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La luce è scintilla vitale per ogni essere vivente, invisibile e immateriale, eppure origine di ogni cosa. Penetra silenziosa all’interno di vetrate e finestre, illuminando le navate e gli altari di chiese e cattedrali, rivelando così lo spazio costruito.

Fin dall’antichità i fasci di luce avevano un valore funzionale: il loro scopo era infatti quello di consentire un uso ottimale degli spazi. In seguito, soprattutto all’interno dei luoghi sacri, la luce cominciò ad assumere un altro significato, più simbolico: la presenza del divino.
Con la diffusione dell’arte bizantina, le pareti delle chiese si ricoprirono di mosaici con fondo oro; su di essi la luce si riflette provocando spettacolari riflessi dorati. Infine, giochi di luce si ottennero grazie a grandi e preziosi rosoni realizzati interamente con vetrate colorate. I fasci di luce colorano le navate, rendendo visibile, anche internamente, il ricamo di vetro, vera e propria opera d’arte realizzata dall’estro di maestri vetrai.
In una regione mistica come quella umbra, terra di Santi e Beati, la spiritualità si cela nei grandi rosoni che campeggiano sulle facciate delle chiese. Nella chiesa di Santa Giuliana a Perugia il rosone domina la facciata, anche se la sua struttura risulta molto semplice: due giri di ruota con colonnine e archetti trilobati che ruotano intorno a un perno centrale.

 

Chiesa di Santa Maria a Monteluce. Perugia

La luce che invece penetrava all’interno della chiesa di San Francesco al Prato mostrava, agli occhi dei fedeli e dei visitatori, le straordinarie opere d’arte lì conservate, come la Pala Baglioni e la Pala degli Oddi di Raffaello, la Resurrezione del Perugino e tante suppellettili sacri. Il grande rosone, realizzato con un morbido disegno a griglia, si distacca da quelli classici, rivelando un tema iconografico inusuale.
Anche nella chiesa di Santa Maria di Monteluce la navata centrale è illuminata da un magnifico rosone, posto nel registro superiore della facciata a capanna. Il rosone è interamente composto da una griglia traforata con un motivo circolare.

Chiesa di San Costanzo

Nella chiesa di San Costanzo, elevata nell’ottobre del 2008 da papa Benedetto XVI a basilica minore e dedicata al primo vescovo di Perugia, è visibile un rosone fiancheggiato da altorilievi allegorici che rappresentano i quattro Evangelisti. Oltre il rosone è inoltre presente un portale costituito da due stipiti in marmo ornati da tralci e animali fantastici, mentre nell’architrave è raffigurato Cristo benedicente tra i simboli degli evangelisti, unesempio di scultura romanica di fine del XII secolo.

Il principale edificio religioso a Perugia è indubbiamente la cattedrale di San Lorenzo. Presenta una complessa stratificazione di fasi costruttive. Venne iniziata il 20 agosto 1345 come narrato dalle cronache dei Baglioni: «Adì 20 de agosto nel dicto millesimo se comenzó a fondare la chiesa nuova S. Lorenzo». [1]

Diversamente dalle maggiori cattedrali, quella di Perugia ha la fiancata laterale rivolta verso la piazza principale della città. Tale lato è caratterizzato dalla Loggia di Braccio, commissionata da Braccio da Montone. La navata centrale è interamente illuminata dalla vetrata del rosone, simbolo per eccellenza dell’estro di maestri vetrai.

 

Cattedrale di San Lorenzo

 

In questo straordinario mondo luminoso celebre è l’attività dello Studio Moretti Caselli, che ebbe inizio nel 1858, con il lavoro svolto da Francesco Moretti; esecutore e maestro, ha legato il suo nome e quello di tutto lo studio al merito di aver ripreso, continuato e reso prestigiosa l’arte vetraia in Italia. Nel 1861 fu installato un vero e proprio laboratorio tecnico, prima nel complesso di San Domenico, poi trasferito nell’ex convento di San Francesco al Prato e infine nell’attuale via Fatebenefratelli.[2] Oggi lo studio-laboratorio è diventato un magnifico museo.

Vetrata. Natività

Nella cattedrale di Perugia il primo intervento fu curato proprio da Moretti, che realizzò la Natività o L’adorazione dei pastori da porre nel finestrone della cappella. La magnifica vetrata impressionò talmente tanto i perugini per la sua bellezza che fu lodata da due poeti: Giovanni Bini Cima e Alinda Bonacci Brunamonti.
Il successivo intervento fu di Ludovico Caselli, che tra il 1917-1920 realizzò il Martirio di San Lorenzo. Anche questa vetrata fu accolta e descritta con parole poetiche.[3] Le vetrate dello studio rappresentano una sorta di pittura di luce e i fasci diretti e puri, colorati e sfumati filtrano dalla sottile rete degli elementi metallici, diventando simbolo terreno della presenza divina.

 


[1] Cronaca della Città di Perugia  dal 1309 al 1491. Nota col nome di Diario del Graziani secondo un codice appartenente ai conti Baglioni supplita ne’ luoghi mancanti con escerti di altre inedite cronache perugine e pubblicate per cura di Ariodante Fabretti con annotazioni del medesimo di F. Bonaini e F. Polidori, p. 18.
[2] La carta, il fuoco e il vetro. Lo studio-laboratorio Moretti-Caselli di Perugia attraverso i documenti, disegni e le vetrate artistiche. Catalogo della mostra, a cura di G. Giubbini, R. Santola Mazza, Edimond Editore, 2001, p. 60.
[3] La carta, il fuoco e il vetro. Lo studio-laboratorio Moretti-Caselli di Perugia attraverso i documenti, disegni e le vetrate artistiche. Catalogo della mostra, a cura di G. Giubbini, R. Santola Mazza, Edimond Editore, 2001, pp. 68-69.

La città di Assisi è attraversata da un senso quasi tangibile di universalità e di apertura al mondo esterno. La storia di Assisi è una storia antichissima: l’Asisium nell’antica e potente Roma era la città dei ricchi mercanti, delle ville lussuose e delle terme.

Rosone della Basilica di San Francesco

Visitare Assisi significa immergersi contemporaneamente nella storia di epoca romana e medievale, ma anche entrare nel cuore della spiritualità e nei luoghi dove due giovani cambiarono la storia del cristianesimo e quella dell’arte.
Le antiche e monumentali chiese guidano i fedeli e i pellegrini lungo i loro viaggi e i rosoni, gli elementi più suggestivi delle facciate, ammaliano i visitatori grazie a semplici giochi di luci. La Basilica di San Francesco, vera e propria meraviglia architettonica della storia italiana, rappresenta l’eredità fisica del Santo. Fu costruita nel 1228, proprio in suo onore, a soli due anni dalla morte e canonizzazione, su iniziativa di Papa Gregorio IX e dal frate Elia di Bombarone.
La basilica sorge sul Colle dell’Inferno, antico nome del luogo, poiché nel periodo medievale era teatro di esecuzioni capitali. Da quando San Francesco venne canonizzato, questo luogo cambiò nome in Colle del Paradiso: tutto intorno infatti regna la pace e la gioia che si percepisce ha una dimensione quasi sovrannaturale.
Il grande rosone della basilica guida i visitatori non solo all’interno della chiesa, con le sue altissime volte a crociera e con il famosissimo ciclo di Giotto sulla vita di San Francesco, ma è anche alla cripta e alla tomba del Santo.
Il rosone infatti, con i suoi 7.5 metri di diametro e 15 metri di altezza, è il più grande del centro Italia. Dalla ruota un caldo fascio di luce penetra all’interno della basilica illuminando la navata. Inoltre è contornato dall’immagine dei quattro elementi cosmici e funzionava anche come orologio solare.[1]

 

Santa Chiara

 

Un secondo eccelso rosone è quello presente nella facciata della Basilica di Santa Chiara, simbolo della potenza e dell’immensità di Dio. Rispetto a San Francesco, il rosone di Santa Chiara presenta una maggiore simmetria radiale, formato com’è da due perfetti cerchi che si allargano verso il bordo esterno. «Oh, donna, non temere, perché felicemente partorirai una chiara luce che illuminerà il mondo».
La madre della Santa, recatasi a pregare nella cattedrale di San Rufino alla vigilia del parto, udì queste parole. La bambina fu infatti chiamata Chiara e battezzata in quella stessa chiesa. Il grande rosone, quasi a protezione di tutta la basilica, sembra richiamare il nome della Santa, creando giochi di profondità e colorati fasci di luce. L’esterno della facciata è caratterizzato da tre grandi contrafforti poligonali a forma di ampi archi rampanti, che rinforzano il fianco sinistro; la facciata invece, è realizzata a filari di pietra locale bianca e rosa.

 

Rosone della Chiesa di San Rufino

 

I tre grandi rosoni della chiesa di San Pietro dominano la piazza antistante, dove sorgeva un’antica necropoli romana. La chiesa, costruita dai benedettini nel X secolo, è stata rimaneggiata più volte fino alla ricostruzione definitiva del XIII secolo. La facciata, realizzata in pietra rossa del monte Subasio, ha una forma rettangolare; all’origine culminava con un timpano che fu abbattuto dopo il terremoto del 1832.
Nel registro inferiore tre grandi portali d’ingresso accolgono i fedeli, a cui corrispondono, nella seconda fascia, i tre rosoni. Le due fasce della facciata sono tra loro divise da un cornicione ad archetti pensili. L’interno della chiesa è diviso in tre navate: quella centrale è molto alta e senza finestre proprie, ma interamente illuminata dai fasci di luce che penetrano dal rosone centrale.
Elaborati e antichi rosoni sono presenti in una chiesa che rappresenta uno dei massimi capolavori dell’architettura romanica in Italia centrale: la chiesa di San Rufino. Essa infatti si affaccia in una splendida piazza, punto nevralgico e luogo di incontro del popolo e della società feudale del tempo. Le lesene dividono la facciata in tre parti, sottolineando che anche nello spazio interno, vi sono tre navate. La facciata è quindi suddivisa in tre ordini, scanditi da un finto loggiato e da cornici con archetti ciechi e pensili.
Tutto nell’architettura rimanda al numero tre: tre sono infatti i portali e le lunette sovrastanti, tre i rosoni e tre i telamoni, le possenti figure maschili che sostengono, sulle loro spalle, tutto il peso del rosone.

 

Chiesa di San Pietro

 

Il bellissimo rosone, tanto grande da rappresentare tutto il popolo di Assisi, mostra delle caratteristiche decisamente particolari: composto da tre giri di ruota è circondato da una ghiera di fogliame. Il primo giro, composto da archetti a tutto sesto e da colonnine, è abbastanza comune, il secondo invece è assolutamente straordinario: un motivo floreale continuo ed estremamente dinamico, con calici stilizzati e con un andamento serpeggiante dei petali. A completare l’elaborato rosone è un terzo giro di ruota ad archetti di derivazione islamica.[2] Ai lati sono presenti i quattro Evangelisti con elementi naturali del cosmo, enfatizzazione del concetto di Cristo luce e centro del mondo.


[1] L. Lametti, V. Mazzasette, N. Nardelli, Il rosone della basilica di San Francesco in Assisi. Funzione luminosa e allusioni simboliche, Gangemi Editore, 2012.
[2] F. Santucci, La cattedrale di San Rufino in Assisi, Editore Silvana, 1999.

«In forma dunque di candida rosa che si mostrava la milizia santa (…) nel gran fiore discendeva che s’addorna di tante foglie, e quindi risaliva là dove ‘l suo amor sempre aggiorna». (Dante Alighieri, Divina Commedia, Paradiso, Canto XXXI, vv. 1- 2 e 10-12)

I rosoni, veri ricami di pietra posti sulle facciate delle chiese, attraverso i loro decori filtrano la luce divina, trasformandosi in fasci colorati che illuminano le navate.
Il rosone è una ruota a raggi che simboleggia, secondo la tradizione cristiana, il dominio di Cristo sulla terra. È presente sull’asse della navata principale, talvolta anche di quelle secondarie o in corrispondenza di cappelle o bracci trasversali. La forma circolare e la gamma cromatica hanno permesso ai maestri vetrai di creare opere d’arte sacra raffigurando, sotto forma di icona, i passi più significativi del Vangelo. Il rosone rappresenta la ruota della Fortuna: Dante stesso la definisce come un’Intelligenza angelica che ha sede nell’Empireo e che opera fra gli uomini attraverso un progetto divino. Il rosone «esplicita chiaramente la ciclicità della fortuna umana e confina il tempo degli uomini nell’incommensurabilità del tempo di Dio».[1]

 

Basilica di San Benedetto, Norcia, prima del terremoto.

 

Il suo nome, in uso dal XVII secolo, è un accrescitivo del termine di derivazione latina rosa, che ne suggerisce la somiglianza con la struttura del fiore. La rosa, la cui freschezza e bellezza suggerisce un simbolo etereo, richiama inoltre il calice di Cristo.[2]
Nella Divina Commedia, nel XXXI canto del Paradiso, Dante evoca la rosa celeste che raccoglie in paradiso la cerchia dei beati ammessi a contemplare Dio. Il rosone è in stretta relazione con il cerchio, simbolo di perfezione e quindi di Dio, ma allo stesso tempo è anche il simbolo del labirinto, il quale è creato dai tanti motivi vegetali presenti al suo interno. Il labirinto richiama la ricerca interiore e il viaggio iniziatico. Esso così rappresenta un anello di congiunzione tra il mondo umano e quello divino.

Chiesa di San Francesco. Norcia

Un percorso attraverso la Valnerina

L’Umbria, terra di profondo misticismo e spiritualità, cela nel suo territorio le orme dei santi che hanno cambiato il volto del Cristianesimo. Fu infatti, sulle verdi colline e altopiani di Norcia che trovò la fede San Benedetto. Nel centro storico della città sorge la Basilica di San Benedetto, costruita presso la casa natale del santo e poi ampliata nel XIII secolo. La facciata, con un profilo a capanna, presenta nella parte inferiore un portale strombato ed è arricchita nella parte superiore da un rosone, decorato con foglie di acanto e accompagnato dai simboli dei quattro evangelisti. Purtroppo la basilica è stata profondamente danneggiata durante il terremoto del 2016, ma facilmente si può intuire il suo antico splendore.
Di notevole interesse artistico e architettonico è la chiesa di San Francesco a Norcia, edificata interamente in pietra bianca e portata a termine dai francescani conventuali. Pregevole è il grande rosone che domina la facciata: una cornice realizzata con rosette e archi a tutto sesto, come un vero ricamo, trafora la dura pietra, rivelando il suo profondo significato attraverso il vuoto della materia ma pieno invece della luce divina.
A pochi chilometri dalla patria di San Benedetto, a Preci, si erge l’Eremo di Sant’Eutizio.

La parte più antica dell’abbazia risale al IX secolo e nel 1190 fu completata per volere dell’abate Tendini I. L’abbazia ammalia lo spettatore poiché è interamente edificata su un terrazzamento tra la scogliera e la vallata sottostante. Il rosone, vero gioiello della scultura, prevale sulla struttura della chiesa. È un grande cerchio contornato dai simboli degli evangelisti, tipico dell’architettura romanica, ma in se reca anche frammenti scultorei altomedievali.[3]

Abbazia Sant’Eutizio. Preci

Non molto distante da Norcia un altro eccelso rosone, più minuto dei precedenti, sovrasta e domina la facciata della chiesa di Santa Maria Assunta a Vallo di Nera. La chiesa risale al 1176 e presenta una facciata con pietre conce tipicamente romaniche. A contraddistinguerla è un portale gotico a ogiva ornato da capitelli e fregi e nella parte superiore un rosone scandito da dodici colonnine perfettamente in linea, il quale sembra essere riassorbito nel paramento murario.

Città profondamente legata alla spiritualità, ma anche al simbolo del rosone e quindi alla rosa è sicuramente la città di Cascia, centro religioso legato alla figura di Santa Rita. Si erge in questo borgo la chiesa di San Francesco, presso la quale nel 1270 fu sepolto il Beato Pace francescano. Elemento di spicco della facciata, opera di maestri comacini, è il raffinato rosone, molto particolare poiché è dato dall’ingranaggio delle due ruote contrapposte che creano un effetto dinamico di rotazione. È composto da diciotto colonne con capitelli e diciotto archetti trilobati, i quali convergono verso il centro nel quale è presente la Madonna con il Bambino. Tutto intorno foglie d’acanto richiamo motivi classici. La delicatezza

Chiesa di San Francesco, Cascia

dell’intarsio rende questo rosone un vero capolavoro dell’arte scultoree regionale.

L’Appennino umbro è il custode silenzioso delle tracce di santi e pellegrini fondatori di eremi e cenobi ispirati alle regole della povertà, solitudine e semplicità. A Sant’Anatolia di Narco la leggenda narra che passarono san Mauro, suo figlio Felice e la loro nutrice. Visto la loro condotta di vita, la popolazione gli chiese aiuto per essere liberati da un drago che infestava quei luoghi. San Mauro, grazie all’aiuto divino, affrontò e uccise il drago. L’episodio della liberazione è raffigurato nel fregio della facciata. In essa è presente anche il rosone, tra i più interessanti esempi di scultura romanica umbra, a due ordini di colonne, iscritto in un quadrato con i simboli apocalittici. Il quadrato è delimitato da una fascia a mosaico a stelle. La simbologia della facciata è esemplare: il rosone rappresenta Cristo che porta luce nel mondo, identificata con la Chiesa, attraverso la voce dei quattro evangelisti che ne hanno permesso la conoscenza.[4]

Infine, un rosone molto particolare è sicuramente quello della chiesa di San Salvatore di Campi di Norcia, una delle testimonianze più importanti del territorio della Valnerina. I tragici eventi sismici del 2016 hanno portato al crollo di gran parte dell’edificio e alla distruzione del campanile risalente al XVI secolo. Le pareti rimaste sono state consolidate per rimettere in sicurezza le porzioni di affreschi che verranno reintegrate nelle parti recuperate. La chiesa, immersa nelle colline umbre, è un raro esempio a due navate, con due porte di accesso e due rosoni, oltretutto non allineati rispetto alla linea del tetto. Particolarmente interessante è la grande ghiera esterna del rosone, scolpita con tralci d’acanto disposti secondo un sinuoso movimento rotatorio a spirale.

 

Chiesa San Salvatore. Campi

Basiliche, abbazie e piccole chiese, immerse in vallate verdeggianti tipicamente umbre, luoghi magici e mistici allo stesso tempo, ma anche guide essenziali che aiutano il visitatore, spettatore o eremita a cogliere la parte più pura e profonda dell’Umbria. Questi e tanti altri luoghi restituiscono gioielli preziosi di un tempo passato.
Purtroppo molti di essi sono stati profondamente colpiti dal sisma di alcuni anni fa, ma molto spesso l’arte e la bellezza vincono il silenzio che scende sulle macerie, riportando questi luoghi alla loro antica bellezza.

 


[1] Claudio Lanzi, Sedes Sapientiae: l’universo simbolico delle cattedrali, Simmetria edizioni, Roma, 2009, pag. 162.
[2] M. Feuillet, Lessico dei simboli cristiani, Edizioni Arkeios, Roma, 2006, p. 97-98.
[3] L. Zazzerini, Umbria Eremitica. Ubi silentium sit Deus, Edizioni LuoghInteriori, Città di Castello, 2019, pp. 124-131.
[4] L. Zazzerini, Umbria Eremitica. Ubi silentium sit Deus, Edizioni LuoghInteriori, Città di Castello, 2019, p. 109.