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«Il mio ultimo libro è un racconto minimale in bianco e nero dove disegno i paesaggi mistici dell’Umbria, dal santuario di Santa Maria Giacobbe al Bosco Sacro di Monteluco».

Francesco Gaggia si divide tra insegnamento e disegno con lo pseudonimo di Kuiry, con cui firma le tavole. Con un tratto ricercato e minimale, che alterna colore e bianco e nero, ci porta con le sue storie tra i paesaggi dell’Umbria o nelle città noir ispirate all’America degli anni Cinquanta e Settanta. Il suo ultimo libro è Pale – l’anima della terra che ci porta in un bosco sacro, in un eremo incastonato in una parete di roccia dove un uomo, solo e febbricitante, vive una drammatica esperienza metafisica, tra oscure presenze fluttuanti e il retaggio di antichi culti pagani. A breve arriverà anche un nuovo episodio del detective Dog Kane dal titolo La maestra sbagliata, in cui avrà a che fare con dei clienti davvero particolari.

 

Francesco Gaggia

Come prima domanda: chi è Francesco Gaggia?

Principalmente sono un professore e un architetto. Ho studiato architettura a Firenze e poi sono diventato un insegnante. Il fumetto fa parte della mia vita da sempre, ho imparato a leggere anche prima di andare a scuola, con Topolino, e ho sempre amato moltissimo disegnare. Ma il vero punto di svolta c’è stato negli anni Novanta, quando con Claudio Ferracci – presidente della Biblioteca delle Nuvole di Perugia – abbiamo realizzato FLIT Comics, una rivista di fumetti e critica. Da qui si è concretizzata la mia passione, anche con mostre ed eventi. Poi dal 2013 ho iniziato l’autoproduzione, diventando editore di me stesso e pubblicando le mie opere.

Kuiry invece chi è? Il tuo alter ego?

Oramai ho fatto pace con questa cosa: Kuiry è un soprannome che ho fin da ragazzo e lo uso come nome d’arte per firmare le tavole, mentre Francesco Gaggia è l’editore. Il doppio nome in questo caso è utile.

Da dove nasce l’ispirazione? C’è un momento particolare della giornata in cui disegni?

La parte operativa si svolge chiaramente a tavolino anche se, usando molto il digitale – disegno prevalentemente con un tablet – potrei lavorare ovunque, ma preferisco farlo nel mio studio o a casa. Invece, l’idea per una storia… ogni momento è buono. Ad esempio, quando vado in bici, quando passeggio e in tutti quei momenti in cui libero la mente dai pensieri quotidiani. Spesso l’idea risolutiva arriva quando meno me lo aspetto.

 

Parliamo del tuo ultimo libro Pale – l’anima della terra, un racconto grafico dedicato a una divinità pagana e ambientato in uno dei luoghi più suggestivi dell’Umbria: l’eremo di Santa Maria Giacobbe presso Pale (Foligno).

È un racconto di 64 pagine con dialoghi minimali in cui prevale l’immagine; è un fumetto particolare perché il parlato è espresso con delle didascalie e non con dei veri e propri fumetti che escono dalla bocca. Il protagonista è un eremita che parla con sé stesso, quindi ho cercato di non essere verboso. Il mio obiettivo era trasmette al lettore le sensazioni e le suggestioni di un uomo che vive solo.

 

Questo si manifesta anche con la scelta del bianco e nero?

Esatto. In questo modo rappresento un pensiero ascetico, più asciugato. L’ascetismo in qualche modo è o bianco o nero. Non ha sfumature.

In Pale dominano anche i paesaggi dell’Umbria…

Il luogo principale è appunto l’eremo di Pale (da qui il titolo), che si trova sopra Foligno, il cui toponimo deriva da una dea pagana molto antica. Una divinità pastorale il cui culto nella zona è continuato fino alla prima metà del Novecento. È dedicato a Santa Maria Giacobbe e ha all’interno affreschi che richiamano la maternità. Un altro luogo di snodo del fumetto il Bosco Sacro di Monteluco, un posto particolarissimo in cui c’è una dimensione sensoriale unica: quando si entra è come entrare in una cattedrale, un luogo diverso da quello esterno, in cui viene automatico parlare sottovoce.

Recentemente è uscito anche Salomè NOIR, un fumetto liberamente tratto dall’opera teatrale di Oscar Wilde…

È una trasposizione della Salomè di Wilde, ambientata però negli anni Settanta, in America, reinterpretata in chiave noir. Questo, rispetto a Pale, è un fumetto molto parlato e dove il testo è fondamentale.

 

Il genere noir lo esprimi anche con il personaggio di Dog Kane?

Sì, è una mia grande passione questo genere. Per Dog Kane ho creato una città immaginaria tipo la Gotham di Batman, ispirata a diverse città americane.

Quanto ti assomiglia questo personaggio?

Fisicamente quando è nato era una mia caricatura, poi lui è rimasto trentenne e io sono invecchiato (ride). I suoi pensieri sono simili ai miei e quando scrivo penso a cosa farei io in quel momento. È un qualcosa che viene in automatico, ogni autore credo trasferisce parte di sé nei personaggi che crea.

 

Hai in cantiere nuovi progetti?

Sto lavorando a un’altra avventura di Dog Kane. Inizierà a indagare anche nel suo passato: in questa storia ci saranno dei flashback in cui ritornerà nella sua infanzia. Lui è operativo, come detective, negli anni Cinquanta, ma vorrei farlo muovere nel corso del Novecento, così da poter rappresentare diversi periodi storici. Finora l’ho raccontato trentenne negli anni Cinquanta, ora mi piacerebbe spostarlo negli anni Settanta, quando ha 50 anni, o negli anni Trenta, quando ancora è un bambino. La maestra sbagliata è un primo esperimento: avrà come clienti due bambini che andranno da lui perché secondo loro insegnante non è più lei e quindi, con dei flashback, tornerà quand’era lui stesso ragazzino.

Se dovessi rappresentare l’Umbria con un fumetto, come la disegneresti?

L’Umbria è unica perché, in uno spazio limitato e piccolo c’è una varietà incredibile di paesaggi: da quelli aspri, quasi alpini, della Valnerina, alle dolci colline, fino al lago Trasimeno, con i cipressi che sembra già di stare in Toscana. Nel giro di pochi chilometri ci sono tanti scenari e quindi, in un eventuale fumetto, cambierei stile a ogni capitolo, usando il colore, il bianco e nero, linee rotonde o spigolose.

I fumetti che peso hanno nel raccontare la realtà?

Secondo me sono uno strumento eccezionale per rappresentare la realtà, Zerocalcare ne è un ottimo esempio. Lui racconta la sua esperienza personale e ha realizzato anche dei reportage di guerra, è molto bravo a utilizzare questo strumento per raccontare la realtà delle cose. Non dimentichiamo anche Maus, il fumetto di Art Spiegelman sull’Olocausto che ha vinto il Premio Pulitzer. Io, come sensibilità, fatico a fare una cosa di questo genere, probabilmente perché sono più portato a traferire nei miei lavori la parte emozionale e fantasiosa, sicuramente anche a causa della mia formazione.

 


Per scoprire tutti i suoi lavori: Kuiry, Dog Kane

«Se l’Umbria fosse un fumetto? Sarebbe divertente e pieno di colori».

Antonio Vincenti, meglio conosciuto come Sualzo, si definisce un sassofonista mancato e un disegnatore autodidatta. Con la sua matita illustra e racconta storie: «Per me è fondamentale raccontare delle belle storie. Scelgo sempre argomenti che mi stanno a cuore».
Vincitore di diversi premi, i suoi lavori sono stati pubblicati non sono in Italia, ma anche in USA, Russia, Francia, Spagna, Polonia, Inghilterra, Corea del Sud e altri paesi: il 30 novembre sarà in Russia a rappresentare l’Italia alla Fiera Internazionale del libro di Mosca. Ma Sualzo resta legato a doppio filo con il suo territorio, con l’Umbria e soprattutto con il lago Trasimeno, che vede ogni giorno dalla finestra di casa. «L’Umbria è spesso rappresentata nei miei fumetti e il lago spunta sullo sfondo dei miei disegni».

Sualzo Antonio Vincenti all’opera

La prima domanda è d’obbligo: qual è il suo legame con l’Umbria?

Sono nato a Perugia, ma da vent’anni vivo a San Feliciano: sono un trapiantato orgoglioso. Mi sento molto legato alla fisicità di questo posto, è un luogo che sento molto mio; qui ho conosciuto mia moglie, qui sono nati i miei figli.

Ci spieghi a grandi linee come nasce un suo fumetto. Come le viene l’idea, l’ispirazione…

Io lavoro con due tipi di storie. Mi occorrono sei-sette anni per realizzare un libro con una storia completamente mia: il lavoro parte da un’idea che si affaccia nella mia mente tramite il mio vissuto; oppure lavoro su storie scritte da Silvia Vecchini, e a quel punto il processo creativo è più rapido. Silvia scrive la storia che ha in mente e poi inizia un processo di cambiamento, di elaborazione e raffinazione del racconto. Quest’ultima è la parte più importante e più creativa, dopodiché parte il vero mestiere, dove si mettono in pratica le tecniche acquisite negli anni.

Nascono prima i testi o i disegni?

Prima nascono i testi, anche se a volte un testo può essere generato da un’immagine: crei un personaggio non sapendo che poi sarà lui stesso far nascere una suggestione e una storia. Comunque, in genere, prima di tutto c’è la scrittura. La scrittura è – per me – la parte più importante.

Sualzo Antonio Vincenti e Silvia Vecchini

Da cosa sono ispirati i suoi personaggi?

Nelle storie che scrivo, riverso sempre una parte di me. I personaggi non sono al 100% autobiografici, però mi somigliano molto, sono una sorta di auto-fiction. È molto importante nei miei libri parlare di cose che ho vissuto realmente e soprattutto di argomenti che mi stanno a cuore; se non fosse così, sarebbe impossibile riuscire a scrivere 100-200 pagine. Stesso discorso vale per i libri per bambini: la scelta degli argomenti è sempre orientata nel comunicare un qualcosa di importate; la motivazione deve essere forte.

Fa più fumetti o graphic novel?

In questo momento – vista la richiesta di mercato – lavoro più a graphic novel, anche per ragazzi.

Quale tra i due preferisce?

Per mia estrazione sono sempre stato affascinato dall’idea di una narrazione non seriale, più vicina al romanzo. Una narrazione che non deve necessariamente far nascere un personaggio, ma una storia senza presupposti e conseguenze. A me non interessa raccontare un personaggio, ma solo delle storie.

Quest’anno con La zona rossa ha vinto il premio Attilio Micheluzzi come miglior libro a fumetti per ragazzi: ci può parlare di questo lavoro?

La zona rossa è un fumetto che racconta ai ragazzi il terremoto. Prima di realizzarlo abbiamo temporeggiato molto: la casa editrice Il Castoro ci aveva commissionato un libro su questo argomento prima della scossa del 30 ottobre, ma, come dicevo prima, a Silvia e a me serve sempre una motivazione reale e, purtroppo, il 30 ottobre è arrivata. In più, gli sfollati di Norcia erano ospiti in alcune strutture di San Feliciano e per diverso tempo hanno vissuto con noi in paese, si sono mescolati a noi, a quel punto – anche se solo da spettatori – siamo entrati nella storia e l’abbiamo raccontata più da vicino. Inoltre, una parte del ricavato del libro ha finanziato una scuola di teatro nelle zone terremotate: è importante ricostruire, ma non soltanto le cose. Il prossimo anno La zona rossa uscirà negli Stati Unici e in Corea: una storia locale può avere anche un respiro internazionale.

C’è un fil rouge tra tutti i suoi lavori?

Quello che ritorna sempre nel mio lavoro è l’esigenza di voler comunicare un concetto e un pensiero di base. Anche nel fumetto per bambini Gaetano e Zolletta – che racconta la storia di due asini padre e figlio – c’è una comunicazione importate: il ruolo della paternità. Io e Silvia abbiamo voluto affrontare questo aspetto, che nei libri per i più piccoli è poco rappresentato o c’è solo in maniera marginale. Voglio specificare: non devono essere libri pedagogici, ma libri che raccontano una storia solida e bella. È una nostra esigenza.

Però non scrive libri solo per i bambini.

Le storie che scrivo con Silvia sono per bambini e ragazzi, quelle che scrivo da solo sono per un pubblico adulto.

Se l’Umbria fosse un fumetto, come la disegnerebbe? Quali sono le parti che metterebbe in evidenza?

Sicuramente sarebbe un fumetto umoristico: gli umbri hanno un umorismo di pancia, non sono musoni come sembrano. Sanno essere divertenti. Comunque, sarebbe un fumetto a colori: l’Umbria è piena di colori. Pure nei miei lavori i paesaggi della regione sono molto presenti: il lago spesso affiora e fa capolino nelle mie storie – dopotutto lo vedo ogni giorno dalla mia finestra.

Come descriverebbe l’Umbria in tre parole?

Crocevia, camminata, mistica.

La prima cosa che le viene in mente pensando a questa regione…

Riposo dello sguardo.