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Parlare di maiale, in Umbria, significa aprire un vero e proprio vaso di Pandora. Norcini, porchetta, migliacci, Presidi Slow Food, sagre paesane e una tradizione che, da espressione massima della parsimonia contadina โ€“ sempre caro fu il detto ยซdel maiale non si butta via nienteยป โ€“ ha finito per diventare identificativa di una regione intera: tante sono le sfumature che reca con sรฉ questo animale che si affianca allโ€™uomo fin dai tempi piรน remoti.

รˆ vero, nel tempo si รจ trasformato: nel Medioevo, per esempio, era piรน piccolo e scuro di quello attuale; era piรน simile al cugino cinghiale, al punto da essere macellato solo tra il secondo e il quarto anno di etร , per massimizzarne la resa in un tempo in cui le disgrazie, piรน che con le famigerate vacche magre si presagivano nelle sembianze di porci magri.
Questo appuntamento โ€“ che spesso assumeva i connotati di un vero e proprio rituale โ€“ avveniva tra dicembre e gennaio, come testimonia una delle formelle della Fontana Maggiore di Perugia. Nel catino inferiore della simbolica opera cittadina in pietra di Assisi, vi รจ infatti rappresentata la spezzatura del maiale, corrispondente al mese di dicembre e al segno zodiacale del Capricorno.

 

Dettaglio della formella con la spezzatura del maiale. Fontana Maggiore, Perugia.

 

Spesso questo appuntamento tanto atteso coincideva con la festa di Santโ€™Antonio Abate, il 17 gennaio, riconoscibile proprio perchรฉ rappresentato, tra le altre cose, con un maialino dotato di un grazioso collare con campanello.

I maiali in chiesa

Proprio cosรฌ il maiale si ritrova nella Chiesa di Santa Maria Assunta a Vallo di Nera. Datata 1176 e riconoscibile grazie al rosone a dodici colonne e al portone dโ€™ingresso ogivale, questa chiesa a navata unica che rispetta gli stilemi del romanico spoletino accoglie numerosi affreschi, tra cui spiccano quelli di Cola di Pietro da Camerino. Non solo la processione dei Bianchi verso Roma โ€“ movimento penitente nato nel 1399 di cui questo affresco rappresenta la testimonianza piรน completa โ€“ ma anche scene dalla vita di Santโ€™Antonio Abate, con quattro maiali bianco-neri slanciati e dalla lunga coda arricciata.

 

Dettaglio dell’affresco di Cola di Pietro da Camerino, Chiesa di Santa Maria Assunta, Vallo di Nera.

 

A guardarli bene, sembrano essere cinti da una striscia bianca, che evoca non solo la cintura di pustole tipica del famoso fuoco di Santโ€™Antonio (il nome comune dellโ€™Herpes zoster) ma anche i colori della famosa cinta senese. In realtร  si tratta dellโ€™appenninico maialino cintato e, grazie a questi affreschi, lโ€™Universitร  degli Studi di Perugia e il Parco Agroalimentare dellโ€™Umbria hanno potuto promuovere il recupero e la reintroduzione dello scomparso cinturino.
Uno di questi quattro maiali affrescati, riconoscibile grazie al campanello che porta appeso al collo, si inginocchia proprio al cospetto di Santโ€™Antonio Abate. Ma perchรฉ il campanello?

 

Chiesa di Santa Maria Assunta, Vallo di Nera.

Un permesso speciale

รˆ il 1090 e la Valle del Rodano, in particolare la cittร  di Vienne, viene colpita da una brutta epidemia, caratterizzate da pustole il cui dolore ricorda il fuoco sulla pelle. Solo venti anni prima era stata eretta la Chiesa di Saint Antoine de Viennois per ospitare le reliquie del Santo che, da Costantinopoli, erano arrivate in cittร . Durante lโ€™epidemia, per gestire gli ammalati fu allestito un ospedale proprio a fianco della chiesa, gestito dai Canonici regolari di Santโ€™Antonio di Vienne, che erano soliti applicare sulle dolorose pustole un unguento ricavatoโ€ฆ dal grasso del maiale. Le bestiole, mal tollerate nel contesto cittadino, vennero cosรฌ lasciate scorrazzare libere in cittร  โ€“ in modo che la ripulissero anche dai rifiuti โ€“ ma a questo scopo dovevano essere dotate di un campanello, lo stesso con cui gli

Il porcellino portafortuna della Chiesa di Sant’Antonio Abate, Perugia.

antoniani erano soliti annunciare la questua. I maiali tanto bistrattati contribuirono non solo a lenire i dolorosi sfoghi dei malati, ma anche a sostenere un ordine giovane, ma che riscosse subito molti favori e proseliti.

Licenze iconografiche

Quindi il maiale non era tanto un simbolo di Santโ€™Antonio โ€“ a meno che non si voglia considerarlo una reincarnazione di tutte le tentazioni di cui riporta notizia lโ€™agiografia del Santo โ€“ ma dei suoi seguaci. Eppure questo slittamento ha finito per diventare storia, associando per sempre il santo con questa bestiola che, per metonimia, le rappresenta tutte: Antonio รจ infatti anche il protettore degli animali e in molte chiese dellโ€™Umbria, in occasione della festa patronale, gli animali vengono portati per essere benedetti. E se proprio qualcuno volesse godere di un poโ€™ di sana protezione divina e – perchรฉ no – anche di un poโ€™ di abbondanza, a Perugia รจ anche possibile recarsi a sfregare la scultura del porcellino di pietra (XV secolo) che caratterizza la Chiesa di Santโ€™Antonio, posta nei pressi dellโ€™omonimo cassero.

Un luogo dai tanti tesori nascosti e lontano dal turismo di massa.

Una domenica mattina di luglio sono stata con la mia famiglia a Vallo di Nera, per la prima volta. Nonostante sia un’umbra doc, in 34 anni di vita non mi รจ mai balenato per la testa di fare una passeggiata da quelle parti perchรฉ non conoscevo i tesori che si nascondono in questo borgo cosรฌ affascinante. Non per altro รจ considerato uno dei Borghi piรน Belli d’Italia e Bandiera Arancione del Touring Club.

 

Chiesa di Santa Maria Assunta, foto dell’autrice

 

Abbiamo parcheggiato l’auto fuori le mura e siamo entrati in cittร  dalla via che conduce alla Chiesa di Santa Maria Assunta. Alcune signore, in abiti domenicali, erano pronte ad assistere alla Messa. Sorridendoci, ci hanno invitato a entrare in chiesa per ammirare i favolosi interni affrescati da artisti di scuola giottesca. Siamo rimasti sbalorditi dalla bellezza di questo piccolo gioiello che conserva, tra gli altri, La Processione dei Bianchi di Cola di Pietro da Camerino, risalente al 1401.
Uscendo, ci siamo accorti che la porticina a sinistra della chiesa era aperta e dava su un piccolo chiostro tenuto magnificamente. Percorrendo una delle stradine di fronte alla piazza, ci siamo imbattuti in una targa con scritto Casa dei Racconti a fianco a un edificio chiuso. Incuriositi, abbiamo cercato informazioni su internet e abbiamo scoperto che si tratta di un centro di ricerca e documentazione sulla letteratura popolare, un luogo depositario della tradizione orale dell’intera comunitร , soprattutto quella che si tramanda da generazioni e che contiene miti, leggende, favole, racconti e satire. Ci siamo quindi addentrati nei vicoli silenziosi, dove tutto riporta al passato e mi sono immaginata scene di vita medievale: cavalieri a cavallo, dame a passeggio e il correre dei bambini tra i banchi del mercato.

Chiesa di San Giovanni Battista

Tornata alla realtร , eravamo giunti di fronte alla Chiesa di San Giovanni Battista, che si trova nella parte alta della cittร . รˆ stata costruita tra il 1200 ed il 1300, ma รจ stata in parte ricostruita nel 1575. Purtroppo era chiusa quel giorno e non abbiamo potuto visitarla: un motivo valido per tornarci. Tuttavia, ci ha colpito la facciata molto semplice che dร  su una piazzetta che, al centro, ospita una cisterna e a lato un belvedere verso le verdi colline.
Abbiamo continuato la nostra visita salendo per le strette vie e, dopo aver percorso il perimetro del castello, siamo usciti dalle mura giungendo alla Cappella di San Rocco, che sorge sotto un porticato dove รจ presente anche un lavatoio e un abbeveratoio per animali. Quello che ci ha colpiti รจ l‘atmosfera tranquilla e rilassata di questo borgo. Vallo di Nera รจ un susseguirsi di stradine, mensole, portoni di legno e sottopassaggi angusti. Tutti si conoscono nel paese, una grande famiglia che ci ha accolti in casa propria con gentilezza e affabilitร . Non c’รจ alcuna traccia del turismo di massa e intorno la natura รจ la vera protagonista del paesaggio. Questi sono solo alcuni dei validi motivi per visitarla. La posizione in cui si trova, inoltre, offre spunti per diverse attivitร , come il rafting lungo il fiume Nera e una piacevole passeggiata in bici lungo il tragitto dell’ex ferrovia Spoleto-Norcia. Senza dimenticare che Vallo di Nera รจ la cittร  del tartufo.

Il Perugia Running Team 2020 riceve il testimone, dal team di Firenze, della staffetta solidale della Fondazione Umberto Veronesi, Pink is Good, che sta unendo l’Italia da Milano a Cagliari.

 

Le runners in rosa, dopo mesi di allenamento da giugno ad oggi, si cimenteranno nella corsa di 5, 10 15 o 21 km. Sarร  inoltre presente uno stand informativo sul progetto Pink is good, dove, chi volesse, potrร  dare il proprio contributo alla ricerca sui tumori femminili di Fondazione Umberto Veronesi. Appuntamento sabato 10 ottobre alle ore 9.00 presso il Percorso Verde “Leonardo Cenci” di Perugia.

Nellโ€™ambito del progetto Umbria, una terra che ti muove, promosso da C.U.R.A.,ย Alberoneroย ha presentatoย Monte Immagine, la sua ultima installazione ambientale, in collaborazione conย STUDIO STUDIO STUDIO, a Vallo di Nera.

 

Il progetto si compone di cinque installazioni realizzate con materiali naturali trovati nei boschi, resine e tessuti colorati che si compenetrano con gli elementi fisici e atmosferici del paesaggio circostante. Tutte le opere utilizzano gli alberi come colonne portanti, materie prime che, in ogni installazione, vivono il luogo attraverso suggestioni diverse.

ยซIn forma dunque di candida rosa che si mostrava la milizia santa (โ€ฆ) nel gran fiore discendeva che sโ€™addorna di tante foglie, e quindi risaliva lร  dove โ€˜l suo amor sempre aggiornaยป. (Dante Alighieri, Divina Commedia, Paradiso, Canto XXXI, vv. 1- 2 e 10-12)

I rosoni, veri ricami di pietra posti sulle facciate delle chiese, attraverso i loro decori filtrano la luce divina, trasformandosi in fasci colorati che illuminano le navate.
Il rosone รจ una ruota a raggi che simboleggia, secondo la tradizione cristiana, il dominio di Cristo sulla terra. รˆ presente sull’asse dellaย navata principale, talvolta anche di quelle secondarie o in corrispondenza diย cappelle o bracci trasversali. La forma circolare e la gamma cromatica hanno permesso aiย maestri vetraiย di creare opere d’arte sacra raffigurando, sotto forma diย icona, i passi piรน significativi delย Vangelo. Il rosone rappresenta la ruota della Fortuna: Dante stesso la definisce come un’Intelligenza angelica che ha sede nell’Empireo e che opera fra gli uomini attraverso un progetto divino. Il rosone ยซesplicita chiaramente la ciclicitร  della fortuna umana e confina il tempo degli uomini nell’incommensurabilitร  del tempo di Dioยป.[1]

 

Basilica di San Benedetto, Norcia, prima del terremoto.

 

Il suo nome, in uso dal XVII secolo, รจ un accrescitivo del termine di derivazione latinaย rosa, che ne suggerisce la somiglianza con la struttura del fiore. La rosa, la cui freschezza e bellezza suggerisce un simbolo etereo, richiama inoltre il calice di Cristo.[2]
Nella Divina Commedia, nel XXXI canto del Paradiso, Dante evoca la rosa celeste che raccoglie in paradiso la cerchia dei beati ammessi a contemplare Dio. Il rosone รจ in stretta relazione con il cerchio, simbolo di perfezione e quindi di Dio, ma allo stesso tempo รจ anche il simbolo del labirinto, il quale รจ creato dai tanti motivi vegetali presenti al suo interno. Il labirinto richiama la ricerca interiore e il viaggio iniziatico. Esso cosรฌ rappresenta un anello di congiunzione tra il mondo umano e quello divino.

Chiesa di San Francesco. Norcia

Un percorso attraverso la Valnerina

L’Umbria, terra di profondo misticismo e spiritualitร , cela nel suo territorio le orme dei santi che hanno cambiato il volto del Cristianesimo. Fu infatti, sulle verdi colline e altopiani di Norcia che trovรฒ la fede San Benedetto. Nel centro storico della cittร  sorge la Basilica di San Benedetto, costruita presso la casa natale del santo e poi ampliata nel XIII secolo. La facciata, con un profilo a capanna, presenta nella parte inferiore un portale strombato ed รจ arricchita nella parte superiore da un rosone, decorato con foglie di acanto e accompagnato dai simboli dei quattro evangelisti. Purtroppo la basilica รจ stata profondamente danneggiata durante il terremoto del 2016, ma facilmente si puรฒ intuire il suo antico splendore.
Di notevole interesse artistico e architettonico รจ la chiesa di San Francesco a Norcia, edificata interamente in pietra bianca e portata a termine dai francescani conventuali. Pregevole รจ il grande rosone che domina la facciata: una cornice realizzata con rosette e archi a tutto sesto, come un vero ricamo, trafora la dura pietra, rivelando il suo profondo significato attraverso il vuoto della materia ma pieno invece della luce divina.
A pochi chilometri dalla patria di San Benedetto, a Preci, si erge lโ€™Eremo di Sant’Eutizio.

La parte piรน antica dell’abbazia risale al IX secolo e nel 1190 fu completata per volere dell’abate Tendini I. L’abbazia ammalia lo spettatore poichรฉ รจ interamente edificata su un terrazzamento tra la scogliera e la vallata sottostante. Il rosone, vero gioiello della scultura, prevale sulla struttura della chiesa. รˆ un grande cerchio contornato dai simboli degli evangelisti, tipico dellโ€™architettura romanica, ma in se reca anche frammenti scultorei altomedievali.[3]

Abbazia Sant’Eutizio. Preci

Non molto distante da Norcia un altro eccelso rosone, piรน minuto dei precedenti, sovrasta e domina la facciata della chiesa di Santa Maria Assunta a Vallo di Nera. La chiesa risale al 1176 e presenta una facciata con pietre conce tipicamente romaniche. A contraddistinguerla รจ un portale gotico a ogiva ornato da capitelli e fregi e nella parte superiore un rosone scandito da dodici colonnine perfettamente in linea, il quale sembra essere riassorbito nel paramento murario.

Cittร  profondamente legata alla spiritualitร , ma anche al simbolo del rosone e quindi alla rosa รจ sicuramente la cittร  di Cascia, centro religioso legato alla figura di Santa Rita. Si erge in questo borgo la chiesa di San Francesco, presso la quale nel 1270 fu sepolto il Beato Pace francescano. Elemento di spicco della facciata, opera di maestri comacini, รจ il raffinato rosone, molto particolare poichรฉ รจ dato dall’ingranaggio delle due ruote contrapposte che creano un effetto dinamico di rotazione. รˆ composto da diciotto colonne con capitelli e diciotto archetti trilobati, i quali convergono verso il centro nel quale รจ presente la Madonna con il Bambino. Tutto intorno foglie d’acanto richiamo motivi classici. La delicatezza

Chiesa di San Francesco, Cascia

dell’intarsio rende questo rosone un vero capolavoro dell’arte scultoree regionale.

L’Appennino umbro รจ il custode silenzioso delle tracce di santi e pellegrini fondatori di eremi e cenobi ispirati alle regole della povertร , solitudine e semplicitร . A Sant’Anatolia di Narco la leggenda narra che passarono san Mauro, suo figlio Felice e la loro nutrice. Visto la loro condotta di vita, la popolazione gli chiese aiuto per essere liberati da un drago che infestava quei luoghi. San Mauro, grazie all’aiuto divino, affrontรฒ e uccise il drago. L’episodio della liberazione รจ raffigurato nel fregio della facciata. In essa รจ presente anche il rosone, tra i piรน interessanti esempi di scultura romanica umbra, a due ordini di colonne, iscritto in un quadrato con i simboli apocalittici. Il quadrato รจ delimitato da una fascia a mosaico a stelle. La simbologia della facciata รจ esemplare: il rosone rappresenta Cristo che porta luce nel mondo, identificata con la Chiesa, attraverso la voce dei quattro evangelisti che ne hanno permesso la conoscenza.[4]

Infine, un rosone molto particolare รจ sicuramente quello della chiesa di San Salvatore di Campi di Norcia, una delle testimonianze piรน importanti del territorio della Valnerina. I tragici eventi sismici del 2016 hanno portato al crollo di gran parte dell’edificio e alla distruzione del campanile risalente al XVI secolo. Le pareti rimaste sono state consolidate per rimettere in sicurezza le porzioni di affreschi che verranno reintegrate nelle parti recuperate. La chiesa, immersa nelle colline umbre, รจ un raro esempio a due navate, con due porte di accesso e due rosoni, oltretutto non allineati rispetto alla linea del tetto. Particolarmente interessante รจ la grande ghiera esterna del rosone, scolpita con tralci d’acanto disposti secondo un sinuoso movimento rotatorio a spirale.

 

Chiesa San Salvatore. Campi

Basiliche, abbazie e piccole chiese, immerse in vallate verdeggianti tipicamente umbre, luoghi magici e mistici allo stesso tempo, ma anche guide essenziali che aiutano il visitatore, spettatore o eremita a cogliere la parte piรน pura e profonda dell’Umbria. Questi e tanti altri luoghi restituiscono gioielli preziosi di un tempo passato.
Purtroppo molti di essi sono stati profondamente colpiti dal sisma di alcuni anni fa, ma molto spesso l’arte e la bellezza vincono il silenzio che scende sulle macerie, riportando questi luoghi alla loro antica bellezza.

 


[1] Claudio Lanzi,ย Sedes Sapientiae: l’universo simbolico delle cattedrali, Simmetria edizioni, Roma, 2009, pag. 162.โ‡‘
[2] M. Feuillet, Lessico dei simboli cristiani, Edizioni Arkeios, Roma, 2006, p. 97-98.โ‡‘
[3] L. Zazzerini, Umbria Eremitica. Ubi silentium sit Deus, Edizioni LuoghInteriori, Cittร  di Castello, 2019, pp. 124-131.โ‡‘
[4] L. Zazzerini, Umbria Eremitica. Ubi silentium sit Deus, Edizioni LuoghInteriori, Cittร  di Castello, 2019, p. 109.โ‡‘

Il colle sul quale sorge Vallo di Nera, dominante sulla fertile valle irrigata dal Nera e protetto da monti boscosi, fu abitato sin da tempi remoti.

Chiesa di Santa Maria Assunta, foto di Enrico Mezzasoma

 

Agli inizi del III secolo avanti Cristo, dopo la conquista romana del territorio, lโ€™ukar, lโ€™antica arce umbra, divenne un uicus fortificato a guardia dellโ€™importante via di comunicazione che segue il corso del fiume Nahar, lโ€™attuale Nera: ne รจ la riprova il toponimo vallum, termine che letteralmente indica il fossato difensivo tipico delle antiche fortificazioni. Agli inizi del Duecento lโ€™assetto urbanistico del borgo, chiuso nella cinta turrita, assunse la fisionomia che ancora oggi, in buon parte, conserva e che ha elevato Vallo di Nera al rango di borgo bandiera Arancione.
Tra le imponenti torri medioevali, nei silenzi arcani del colle Flenzano su cui sorge il castello, si cela uno dei santuari piรน suggestivi della Valnerina: la Chiesa di Santa Maria Assunta, di epoca imperiale. La facciata del tempio, sulla quale campeggia un rosone scandito da 12 colonnine, nasconde lโ€™interno articolato in unโ€™unica navata, originariamente coperto con volte a crociera. Sebbene il tempo e gli interventi succedutisi nel corso dei secoli ne abbiano, in parte, mutato la fisionomia, un recente restauro ha restituito agli affreschi il loro antico splendore. I committenti, i cui nomi accompagnano le pitture, sovrapponevano nuovi dipinti ai precedenti documentando lโ€™intensitร  e la persistenza dโ€™una devozione iniziata con le prime communitates cristiane insediatesi sul territorio. Preghiere plasmate in figure, invocazioni solidificate nelle terre delle tempere che chiedono a Dio, mediante i santi intercessori, la salute per il corpo โ€“ a fulgore et tempestate, a peste fame et bello, libera nos Domine โ€“ e implorano la salvezza per lโ€™anima โ€“ e salutare tuum da nobis.

 

dipinto_chiesa Valnerina

Martirio di Santa Lucia

Un tour all’interno

Lโ€™interno della chiesa, partendo dalla parete sinistra della navata, ospita il Martirio di Santa Lucia, attribuito aย Cola di Pietro daย Camerino: la vergine รจ avvinta a due pariglie di buoi per essere trascinata in un postribolo, ma le bestie non riescono a smuoverla. Due aguzzini la tengono ferma per le spalle mentre il carnefice le affonda nella gola una daga. Dietro il magistrato Paschasius, una gamba sullโ€™altra e in contrasto coi corrucciati personaggi che lo circondano, assiste divertito alla scena. A destra dallโ€™altare – risalente agli inizi del Seicento – nel registro inferiore, da un affresco cinquecentesco che raffigura una Madonna del Latte tra San Gregorio Magno e un porporato, sโ€™affacciano due Vergini col Bambino, una delle quali intenta ad allattare. A essa si rivolgevano le madri per implorare lโ€™abbondanza del prezioso nutrimento.

 

Dormitio della Vergine

 

Indugiando ancora sulla destra dellโ€™altare, campeggiano le figure di due martiri: Barbara, protettrice del fuoco celeste, e Caterina dโ€™Alessandria. In prossimitร  del grande arco, nel registro inferiore, una piccola Madonna di scuola riminese sorregge il Figlio teneramente proteso a baciarle il volto. Sullโ€™abside tuonano le figure austere dei Santi Antonio Abate e Cristoforo. Nellโ€™abside, sulla parete di sinistra, in alto, la Dormitio della Vergine, attorniata dai 12 apostoli. Cinque angeli ne cantano le lodi, mentre altri quattro lโ€™elevano al cielo circonfusa di luce. Particolare menzione merita la scena raffigurante la Fuga in Egitto: due angeli guidano Giuseppe che reca in spalla un bastone a cui sono appesi un otre e due pani, Maria cavalca unโ€™asinella e un garzone sprona la bestia. Sullo sfondo, la pianta carica di frutti che, nella leggenda apocrifa volgarizzata da Jacopo da Voragine, abbassรฒ i rami per rifocillare la Vergine.

 

Fuga in Egitto

 

Tornando alla navata, sulla parete di destra, sono affrescati undici santi, tra i quali San Giuliano in vesti militari e Santโ€™Antonio Abate: San Giuliano forte, liberaci da mala morte, da foco ardente e da acqua corrente, cosรฌ recitano ancora nelle campagne i piรน vecchi. Sotto, la lunga processione dei Bianchi, movimento di penitenti sorto nel 1399 allo scopo di proclamare la pace universale e ottenere il perdono dei peccati: qui Mastro Cola di Pietro, nel 1401, li ritrae durante il loro passaggio alla volta di Roma, con i lunghi sai rossocrociati, intenti a scambiarsi il bacio della Pace, a cantare le lodi della Vergine o a implorare misericordia davanti al Crocifisso. Poco distante Santโ€™Antonio, protettore degli animali, con la campana il cui suono scacciava il demonio, il bordone e il lungo mantello segnato dal tau protettore; Gregorio Magno, coronato col triregnum, mostra un dipinto con i Santi Pietro e Paolo. Proseguendo, unโ€™austera Madonna in trono, della metร  del Quattrocento, porta sulle ginocchia il Bambino con un passerotto, allusivo al racconto apocrifo che narra come il piccolo Gesรน si divertisse a plasmare con la creta uccellini e a vederli volar via dopo aver infuso in essi la vita.

 

Processione dei Bianchi

 

A fianco, le immagini di S. Chiara e S. Maria Egiziaca, coperta dai prolissi capelli: specchio di purezza, la prima; meretrice, poi eremita nel deserto, la seconda. Col capo nimbato da unโ€™aureola, identica a quella di Chiara, lโ€™ex prostituta testimonia la potenza catartica del pentimento e la vastitร  della misericordia divina. Nel registro piรน basso, la Trinitร  reca un libro su cui รจ scritto: Pater e Filius et Spiritus Sanctus et tres unum sunt. Due modi per enunciare il dogma trinitario dei quali il primo, dedicato a quelli che non sapevano leggere, nella sua rustica formulazione risulta non meno efficace.

 

Santa Chiara e Santa Maria Egiziaca

ยซDallโ€™alto si contemplano paesaggi come patinati, conche di un verde argenteo, colline che scendono lentamente a valle recando torri, campanili, basiliche, monasteri. Tramonti limpidi, di un rosso privo di eccesso, sfumano sulle rocche e sugli oliveti, tra suoni di campane e rondini. Lโ€™aria leggera dร  un senso di euforia fisica. Umbria, cuore verde dโ€™Italiaยป.
(Guido Piovene)

Cinque segreti da scoprire, cinque idee di viaggio per un weekend alla scoperta della Valnerina.

 

Vallo di Nera

Vallo di Nera

Una lunga storia umana e naturale, che sopravvive da secoli in un delicato equilibrio, ha modellato un territorio dal fascino medioevale:ย Vallo di Nera,ย un antico castello fondato nel 1217. Se da un lato il fiume Nera, che scorre tra ripidi versanti coperti di boschi, ha creato uno degli angoli piรน belli dโ€™Italia; dallโ€™altro lโ€™uomo, con le sue esigenze di sopravvivenza e difesa, ha arricchito questo angolo diย Valnerinaย creando uno dei piรน limpidi esempi di borgo umbro. Non a caso,ย Vallo di Neraย รจ riconosciuto come uno deiย Borghi piรน Belli dโ€™Italia. Dal castello si sviluppa una fitta rete di sentieri a quote diverse da percorrere a piedi, in bicicletta o a cavallo. Un luogo in cui il tempo sembra essersi fermato, un castello che custodisce al suo interno percorsi gastronomici dai sapori antichi,ย fra tutti il formaggio, principe della tavola locale.

 

Abbazia dei Santi Felice e Mauro

Abbazia dei Santi Felice e Mauro

Lโ€™Abbazia dei Santi Felice e Mauro, sfiorata dallo scorrere armonioso del fiume Nera, narraย le epiche gesta dei due monaci sirianiย a cui รจ consacrata. Lโ€™Abbazia, mirabile esempio di architettura romanica umbra, sorge in un luogo intriso di fascino: secondo la tradizione, la Valle del Nera che oggi appare come un dipinto di borghi medioevali e antichi vigneti, in antichitร  era una selva paludosa, dimora di unโ€™oscura creatura:ย un drago. La leggenda narra che i due monaci siriani, il cui coraggio รจ narrato dal fregio finemente scolpito che sorregge il rosone, uccisero il drago ed evangelizzarono laย Valle del Nera.ย Gli affreschi del 1100, la facciata meravigliosamente scolpita, la grotta in cui si credeva abitasse il drago e la natura rigogliosa in cui รจ immersa fanno dellโ€™Abbazia dei Santi Felice e Mauroย uno dei gioielli piรน preziosiย dellaย Valnerina.

 

Eremo della Madonna della Stella

Eremo della Madonna della Stella

Lโ€™Eremo della Madonna della Stella,scolpito nella rocciaย  dalla sapiente mano di monaci benedettini, รจ uno dei luoghi piรน suggestivi della verde Umbria. Era il VII secolo quando i primi eremi si insediarono in questo angolo diย Valnerina.ย Tra i silenzi del vento e della natura, in un luogo in cui non si vedono altro che due palmi di cielo, al canto della preghiera si unรฌ quello dellโ€™arte:ย lโ€™Eremo, infatti,ย prende il nome da una suggestiva opera dโ€™arte che raffigura la Madonna vestita di stelle, rinvenuta casualmente in un dirupo. A incorniciare il sentiero che porta fino allโ€™Eremo della Madonna della Stella, un limpido ruscello che nasce sui versanti orientali dellaย Valnerina, formando una piccola cascata a poca distanza dal Santuario.

 

Altipiano di Castelluccio

Lโ€™altipiano di Castelluccio

Il ยซluogo piรน simile al Tibet che esista in Europaยป, cosรฌ un celebre viaggiatore definรฌย lโ€™altopiano di Castelluccio,ย una terra antica dai colori pastelloย custodita allโ€™ombra deiย Monti Sibillini. Un angolo di Umbria dai mille volti:ย regno della naturaย eย terra di antiche leggende, di fate dai piedi di capra e di mistici oracoli, fra tutti la Sibilla, che dร  il nome alla catena montuosa che oggi รจย Parco Nazionale. Tra le mille esperienze che si possono fare sullโ€™altopiano di Castelluccioย ce nโ€™รจ una che non delude mai:ย unโ€™escursione a piedi o a cavalloย tra i mille sentieri che costituiscono il cuore del luogo, uno scivolare quasi involontario tra le braccia di Madre Natura. E poi sapori inconfondibili che sembravano perduti, ma che provengono dal cuore di una terra generosa:ย dalla lenticchia ai cerealiย questo รจ un angolo di paradiso che parla una lingua comune, quella della tradizione.

 

Lo zafferano

Lo zafferano

Lโ€™arcano mistero che avvolge lโ€™etimologia della parola Crocus Sativus, denominazione scientifica con cui viene comunemente indicato lo zafferano, si perde nella leggenda di Croco, che si innamorรฒ mortalmente della ninfa Smilaceย per poi essere tramutato in un biondo fiore di zafferano. La coltivazione delloย zafferano, elemento identitario della storia e dei costumi umbri, attinge alle esperienze di un passato importante inteso come patrimonio prezioso dal quale trarre ispirazione.ย Un lavoro in cui lโ€™elemento umano รจ esclusivo:ย dalla preparazione delย terreno alla scelta dei bulbi, passando per il momento della sfioratura fino al confezionamento del prodotto finale.

Il tartufo e i salumi di Norcia, i formaggi di Vallo di Nera, i vini di Montefalco, Torgiano e Corciano, cosรฌ come lโ€™olio di Castiglione del Lago, di Lugnano in Teverina eTrevi: lโ€™Umbria da gustare.

Nulla rappresenta lโ€™Umbria come la varietร  e la genuinitร  dei prodotti enogastronomici: legumi e cereali, ma soprattutto il frutto delle trasformazioni operate dallโ€™uomo – formaggi, salumi, prodotti panificati, olio, vino. Una rosa di alimenti che, soli, rappresentano una regione estremamente legata alla terra, perfetta espressione del paesaggio che la caratterizza.
Una convinzione diffusa vuole che i cosiddetti piatti tipici siano anche antichi, frutto di una lunga tradizione locale e rurale. In realtร , i cibi giunti fino a noi dal passato sono ben pochi: sicuramente non figurano tutti quegli ingredienti provenienti dal Nuovo Mondo – patate, pomodori, mais, fagioli, cioccolato – che in Europa trovarono larga diffusione solo dal 1800 e che pure costruiscono lโ€™elemento principale di piatti definiti locali o rurali. Anzi, molti di questi prodotti erano appannaggio delle classi piรน abbienti, che perรฒ erano solite gustarsi pietanze molto ricche e speziate, frutto di cotture multiple, in cui venivano occultati non solo il sapore e lโ€™aspetto naturale, ma anche la tipicitร  e la logica della stagioni. Cosรฌ, quella che oggi viene romanticamente considerata tradizione enogastronomica, il realtร  non รจ che il retaggio degli ultimi due secoli, specie del periodo tra le due guerre.


La vera cucina rurale e regionale nasce nel XVIII in Francia, dove cominciano a essere sperimentate preparazioni piรน semplici ma, paradossalmente, piรน dotte, caratterizzate da alimenti freschi, verdure, erbe aromatiche e da una separazione ben netta tra i sapori. Prima che il nostro orgoglio nazionale ne esca ferito, cโ€™รจ da specificare che i nostri connazionali parteciparono a questa rivoluzione proponendo una cucina ancor piรน garbata e semplice, ponendosi per la prima volta il problema dellโ€™identitร  culinaria e delle tradizioni locali. Lentamente nacquero i primi ricettari, dove la nuova gastronomia francese o francesizzante si mescolava alla cucina popolare delle occasioni solenni – feste, riti propiziatori, occasioni di aggregazione legate a particolari momenti dellโ€™anno. Si sa, il cibo da sempre stimola i rapporti umani, al punto che eventi come la vendemmia, la battitura del grano, la raccolta dello olive o lโ€™uccisione del maiale si traducevano in occasioni di convivialitร , veri e propri esempi di compenetrazione tra territorio e enogastronomia.

Il maiale e il tartufo

I ricchi, abituati alla cacciagione, consideravano il maiale cibo da poveri. In realtร , le famiglie che potevano permetterselo, si assicuravano nutrimento per un anno: il maiale, insieme ai suoi derivati, era un ottimo ricostituente per i contadini provati dalle fatiche agricole. Norcia, famosa oggi come allora per la presenza dei norcini, รจ stata da tempo associata ai salumi grazie allโ€™uso attento delle tradizionali tecniche di lavorazione della carne – peraltro mutuate sulle procedure dei chirurghi preciani, veri e propri pionieri nel trattamento dei mali che da sempre affliggono lโ€™uomo. Tra i prodotti piรน celebri spicca il Prosciutto di Norcia IGP, ma non mancano insaccati e prodotti caseari โ€“ si pensi alla grande mostra mercato Fior di Cacio, che anima il borgo di Vallo di Nera con degustazioni, cooking show, laboratori per bambini e con la maxi ricotta presentata dai Cavalieri della Tavola Apparecchiata – spesso arricchiti anche dal tartufo che, proprio a Norcia, veniva un tempo cacciato con le scrofe, attirate dallโ€™androsterone presente nel tartufo come nel feromone dei maschi. I Romani, che ne erano ghiotti, lo chiamavano funus agens, perchรฉ provocava indigestioni mortali, mentre, in epoca moderna, si pensava che avesse delle proprietร  afrodisiache, forse proprio per quella stessa analogia tra il maiale e lโ€™uomo da cui a Norcia nacque il mestiere del chirurgo.

Il vino

Lโ€™Umbria puรฒ vantare ben due DOCG in ambito vinicolo: il Sagrantino di Montefalco e il Torgiano Rosso Riserva. Montefalco si รจ caratterizzato fin dal passato per la cura del vigneto, geneticamente poco produttivo – negli anni Sessanta era quasi scomparso – e per la produzione di un vino rosso rubino dipinto anche da Benozzo Gozzoli nel ciclo ispirato alla vita di San Francesco, posto proprio nella chiesa di San Fortunato, nel centro cittadino. Il prodotto di questi uvaggi puri o misti, ma al cento percento provenienti da vitigni autoctoni, trova largo impiego non solo negli abbinamenti, ma anche nella preparazione stessa di primi piatti e cacciagione. Dal canto suo, Torgiano Riserva, che per disposizione del disciplinare deve essere sottoposto ad almeno tre anni di invecchiamento – dei quali sei mesi in bottiglia, di vetro tipo bardolese o borgognotta – รจ perfettamente indicato per pastasciutte, pollame nobile, arrosti e formaggi stagionati. Viene anche diluito e utilizzato per comporre delle opere inedite: ogni anno, gli artisti di Torgiano dipingono infatti i vinarelli, sorta di acquerelli color borgogna venduti per sostenere le attivitร  culturali del borgo.
Tutte queste roccaforti di produzione sono comprese in specifici itinerari, la cui chiave di volta รจ lโ€™eccellenza: Torgiano รจ compreso sotto la Strada dei Vini Cantico, mentre lโ€™Associazione Strada del Sagrantino abbraccia Montefalco e le sue colline.
Ma i percorsi non finiscono qui: la Strada del Vino Colli del Trasimeno comprende, ad esempio, i borghi di Corciano – definita anche cittร  del pane per la sua lunga tradizione produttiva ma, prima di tutto, animata dallโ€™annuale Castello diVino, ricco di concorsi a tema e degustazioni – e Castiglione del Lago, famosa anche per la regina in porchetta, la carpa del lago aromatizzata al prosciutto.
Non possiamo certo dimenticarci del vin santo, produzione che risente della vicina Toscana, ma che a Citerna trova, nella sua variante affumicata, la denominazione di Presidio Slow Food. Essendo questa una zona da lungo tempo votata alla coltivazione del tabacco, per ottimizzare gli spazi sia le foglie sia i grappoli venivano appesi alle travi, in modo che entrambi potessero seccarsi grazie ai camini o alle stufe. Il fumo che, inevitabilmente, si sprigionava, finiva per donare alle uve quel tipico retrogusto di affumicatura che ancora oggi caratterizza la produzione citernese.

L'olio

Lโ€™Umbria e il suo cuore verde sono stati declinati in modi innumerevoli: dalle foreste allโ€™ombra che esse generano, il nome stesso della regione parla di vegetazione, rigogliosa e fresca. Ma come non pensare al verde-argenteo degli olivi che presidiano i pendii?
Per Trevi passa la fascia olivata, una zona, posta a trecento metri di altitudine e lunga 35 km, iscritta nel catalogo dei Paesaggi Rurali Storici per il modo in cui ha cambiato non solo il paesaggio, rendendolo caratteristico, ma anche le vite degli uomini che da tempo se ne prendono cura. La conseguente produzione di olio la annovera, a buon diritto, tra le Cittร  dellโ€™Olio, tra le quali spicca anche il borgo di Lugnano in Teverina: luoghi in cui la tradizione olivicola fa rima con ambiente, con territorio e con un patrimonio umano da tutelare.
Ma che fa il paio, soprattutto, con unโ€™attivitร  antichissima, testimoniata dagli ultimi baluardi di un tempo che fu: olivi millenari, come quello a Villastrada, nel borgo di Castiglione del Lago, o quello a Bovara di Trevi, vecchio 17 secoli, sul quale sembra che fu decapitato nientemeno che il vescovo Emiliano, poi divenuto santo.

Vallo di Nera appartiene al Club de
I Borghi Piรน Belli d’Italia

 


ยซLasciatevi incantare da uno dei borghi piรน belli dโ€™Italia, Vallo di Nera, e concedetevi, tra torri medioevali ed echi di antichi cantori, lโ€™assaggio di pregiati formaggiยป.

Fior di Cacio

 

La Valnerina piรน ricca, quella piรน antica e autentica, dove รจ fiorita la millenaria sapienza umbra e nel cui ventre sbocciano aromi apprezzati a ogni latitudine; ma anche la Valnerina piรน impervia e selvaggia laddove osano le aquile e si nasconde il lupo. Sapori arcaici e autentica ruralitร  che storicamente caratterizzano questo idillio bucolico e che tenteremo di raccontarvi in un itinerario il quale, nonostante lโ€™ambizioso titolo, racchiude frammenti di una quotidianitร  sepolta tra la polvere della memoria. E allora lasciatevi incantare da uno dei Borghi piรน Belli dโ€™Italia, Vallo di Nera, e concedetevi, tra torri medioevali ed echi di antichi cantori, lโ€™assaggio di pregiati formaggi. Perchรฉ questo รจ quello che agli Umbri piace, perchรฉ questa รจ la nostra cultura.

Un prodotto antico

Nel ricomporre le tarsie di quellโ€™antico mosaico sepolto lungo lโ€™argine del tempo, che รจ la storia del formaggio, laย bussola che orienta la ricerca dei food lovers punta con straordinaria fermezza il Medio Oriente e la leggenda di quel pastore arabo che, attraversando il deserto, conservรฒ del latte di capra in un otre ignorando il processo di stagionatura che avrebbe invece notato giunto al termine della traversata. Dischiusa dalla mitologia araba e sfiorata dal respiro mediterraneo del greco antico, lโ€™etimologia della parola formaggio si intreccia inesorabilmente tra i vimini dellโ€™antico paniere in cui veniva depositato il latte cagliato, formos per lโ€™appunto, divenuto successivamente fromage per le popolazioni galliche e forma per gli antichi abitanti dellโ€™Urbe.ย Un atlante, quello del formaggio, in cui punti cardinali e coordinate geografiche lasciano spazio a unaย geografia di scenari alpestri e pastori che a Vallo di Nera, il borgo-castello della Valnerina, resiste eroicamente tra frammenti di memoria pastorale e tradizioni millenarie.

Vallo di Nera e Fior di Cacio

Imbrigliata dallo sguardo marmoreo dellโ€™imponente cassero medioevale Vallo di Nera, avamposto della civiltร  contadina e Presidio Slow Food, appare sospesa nel vuoto cosmico di una clessidra i cui granelli di sabbia diventano gocce di memoria di greggi e pastori, custodi di unโ€™antica tradizione casearia che, in questo coriandolo di Umbria, viene omaggiata da unโ€™annuale mostra mercato, Fior di Cacio. La civiltร  pastorale, i cui echi appaiano scolpiti in bassorilievi di sentieri e tratturi, a Vallo di Nera diventa depositaria di una ricca tradizione orale, fiorita lungo le rotte della transumanza per opera di aedi pastori che rispondevano agli echi della natura improvvisando canti e narrazioni. Oggi quel passato รจ documentato dalla Casa dei Racconti, teatro in cui a esibirsi รจ una memoria popolare fatta di voci in metrica attraverso la quale recuperare lโ€™identitร  culturale di una quotidianitร  remota eretta tra macerie del tempo.

 

Per gustarlo al meglio

Vademecum per abbinare in tavola i formaggi della Valnerina non esistono. Tuttavia รจ possibile accompagnare lโ€™abbinamento secondo prelibati suggerimenti, nonostante i grandi formaggi vadano degustati abbinati a prodotti semplici che ne esaltino pastositร  e fragranza, come buon pane e confetture di cui la Valnerina vanta un ricco catalogo. Declinato in tutte le sue vesti il formaggio della Valnerina esalta palati e papille dei commensali se abbinato per contrasto o per similitudine ai vini tipici della Verde Umbria,ย in un trionfo enogastronomico di aromi e sapori arcaici. Per gli amanti dellโ€™autenticitร ย la birra, che attraverso il brio del luppolo annulla la corpositร  del formaggio, e le pregiate confetture che il fiume Nera matura allโ€™ombra di pioppi dalle fronde sottili rappresentano eccellenti partnerย per questo viaggio nella Terra dei Pastori, enciclopedia del gusto e della tradizione.