Circondata da un fitto bosco, l’abbazia di San Salvatore di Monte Corona accoglie il visitatore nella sua atmosfera raccolta e suggestiva.

L’Abbazia di Monte Corona fu probabilmente fondata da San Romualdo nel lontano 1008 e la sua genesi è dunque legata all’ordine dei Camaldolesi di cui il monaco e abate fu promotore. San Romualdo riformò l’istituto monastico benedettino a fronte della sua continua ricerca di solitudine, necessaria per praticare la devozione verso Dio. Prima di recarsi in Toscana e dare il via all’ordine dei Camaldolesi, passò sette anni in terra umbra, esplorando zone disabitate della dorsale appenninica e fondando luoghi di culto e di raccoglimento tra cui si annoverano l’abbazia di Santa Maria di Sitria nel Parco del Monte Cucco e, appunto, l’abbazia di San Salvatore di Monte Corona. Peraltro intorno al 1050 nell’abbazia, che oggi ricade nel Comune di Umbertide, operò San Pier Damiani, che di San Romualdo fu il primo biografo.
La chiesa superiore, in stile romanico, fu consacrata nel 1105 e presenta tre navate abbellite da affreschi trecenteschi di scuola umbra. L’abside, realizzato in stile gotico, presenta invece un pregevole ciborio ornato del VIII secolo. Esattamente al di sotto, la cripta, detta di Santa Maria delle Grazie, moltiplica gli ambienti della chiesa superiore presentando cinque navate e tre absidi, con volte a crociera sostenute da colonne romane e medievali che lasciano supporre – al pari del caratteristico campanile poligonale apprezzabile all’esterno – la presenza di un sito preesistente volto a usi differenti.
Poco lontano dall’abbazia ed eretto come sua ideale prosecuzione, vi è l’eremo cinquecentesco. Se l’abbazia era il centro delle attività economiche, l’eremo era il simbolo della vita spirituale della comunità, nonché l’emblema della filosofia di San Romualdo, incentrata sulla ricerca della solitudine e di luoghi mistici in cui raccogliersi in preghiera. La costruzione, attorno alla quale sbocciano edicole votive, è collegata sia all’abbazia sia a una cappella dedicata a San Savino da una strada realizzata in blocchi di arenaria realizzata interamente dai monaci, detta la mattonata.

Dopo una serie di vicissitudini, il monastero ha riassunto la sua funzione religiosa ed è attualmente amministrato dai frati della Famiglia monastica di Betlemme, dell’Assunzione della Vergine e di San Bruno. L’eremo è in parte inaccessibile, sebbene sia possibile visitare l’oratorio adorno di icone realizzate dai monaci e la parte esterna, che istruisce sui segreti della vita monastica nelle diverse fasi della giornata.

Redazione

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