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Giovani Penne รจ la sezione di AboutUmbria dedicata al progetto alternanza scuola-lavoro. A essere ospitati sono, in queso caso, gli articoli scritti dagli alunni del liceo scientifico G. Alessi di Perugia, guidati dalla professoressa Daniela Pera.

Che forma ha la vita? Alcuni diranno ยซVita รจ DNAยป, altri invece ยซVita รจ acquaยป, mentre una piccola minoranza dirร  ยซLa vita assomiglia a un fagioloยป. E la vita, in effetti, รจ un poโ€™ simile a un fagiolo, o meglio, alla fagiolina.

La famosa fagiolina cresce solamente intorno al lago Trasimeno, ma perchรฉ รจ cosรฌ speciale? Partiamo innanzitutto dal luogo: il lago, speciale per il peculiare rapporto che intercorre tra la sua profonditร  e la sua superficie – per farsi unโ€™idea si possono creare le stesse condizioni spargendo uno strato dโ€™acqua di circa sei millimetri in un salone di centoventi metri quadrati – รจ anche caratterizzato dall’assenza di immissari o emissari, e dipende solamente dalle precipitazioni. Tutte queste caratteristiche hanno portato a una diversificazioneย  delle specie animali e vegetali, che oggi si concretizza soprattutto nella fagiolina e nel giunco endemico.ย 

Ma questo non รจ lโ€™unico motivo del suo essere speciale. La gente del luogo, infatti, ha coltivato la fagiolina per molto, moltissimo tempo: รจ un legume tanto antico che era conosciuto persino in epoca romana, come cita Plinio il Vecchio, parlando di un certo phaseolus. Grazie allโ€™elevato valore nutrizionale, molto piรน alto di quello degli altri legumi, รจ stata molto apprezzata e coltivata privatamente, ma con la scomparsa della mezzadria, a metร  del secolo scorso ha rischiato di scomparire, essendo una specie che richiede moltissime attenzioni dopo la raccolta.ย 

La Fagiolina del Trasimeno, foto via ecceitalia.com

Oggi la fagiolina รจ uno degli alimenti tipici umbri piรน apprezzati – come Slow Food ha detto nel Duemila, includendo il legume nella lista dei Presidi di quellโ€™anno. Inoltre, nel periodo estivo, si tiene a Castiglion del Lago la Festa della fagiolina, occasione non solo per assaporarne la stella indiscussa, ma anche per sentire sulla propria pelle i sapori, le persone, la storia e la cultura del lago Trasimeno attraverso degustazioni di olio, vini e birre artigianali locali.ย 

In cucina il prezioso legume ha un sapore molto delicato ed erbaceo, estivo se vogliamo. La consistenza รจ simile a quella degli altri legumi, mentre la buccia รจ molto morbida. Gli utilizzi sono molteplici, ma in generale รจ inserita in ricette semplici e tradizionali, insieme ad altri prodotti del Lago come il sopracitato olio o i pomodori.ย 

รˆ meglio iniziare dal panino con la porchetta oppure dal panino con il Cicotto? Dubbio amletico. Io penso che sia meglio iniziare dal sapore delicato e morbido della porchetta, e domani passare al sapore piรน intenso e ricco del Cicotto, godendosi il piacere succulento dei panini senza pensare a colesterolo e affini. Per un giorno possono stare a riposo.

 

Una porchetta non รจ altro che un maiale arrosto. Ma cโ€™รจ maiale e maiale, porchetta e porchetta. Quella che tre famiglie producono a Grutti, sullโ€™altopiano, รจ divina. Benedetti, Biondini e Natalizi hanno ormai la preparazione della porchetta nel loro DNA e seguono la tradizione elaborata dai loro antenati. In un mondo sempre piรน industrializzato, dove ogni articolo possibile si compra su Amazon, la porchetta di Grutti รจ preparata a mano, tagliata a mano, ogni panino รจ farcito a mano ed รจ venduta dal furgone della ditta in giro per la regione.
Ho visitato il laboratorio Benedetti: mi aspettavo un ambiente orrido con schizzi di sangue ovunque. Invece mi sono trovata davanti a un locale pulito come una sala operatoria. Pareti bianche, pavimento bianco, tavoli operatori puliti, scarti di lavorazione infilati negli appositi secchi. Nessun odore sgradevole, si percepiva solo il profumo delle erbe aromatiche e del pepe. Le erbe che aromatizzano la carne del maialetto sono raccolte in zona e tritate a mano per non perdere nemmeno una molecola di aroma. รˆ un lavoro lungo a cui si dedica una persona per due giorni a settimana. Una quantitร  di erbe enorme, ma giusta per aromatizzare le 20-25 porchette che servono a farcire circa 2500 panini che i Benedetti vendono ogni settimana. Lโ€™unica spezia a non essere a chilometro zero รจ il pepe in grani, che arriva dallโ€™India. Tutte le porchette nascono, crescono, sono lavorate e vendute in un raggio di 40 chilometri dal punto di partenza.
Se poi moltiplichiamo per tre la produzione – Benedetti, Biondini e Natalizi – sembra che gli Umbri dellโ€™altopiano e della valle abbiano crisi dโ€™astinenza se non mangiano almeno un panino con la porchetta a settimana.

 

panino-porchetta

Il classico panino, foto via Facebook

Ristoro per gli affamati

Come si รจ arrivati a tanto? Fino alla Seconda Guerra Mondiale, il maialino era presente in ogni casa per gli usi privati – salsicce, carne, grasso e altro – e la porchetta era preparata solo per le feste, le sagre e i matrimoni. Poi dopo la guerra, la fame ha cominciato a mordere e i soldi erano pochi, allora i porchettai di Grutti hanno lasciato che i paesani andassero a raccogliere il grasso che colava sotto lo spiedo durante la lunga cottura della porchetta. Tutto gratis. Il grasso serviva per condire le minestre, per cuocere e anche per inzupparci dentro il pane. Nel frattempo stava arrivando il boom economico, durante il quale il camion ha sostituito il carretto con lโ€™asino e la porchetta รจ diventata una presenza abituale in tutti mercati settimanali.

Il Presidio Slow Food

Fin qui la porchetta. Ma Grutti vanta anche un Presidio Slow Food, di origine antichissima e adesso vera ghiottoneria che si chiama Cicotto, deformazione di una parola latina che indicava il cosciotto del maiale. Partendo dal principio che del maiale non si butta via niente, i porchettari recuperano anche le parti di scarto. Orecchie, zampetti, lingua, stinco e trippa, dopo essere stati accuratamente puliti e lavati, sono posti nel recipiente sotto lo spiedo e cuociono nel forno assieme alla porchetta. Lo spiedo gira lentamente per 12 ore, lasciando che il grasso che sessanta anni fa veniva regalato scenda e nobiliti anche gli scarti, creando uno stracotto ricco di aromi e profumi che vanno a impregnare il panino rotondo.
I Grutticiani sono cosรฌ sicuri della bontร  del loro prodotto che ogni anno portano in piazza la porchetta e cicotto, e fanno festa per tre giorni. A Porchettiamo sono presenti anche i produttori di porchetta di altre regioni e si trovano gli stand di tanti tipici cibi da strada.

 

Porchettiamo รจ giunto alla 10ยฐ edizione

 


Scopri Porchettiamo, dal 18 al 20 maggio

Citerna appartiene al Club de
I Borghi Piรน Belli d’Italia

 


Per alcuni ha origine a Siena, durante la furiosa epidemia di peste del 1348, quando un medico aveva preso lโ€™abitudine somministrarlo ai malati; per altri, invece, sembra sia nato da unโ€™esclamazione volata nella mensa del Concilio di Firenze del 1439 e da un malinteso. Quale che sia la storia, รจ indubbio che il vinsanto debba il suo attributo a qualche proprietร  particolare, magari miracolosa. O forse alla sacralitร  del procedimento che serve per ottenerlo.

vin santo

Le uve per il vin santo

Un lavoro da farsi con la luna calante

ยซVuoi assaggiare questo nettare? Ma questo non รจ un vinsanto, รจ un nettare! Oh amabile sorbetto, nettare prezioso e delicatoยป. (Goldoni)

Bevanda da dessert dal colore ambrato, il vin santo รจ il prodotto piรน fine delle uve Trebbiano e Malvasia, come pure del Grechetto, del Cannaiolo, della Vernaccia e di San Colombano. In Toscana รจ ottenuto anche da uve San Giovese, tanto da essersi guadagnato lโ€™epiteto di Occhio di Pernice. Quali che siano gli uvaggi scelti, la creazione del vin santo presuppone una scelta: i grappoli migliori, a uno stato di maturazione non troppo avanzato โ€“ in modo che le bucce possano resistere allโ€™appassimento โ€“ vengono raccolti e appesi per tre, o addirittura quattro mesi, in modo che appassiscano. Era credenza diffusa che i grappoli, singoli o coppidi, cioรจ doppi, non sarebbero marciti se fossero stati appesi in fase di luna calante (o dura).
Diffuso nellโ€™Alta Valle del Tevere e nella vicinissima Toscana, il vin santo acquista perรฒ a Citerna quella nota affumicata che lo ha reso Presidio Slow Food. Le vaste pianure sottostanti il borgo, come pure lโ€™abbondanza dโ€™acqua, avevano infatti permesso alla zona di essere eletta a luogo ideale per la coltivazione del tabacco, destinato ai Monopoli di Stato. Cosรฌ, per ottimizzare gli spazi, grappoli e foglie venivano appesi alle travi del soffitto in modo che potessero seccarsi col calore delle stufe e dei camini. Fonti di calore che, inevitabilmente, finivano per sprigionare anche del fumo, donando alle uve il tipico retrogusto di affumicatura.

 

Una fermentazione difficile

Il vin santo ormai passito viene poi pigiato e fatto fermentare โ€“ con o senza vinacce โ€“ in caratelli di legno con una capienza che oscilla dai 15 ai 50 chilogrammi. Le dimensioni di questi contenitori la dicono lunga sulla qualitร  della bevanda che si finirร  per ottenere. Innanzitutto danno la misura della produzione del vin santo, estremamente contenuta: mediamente un quintale dโ€™uva, una volta terminata la fase di essiccazione, arriva a pesare 30-35 chilogrammi, e deve essere ancora pigiato.
In seconda istanza, contenitori di tali dimensioni permettono di sacrificare solo una piccola parte della preziosa annata, nel caso qualcosa dovesse andare storto in fase di fermentazione. Questo passaggio รจ infatti estremamente delicato: dato il forte appassimento, il mosto del vin santo ha una concentrazione zuccherina molto elevata che, a sua volta, comporta un alto tenore alcolico. Lโ€™agente lievitante contenuto nella pruina โ€“ la sostanza cerosa che ricopre gli acini proteggendoli dai raggi ultravioletti e dalla disidratazione โ€“ difficilmente riesce a sopravvivere a tenori alcolici superiori al 13%, e qui stiamo parlando di valori che possono raggiungere anche il 19%.
I produttori, per arginare questo problema, si servono della feccia delle annate precedenti, ovvero di una specie di deposito che, conservato di anno in anno e ripartito nei vari caratelli, รจ capace di stimolare la fermentazione. A questo proposito, la feccia viene chiamata madre e, dal momento che rimane anche nel legno dei caratelli stessi, questi vengono riutilizzati senza essere prima lavati.

Il vino ambrato

Una volta riempiti per ยพ, i contenitori vengono sigillati e stoccati โ€“in passato venivano posti in soffitta, in modo che fossero esposti alle escursioni termiche, ritenute benefiche – e lรฌ rimangono per almeno tre anni. Lโ€™incertezza sulla buona riuscita del vino aleggia fino allโ€™apertura dei caratelli, quando si saprร  se la feccia madre sia riuscita o meno a far fermentare il mosto, salvandolo dal marcescenza. รˆ curioso che, a Citerna, proprio il vin santo venisse usato per ammorbidire le foglie del tabacco che, sottratte al Monopolio di Stato, venivano nascoste in casse di latta e sepolte nei campi. Tuttora, in Toscana, i fumatori di sigaro sono soliti inzupparli nel vin santo per gustarli meglio.

 


Sitografia:

www.fondazioneslowfood.com/it/presidi-slow-food/vinosanto-affumicato-dellalta-valle-del-tevere/

www.ilportaledelleosterie.it

www.wsimag.com