Lo riapriranno, questo รจ sicuro. Il progetto cโรจ. I soldi GAL ci sono, anche se ancora manca lโassegnazione dellโappalto che si dovrebbe fare in primavera.
Il ponte Bailey sul Tevere ritornerร cosรฌ a vivere e con lui prenderร vita tutto Pian San Martino. E che vita! La nuova zona commerciale di Ponte Rio (Todi) sarร collegata con il mondo. Ci saranno strade, sentieri pedonali e piste ciclabili. Il turismo di prossimitร acquisirร nuovi spazi: spazi che del resto erano usati cinquantโanni fa, ma andati poi in disuso.
Mai, come in questo caso, si puรฒ dire che il divenire fa suo il passato e che il vecchio diventa nuovo. Quando il ponte Bailey verrร riaperto, la pista ciclabile della piana assumerร un valore inatteso: collegherร infatti Pian San Martino con lโEuropa. Si potrร andare in bici da Todi a Orvieto e da lรฌ si potrร scegliere se andare verso il monte Peglia per immergersi nel selvaggio Parco dellโElmo, oppure dirigersi verso lโestremo Nord, sino a Oslo, in Norvegia, perchรฉ la ciclabile umbra si collegherร alla ciclabile europea Eurovelo 7.
Chi opterร per il parco Elmo potrร percorrere la Foresta a galleria: un ambiente raro, dove la foresta, seguendo un corso dโacqua, crea una galleria verde. Chi invece non vorrร andare lontano, pedalando potrร raggiungere la Scarzuola: la villa surreale di Tommaso Buzzi, dove imperano esoterismo e simboli, ma anche fiori. Attualmente il ponte Bailey sul Tevere collega la nuova zona commerciale di Ponte Rio con il nulla e non รจ percorribile. Manca il fondo, la vegetazione ha preso il sopravvento e la strada si interrompe lรฌ davanti.
Costruito durante la Guerra
ร lรฌ da quasi 70 anni, il ponte Bailey; รจ bello, lo si vede da lontano ed รจ un miracolo di tecnica e di ingegneria. Venne costruito velocemente a Incisa Valdarno in Toscana, per attraversare lโArno. Era il 1944, cโera la guerra. I tedeschi si ritiravano e distruggevano i ponti. Gli alleati avanzavano, costruivano i ponti e i carri armati vi passavano sopra. Si chiamavano Bailey, quei ponti. Poi la guerra รจ finita, i ponti distrutti furono ricostruiti e i Bailey smontati.
Il Bailey di Incisa Valdarno invece restรฒ lรฌ per quasi 10 anni poi, visto che sarebbe stato piรน utile sotto Todi, venne smontato, traslocato, rimontato e utilizzato. Il Bailey di Ponte Rio, malgrado i suoi anni, ha una linea modernissima bella ed elegante, รจ lungo 150 metri e la sola campata centrale misura 86,4 metri. Sembra incredibile che lรฌ sopra siano potuti transitare mezzi pesanti come i carri armati. La sera dellโinaugurazione, nel 1954, era illuminato come il Rex di Fellini.
L’inaugurazione
Per molti anni รจ stato utile agli abitanti della piana per raggiungere la via Tiberina, ma poi con la costruzione di nuove strade e lโentrata in funzione della E45 le zone commerciali sono state spostate in aree piรน comode e funzionali. Cosรฌ un poโ per volta il ponte รจ stato dismesso, la natura ha preso il sopravvento.
Adesso la nuova zona commerciale di Ponte Rio verrร completata seguendo criteri allโavanguardia e attenti allโaspetto ecologico. Ci saranno negozi e palestre e soprattutto un parco fluviale di qua e di lร del Tevere.
Nascerร cosรฌ un luogo fondamentale per uscire da una situazione di urbanizzazione soffocante, una vera e propria valvola di sfogo per i tuderti che, attraversando il ponte, si troveranno con tutta Piana di San Martino da godere.
ยซDal punto di vista sentimentale รจ stato molto difficile prendere questa decisione. Ammetto che รจ una ferita spaventosa, ma razionalmente รจ la scelta piรน giusta che si potesse fareยป.
Gubbio divide i suoi annali in a.C. e d.C. dove C sta per Ceri. La vita degli eugubini viene scandita e organizzata in base alla Festa dei Ceri: impegni pubblici e privati sono regolati da questo evento, che diventa cosรฌ un vero spartiacque della quotidianitร locale. Non รจ raro quindi, sentire in cittร la frase: ยซLo facciamo prima o dopo i Ceri?ยป.
Filippo Mario Stirati, sindaco di Gubbio. Foto di URP Gubbio
Questโanno perรฒ non ci sarร nessun un prima e nessun un dopo. La festa, infatti, a causa del Coronavirus, รจ stata annullata. Non ci sarร la corsa. Niente taverne. Niente festeggiamenti in giro per la cittร . Niente alzain Piazza Grande. Niente sfilate e processioni. Niente folla colorata per le vie di Gubbio. Nemmeno la Spagnola del 1920 o il terremoto del 1984 avevano fermato lโevento. Solo le due Guerre Mondiali avevano interrotto parzialmente questa tradizione millenaria –ย ci sono testimonianze che ne attestano lโesistenza sin dal 1160, come solenne atto di devozione degli eugubini verso il vescovo Ubaldo Baldassini, morto in quellโanno.
Una decisione sofferta
Il Coronavirus perรฒ non ha dato scampo e il sindaco di Gubbio, Filippo Mario Stirati, ha preso โ a malincuore โ la decisione piรน giusta, ma anche la piรน sofferta: ยซDal punto di vista sentimentale รจ stato molto difficile. Ammetto che รจ una ferita spaventosa, ma razionalmente รจ la decisione piรน giusta che si potesse prendere, anche perchรฉ, con le ordinanze in vigore, non รจ che avessimo altre alternative. Devo dire che non avrei mai immaginato, come Sindaco, di entrare purtroppo nella storia per essere stato il primo ad aver annullato la Festa dei Ceri. Sono eugubino fino al midollo, sono stato ceraiolo e sono allโinterno di questo mondo fino in fondo. ร una vicenda che mi tocca molto da vicinoยป confessa il Sindaco.
Il 15 e il 16 maggio non saranno comunque due date anonime: ยซI riti religiosi previsti per la festa del Patrono si svolgeranno con i distanziamenti sociali doverosi e cโรจ lโinvito per i cittadini di abbellire la cittร e le case con gli stendardi e le luci. Loro stessi, seppur con molta amarezza e tristezza nel cuore, hanno capito la situazione e la scelta che ho fattoยป prosegue Stirati.
L’alza dei Ceri. Foto di URP di Gubbio
Tra le indiscrezioni che circolano in cittร cโรจ persino quella di spostare la Corsa: tra le date papabili ci potrebbe essere lโ11 settembre, giorno della traslazione del corpo di SantโUbaldo nellโomonima Basilica. ยซร solo unโidea, ancora ufficialmente non se nโรจ parlato. Gubbio รจ legata al 15 maggio, immaginare una soluzione alternativa per ora รจ impossibile; inoltre รจ una decisione che va presa con molta cautela. Vedremo come evolverร la situazioneยป spiega il primo cittadino di Gubbio.
Una corsa mai interrotta
Nel corso dei secoli, la Festa dei Ceri si รจ fermata solo in altre due occasioni. SantโUbaldo, SantโAntonio e San Giorgio – non solo simboli di Gubbio, ma dellโintera Umbria – raramente non hanno scalato il monte Ingino; lo avevano fatto anche nel 1817 quando unโepidemia di tifo invase Gubbio e nel 1920 durante lโepidemia di Spagnola, che colpรฌ gravemente la cittร .
La Corsa per le vie della cittร . Foto di URP di Gubbio
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, perรฒ, si sono dovuti arrendere e si sono fermati dal 1916 al 1918, eccenzion fatta nel 1917 quando vennero celebrati sul Col diLana: a Gubbio la Festa era stata sospesa per Regio Decreto. I soldati eugubini impegnati al fronte decisero quindi di festeggiare i Ceri direttamente in zona di guerra, tra le Dolomiti, e il 15 maggio del 1917 una copia delle tre strutture lignee corse sul Col di Lana, appena qualche centinaia di metri dietro la prima linea del fronte, tra lโemozione e la commozione dei presenti. ยซNel 2017 abbiamo anche celebrato i 100 anni di questo particolare evento. Durante la Seconda Guerra Mondiale, invece, corsero solo i ceri mezzani portati da donne e ragazzi. Anche nel 1984 la Festa si fece: il 29 aprile di quellโanno Gubbio fu lโepicentro di un terremoto che face tanti danni ma nessuna vittima e, anche per alzare il morale della gente, si decise di non interrompere lโeventoยป conclude il Sindaco. Insomma, il 15 maggio 2020 verrร sicuramente ricordato e purtroppo passerร alla storia, non solo a Gubbio ma in tutta lโUmbria. Forse, questโanno piรน che mai, la forza dei tre Santi che salgono il monte spinti dal calore della gente avrebbe simboleggiato la voglia di rinascita e di risalita di questa Regione. Per ora possiamo solo immaginarli. Ma torneranno!
Natale 1942, Bing Crosby incide White Christmas ed entra nella storia cantando:
I’m dreaming of a white Christmas
Just like the ones I used to knowโฆ
(Sto sognando un Natale bianco
come quelli che ricordoโฆ)
In Europa infuria la guerra, fa freddo e la gente ha fame.ย A Colfiorito fa freddo e cโรจ la neve, e la strada non รจ percorribile. Al Campo 64 i confinati e i prigionieri di guerra sono allo stremo. Militari e civili sognano la casa e la famiglia lontana, un pasto decente e un poโ di caldo.
Colfiorito, altopiano tra Umbria e Marche, era stato scelto per internare i dissidenti e gli antifascisti. Un luogo, a soli 750 metri di altezza, dove lโinverno durava sei mesi e quando nevicava rimaneva isolato. Troppo freddo e troppo paludoso per coltivare alcunchรฉ. Buono solo per il confino.
Migliaia di persone sono state ospitate sullโaltopiano e tutte hanno patito freddo e fame, vivendo nelle casermette. Erano cosรฌ alla buona, le casermette, che non poterono essere usate a lungo perchรฉ il freddo dellโaltopiano e la mancanza di riscaldamento negli alloggi era incompatibile con la sopravvivenza.
Una ex casermetta
Durante il ventennio fascista Colfiorito รจ stato usato alla stregua di Ponza, Lipari, Ventotene, Ustica, Pantelleria, Tremiti, Lampedusa, Favignana: luoghi isolati, poco frequentati dove confinare gli avversari del regime. Tra tutti un nome famoso, Lelio Basso, che รจ stato ospite delle casermette nel 1939. Poi, durante la guerra, hanno ospitato prigionieri albanesi, montenegrini, britannici e neo zelandesi.
Le chiamavano casermette per addolcire Campo 64 che diceva crudamente quello che erano quei capannoni: un campo di concentramento. Erano solo otto per 1500 persone. Erano troppo grandi per essere riscaldate con mezzi di fortuna. Erano troppo precarie per dare un vero riparo. Settantโanni dopo sono ancora in piedi. Adesso sono localini e ristoranti e negozi che accolgono i turisti con le specialitร della zona.
Quel luogo cosรฌ ingrato, che non offriva altro che paludi oggi รจ diventato parco, ed รจ unโarea di particolare interesse naturalistico-ambientale. La palude รจ un biotopo tutelato e protetto, mentre il terreno dellโaltopiano offre numerose specialitร alimentari. Le patate e i legumi di Colfiorito sono rinomati e ormai migliaia di turisti salgono velocemente a rifornirsi. Una superstrada collega in 10 minuti Foligno a Colfiorito.
Accanto alla realtร storica circola una simpatica leggenda.
Si dice che tra le persone transitate da Colfiorito ci sia stato anche un francese famosissimo: Napoleone. Nel 1797 andรฒ a Tolentino per firmare il trattato di pace con papa Pio VI, quindi potrebbe essere passato da Colfiorito. Qui si inserisce la leggenda che vuole che sia stato il Primo Console, non ancora imperatore, a dare lโordine di piantare le patate. Nel 1797 le patate le conosceva solo Antoine Parmentier e pochi altri e si pensava anche che fossero velenose.
Poco importa, conta il fatto che Napoleone รจ la leggenda che mette una coroncina sulla produzione di patate della zona che non sono piรน patate qualsiasi, ma sono diventate patate imperiali.
ยซLโaspetto della regione รจ piacevolissimo, immagina: un anfiteatro immenso, quale soltanto la natura puรฒ creare. Una vasta e aperta pianura cinta dai monti; questi ricoperti fin sulla cima di antiche e maestose foreste, dove la cacciagione รจ varia e abbondante. Lungo le pendici delle montagne i boschi cedui digradano dolcemente fra colli ubertosi e ricchissimi di humus, i quali possono gareggiare in fertilitร coi campi posti in pianura [โฆ] In basso lโaspetto del paesaggio รจ reso piรน uniforme dai vasti vigneti che da ogni lato orlano le colline, e i cui limiti, perdendosi in lontananza, lasciano intravedere graziosi boschetti. Poi prati ovunque, e campi che solo dei buoi molto robusti con i loro solidissimi aratri riescono a spezzare; quel tenacissimo terreno, al primo fenderlo, si solleva infatti in cosรฌ grosse zolle che solo dopo nove arature si riesce completamente a domarlo. I prati, pingui e ricchi di fiori, producono trifoglio e altre erbe sempre molli e tenere, come se fossero appena spuntate, giacchรฉ tutti i campi sono irrorati da ruscelli perenni. Eppure, benchรฉ vi sia abbondanza dโacqua, non vi sono paludi, e questo perchรฉ la terra in pendio scarica nel Tevere lโacqua che ha ricevuto e non assorbitoโฆ. [โฆ] A ciรฒ, naturalmente, si aggiungono la salubritร della regione, la serenitร del cielo, e lโaria, piรน pura che altrove.ยป
(Lettera di Plinio il Giovane a Domizio Apollinare, Libro V, epist. 6)
Storia
I primi insediamenti dellโestremo comune a nord della regione si devono far risalire agli Umbri come attestato dal ritrovamento di numerosi bronzetti.ย In epoca romana – con il nome Meliscianum dalla ninfa Melissa il cui nome significa โproduttrice di mieleโ ed evoca una zona in cui lโapicoltura era senzโaltro largamente praticata โ divenne un importante centro commerciale lungo la via Tiberina. Del periodo romano รจ notevole attestazione la grandiosa villa rustica che Plinio il Giovane fece costruire intorno al 100 d.C. In seguito la villa venne distrutta e il territorio devastato dai Goti di Totila.
Scavi archeologici di Colle Plinio, foto gentilmente concessa dal Comune di San Giustino
Il nome odierno di San Giustino, dal santo martirizzato a Pieve deโ Saddi ai tempi dellโimperatore Marco Aurelio, appare per la prima volta in un diploma del 1027. Il territorio di San Giustino fu per secoli conteso tra Arezzo, Cittร di Castello e San Sepolcro. I primi signori del luogo furono Oddone e Rinaldo di Ramberto, i quali nel 1218 si sottomisero a Cittร di Castello. A seguito della sottomissione del 1262 Cittร di Castello lo fece munire, ma durante la sede papale vacante, a seguito della morte di Clemente IV, San Sepolcro mise a ferro e fuoco il territorio distruggendo anche il fortilizio. Una volta ricostruito il Castello, esso fu dato in custodia nel 1393 alla famiglia Dotti, fuoriuscita da San Sepolcro, con lโimpegno che venisse usato per la difesa di Cittร di Castello. Dopo alterne vicende -in cui a piรน riprese il palazzo Dotti venne distrutto e ricostruito- la famiglia Dotti lo restituรฌ al comune di Cittร di Castello nel 1481. A questo punto il governatore papale di Cittร di Castello invitรฒ suo fratello, Mariano Savelli, valente architetto, a predisporre il progetto per la trasformazione della dirupata fortezza in potente palazzo che doveva rivelarsi inespugnabile e munito di un imponente fossato. I lavori vennero iniziati, ma mancando i fondi per portarli a termine Cittร di Castello lo diede nel 1487 a un facoltoso possidente, Niccolรฒ di Manno Bufalini, dottore in utroque iure e familiare di Sisto IV, di Innocenzo VIII e di Alessandro VI, perchรฉ portasse a termine i lavori. Tanti furono i servizi e meriti nei confronti della Santa Sede che nel 1563 Giulio Bufalini e il figlio Ottavio ebbero dal Papa il titolo di conti e a loro venne assegnato il feudo e il territorio di San Giustino. Durante il periodo napoleonico San Giustino, staccato da Cittร di Castello, divenne comune autonomo, ma fu soppresso con la fine di Napoleone per venire definitivamente riconosciuto con motu proprio di Leone XIII nel 1827. San Giustino fu il primo comune umbro ad essere occupato dai Piemontesi del generale Fanti lโ11 settembre 1860.
Castello Bufalini
Castello Bufalini, foto gentilmente concessa dal Comune di San Giustino
Castello Bufalini costituisce senzโombra di dubbio lโemblema di San Giustino. Il castello vede le sue origini nel fortilizio militare della famiglia Dotti. Restituito a Cittร di Castello nel 1478 dopo che a piรน riprese era stato attaccato e distrutto, nel 1487 il legato pontificio di Cittร di Castello lo donรฒ a Niccolรฒ di Manno Bufalini perchรฉ egli terminasse i lavori di ricostruzione iniziati su progetto di Mariano Savelli, fratello del governatore, con lโobbligo in caso di guerra di difendere Cittร di Castello e di accogliere le truppe e i capitani che il comune avrebbe inviato a difesa del luogo e dei suoi abitanti. Il Bufalini, su nuovo progetto redatto da Camillo Vitelli, trasformรฒ il vecchio fortilizio in una vera e propria fortezza circondata da un fossato, dotata di un mastio e quattro torri, camminamenti merlati e ponte levatoio.
Il Rinascimento portรฒ alla trasformazione della fortezza in villa signorile. Gli autori di tale trasformazione furono i fratelli Giulio I e Ventura Bufalini dal 1530 comproprietari e residenti nel castello. I lavori, eseguiti tra il 1534 e il 1560, riguardarono sia la ristrutturazione esterna dellโedificio sia la nuova disposizione e lโammodernamento degli spazi interni. Il progetto iniziale che prevedeva la sistemazione del cortile interno, la costruzione delle finestre inginocchiate, la realizzazione di una delle due scale a chiocciola e una nuova distribuzione degli ambienti, probabilmente si deve a Giovanni dโAlessio dโAntonio, detto Nanni Ongaro o Unghero (Firenze 1490-1546), architetto fiorentino della cerchia dei Sangallo, al servizio del granduca di Toscana Cosimo I, ma i lavori proseguirono anche dopo la sua morte. Per la decorazione pittorica viene chiamato Cristoforo Gherardi (San Sepolcro 1508-1556), detto Il Doceno, che dipinge cinque stanze con favole mitologiche e decorazioni a grottesca, lavorando dal 1537 al 1554. Alla fine del Seicento, il castello fu interessato da una nuova fase di lavori su commissione di Filippo I e Anna Maria Bourbon di Sorbello. Su progetto di Giovanni Ventura Borghesi (Cittร di Castello 1640-1708), il palazzo venne trasformato in villa di campagna con giardino allโitaliana. Lโultima vicenda costruttiva del castello ha avuto luogo dopo la Seconda Guerra mondiale, in quanto non uscรฌ incolume dai bombardamenti che interessarono la zona. Nel 1989 Giuseppe Bufalini lo cedette allo Stato. Con lโintegritร dei suoi arredi, il castello costituisce oggi un raro esempio di dimora storica signorile.
Villa Magherini Graziani di Celalba
Foto gentilmente concessa dal Comune di San Giustino
La villa, sorta su un preesistente fortilizio romano, fu progettata dagli architetti Antonio Cantagallina di San Sepolcro e da un certo Bruni di Roma su commissione di Carlo Graziani di Cittร di Castello. I lavori iniziati nei primi anni del Seicento furono portati a termine nel 1616. La struttura, a pianta quadrangolare, si sviluppa su tre livelli, sormontata da una torretta di 17 metri di altezza. Il piano terra รจ decorato da archi murati al cui centro si aprono finestre e nicchie che evocano la regolaritร di un portico. Il piano nobile รจ caratterizzato da un ampio loggiato con elegante balaustra e colonne in pietra serena. Lโingresso laterale immette nella galleria carraia, costruita con volte a botte, che consentiva lโaccesso al coperto delle carrozze e collegava tra di loro la casa colonica e la chiesetta dedicata alla Santa Maria Lauretana. Lโedificio, che costituisce uno splendido esempio di villa nobiliare tardo rinascimentale รจ circondato da un parco di 6 ettari di superficie recentemente recuperato e nella parte frontale si puรฒ ammirare un meraviglioso esempio di giardino allโitaliana. Dal 1981 รจ proprietร del Comune di San Giustino che ha provveduto al restauro funzionale dellโedificio. Oggi la casa colonica รจ adibita ad attivitร socio-culturali. La chiesetta invece รจ oggi usata dal Comune di San Giustino per la celebrazione dei matrimoni civili. I locali di villa Magherini Graziani ospitano il Museo Pliniano e dal febbraio 2016 anche la mostra permanente Iperspazio di Attilio Pierelli (Sasso di Serra S. Quirico 1924-Roma 2013). Lโartista, fondatore del Movimento Artistico Internazionale Dimensionalista, ha dedicato gran parte della sua produzione alla visualizzazione del concetto di spazio relativo alla quarta dimensione geometrica e alle geometrie curve non euclidee e a Villa Magherini Graziani รจ possibile ripercorrere le diverse stagioni creative dellโautore dalle Piastre inox, ai Nodi, ai Cubi attraverso cui lโartista negli anni ha dialogato con lโiperspazio.
Museo del Tabacco
Museo storico scientifico del Tabacco, foto gentilmente concessa dal Comune di San Giustino
ร uno dei sette musei italiani dedicati al Tabacco. Sorto nella sede dellโex Consorzio Tabacchicoltori di San Giustino, ad opera dellโomonima Fondazione (costituitasi nel 1997), ha lo scopo di far conoscere lโimportanza storica che la tabacchicoltura ha avuto – ed ha – nello sviluppo sociale ed economico della zona. NellโAlta Valle del Tevere infatti la coltivazione del tabacco costituisce una tradizione che deve essere tramandata e diffusa. Non รจ un caso che proprio a San Giustino si trovi un museo dedicato al Tabacco, infatti nella penisola italiana le prime coltivazioni di una certa importanza per scopi commerciali dellโerba tornabuona โ cosรฌ chiamata perchรฉ i primi semi furono portati in Toscana dal vescovo Niccolรฒ Tornabuoni alla fine del Cinquecento – risalgono agli inizi del Seicento e risiedono proprio nella Repubblica di Cospaia, un piccolo territorio oggi frazione di San Giustino.
Tabacchine, foto gentilmente concessa dal Comune di San Giustino
Il museo comprende uffici, essiccatoi, sale di cernita: luoghi di grande fascino dove si rievoca una lunga storia di fatica e lavoro, ma anche di emancipazione, storia che ha avuto nelle donne del XX secolo le principali protagoniste. Le lavoratrici dei tabacchi, infatti, al pari delle operaie tessili, sono tra le prime donne che, abbandonato il tradizionale lavoro casalingo, vengono inserite nelle grandi industrie.
Museo storico scientifico del Tabacco, San Giustino, foto per gentile concessione del Comune
Museo storico scientifico del Tabacco, San Giustino, foto per gentile concessione del Comune
Museo storico scientifico del Tabacco, San Giustino, foto per gentile concessione del Comune
La Repubblica di Cospaia
Rievocazione storica Repubblica di Cospaia oto per gentile concessione del Comune
Veduta di Cospaia, San Giustino, foto per gentile concessione del Comune
Veduta di Cospaia, San Giustino, foto per gentile concessione del Comune
Cospaia, oggi frazione di San Giustino, รจ lโultima localitร a nord dellโUmbria. La sua storia โ la storia di un piccolissimo stato indipendente tra tre grandi potenze (lo Stato della Chiesa, il Ducato di Urbino e il Granducato di Toscana) a lungo in lotta tra loro โ merita di essere raccontata. Cosimo dei Medici aveva concesso un prestito di 25.000 fiorini a Eugenio IV per il Concilio ecumenico che nel 1431 aveva indetto a Basilea, chiedendo in garanzia la giurisdizione su Borgo San Sepolcro. Alla morte del Papa il prestito non era stato restituito e cosรฌ i due Stati mandarono i loro geometri a delimitare i rispettivi confini. I geometri lavorarono senza mai vedersi e cosรฌ i toscani stabilirono i confini sul Rio della Gorgaccia, i pontifici sul Rio Ascone. Il territorio compreso dunque tra i due fiumi, la collina di Cospaia, rimase pertanto indipendente. Dal 1441 al 1826 Cospaia ยซtrascorse quattro secoli senza avere capi, o leggi, o consigli, o statuti, o soldati, o esercito, o prigioni, o tribunali, o medico, o tasse. Sopravvisse secondo il buonsenso degli anziani. Non ebbe pesi e misureยป. Perfino la posizione del parroco, che si occupava anche di tenere il registro delle anime e di fare il maestro del paese, denunciava indipendenza, egli infatti non sottostava a nessun vescovo. Lโindipendenza finรฌ con lโaccordo dellโ11 febbraio 1826 con il quale Leone XII e Leopoldo I si spartivano il territorio. Cospaia il 28 giugno 1826 fece atto di sottomissione allo Stato pontificio e ogni cospaiese a โrisarcimentoโ della perduta libertร ebbe un papetto, ossia una moneta dโargento con lโeffigie di Leone XII. Ancora oggi il 28 giugno di ogni anno viene celebrata la โex Repubblica di Cospaiaโ.
Storiaย – Bibliografia essenzialeย San Giustino, in M. Tabarrini, LโUmbria si racconta, Foligno, s.n., 1982, v. P-Z, pp. 265-269.
E. Mezzasoma, S. Giustino, in ยซPiano.Forteยป, n. 1 (2008), pp. 43-49.
S. Dindelli, Castello Bufalini. Una sosta meravigliosa fra Colle Plinio e Cospaia, San Giustino, BluPrint, 2016
Castello Bufaliniย – Bibliografia essenzialeย
A. Ascani,ย San Giustino, Cittร di Castello, s.n., 1977.
G. Milani-P. Bร ,ย I Bufalini di San Giustino. Origine e ascesa di una casata, San Giustino, s.n., 1998.
S. Dindelli, Castello Bufalini. Una sosta meravigliosa fra Colle Plinio e Cospaia, San Giustino, BluPrint, 2016
La Repubblica di Cospaia – Bibliografia essenzialeย Cospaia, in M. Tabarrini, LโUmbria si racconta, Foligno, s.n., 1982, v. A-D, p. 447. A. Ascani,ย Cospaia. Storia inedita della singolare repubblica, Cittร di Castello, tipografia Sabbioni, 1977. G. Milani,ย Tra Rio e Riascolo. Piccola storia del territorio libero di Cospaia, Cittร di Castello, Grafica 2000, 1996 E. Fuselli,ย Cospaia tra tabacco, contrabbando e dogane, San Giustino, Fondazione per il Museo Storico Scientifico del Tabacco, 2014