla grande. Noi italiani ne produciamo poco, ma coltiviamo la Ferrari dell’oro rosso. Per far fronte alle spese e alle difficoltà di coltivazione e raccolta, quaranta produttori umbri hanno trovato opportuno creare un’associazione dal nome evocativo di Zafferano del Ducato, a ricordo della sua presenza nel ducato di Spoleto. Uno dei soci, il signor Giuliano Sfascia, mi ha spiegato le caratteristiche che il prodotto deve avere per essere di prima qualità, e mi ha portato sul campo, dove ho visto in cosa consiste la grande fatica.

I fiori, i crochi, nascono da bulbi che sono messi nel terreno verso luglio, ma che non sopportano le coltivazioni intensive, hanno bisogno di spazio e di aria, crescono a mezza collina su terreni leggeri e ben drenati, di tipo sabbioso o limoso.

I 180.000 fiori, necessari per ottenere un chilo di zafferano, si possono raccogliere solo a mano, chinati sui crochi, di prima mattina, quando i fiori sono ancora chiusi. Ogni fiore ha solo tre stimmi rossi (antennine) portatrici della spezia, cioè dello zafferano. Questa dura raccolta si chiama sfioritura e si fa nel mese di ottobre.

I crochi

Raccolti i fiori, si staccano delicatamente i tre stimmi, che vengono messi in un vaso di vetro e portati subito a essiccare. Prima si asciugano e tanto meglio sarà il sapore della spezia. Produrre zafferano richiede fatica e molte ore di lavoro ed è una coltivazione soggetta a mille rischi, intemperie e parassiti compresi. A tutto questo si deve aggiungere che ogni raccolta, per ottenere la certificazione di qualità, deve essere analizzata da un laboratorio autorizzato.

Crocina, cioè il colore, Pirocrocina, il sapore amaro e Safranale, cioè l’aroma, sono le tre sostanze che caratterizzano lo zafferano, ma solo se la presenza di queste sostanze è alta si ha uno zafferano di prima qualità. Nessuna magia. La buona coltivazione aiuta le tre sostanze a dare il meglio di sé. Quindi, buon risotto a tutti.

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Renata Covi

Redattrice enogastronomia e tradizioni popolari