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“Pazzi per il caffè”: premiato il migliore bar di Perugia selezionato dai corsisti

È il bar Deliziosi Pasticci di Corso Cavour a ricevere il primo riconoscimento dei corsisti come Migliore bar dell’anno per l’offerta complessiva ambiente-colazione-servizio più convincente.

Veberdì, presso l’Università dei Sapori, i neo-degustatori hanno ricevuto un attestato di frequenza e premiato due attività. Oltre al noto bar perugino, è il Follet di Bastia Umbra a ricevere il primo riconoscimento come Miglior caffè dell’anno, secondo la valutazione sensoriale dei partecipanti al corso di sensibilizzazione verso il consumo di caffè: 15 persone affette da disturbi psichiatrici.

Si è infatti concluso il progetto pilota Pazzi per il caffè, un percorso professionale itinerante che ha fatto tappa nei bar di Perugia e provincia selezionati dagli stessi corsisti, affrontando lezioni teorico-pratiche sulla conoscenza del caffè e degustazione dell’espresso con schede di valutazione. L’obiettivo era di responsabilizzare i partecipanti sul consumo e coinvolgerli come neo-esperti nella scelta della migliore tazzina 2024 selezionata tra i bar del circuito, ma lo scopo sociale era anche quello di incoraggiarli a fare squadra tra loro e far conoscere nuovi posti, favorendo la socializzazione con la comunità.

Sei i bar di Perugia e provincia che hanno aderito all’iniziativa: Deliziosi Pasticci (Perugia), Follet Cafè (Bastia Umbra), il Forno di Fontignano (Perugia), La Stazione (Gubbio), Ladies Cafè (Marsciano), L’Angolo Divino (Città di Castello); una torrefazione – Daloma Caffè (Perugia) – un istituto professionale di cucina, Università dei Sapori e un’accademia nazionale di formazione del caffè, Club Kavé: insieme per il primo progetto sociale ideato da Rosaria Castaldo – formatrice enogastronomica – insieme a Marco Grignani – direttore del Dipartimento di salute mentale Usl Umbria 1 – che ha reso possibile la realizzazione del progetto: “Questo corso rappresenta un tentativo di contrasto creativo all’istituzionalizzazione.” spiega lo psichiatra. “Il caffè è la tipica bevanda istituzionale, utilizzata come contrasto alla sedazione farmacologica e automaticamente ingurgitato senza alcuna mediazione del piacere e della sensazione di soddisfazione che può dare. Imparare a conoscerne la storia e il gusto, usare i sensi e il pensiero per mettersi in relazione con la bevanda in un modo articolato può essere un buon antidoto ad un uso automatico e ripetitivo”.

All’Università dei Sapori, partner del progetto, si è tenuta anche l’ultima lezione pratica con un tecnico di Club Kavé che ha spiegato i difetti principali del caffè e insegnato ai corsisti a fare l’espresso sulle macchine professionali in dotazione dell’istituto di formazione: “Il coinvolgimento attivo e la promozione di progetti sociali è per Università dei Sapori una missione prioritaria”. spiega il presidente Stefano Lupi. “Siamo convinti che fare cultura dell’alimentazione in modo dinamico e originale sia un ottimo strumento per infrangere l’isolamento nel quale spesso tante patologie relegano le persone e per favorirne l’integrazione e l’apertura al mondo. Con questa iniziativa si conferma la nostra collaborazione con Rosaria Castaldo, che ringrazio, e la nostra vocazione ad essere centro di sperimentazione avanzato dell’alimentazione intesa non solo come professione, come risorsa economica, come elemento di valorizzazione del territorio, ma anche come fonte di benessere e terapia”.

“Organizzare un percorso semi-professionale per persone cosiddette “fragili” è stato un azzardo” chiarisce Rosaria Castaldo, formatrice enogastronomica. “I dubbi sulla riuscita erano tanti: non sapevamo come sarebbe stata accolta l’idea; spostarsi da una città all’altra durante un’estate torrida, facendo anche molti chilometri, restare attenti per qualche ora, imparare nuove nozioni sono attività complesse per chi ha disturbi psichici; eppure, i quindici partecipanti sono stati sempre puntuali e attenti impegnandosi oltre qualsiasi previsione raggiungendo risultati insperati. Per me è stata una grande lezione umana. Si dovrebbe iniziare a sviluppare seriamente, in tutte le attività, il concetto di “innovazione sociale” per rendere disponibili a tutti i progressi della società, in qualsiasi campo, senza lasciare indietro nessuno. Questa esperienza dimostra che si può”.