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Maurizio Pescari: «Manca il rispetto per gli olivi, stanno scomparendo. Senza non c’è olio»

Intervista con il giornalista esperto di olio e di enogastronomia e autore del libro “L’olio e gli altri ingredienti della nostra vita”.

Maurizio Pescari, giornalista e scrittore, nativo di Città di Castello, ha un’esperienza trentennale nel settore dell’olio, dell’enogastronomia e dell’enoturismo ed è una firma autorevole dell’informazione dedicata all’olivicoltura. Ma è soprattutto autore di L’olio e gli altri ingredienti della nostra vita (edito da Rubettino), un libro dedicato all’olio, ma che non parla di olio. Pescari segue un filo conduttore ideale lungo il quale costruisce una storia completa e complessa, quasi romanzata, toccando gli argomenti più svariati: dal valore del tempo alla mezzadria, dalle tradizioni alle consuetudini, dalla spesa alla tavola quotidiana, dalla valutazione del passato alla costruzione del futuro. Il racconto è intervallato da storie di persone e di territori, che finiscono con una prima colazione, con l’olio protagonista e conseguente ricetta.
Durante la nostra chiacchierata è emersa tutta la passione nel parlare di questo prodotto, in particolar modo degli olivi: «Non bisogna parlare di olio, ma di olivi. Stiamo perdendo gli olivi e senza di loro l’olio non si fa».

 

Maurizio Pescari

Maurizio la prima domanda è di rito: qual è il suo rapporto con l’Umbria?

Sono nato a Città di Castello, a sinistra del Tevere. Con l’Umbria ho un rapporto che mi porta a rispettare le diversità, non solo dialettali, ma anche di carattere. Gli umbri dal punto di vista caratteriale hanno tanto da imparare, la loro chiusura è una forma di autodifesa. Siamo stati sempre sottomessi e questo ci ha portato spesso a farci gli affari nostri. Da 50 anni vivo a Perugia e la cosa che mi manca di più è l’improvvisata: a Perugia se si fanno le improvvisate si rischiano faide familiari e sparatorie (ride). A Perugia l’improvvisata va anticipata di una settimana… poi forse, si può fare! Mentre a Città di Castello è molto più comune, è una forma culturale diversa. Detto questo, ritengo che non esista un posto più bello dove vivere.

 

È considerato uno dei maggiori esperti di olivicoltura: come e quando è nata questa sua passione?

La mia passione è nata circa 27 anni fa quando con Marco Caprai abbiamo iniziato a organizzare eventi di valorizzazione e promozione dei prodotti umbri in giro per il mondo. Marco Caprai inventò (c’ero anche io con lui) Frantoi Aperti e siamo stati i primi a portare Cantine Aperte in Umbria nel 1995. Il mio interesse per questo mondo è legato anche all’incontro con una persona: Alfredo Mancianti (aveva un frantoio a San Feliciano sul Trasimeno, ma viveva sul lago Maggiore), con i suoi racconti che giravano intorno all’olio, ma che non parlavano mai di olio, mi ha appassionato alla cultura dell’olivo più che a quella dell’olio stesso. Poi il caso ha voluto che iniziassi a collaborare con il Corriere della Sera, dove curavo una rubrica su questo prodotto. Da qui tutto è iniziato.

 

Quanto è importante l’economia dell’olio, in particolare in Umbria? Come può migliorarsi?   

Il giro d’affari nel modo dell’olio non lo fa la natura, ma la testa della gente. Occorre utilizzare il territorio e caratterizzarlo; serve fare comunicazione e creare un profilo identitario per rendere il prodotto unico. L’olio è olio per tutti. Non bisogna limitarsi a vendere la bottiglia, ma si deve coinvolge l’acquirente raccontando la storia, è favorevole essere simpatici e ben disposti, e creare un brand: in questo modo il prodotto diventa unico e si può stabilire il prezzo. Poi è compito del produttore andare a cercare chi è disposto a pagare quel prezzo, non si può stare sulla porta del frantoio e aspettare che qualcuno passi. Gli olivicoltori devono capire che non possono essere solo agricoltori, devono diventare imprenditori, come è accaduto con il vino. I viticoltori si sono evoluti. Se non in rarissimi casi, nel mondo dell’olio parliamo soltanto di agricoltori: loro vogliono vendere il prodotto il prima possibile, mentre l’imprenditore lo incarta, lo cura, lo abbellisce e crea un’identità. Tutti compriamo un vino perché vogliamo quel vino (il Sagrantino di Caprai o il Sangiovese di Lungarotti) con l’olio questo spesso non avviene.

 

“L’olio e gli altri ingredienti della nostra vita” (edito da Rubettino) è il titolo del suo libro uscito nel 2021: quali sono gli ingredienti della sua vita?

La famiglia, il cane, il gatto e ovviamente l’olio.

 

È un libro dedicato all’olio dove non si parla mai di olio: ci spieghi meglio.

È un libro dedicato all’olio, ma non c’è scritto una varietà o un sistema di estrazione, non nomino un nome, né un profumo. Non bisogna parlare di olio, ma di olivi. Stiamo perdendo gli olivi e senza di loro l’olio non si fa. In Umbria il 50% di questi alberi è abbandonato perché i proprietari non sanno dare redditività alla loro produzione, non sanno fare gli imprenditori e quindi, visto che la gestione costa cara, preferiscono comprare olio da altre parti per poi imbottigliarlo. In questo modo le piante muoiono e con loro muore anche il nostro paesaggio. L’Umbria è ricoperta da olivi, sono una bellezza che va oltre il prodotto alimentare e per questo è fondamentale preservarli e valorizzarli. Lo ripeto: quello che manca è il rispetto per l’olivo.

 

Questo perché accade?

Perché costa caro mantenere queste piante e spesso chi le possiede non è capace di fare l’imprenditore. Prima cosa dobbiamo dire che l’olivo non fa olio, perché se lo facesse, l’albicocco farebbe la marmellata. L’olivo ci mette a disposizione dei frutti, che se finiscono in mani capaci, danno un buon prodotto.

 

Pensa ancora che manchi una cultura dell’olio?

In Italia manca l’insegnamento dell’olivicoltura e dell’elaiotecnica; anche nelle scuole superiori specializzate e nelle Università di Agraria questi corsi sono molto rari o del tutto assenti. Non c’è una cultura dell’olio nonostante questo sia un prodotto molto presente: in Umbria basta aprire una finestra per vedere un albero di olivo. Scommetto che anche lei ne vede uno da casa sua! Inoltre, l’olio, che viene prodotto a livello domestico, è spesso realizzato secondo le consuetudini della mezzadria, presente in Italia fino a 60 anni fa. I nostri padri e i nostri nonni raccoglievano le olive a novembre o dicembre perché puntavano ad alte rese, la priorità era il profitto, questo purtroppo è rimasto ancora oggi. All’epoca aveva senso, oggi no. Questo va a discapito della qualità.

 

È per questo che secondo lei l’olio buono occupa oggi solo il 3% del mercato in Italia?

Non è del tutto vero. In casa tutti abbiamo una bottiglia di olio, ma il 90% di noi compra quello che costa meno, solo il 10% va alla ricerca delle caratteristiche di fondo. L’olio non è tutto uguale, ogni prezzo corrisponde a una qualità. Il prodotto che si acquista al supermercato è meno caro, ma non vuol dire che sia cattivo: sfido chiunque a fare un olio migliore e farlo pagare a quel prezzo.

 

Che voto dà alla produzione umbra?

Quella buona è buona.

 

 

Dia dei suggerimenti a noi comuni mortali per riconoscere un buon olio.

L’odore. Un buon olio ha un buon odore. Va specificato però che ogni olio è diverso: in Italia ci sono 538 varietà di olive e ognuna dà vita a un prodotto differente. Non dico che si deve saper riconoscere qual è il più buono o il meno buono, ma si deve capire che sono diversi tra loro. Poi entra in gioco il gusto personale che ci orienta verso quello più adatto al nostro palato. Dico sempre: quando si va in giro per il mondo, invece di riportare a casa una calamita da attaccare al frigorifero, riportate una bottiglia d’olio.

 

Dopotutto è un compagno molto presente nella vita degli italiani…

Assolutamente. Non esiste una casa dove non c’è una bottiglia d’olio. Mi arrabbio quando sento dire in televisione: «Usate poco olio». Usate poco olio scadente… quello buono mettetelo.

 

Per concludere la nostra chiacchierata: qual è la prima cosa che le viene in mente pensando all’Umbria? Non mi dica l’olivo…

Piazza di Sopra a Città di Castello, ma anche Assisi: tutti pensano che sia bella ammirata da sotto – ed è vero – ma avete mai guardato l’Umbria da Assisi? È bellissima!

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Agnese Priorelli

Laureata in Scienze della comunicazione, è giornalista pubblicista dal 2008. Ha lavorato come collaboratrice e redattrice in quotidiani e settimanali. Ora collabora con un giornale online e con un free press. È appassionata di cinema e sport. Svolge attività di inserimento eventi e di social media marketing e collabora alla programmazione dei contenuti. Cura per AboutUmbria Magazine, AboutUmbria Collection e Stay in Umbria interviste e articoli su eventi.