fbpx
Home / Posts Tagged "Sagrantino"

Per la sua incantevole posizione geografica, sul vertice di un colle che si erge al centro delle valli del Clitunno, del Topino e del Tevere, Montefalco – il cui nome è un omaggio a Federico II – è per definizione la Ringhiera dell’Umbria.

Le sue mura, fatte di mattoni e di pietre d’origine lacustre, custodiscono bellezza, storia e silenzio. Ma Montefalco è soprattutto Sagrantino.

Torre del Verziere. Foto by Enrico Mezzasoma

La sua presenza si percepisce ovunque, non solo nelle enoteche: la parte più antica, il quartiere di Porta Camiano, presenta infatti un affascinante itinerario per scoprire i vitigni storici; tra le mura di pietra, lungo i vicoli stretti che scendono dalla Piazza del Comune, vigne domestiche raccontano, con la loro presenza, il legame tra Montefalco e questo prodotto della terra che ne è simbolo e ricchezza. All’interno dell’orto del Convento di Santa Chiara si trova l’esemplare di vite più antico; in Largo della Castellina, via dei Vasari, da Largo Campo Vaccino fino a Porta Camiano si possono ammirare i filari secolari presenti sulle facciate dei palazzi.

La storia di Montefalco inizia già in età romana quando è sede di numerose ville patrizie, tra cui quella di Marco Curione che dà origine, pare, al primo toponimo – Coccorone – poi soppiantato dalla passione per il falco di Federico II. Proprio quest’ultimo lo devasta nel 1249; in seguito il borgo viene occupato dalla Curia del Ducato di Spoleto. Nell’epoca delle signorie finisce sotto i Trinci di Foligno, ma dal 1446 al 1860 ritorna sotto l’autorità della Santa Sede, che ne riconosce un governo e le concede il titolo di città nel 1848.
La visita del borgo inizia dalla chiesa-museo di San Francesco che racchiude storia, cultura e tradizione. Costruita tra il 1335 e il 1338 dai frati minori, diviene dal 1895 sede del Museo civico, che si articola in tre spazi espositivi: l’ex chiesa, la pinacoteca e la cripta. Nell’ex chiesa sono visibili affreschi di Benozzo Gozzoli raffiguranti le Storie della vita di San Francesco, una Natività del Perugino e affreschi di Scuola umbra del 1400; anche la Pinacoteca accoglie opere della Scuola umbra dal 1300 al 1700, mentre nella cripta si trovano reperti archeologici e sculture di varie epoche. Da qui si arriva facilmente nella piazza, un tempo dei Cavalieri o Campo del Certame, dove si affacciano il Palazzo del Comune, l’ex Chiesa di San Filippo Neri, oggi teatro, lOratorio di Santa Maria e residenze signorili del XVI secolo. Il tour montefalchese può continuare con la visita alla Chiesa di Sant’Agostino e con la Chiesa di Sant’Illuminata (XVI sec.), impreziosita da affreschi di Francesco Melanzio.

 

Palazzo del Comune. Foto di Enrico Mezzasoma

 

Da non perdere la costruzione dedicata a Santa Chiara da Montefalco: nel Santuario si trovano le reliquie della santa e la Cappella di Santa Croce, decorata nel 1333 con opere di Scuola umbra di eccezionale valore.
Montefalco conserva quasi intatta la propria cinta muraria, documentata già dal 1216; particolarmente importanti sono le porte: Porta Camiano, Porta Sant’Agostino, Porta San Bartolomeo (oggi chiamata di Federico II), Porta della Rocca e Porta di San Leonardo.
Se volete assaporare il vero gusto del borgo, non perdetevi l’Agosto Montefalchese e Fuga del Bove – tre settimane di spettacoli, degustazioni e l’antica giostra con la corsa dei tori – la Settimana Enologica e la Festa della vendemmia (settembre). Oltre al Sagrantino e al Montefalco Rosso e Bianco, che fanno da accompagnamento a numerosi piatti, assaggiate l’olio, il tipico risotto alla montefalchese e la selvaggina della zona. Non dimenticate i tessuti di Montefalco, ispirati ai disegni della tradizione.

 


Per saperne di più

Quando arriva l’autunno si vendemmia e si raccolgono le olive. Una volta, dopo i raccolti si pagavano gli affitti e, se il raccolto era andato male e non c’erano soldi, si traslocava.

Una tavolozza di colori

Ma, prima di tutto, i colori. Le colline attorno a Montefalco sono coltivate con il vitigno del Sagrantino, un vino rosso DOC pluripremiato.

Il bello del Sagrantino non si esaurisce nel vino, ma esplode nei colori della sua vigna. La vigna si nota, da lontano, perché si vede la collina coperta di rosso; poi, da vicino, si nota che le foglie hanno preso tutta la tavolozza dei colori autunnali, che vanno dal giallo al rosso, passando per il bordeaux, e con sfumature di verde scuro.

Gli aceri canadesi sono diventati un’attrazione mondiale perla magnificenza delle loro foglie autunnali: la vigna del Sagrantino non è da meno per bellezza, ma al momento è poco conosciuta. Rispetto alle altre, le foglie del Sagrantino non assumono l’aspetto triste e accartocciato della vigna che sta andando in quiescenza, ma si allargano e sembrano acquistare una vitalità ancora estiva. Si aspetta la vendemmia e poi via a raccogliere i rami più belli, quelli con le foglie più variegate, per fare delle composizioni che stupiscono gli amici per la loro originalità e bellezza.

La raccolta delle olive

L’altro aspetto importante è quello sociale dell’autunno umbro, che consta nel rito della bruschetta con l’olio nuovo. Tutti raccolgono le olive, chi ha centinaia di alberi e chi ne ha solo qualche decina. Improvvisamente tutti i campi si riempiono di reti stese sotto gli alberi per raccogliere i frutti che cadono, perché non se ne deve perdere nemmeno uno. Chi ha poche piante raccoglie ancora a mano, chi invece ne ha di più raccoglie con l’abbattitore, una specie di frullino che fa scendere rapidamente tutti i frutti dall’albero. Gli alberi umbri sono piccolini e la raccolta a mano è ancora possibile, anche se le comodità delle nuove tecnologie stanno soppiantando i metodi antichi. Stare parecchie ore con le braccia in alto affatica e portare le olive al frantoio è anche una liberazione da tanto sforzo.

L’odore della molitura

Qui inizia il divertimento. Al frantoio si è accolti dalle grandi ceste piene fino all’orlo di olive nere e verdi, si sente il rumore delle macchine che frangono, si è avvolti dal profumo dell’olio fresco, lo si vede colare con il suo colore intenso. Al frantoio ci si incontra, ci si confronta e si inizia a gustare l’olio nuovo. «Tu quanto hai raccolto? Quanto rende l’oliva quest’anno?» sono le due domande fondamentali che si scambiano tutti. La raccolta varia di anno in anno, una volta è colpa della siccità o della troppa pioggia. Un anno arriva la mosca, un’altra volta il gelo che ha rovina gemme e alberi. La natura ha un fattore di incertezza che non può essere ignorato o evitato. Bastano pochi metri differenza affinché una pianta stia bene, mentre l’altra sia in rovina.

Il Natale che arriva in anticipo

Tra una chiacchiera e l’altra si assaggia. Tutti i frantoi della zona di Gualdo Cattaneo hanno una sala con il camino acceso, con il pane fresco e una bottiglia riempita direttamente dalla molitrice. Quell’olio un po’ denso, non ancora trasparente, profumato di frutto fresco, si versa lentamente sul pane bruscato. Poi si assaggia e si va in Paradiso. Non è tanto per la qualità dell’olio – quella è importante, ma viene dopo – importante, invece, è proprio essere lì assieme ad altre persone a provare, con curiosità, la meraviglia della nuova stagione. In effetti è un po’ come Natale, con la differenza che non dura un giorno, ma un intero mese.