Archeologia รจ una parola altamente evocativa. Quando, negli anni Cinquanta Ceram pubblicรฒ un libro di grande successo dal titolo โCiviltร Sepolteโ, migliaia di persone scoprirono il fascino dellโarcheologia.
Tutti sognarono di ritrovare civiltร remote, come fece Schliemann riportando in luce Troia, oppure rischiare la maledizione del faraone, come Howard Carter che entrรฒ nella tomba di Tutankhamen, o ancora immaginare lโemozione di Evans che individuรฒ il labirinto di Cnosso.
Archeologia perรฒ non รจ solo sinonimo di pietre sepolte o antiche iscrizioni perchรฉ esiste anche unโarcheologia legata alle piante. Non stiamo parlando di foreste fossili, bensรฌ di alberi e di frutta. E non parliamo neppure della meravigliosa frutta di cera di Francesco Garnier che si vede a Torino. Qui si tratta di alberi vivi e di frutti commestibili. Ci troviamo davanti a un luogo di archeologia botanica dove vengono coltivate molte varietร di frutta che non sono piรน sul mercato e che se si perdono lo sarร per sempre.

Dr. ssa Isabella Dalla Ragione
Il luogo in questione รจ Archeologia Arborea onlus: un frutteto a San Lorenzo di Lerchi, al confine tra Umbria e Toscana, coltivato e studiato dalla ricercatrice dottoressa Isabella Dalla Ragione che dice: ยซDalla lunga ricerca รจ stato creato a San Lorenzo di Lerchi, in un paesaggio agricolo storico, il frutteto da collezione, straordinario patrimonio genetico e culturaleยป.
In questo frutteto che, per inciso, รจ anche un angolo di Umbria molto romantico, sono riunite e curate 600 piante da frutto di 150 varietร . Ci sono pere, prugne, mele, ciliegie, mandorle e anche i merangoli, cioรจ arance amare, e le prugne mirabolane, tanto usate nella farmacia rinascimentale.
Le usanze passate
Pomi e peri coti, si sentiva gridare dโinverno per le calli di Venezia, in Piemonte e in Val dโAosta in autunno si mangiavano le pere cotte Martin Sec, a Roma quelli che andavano il giro con il calderone della frutta cotta li chiamavano Peracottari. E non era un complimento. Cambiava la cittร ma il problema era lo stesso: dโinverno la frutta era poca e si mangiavano cotti solo i frutti che resistevano. Era un modo per mangiare e scaldarsi le mani. Arance e mandarini erano solo al sud, e non ovunque, il resto del Paese si accontentava di mele e pere che si potevano conservare. Il boom economico ha fatto sparire i venditori di mele e pere cotte, sostituendoli con le merendine confezionate. Nemmeno nei ristoranti si trova piรน la frutta, nรฉ fresca nรฉ cotta.

Archeologia Arborea
Visitando il giardino di Archeologia Arborea si incontra una quantitร insospettabile di varietร di frutta e si scopre che ogni frutto ha unโindicazione precisa. Noi, condannati ad andare per supermercati, entriamo in contatto al massimo con 5/6 varietร di mele, mentre fino agli anni Cinquanta del secolo scorso erano molte decine e ogni orto aveva la sua specialitร .
Le mele che crescono nel meleto archeologico sono varietร che provengono dalla zona di Cittร di Castello, dalla vicina Toscana e dalla Romagna, hanno tutti i colori della tavolozza e le forme piรน svariate: quelle Nasone e quelle Muso di Bue, oppure schiacciate, oppure tonde. Ogni mela ha unโindicazione precisa. La mela Pagliaccia o rotolona (il nome indica la sua forma) รจ una mela autunnale che si poteva conservare in inverno; la mela Muso di Bue, si mangiava fresca o come confettura; le mele Nasone erano solo verdi e croccanti; la mela Rosona si cucinava invece con le carni. Quando non cโera il frigorifero la frutta era legata ai cicli delle stagioni e, se si poteva, andava conservata.
Fino alla prima metร del ‘900 la frutta raramente veniva consumata a tavola mentre era molto gradita cotta assieme con le carni, per assorbire i grassi. Lโarista di maiale con le prugne o il vitello con le mele o la cacciagione con i lamponi sono dei must della cucina italiana. Tutte le piante che crescono in Archeologia Arborea erano giร coltivate nel tardo Medioevo e nel Rinascimento, come verificato personalmente dalla dr.ssa Dalla Ragione.
Invece di servirsi della macchina del tempo, Isabella Dalla Ragione รจ scesa a valle e ha fatto uno studio approfondito degli affreschi nei palazzi signorili dellโAlta Valle del Tevere, ritrovando dipinta la frutta che lei coltiva. Gli artisti, in particolare i pittori, hanno sempre lavorato copiando dal vero perchรฉ la natura ha offerto tutti i colori e le forme che cercavano. Cornici fiorite o canestri di frutta o giardini trompe lโลil, sono stati dipinti basandosi sempre su modelli reali. Perchรฉ lavorare di fantasia quando basta guardare fuori dalla finestra per avere una gamma infinita di colori e forme?
Visitare lโarboreto di San Lorenzo equivale quindi a tuffarsi con salto carpiato e con avvitamento in un mare profondo e pieno di curiositร , ma per fortuna, la dottoressa Dalla Ragione ci aiuta a stare a galla. Lโarboreto รจ visitabile e si puรฒ anche adottare una pianta.
Indirizzo: San Lorenzo di Lerchi (Cittร di Castello).ย tel + 39 335 61284 info@archeologiaarborea.org