Fino al 9 gennaio 2022 sarร esposta al Museo l’originale lettera autografa di Benozzo Gozzoli, datata 27 giugno 1452.
La missiva รจ entrata a far parte della collezione stabile del museo di Montefalco nellโaprile del 2014 e rappresenta unโimportantissima testimonianza storica che offre alla cittร di Montefalco, allโUmbria e al grande pubblico lโopportunitร unica di ammirare il documento manoscritto nel suo luogo di redazione. La lettera, infatti, รจ stata scritta di suo pugno da Benozzo Gozzoli nel complesso in cui ha sede il museo ed era indirizzata a Michele di Felice Brancacci, esponente della nota famiglia fiorentina, il quale viene informato dal pittore che potrร raggiungerlo solo dopo aver completato il lavoro commissionategli per la chiesa.
Il tartufo e i salumi di Norcia, i formaggi di Vallo di Nera, i vini di Montefalco, Torgiano e Corciano, cosรฌ come lโolio di Castiglione del Lago, di Lugnano in Teverina eTrevi: lโUmbria da gustare.
Nulla rappresenta lโUmbria come la varietร e la genuinitร dei prodotti enogastronomici: legumi e cereali, ma soprattutto il frutto delle trasformazioni operate dallโuomo – formaggi, salumi, prodotti panificati, olio, vino. Una rosa di alimenti che, soli, rappresentano una regione estremamente legata alla terra, perfetta espressione del paesaggio che la caratterizza.
Una convinzione diffusa vuole che i cosiddetti piatti tipici siano anche antichi, frutto di una lunga tradizione locale e rurale. In realtร , i cibi giunti fino a noi dal passato sono benpochi: sicuramente non figurano tutti quegli ingredienti provenienti dal Nuovo Mondo – patate, pomodori, mais, fagioli, cioccolato – che in Europa trovarono larga diffusione solo dal 1800 e che pure costruiscono lโelemento principale di piatti definiti locali o rurali. Anzi, molti di questi prodotti erano appannaggio delle classi piรน abbienti, che perรฒ erano solite gustarsi pietanze molto ricche e speziate, frutto di cotture multiple, in cui venivano occultati non solo il sapore e lโaspetto naturale, ma anche la tipicitร e la logica della stagioni. Cosรฌ, quella che oggi viene romanticamente considerata tradizione enogastronomica, il realtร non รจ che il retaggio degli ultimi due secoli, specie del periodo tra le due guerre.
La vera cucina rurale e regionale nasce nel XVIII in Francia, dove cominciano a essere sperimentate preparazioni piรน semplici ma, paradossalmente, piรน dotte, caratterizzate da alimenti freschi, verdure, erbe aromatiche e da una separazione ben nettatra i sapori. Prima che il nostro orgoglio nazionale ne esca ferito, cโรจ da specificare che i nostri connazionali parteciparono a questa rivoluzione proponendo una cucina ancor piรน garbata e semplice, ponendosi per la prima volta il problema dellโidentitร culinaria e delle tradizioni locali. Lentamente nacquero i primi ricettari, dove la nuova gastronomia francese o francesizzante si mescolava alla cucina popolare delle occasioni solenni – feste, riti propiziatori, occasioni di aggregazione legate a particolari momenti dellโanno. Si sa, il cibo da sempre stimola i rapporti umani, al punto che eventi come la vendemmia, la battitura del grano, la raccolta dello olive o lโuccisione del maiale si traducevano in occasioni di convivialitร , veri e propri esempi di compenetrazione tra territorio e enogastronomia.
Il maiale e il tartufo
I ricchi, abituati alla cacciagione, consideravano il maiale cibo da poveri. In realtร , le famiglie che potevano permetterselo, si assicuravano nutrimento per un anno: il maiale, insieme ai suoi derivati, era un ottimo ricostituente per i contadini provati dalle fatiche agricole. Norcia, famosa oggi come allora per la presenza dei norcini, รจ stata da tempo associata ai salumi grazie allโuso attento delle tradizionali tecniche di lavorazione della carne – peraltro mutuate sulle procedure dei chirurghi preciani, veri e propri pionieri nel trattamento dei mali che da sempre affliggono lโuomo. Tra i prodotti piรน celebri spicca il Prosciutto di Norcia IGP, ma non mancano insaccati e prodotti caseari โ si pensi alla grande mostra mercato Fior di Cacio, che anima il borgo di Vallo di Nera con degustazioni, cooking show, laboratori per bambini e con la maxi ricotta presentata dai Cavalieri della Tavola Apparecchiata – spesso arricchiti anche dal tartufo che, proprio a Norcia, veniva un tempo cacciato con le scrofe, attirate dallโandrosterone presente nel tartufo come nel feromone dei maschi. I Romani, che ne erano ghiotti, lo chiamavano funus agens, perchรฉ provocava indigestioni mortali, mentre, in epoca moderna, si pensava che avesse delle proprietร afrodisiache, forse proprio per quella stessa analogia tra il maiale e lโuomo da cui a Norcia nacque il mestiere del chirurgo.
Il vino
LโUmbria puรฒ vantare ben due DOCG in ambito vinicolo: il Sagrantinodi Montefalco e il Torgiano Rosso Riserva. Montefalco si รจ caratterizzato fin dal passato per la cura del vigneto, geneticamente poco produttivo – negli anni Sessanta era quasi scomparso – e per la produzione di un vino rosso rubino dipinto anche da Benozzo Gozzoli nel ciclo ispirato alla vita di San Francesco, posto proprio nella chiesa di San Fortunato, nel centro cittadino. Il prodotto di questi uvaggi puri o misti, ma al cento percento provenienti da vitigni autoctoni, trova largo impiego non solo negli abbinamenti, ma anche nella preparazione stessa di primi piatti e cacciagione. Dal canto suo, Torgiano Riserva, che per disposizione del disciplinare deve essere sottoposto ad almeno tre anni di invecchiamento – dei quali sei mesi in bottiglia, di vetro tipo bardolese o borgognotta – รจ perfettamente indicato per pastasciutte, pollame nobile, arrosti e formaggi stagionati. Viene anche diluito e utilizzato per comporre delle opere inedite: ogni anno, gli artisti di Torgiano dipingono infatti i vinarelli, sorta di acquerelli color borgogna venduti per sostenere le attivitร culturali del borgo.
Tutte queste roccaforti di produzione sono comprese in specifici itinerari, la cui chiave di volta รจ lโeccellenza: Torgiano รจ compreso sotto la Strada dei Vini Cantico, mentre lโAssociazioneStrada del Sagrantino abbraccia Montefalco e le sue colline.
Ma i percorsi non finiscono qui: la Strada del Vino Colli del Trasimeno comprende, ad esempio, i borghi di Corciano – definita anche cittร del pane per la sua lunga tradizione produttiva ma, prima di tutto, animata dallโannuale Castello diVino, ricco di concorsi a tema e degustazioni – e Castiglione del Lago, famosa anche per la regina in porchetta, la carpa del lago aromatizzata al prosciutto.
Non possiamo certo dimenticarci del vin santo, produzione che risente della vicina Toscana, ma che a Citerna trova, nella sua variante affumicata, la denominazione di Presidio Slow Food. Essendo questa una zona da lungo tempo votata alla coltivazione del tabacco, per ottimizzare gli spazi sia le foglie sia i grappoli venivano appesi alle travi, in modo che entrambi potessero seccarsi grazie ai camini o alle stufe. Il fumo che, inevitabilmente, si sprigionava, finiva per donare alle uve quel tipico retrogusto di affumicatura che ancora oggi caratterizza la produzione citernese.
L'olio
LโUmbria e il suo cuore verde sono stati declinati in modi innumerevoli: dalle foreste allโombra che esse generano, il nome stesso della regione parla di vegetazione, rigogliosa e fresca. Ma come non pensare al verde-argenteo degli olivi che presidiano i pendii?
Per Trevi passa la fascia olivata, una zona, posta a trecento metri di altitudine e lunga 35 km, iscritta nel catalogo dei Paesaggi Rurali Storici per il modo in cui ha cambiato non solo il paesaggio, rendendolo caratteristico, ma anche le vite degli uomini che da tempo se ne prendono cura. La conseguente produzione di olio la annovera, a buon diritto, tra le Cittร dellโOlio, tra le quali spicca anche il borgo di Lugnano in Teverina: luoghi in cui la tradizione olivicola fa rima con ambiente, con territorio e con un patrimonio umano da tutelare.
Ma che fa il paio, soprattutto, con unโattivitร antichissima, testimoniata dagli ultimi baluardi di un tempo che fu: olivi millenari, come quello a Villastrada, nel borgo di Castiglione del Lago, o quello a Bovara di Trevi, vecchio 17 secoli, sul quale sembra che fu decapitato nientemeno che il vescovo Emiliano, poi divenuto santo.
ยซCostui fu discepolo dello Angelico fraโ Giovanni, a ragione amato da lui, e da chi lo conobbe tenuto pratico di grandissima invenzione, e molto copioso negli animali, nelle prospettive, neโ paesi e negli ornamentiยป (Giorgio Vasari, Le Vite deโ piรน eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani da Cimabue, insino aโ tempi nostri)
Sono pochi i dati biografici rimasti sul fiorentino Benozzo di Lese di Sandro, meglio conosciuto come Benozzo Gozzoli. Stretto collaboratore di Beato Angelico, anzi suo consocio, amava replicare i bambolotti dallโespressione un poโ esangue del maestro, senza riuscire a superarlo, senza mai spingersi oltre il confine. Tuttavia nelle sue prime opere riuscรฌ a raggiungere un mirabile equilibrio tra la saldezza delle forme nella luce piena e un disarmante candore.
LโAnnunciazione nella Pinacoteca di Narni
Una grande opera firmata
Questi caratteri si riconoscono perfettamente nelle opere umbre del pittore. Non solo nel ciclo delle storie della vita di San Francesco, affrescate nellโomonima chiesa di Montefalco, ma anche nellโAnnunciazione della Vergine, una pala dโaltare ritrovata a Narni e tuttora conservata nella Pinacoteca del paese.
Lโopera รจ una grande tempera su tavola, larga 117 centimetri e alta 142, di attribuzione certa, in quanto firmata dallo stesso pittore che, lungo il bordo inferiore del tendaggio di broccatodietro la Vergine, ha inciso in maiuscolo: ยซOPV[S] BENOTI[I] DE FLORENTI[A]ยป. Questa non รจ lโunica iscrizione. Ne compare unโaltra sul mantello della Vergine: ยซAV[E] REGINAยป.
I personaggi della pala, lโArcangelo Gabriele e Maria, si trovano in un portico, del quale sono visibili due pilastri. La Vergine, con le mani incrociate sul petto, รจ inginocchiata su un piccolo sgabello, ricalcando il modello dellโAngelico nella terza cella del convento di San Marco a Firenze. Nella parte alta sono ancora parzialmente visibili i raggi di luce, probabilmente completati originariamente dalla figura, oggi perduta, dellโEterno o della Colomba dello Spirito Santo che dallโalto illuminava la scena. La raffinatezza dellโopera trova riscontro nella cura e nellโeleganza dei dettagli, come ad esempio nelle lumeggiature delle unghie delle mani dei personaggi, nel realismo delle doppie chiavi e nella raffinata decorazione a intarsio del cassone ligneo che si trova alle spalle di Maria.
Danni e restauri
Lโopera รจ molto danneggiata e ha subito diversi interventi di restauro (1901, 1933, 1947, 1952, 1988, 2002). La firma dellโautore era giร visibile prima dellโintervento del 1988, anche se questa รจ la data che รจ sempre stata accettata per la scoperta dellโiscrizione. Giร nel 1959, infatti, Castellani poteva notarla. Forse, perรฒ, tra la fine del XIX e lโinizio del XX secolo, a causa del cattivo stato di conservazione non era piรน facilmente leggibile, tanto che il Guardabassi attribuรฌ la tavola a Pierantonio Mezzastris, mentre Eroli la riteneva piรน genericamente ยซdi scuola umbraยป.
A restituirla al Gozzoli fu Pรฉratรฉ nel 1907, che la datรฒ al 1450-1452. Lโattribuzione al Gozzoli fu accolta anche da Gnoli, il quale successivamente collocรฒ il dipinto intorno al 1449, ritenendola ยซla piรน antica opera del maestro fiorentinoยป. Ancora oggi il dipinto viene datato intorno al 1449, in una fase precoce del soggiorno in Umbria del maestro fiorentino che si estese per un periodo di cinque anni. Nel 1449 il pittore รจ documentato a Orvieto, cittร non troppo distante da Narni che allโepoca rappresentava un importante centro dello Stato Pontificio, non troppo distante da Roma.
Per quanto riguarda la collocazione, il Guardabassi, alla fine dellโ800, la colloca nella chiesa di Santa Maria Maggiore, oggi San Domenico, e scrive: ยซII Cappella. Lโingresso fu architettato sullo scorcio del XV secolo, alla bellezza delle linee corrispondono sculture ornamentali. Interno. Parete S: Tavola a tempra โ l’Annunciazione; opera del Mezzastiยป. Da Eroli, invece, sappiamo che nel 1898 lโopera giร non era piรน lรฌ: ยซLa seconda Cappella fu denudata deโ suoi ornamenti, come anco deโ quadri che lโabbellivano (โฆ) Non men vaga una piccola tavola, che io vidi quivi appiccata in sulla parete destra dellโaltare, avente in sรฉ lโAnnunziata, che non dubito attribuire alla scuola umbra; ma i tarli hanno fatto danno, e in breve perirร , se il Municipio, che oggi halla in custodia, non la cura e risanaยป.
Un problema di committenza
Se lโattribuzione dellโopera รจ certa, incerta รจ la committenza. La vicinanza di Narni con Orvieto ha sollevato il probabile legame con unโopera raffigurante lโAnnunciazione, che era stata richiesta a Benozzo da una ยซdomina Gianna Gregoriiยป e che era rimasta incompleta per lโinsolvenza della committente. Benozzo allora cercรฒ di cedere il dipinto allโOpera del Duomo di Orvieto, offrendosi di ultimare a sue spese il lavoro iniziato. Quelli accettarono lโofferta, dichiarandosi disposti a sostenere il costo dei colori, purchรฉ lo stemma di donna Gianna fosse sostituito con quello della Fabbrica del Duomo. Di questo dipinto tuttavia non si conosce nรฉ la sorte, nรฉ la tecnica esecutiva, ma non รจ escluso che lโopera fosse quella arrivata poi in modo sconosciuto a Narni.
Unโaltra ipotesi รจ che Benozzo fosse entrato in contatto con i frati domenicani della chiesa di Santa Maria Maggiore di Narni per intermediazione dellโAngelico. In effetti, diversi elementi iconografici, uniti allโoriginaria collocazione allโinterno della chiesa domenicana, portano a rendere piรน plausibile una committenza narnese. Alcuni dettagli apparentemente solo decorativi, hanno in realtร una funzione fortemente simbolica; se accettiamo la committenza narnese possono fornire importanti indizi non solo sulla committenza stessa, ma anche sulla destinazione dellโopera.
Significati simbolici
Particolare importanza riveste il motivo decorativo del tappeto ai piedi di Maria, costituito da uno stuolo di cani neri, posti tutto intorno alla Madonna, quasi schierati a sua difesa. ร probabile che in essi vada vista unโallusione ai frati predicatori secondo un gioco di parole basato sul loro nome latino, Dominicanes; i seguaci di Domenico, infatti, si ritenevano Cani del Signore, appunto Domini canes, in quanto difensori dellโortodossia cattolica, in particolare per la loro funzione di inquisitori delle eresie. Un altro elemento che rafforza questa tesi รจ fornito dal colore dei cani, neri con il contorno bianco. Questi sono degli stessi colori del saio indossato dai frati dellโordine dei Predicatori. Del resto, come giร detto, Benozzo era entrato in contatto con i domenicani grazie al suo lungo sodalizio con Beato Angelico, e con questo ordine rimase sempre legato, eseguendo per esso numerosi lavori in diverse cittร . Un altro elemento a favore della committenza narnese รจ dato dalla decorazione floreale presente sui pilastri del loggiato che divide lโArcangelo Gabriele dallโAnnunziata. Le foglioline sono chiaramente foglie di edera, raffigurate sia nella forma stilizzata, a cuore, sia in quella piรน naturalistica. La versione cuoriforme di queste รจ distintiva della casata degliEroli e sono presenti nello stemma della nobile famiglia narnese che in questo periodo storico arricchรฌ con molte opere dโarte le chiese cittadine. Dunque quella che sembrava solo una decorazione, probabilmente rappresenta un preciso riferimento alla committenza e pertanto รจ posto significativamente al centro dellโopera. ร molto probabile quindi che il committente sia stato il cardinale Berardo Eroli che, dati i suoi stretti rapporti con alcuni dei maggiori esponenti del mondo politico e religioso del tempo (Niccolรฒ V, i Medici a Firenze, SantโAntonino Pierozzi, per esempio), potrebbe essere entrato in contatto con lโartista fiorentino e avergli affidato lโopera.
Museo della Cittร
via Aurelio Saffi, 1 – Narni (TR)
Orari di apertura: aprile-giugno
dal martedรฌ alla domenica, festivi e prefestivi 10.30-13.00/15.30-18.00 chiuso il lunedรฌ settembre
tutti i giorni 10.30 – 13.00 / 15.30 – 18.00 ottobre-marzo
venerdรฌ, sabato, domenica, festivi e prefestivi 10.30-13.00/15.00-17.30 Chiuso il 25/12. Il 01/01 solo orario pomeridiano.
G. Vasari, Le vite deโ piรน eccellenti architetti, pittori et scultori italiani, da Cimabue aโ tempi nostri, Firenze, per i tipi di Lorenzo Torrentino, 1550
E. Lunghi, Benozzo Gozzoli a Montefalco, Assisi, Editrice Minerva, 2010
A. Novelli, L. Vignoli, Lโarte a Narni tra Medioevo e Illuminismo, Perugia, Era Nuova, 2004
B. Toscano, G. Capitelli, Benozzo Gozzoli allievo a Roma, maestro in Umbria, Silvana Editoriale, 2002