Bevagna: il paese che, con la sua gente, gioca al Medioevo

Eccoci., come nani seduti sulle spalle di giganti a narrare del nostro immenso amore per Bevagna e la sua storia. A raccontare del nostro passato e del nostro futuro.

Nei dieci giorni del Mercato Bevagna si sveglia, rinnovata eppure antichissima, trasformata in tutti i suoi vicoli, animata da autentici popolani d’epoca. Banchi e bancarelle dappertutto. Botteghe artigiane riaperte quasi per incanto; angoli e scorci silenziosi e vuoti per tutto l’anno diventano teatro privilegiato di scene e di vita quotidiana.

È una sera importante questa, la festa di tutti. In tutte le case di Bevagna questa sera ognuno sveste i propri abiti moderni e torna a mettersi nei panni degli uomini che ci hanno preceduto, tanti ma tanti anni fa. Tanti quanto gli anni che hanno le chiese, le case e i palazzi di Bevagna. Per dieci giorni, quegli antichi uomini torneranno a percorrere i vicoli e le strade acconciandoli per magia, adatteranno botteghe per proporre antichi mestieri e si farà un viaggio nei gesti e nelle fatiche del lavoro di quei secoli lontani, per poi raccontarli, individuando quei momenti, i più semplici, umani e quotidiani che a noi rendono fraterna l’esperienza di quel mondo, nostro padre e nostra infanzia che è stato il Medioevo. Allora sia festa! E sia festa grande, per tutti questa notte inizia… Il Mercato delle Gaite.

Pace di Fiera! Li magnifici signori Consoli della città di Mevania fanno bandire et notificare che a ciascuna persona de qualunque conditione se sia, li sia licito et possa venire allo Mercato delle Gaite de Sancto Vincenzo del presente mese, cum loro bestie, animali et mercantie; la qual fiera sia libera da ogni pagamento de gabelle tre dì. Et la presente licenzia non se intenda per ribelli nè condennati de sancta chiesa né di questo comune.

Un’esperienza senz’altro insolita nel suo genere e ricchissima sul piano umano perché in grado di intrecciare legami spontanei e solidali tra tutti coloro che vi partecipano. Così nel corso degli anni la manifestazione è riuscita a ricreare quello spirito di parte che l’individualismo esasperato della nostra epoca sembra aver soffocato per sempre.

Una foto di repertorio risalente a un’edizione di trent’anni fa

In un angolo Osvaldo, il pastore, tosa con mani esperte una grossa pecora belante, da cui ricava la lana che alcuni giovani donne lavano ripetutamente alla fonte d’acqua corrente, posta sotto un’ampia tettoia. Mentre Cinzia e Manuela sono impegnate in questo lavoro, Maria e Gina stendono al sole la lana lavata, disponendola su camorcanne. Quella già imbiancata viene invece scardazzata a mano da Marisa e Peppinella, che la allargano in fiocchi, con gesti veloci, dopo averla unta con olio di oliva.
Cesare e Angelo spezzano gli steli delle mannelle di canapa messe a essiccare al sole con il bastone e la maciulla; Tarsavio e Silivio, con gesti lenti e costanti, allungano e tirano ripetutamente le fibre di canapa e lana sopra i due grossi pettini, così da eliminare la parte più grossolana della filaccia e del fiocco e disporre le fibre in un’unica direzione, preparandole per la filatura.
Ogni tanto due ragazze, Simona e Daniela, prelevano i fiocchi di lana e canapa appena pettinati per riportarli alle filatrici. Dina, Letizia e Maria incappucciano le rocche, fatte da loro con grosse canne, con un batuffolo di fibra di lana e di canapa. Le tengono strette sotto l’ascella, oppure infilate nella cintura delle lunghe sottane, così da avere le mani libere per tirare e torcere il filo che si avvolge attorno al fuso. Giacomina e Giustina fanno ruotare i naspi e lasciano poi cadere nel cesto, ai loro piedi, le matasse appena allacciate. Caroletta gira lentamente il filarino e il rocchetto si riempie di filo; Ope ed Elia girano le piccole ruote di legno che avvolgono il filo della matassa intorno ai rocchetti. Nella stanza dei telai Elide ed Angela lanciano la spoletta sopra e sotto, a destra e a sinistra, tra i fili dell’ordito e la trama cresce, si allunga e la tela risplende bianca e resistente. Michela, Anna, Laura, Ilena, Assunta, Francesca e Pia si danno un gran daffare intorno a vasche di pietra per tingere le matasse di lane o i teli di canapa, utilizzando le tradizionali sostanze: il nero, ottenuto dalla daphne gnidium, il giallo dalle foglie di ontano o dallo scotano, il turchino dal guado, il marrone dalla galla, il rosso dalla rubia tinctorum.

Il passato, come d’incanto, s’è fatto presente.

 

 

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Alfredo Properzi

Laureato in Medicina e Chirurgia, medico di famiglia. Appassionato di calcio, innamorato della Juventus. Appassionato di storia medievale, in particolare della storia del lavoro e dell'alimentazione medievale; di Bevagna e della sua storia antica e della sua bellissima rievocazione medievale: il Mercato delle Gaite.