Citerna appartiene al Club de
I Borghi Piรน Belli d’Italia
Per alcuni ha origine a Siena, durante la furiosa epidemia di peste del 1348, quando un medico aveva preso lโabitudine somministrarlo ai malati; per altri, invece, sembra sia nato da unโesclamazione volata nella mensa del Concilio di Firenze del 1439 e da un malinteso. Quale che sia la storia, รจ indubbio che il vinsanto debba il suo attributo a qualche proprietร particolare, magari miracolosa. O forse alla sacralitร del procedimento che serve per ottenerlo.
Un lavoro da farsi con la luna calante
ยซVuoi assaggiare questo nettare? Ma questo non รจ un vinsanto, รจ un nettare! Oh amabile sorbetto, nettare prezioso e delicatoยป. (Goldoni)
Bevanda da dessert dal colore ambrato, il vin santo รจ il prodotto piรน fine delle uve Trebbiano e Malvasia, come pure del Grechetto, del Cannaiolo, della Vernaccia e di San Colombano. In Toscana รจ ottenuto anche da uve San Giovese, tanto da essersi guadagnato lโepiteto di Occhio di Pernice. Quali che siano gli uvaggi scelti, la creazione del vin santo presuppone una scelta: i grappoli migliori, a uno stato di maturazione non troppo avanzato โ in modo che le bucce possano resistere allโappassimento โ vengono raccolti e appesi per tre, o addirittura quattro mesi, in modo che appassiscano. Era credenza diffusa che i grappoli, singoli o coppidi, cioรจ doppi, non sarebbero marciti se fossero stati appesi in fase di luna calante (o dura).
Diffuso nellโAlta Valle del Tevere e nella vicinissima Toscana, il vin santo acquista perรฒ a Citerna quella nota affumicata che lo ha reso Presidio Slow Food. Le vaste pianure sottostanti il borgo, come pure lโabbondanza dโacqua, avevano infatti permesso alla zona di essere eletta a luogo ideale per la coltivazione del tabacco, destinato ai Monopoli di Stato. Cosรฌ, per ottimizzare gli spazi, grappoli e foglie venivano appesi alle travi del soffitto in modo che potessero seccarsi col calore delle stufe e dei camini. Fonti di calore che, inevitabilmente, finivano per sprigionare anche del fumo, donando alle uve il tipico retrogusto di affumicatura.
Una fermentazione difficile
Il vin santo ormai passito viene poi pigiato e fatto fermentare โ con o senza vinacce โ in caratelli di legno con una capienza che oscilla dai 15 ai 50 chilogrammi. Le dimensioni di questi contenitori la dicono lunga sulla qualitร della bevanda che si finirร per ottenere. Innanzitutto danno la misura della produzione del vin santo, estremamente contenuta: mediamente un quintale dโuva, una volta terminata la fase di essiccazione, arriva a pesare 30-35 chilogrammi, e deve essere ancora pigiato.
In seconda istanza, contenitori di tali dimensioni permettono di sacrificare solo una piccola parte della preziosa annata, nel caso qualcosa dovesse andare storto in fase di fermentazione. Questo passaggio รจ infatti estremamente delicato: dato il forte appassimento, il mosto del vin santo ha una concentrazione zuccherina molto elevata che, a sua volta, comporta un alto tenore alcolico. Lโagente lievitante contenuto nella pruina โ la sostanza cerosa che ricopre gli acini proteggendoli dai raggi ultravioletti e dalla disidratazione โ difficilmente riesce a sopravvivere a tenori alcolici superiori al 13%, e qui stiamo parlando di valori che possono raggiungere anche il 19%.
I produttori, per arginare questo problema, si servono della feccia delle annate precedenti, ovvero di una specie di deposito che, conservato di anno in anno e ripartito nei vari caratelli, รจ capace di stimolare la fermentazione. A questo proposito, la feccia viene chiamata madre e, dal momento che rimane anche nel legno dei caratelli stessi, questi vengono riutilizzati senza essere prima lavati.
Il vino ambrato
Una volta riempiti per ยพ, i contenitori vengono sigillati e stoccati โin passato venivano posti in soffitta, in modo che fossero esposti alle escursioni termiche, ritenute benefiche – e lรฌ rimangono per almeno tre anni. Lโincertezza sulla buona riuscita del vino aleggia fino allโapertura dei caratelli, quando si saprร se la feccia madre sia riuscita o meno a far fermentare il mosto, salvandolo dal marcescenza. ร curioso che, a Citerna, proprio il vin santo venisse usato per ammorbidire le foglie del tabacco che, sottratte al Monopolio di Stato, venivano nascoste in casse di latta e sepolte nei campi. Tuttora, in Toscana, i fumatori di sigaro sono soliti inzupparli nel vin santo per gustarli meglio.
Sitografia:
www.fondazioneslowfood.com/it/presidi-slow-food/vinosanto-affumicato-dellalta-valle-del-tevere/