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«Non c’è nessuna forma d’arte come il cinema per colpire la coscienza, scuotere le emozioni e raggiungere le stanze segrete dell’anima». (Ingmar Bergman)

Il cinema è un’arte che si fa in squadra. Tutti conoscono gli attori e il regista, ma il grande lavoro arriva dalle diverse maestranze che, impiegate dietro le quinte e unite in una stretta collaborazione, raggiungono l’obiettivo finale: il film. Questa filosofia ha ispirato gli umbri che lavorano nel mondo del cinema a unirsi per mettere in campo la loro forza, ma soprattutto la loro professionalità. È nata così l’Associazione Mestieri del Cinema Umbri – di recente costituzione – formata da residenti umbri con curriculum professionale in tutti i reparti della produzione cinematografica e televisiva. L’associazione conta oggi un’area, tra soci, collaboratori e partner, di oltre 100 persone, legate dalla visione comune di uno spazio di confronto e crescita nel proprio territorio.

Alcuni momenti durante la realizzazione del corto

«I nostri obiettivi sono molteplici: il primo è lo scambio di idee, ognuno rinforza e arricchisce gli altri con i propri pensieri. Un secondo traguardo è quello di far rivivere un settore, quello del cinema, che potrebbe favorire indotti lavorativi di tanti tipi. E infine, dialogare con le istituzioni. Esiste, infatti, una legge del 2016 che dovrebbe essere applicata per incentivare le produzioni. In Umbria ci sono tanti festival molto belli e interessanti, ma fanno parte del settore della distribuzione, quello che manca e che noi vorremmo portare, sono delle produzioni che possano far lavorare i vari settori cinematografici» illustra il presidente dell’associazione Federico Menichelli. «Per l’Umbria è una vera novità, nessuno prima aveva mai pensato di creare un’associazione di questo genere. Non solo, è utile per un confronto tra addetti ai lavori, ma soprattutto per far ripartire in Umbria questo settore» fa eco la costumista Isabella Sensini, anche lei membro del gruppo.

Da poco tempo è stata ricostituita l’Umbria Film Commission: sono presenti nuove produzioni e soprattutto ci sono tanti operatori del cinema costretti a lavorare fuori regione: «L’Umbria Film Commission può dialogare con la nostra associazione di categoria e potrebbe non solo accogliere nuove produzioni, ma anche creare dei prodotti da esportare», prosegue il presidente.

Gli studi del Centro Multimediale di Terni

L’importanza dell’unione è sostenuta anche da Alessio Rossi, addetto ai casting: «Molti di noi lavorano a Roma o in altre città e questo fa perdere all’Umbria grandi possibilità d’incrementare le produzioni. Così potremmo creare lavoro anche qui. Inoltre, nel mondo dello spettacolo più si è uniti e si conoscono persone, più si lavora». Karina Y Muzzio, make up artist, è felice di far parte di questo gruppo perché crede che sia una grande occasione per rilanciare la settima arte nostrana: «L’Umbria è una regione che offre molto, ma è fondamentale unirsi per dare una spinta concreta a questo settore».

Il biglietto da visita che ha presentato l’Associazione Mestieri del Cinema Umbri è stato un cortometraggio dal titolo Umbria: La Rinascita, girato all’interno del Centro Multimediale di Terni.

«Si tratta di una struttura molto importante, con due studi – uno di 900 metri quadri e uno con il green screen – che potrebbe essere utilizzata per fare formazione o per attirare produzioni da fuori, sfruttando anche il panorama e i borghi circostanti. Oggi è di proprietà del Comune di Terni ed è un luogo vuoto e non utilizzato. Rilanciarlo sarebbe fondamentale» sottolinea Menichelli.

 

Il cortometraggio

Il cortometraggio Umbria: La Rinascita è stato il primo passo di un movimento tecnico-artistico che, dopo anni di silenzio e isolamento, ha ricongiunto i professionisti umbri all’insegna del rispetto reciproco per progetti comuni. Il corto è stato realizzato con il completo e totale investimento di tutti i professionisti dei vari reparti: tutti gli interpreti hanno partecipato a titolo gratuito per sostenere la propria regione d’origine.

Valeria Ciangottini e Federico Menichelli

«Da bravi artigiani, il nostro primo passo è stato quello di girare un cortometraggio. Siamo molto contenti perché abbiamo raggiunto oltre 23.000 visualizzazioni e abbiamo coinvolto artisti del calibro di Alfiero Toppetti e Valeria Ciangottini. Ognuno ha dato quello che aveva e che poteva dare. Tra i partecipanti – ed è un segno importante – c’è anche l’amministrazione comunale di Terni. Il nostro prossimo passo è attirare l’attenzione degli imprenditori e della Regione, che deve allinearsi a un panorama nazionale molto più avanzato. Serve un fondo cinema e occorre che le produzioni vengano attratte dall’Umbria: la forza della regione sta nel fatto che, sul grande schermo, non appare così spesso. Ecco, mettendo insieme tutti i pezzi si può fare molto», conclude Federico Menichelli.

 

Un lombardo che vive in Umbria e che racconta la Sicilia del commissario Montalbano: «In Umbria manca solo il mare, ma per me non è un problema, tanto posso vivermi quello della Sicilia quando giro la serie».

Alberto Sironi

Alberto Sironi è stato nostro ospite, e con lui abbiamo fatto una chiacchierata in occasione dell’evento Fa’ la cosa giusta, per scoprire tutti i segreti del commissario più famoso d’Italia. Il regista dei record – quasi vent’anni dietro la telecamera della serie con in media 10 milioni di telespettatori – si è formato alla scuola d’arte drammatica del Piccolo di Milano dove, sotto la guida di Giorgio Strehler, ha cominciato a lavorare come attore in piccole parti teatrali. Negli anni Settanta ha iniziato le collaborazioni con la Rai come sceneggiatore e regista: dopo una sequela di esperienze come regista, alla fine degli anni Novanta è arrivato il Commissario Montalbano, tratto dai romanzi scritti da Andrea Camilleri.

Ora lei vive in Umbria: qual è il suo rapporto con questa regione?

Ho sposato un’umbra e ora vivo qui. Inizialmente gli umbri sono un po’ chiusi – questo va detto – però quando poi entri in confidenza con loro si dimostrano persone cordiali. Mi piacerebbe molto raccontare una storia ambientata in questo territorio.

La sua carriera è iniziata in teatro con Giorgio Strehler: quanto le è servita questa scuola per far poi televisione?

Nei sei anni che sono stato con Strehler, al Piccolo di Milano, ho imparato una ginnastica che mi ha facilitato il lavoro in televisione; inoltre prediligo attori che hanno fatto teatro, per me è più facile lavorare con loro.

Ci sveli un segreto: cos’è che funziona di questa serie?

Questo successo prosegue nel tempo perché il pubblico ama i racconti di Andrea Camilleri. Andrea racconta i personaggi, descrive gli ambienti, narra un tipo di mondo ambientato oggi, ma che in realtà è figlio del suo mondo di tanti anni fa. I racconti così diventano in qualche modo storici. Abbiamo tolto le automobili: nei nostri film per le strade non c’è nessuno, sono deserte. Il commissario Montalbano ha una vettura che era vecchia fin da quando è uscito il primo film. Abbiamo creato una sorta di mondo magico per assecondare il modo di narrare di Camilleri. Questo è quello che ama il pubblico. Un’altra cosa che apprezza molto è la voglia di vivere bene del Commissario. Gli italiani vogliono mangiare bene, amano le donne e hanno bisogno dei loro amici. Il pubblico, quando aspetta l’uscita di un film di Montalbano, è come se aspettasse d’incontrare un amico, uno di loro.

Il regista Sironi con la giornalista Agnese Priorelli

Secondo lei il successo della serie trascina la letteratura o è il contrario?  

Questo è difficile da stabilire. Sicuramente noi abbiamo aiutato a vendere di più rispetto a una normale editoria, però il personaggio di Montalbano era già abbastanza popolare. Camilleri ha cominciato a scrivere nel 1997, noi abbiamo cominciato a girare un paio di anni dopo. Sono certamente due modi diversi, c’è chi ama il genere letterario chi il film, quindi non si può stabilire.

Montalbano viene trasmesso in oltre venti paesi nel mondo: si aspettava tutto questo?

Quando abbiamo cominciato nessuno poteva immaginare il successo che Montalbano avrebbe avuto in Italia e nel mondo. Oggi noi giriamo in 4K, un sistema tecnicamente evoluto, ma fino a qualche anno fa – per mia scelta – giravamo in 35 millimetri: questo ci ha permesso di avere un prodotto perfetto, con più definizione e profondità di campo. In questo modo abbiamo conquistato il mercato statunitense e non solo.

Ha mai pensato di lasciare la serie?

Fare Montalbano mi piace ancora, non credo però che durerà più di tanto, forse ancora due o tre anni.

Ci vuol raccontare qualche curiosità del dietro le quinte?

La prima che mi viene in mente è stata quando arrivò Belen Rodriguez per girare l’episodio in cui era protagonista. C’era gente ovunque ad aspettarla: quindi abbiamo deciso di farla arrivare sul set con un giorno di ritardo dal previsto e a bordo di un’ambulanza.

Montalbano sposerà mai Livia?

No, non la sposerà mai. (ride)

Il pubblico arrivato per Alberto Sironi

Da regista, come racconterebbe l’Umbria?

L’Umbria dovrebbe uscire dal solito cliché dei borghi medioevali. Mi piacerebbe raccontare una storia che vada oltre, ambientata in un altro periodo storico. Questa regione ha molto da dire. Mi basterebbe avere un buon copione.

Per finire: cosa vuol dire per lei Fare la cosa giusta?

Lavorare sempre con impegno.

Nell’albo delle eccellenti personalità umbre è senza dubbio da annoverare Fabio Melelli, la cui elegante e cordiale personalità ci ha accolto nelle ariose stanze del Palazzo della Penna

L’intervista che vedrete parla di una ricerca, di una passione e di una set unico: l’Umbria.

 

 

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