Il lago Trasimeno, emblema delle cose semplici e autentiche, accoglie laย Villa Alta, la dimora che Vittoria e Guido Pompilij scelgonoย per la loro vita insieme. I dueย vivono anni di amore intenso e assoluto,ย profondo come soltanto il blu sa essere.ย
Era la fine del 1900 quando un incontro a Venezia cambierร ,ย sconvolgendole,ย le vite solitarie della poetessa VittoriaAganoor e del parlamentare umbro Guidoย Pompilj.
Un carattere sprezzante e indomabile
Vittoria rimane colpita immediatamente da questโuomo che nella sua liricaย Trasimenoย chiamerร ยซil forte soldato del beneยป, in lui infatti ยซriconosce una forte dimensione etica associata ad uno slancio umanitario e solidaristico a lei finora sconosciutiยป.[1] Guidoย โ cheย in quel periodoย ricopre il ruolo diย sottosegretario del Ministero delle Finanze del primo governo Saraccoย โ รจ, cosรฌ come lo descriverร ย un suo carissimo amico, Giuseppe Marinelli, ยซdi carattere poco espansivo, duro, imperterrito, non aveva sentimenti conciliativi, seguiva la sua meta,ย senza curare gli ostacoli, eย disprezzava chi gli avesse precluso il cammino. Non si piegava a nessuno e aveva perciรฒ molti avversari che, quantunque avessero ammirato il suo forte ingegno non sapevano spiegare il suo carattere sprezzante e indomabileยป.[2] Eppure in privato รจ capace di mostrare unโโaffettuositร dolce, quasi infantileยป; inoltre possiede un conversare ยซgaio, lepido, mai mordente o sarcastico, sempre entusiasta e ponderato insiemeยป.[3]ย ย
Occhi neri e profondi
Vittoria, allora quarantacinquenne, inizia a scrivere a Guido e ยซtravasa nelle lettere [โฆ] tutta se stessa – sentimenti, aneliti, occupazioni e preoccupazioniย –ย arrivando a scalfire la laconica riservatezza delย Pompiljยป.[4] Guido infatti,ย tutto preso dalle sue occupazioni politiche eย ormai a quarantasei anni,ย non pensa piรน di condividere la sua vita con una donna. Ma presto questa donnaย a cui ยซniuno che lโavesseย anche per poco avvicinata poteva sottrarsi al fascino irresistibile che emanava da quella piccola persona tutta grazia e leggiadria; da quei suoi grandi occhi neri e profondi, lampeggianti passione, velati di malinconia; dalla sua schietta e signorile affabilitร ยป[5] riesce a conquistare il cuore di Guidoย ed egliย prende ad amarlaย sempre piรนย fino diventare con lei unโunica identitร .ย ย
Un nido d'amore a Monte del Lago
Le lettere si fanno sempre piรน affettuose e tenere fino ad arrivare a quella del 16 maggio del 1901 nella quale ella si dichiara pronta a sposarlo, sicura di aver trovato ยซil compagno ideale, che, prendendole tutta lโanima, le avrebbe dato in cambio la propria, senza restrizioni e senza limitiยป.[6] Vittoria cosรฌ scrive sfidando ogni tipo di convenzioni:
ยซ[Io ho] sempre pensato cheย pren[dere] marito, senza amore, sia unโinfamia; sarร falso, ma ho sempre pensato questo. Ebbi delle simpatie per qualcunoย che mi piaceva unicamente pel fisico, maย sentii bene che mi piaceva il viso e niente altro, e che tra la loro anima e la mia vi era un abisso. Questo,ย pensai, non รจ vero amore, completo. Perchรฉ vorrei ora prender marito?ย Perchรฉ sarebbe lโunica maniera di vivere con Lei, per Lei, vicina a Lei; chรฉ se fosse possibile far questo senza sposarla, io non Le chiedereiโฆ cioรจ non Le avrei chiesto di sposar[mi] mai [โฆ]ย sappia [โฆ] che non sarei solo stata disposta a lasciar Venezia per Perugia, ma anche per la Siberia davvero [pur] di vivere con Lei e [adattan]domi adย ogni suaย abitudineยป.[7]ย
Si sposano a Napoli nel novembre di quellโanno e il loroย diventaย un amore pieno e totalizzante, ยซuniti da reciproca stima, da comuni interessi artistici e culturali e da un identico apprezzamento per le cose sempliciย ed agresti che offriva loro quellโamato Trasimenoยป[8]ย sulle cui spondeย scelgonoย a vivere appena sposati, in quella Villa Alta di Monte del Lago paese natale di Guido.ย Vittoria e Guido vivono anni di amore intenso e assoluto,ย profondo come soltanto il blu sa esserlo: incomprensibile e inesplorabile come le profonditร delle acque e sconfinato come il blu dei cieli. Cosรฌ quando Vittoria nel maggio del 1910ย si spegne, in seguitoย aย unโoperazioneย di tumore ovarico, Guido disperato si uccide lasciando scritto ยซnon potrei, nรฉ vorrei sopravviverleยป[9].ย
[1] A. Chemello, Vittoria Aganoor e il suo mondo, in M. Squadroni (a cura di), Vittoria Aganoor e Guido Pompilj. Un romantico e tragico amore di primo Novecento su Lago Trasimeno, [Perugia], Soprintendenza archivistica per lโUmbria, 2010, p. 135.โ [2] Citazione tratta da M. Chierico, cit., p. 14.โ [3] G. Muzzioli, Guido Pompilj e Vittoria Aganoor Pompilj. Commemorazione popolare, Perugia, Guerra, 1910, p. 5.โ [4] P. Pimpinelli, Vittoria Aganoor. La poetessa, in M. Squadroni (a cura di), cit., p. 111.โ [5] G. Mazzoni, in ยซLa Favillaยป fasc. ill. in onore di Vittoria Aganoor (lug.-ago. 1910) cit. in L. Grilli, Introduzione, in V. Aganoor Pompilj, Poesie complete, Firenze, Le Monnier, 1912, p. IV.โ [6] ยซLa Donnaยป, 20 mag. 1910, cit. da F. Girolmoni, Il fondo bibliografico Aganoor Pompilj della Biblioteca comunale di Magione, in M. Squadroni (a cura di), cit., p. 184.โ [7] Lettera di Vittoria a Guido Pompilj datata 16/5/1901 cit. da L. Ciani, Aganoor, la brezza e il vento, Nuova S1, Bologna 2004, p. 92.โ [8] G. Chiodini, Vittoria e Guido. Un suicidio concordato, in ยซIl Messaggero Umbriaยป, 23 apr. 2010.โ [9] ASPg, Fondo Aganoor Pompilj. Ada Palmucci, Testamento di Guido Pompilj, 4-5/5/1910.โ
Una Giornata per la Custodia del Creato; un Forum dโinformazione giornalistica per scovare nuove vie di racconto dello stesso; un percorso, lungo la Via di Francesco, per ricalcare i passi compiuti dal Santo durante il lungo e rigido inverno del 1206. ย Una celebrazione tripartita, quella dal 1 al 3 Settembre, che ha in primo luogo lโaspirazione a diffondere un turismo sostenibile, ma anche il desiderio di tutelare i beni culturali e la bellezza paesaggistica in cui questi, come noi, sono immersi. A porsi come comun denominatore, il Santo di Assisi, patrono dโItalia e degli Ecologisti: chi meglio di Francesco, che aveva vagato in queste terre rapito dalla loro magnificenza e dalla perfezione del Creato, avrebbe potuto costituirsi come simbolo di una rinnovata attenzione allโambiente?
Eremo di San Piero in Vigneto
Il Pellegrinaggio
Giunto ormai alla sua nona edizione, il pellegrinaggio di 50 km da Assisi a Gubbio si offre come unโoccasione per entrare a piรฉ pari nellโatmosfera della succitata celebrazione. Ripercorre, infatti, lโitinerario compiuto da Francesco dopo la sua spoliazione, il gesto di radicale rifiuto degli agi a cui era stato abituato che prelude perรฒ ad una vestizione quanto mai simbolica, non solo perchรฉ il sacco che gli verrร poi donato diventerร il simbolo del suo Ordine, ma anche perchรฉ la nuditร gli permetterร di indossare lo splendore dellโEden, emblema di un mondo armonico.
ร proprio su questo assunto che prende il via il percorso, articolato non solo sui luoghi realmente visitati dal Santo, ma anche sul valore unico che essi hanno avuto per lโelaborazione degli stilemi della sua dottrina, mutuati sulla bellezza, semplice ed essenziale, del Creato.
Partendo da Assisi, si toccano dapprima la Pieve di San Nicolรฒ e la Chiesa di Santa Maria Assunta; si arriva poi al Castello di Biscina e alla Chiesa di Caprignone, nei pressi della quale il Santo si proclamรฒ, di fronte ai briganti, ยซlโAraldo del Gran Reยป. Dopo essere stato malmenato, Francesco trovรฒ rifugio presso lโAbbazia di Vallingegno, altra tappa del pellegrinaggio di Settembre, a cui si arriva dopo essersi riforniti dโacqua potabile a San Piero in Vigneto, un eremo benedettino dalle fattezze di una fortificazione, cosรฌ come volevano i dettami dellโepoca. A Vallingegno, Francesco venne accolto con riluttanza, al punto da essere ridotto alla stregua di un semplice sguattero; vi tornerร diverse volte, rendendosi protagonista di episodi che testimoniano il suo grande amore per gli animali.
Senza dubbio, perรฒ, quello piรน famoso riguarda il feroce lupo, la belva che Francesco riuscรฌ ad ammansire nei pressi di Santa Maria della Vittorina, penultima tappa del pellegrinaggio prima della meta. Gubbio si staglia infatti non molto distante, tra gli argentei ulivi, pronta ad accogliere i viandanti nella Chiesa di San Francesco, sulla cui facciata incompiuta si specchia la statua del Santo col lupo, personaggio di primaria importanza nella definizione della santa figura.
Ma se ad Assisi ogni chiesa e ogni angolo rifulge dellโaura di Francesco, รจ a Gubbio che hanno avuto luogo le svolte biografiche piรน significative: รจ qui che Francesco indossa per la prima volta il saio, รจ qui che ritrova lโamico Giacomo Spadalonga, con il quale aveva condiviso la prigionia a Perugia dopo la sconfitta di Collestrada. Ed รจ sempre a Gubbio che il Vescovo concede ai francescani il loro primo cenobio, almeno secondo il proto biografo Tommaso da Celano.
Il Forum
Un percorso simile, diretto perรฒ agli esperti della comunicazione, รจ poi la novitร dellโannuale Forum dellโInformazione Cattolica per la Custodia del Creato. Partendo dal nuovo โ ed emblematico โ Santuario della Spoliazione di Assisi, il forum toccherร il borgo di Valfabbrica, dove verrร presentata la nuova Ippovia Slow, tesa a migliorare lโofferta di questa parte di percorso lungo la Via di Francesco. Se infatti numerose donne e uomini, magari accompagnati da fidati amici al guinzaglio, avevano intrapreso tale tracciato sia a piedi sia in bicicletta, la parte dedicata al turismo equestre non era stata abbastanza valorizzata, tanto che sโincontravano spesso scivolosi tratti asfaltati e sparuti punti di ristoro. Da qui lโidea di potenziare lโIppovia โ secondo un progetto integrato tra i Comuni di Valfabbrica, capofila del progetto, Assisi, Gubbio e Nocera Umbra, sostenuti dalla Regione Umbria e da Sviluppumbria – con maniscalchi, assistenza e punti di ristoro per cavalieri e cavalli: il tratto da Gubbio ad Assisi si porrร cosรฌ come emblema di un turismo slow, ideale per assaporare la bellezza del paesaggio che ci circonda.
Il Forum, organizzato dallโAssociazione Greenaccord Onlus, farร poi rotta verso Gubbio, dove tra luoghi pregevoli dal punto di vista artistico e spirituale si discuteranno le responsabilitร della Stampa nella copertura delle notizie durante le fasi successive alle grandi emergenze, in modo da favorire la rinascita delle aree colpite. Nellโambito di questo articolato dialogo, quei giornalisti che si saranno distinti nella divulgazione e nellโapprofondimento delle tematiche ambientali, verranno insigniti dellโonorifico titolo di โSentinella del Creatoโ.
Pellegrini a cavallo
La Giornata Mondiale del Creato
Ognuno di questi percorsi troverร il proprio epilogo il 3 Settembre, con la solenne celebrazione liturgica per la Giornata del Creato, trasmessa in diretta su Rai Uno. Viaggiatori nella Terra di Dio โ il tema scelto per questa XII edizione โ non รจ altro che il sunto delle due esperienze precedentemente descritte. ร il titolo perfetto di una storia di crescita interiore, che si travasa nel rispetto per il mondo circostante; รจ il preludio perfetto per la Giornata Mondiale del Turismo del 27 Settembre, imperniata anchโessa sulle modalitร adatte ad un turismo sostenibile, al cento per cento.
L’articolo รจ stato promosso da Sviluppumbria, la Societร regionale per lo Sviluppo economico dell’Umbria
Grazie alla sua posizione mozzafiato su di una dolce collina che contrasta per altezza con il vicino Monte Subasio, il comune di Spello si รจ guadagnato anche per il 2017 la selezione tra i Borghi piรน Belli dโItalia.
Celebreย per le sueย maestoseย infiorateย in occasione del Corpus Domini,ย che di anno in anno diventano sempre piรนย conosciute anche fuori dallโUmbria eย durante le quali le strade si colorano di tappeti rappresentanti scene di natura religiosa create con i petali, il piccolo borgo fu fondato dagli Umbri per poi passare sotto la dominazione romana intorno al 41 a.C.ย eย nellโepoca augusteaย ricevette lโappellativo diย โSplendida colonia Iuliaโ. Fu proprio con la presenza dei Romani che Spello venne dotata delle strutture urbanistiche tipiche dellโimpero, quali mura, terme,ย unย teatro e persino un impianto idrico che, nonostante le varie vicissitudini – dall’invasione dei Barbari ai passaggi di dominio tra vari Ducati e il Papato, sono giunte fino ai giorni nostri.
Veduta di Spello,ย foto di Marica Sorbini
Edย รจย la riscoperta di una di esse che ha reso il borgo unโattrattiva anche per gli sportivi: se siete degli escursionisti con la passione per la natura cโรจย un meraviglioso percorso che fa perย voi! Infatti, nel 2009, un tratto dellโacquedotto romanoย รจย stato recuperato grazie ad un progetto volutoย dellโarchitetto Stefano Antinucci, realizzando un tracciato per gli amanti del trekking e della mountain bike. Lโantico manufatto, in pietra calcarea locale, bianca e rosata,ย subรฌย diverse ristrutturazioni nel corso degli anni edย รจย stato funzionante fino allโOttocento, quando a causa dellโeccessive perditeย fu sostituito da una nuova struttura e quindiย temporaneamente cadde nel dimenticatoio.
Ma oggi lโacquedotto costituisce un importante reperto, conservando molti tratti originali, che si possono ammirare durante il percorso, intersecandosi con antichi ponti e persino un abbeveratoio, un tempo utilizzato per dissetare gli animali, dove attualmente si trova una fontanella dalla quale รจ possibile attingere acqua fresca.
Acquedotto romano,ย foto di Marica Sorbini
Il sentiero ha il suo punto di partenza a Spello, dal cui centro storico si deve arrivareย alla Fonte dellaย Bulgarellaย (quota 313ย m)ย e da lรฌย si va attraverso una via ben tracciata che giungeย sotto ilย piccolo e caratteristicoย borgo diย Collepinoย (quota 456ย m),ย maย ovviamenteย รจย percorribile anche in senso contrarioย eย anzi,ย รจย considerato come il naturale proseguimento delย preesistente Sentiero 52ย che collega direttamente ilย Monte Subasioย aย Collepino. Si sviluppa per circa 5 km edย รจย prevalentemente pianeggiante, aspetto che lo rende adattoย a escursionisti di tutte le etร , compresiย bambini e anziani. Lungo di esso sono presenti delle panchine che consentono alle persone di riposarsi, ma soprattutto di godere e ammirare il paesaggio circostante:ย scorci sulla valle delย Chiona, sulle colline appenniniche e su Spello, sonoย indubbiamenteย buoneย ragioni per cui intraprendere questa passeggiata.
Il Geolab รจ uno spazio espositivo permanente dedicato alla Scienze della Terra. Un luogo pensato per raccontare come รจ fatto e come funziona il nostro pianeta, come รจ nata lโUmbria, e quali sono i meccanismi che sono alla base della sua evoluzione. Al Geolab รจ: “vietato non toccare”.
Piรน che un museo, Geolab รจ quasi un laboratorio, che a San Gemini ospita una serie di macchine interattive
che spiegano divertendo, ma soprattutto invitando il visitatore a osservare e sperimentare con il metodo di
uno scienziato.
Alla scoperta della Terra
La visita si snoda attraverso cinque sale, lungo un percorso che accompagna il visitatore dalla scoperta della
struttura della Terra fino alla lettura del paesaggio, attraverso le principali emergenze geologiche dellโUmbria.
La prima salaย si apre con la scoperta, grazie a una lente speciale, che la superficie della terra รจ divisa in grandi placche: un gioco che permette di smontare e rimontare il planisfero di 150 milioni di anni fa, e una ruota del tempo che separa Africa e Sud America che, visualizzando i movimenti delle placche nel passato, aiutano a comprendere anche il modo in cui nascono gli oceani.
Tra la prima e la seconda salaย si entra in un grande globo terreste, in cui si puรฒ vedere come รจ fatto lโinterno del nostro pianeta, il nucleo. In seguito il visitatore, con lโaiuto di un plastico interattivo, puรฒ scoprire come nascono le catene montuose, perchรฉ si scatenano i terremoti e dove si aprono i vulcani.
Con la terza salaย si arriva alle vicende geodinamiche dellโarea del Mediterraneo e dellโItalia. Un gioco permette di tornare indietro nel tempo e di scoprire in che modo si รจ formata la nostra Penisola: rispondendo correttamente alle domande, si possono far sollevare tre plastici che rappresentano altrettanti momenti della storia geologica italiana.
La quarta รจ dedicata allโUmbria: qui si puรฒ provare a far sollevare lโAppennino dal mare e vedere poi i fenomeni di erosione. Al centro, un grande plastico con acquario propone, in un unico colpo dโocchio, sia la storia geologica della regione, che gli ambienti di formazione delle rocce che la costituiscono, insieme a campioni delle rocce stesse. Uno spazio รจ dedicato ai fossili e un altro allโesame al microscopio dei segreti delle rocce umbre.
Nellโultima sala, ricavata in una chiesa sconsacrata, si possono infine conoscere i principali fenomeni e i luoghi di interesse geologico dellโUmbria.
Alcuni esempi: la registrazione, con un sismografo, dei salti dei visitatori introduce allo studio dei terremoti; un plastico attivo spiega come si forma lโacqua minerale San Gemini. Scavando in una vasca, riempita di palline di plastica, si possono recuperare modelli di ossa fossili, per poi identificare lโantico animale umbro ormai estinto al quale sono appartenute.
Laboratori didattici
Il Geolab รจ uno spazio nel quale รจ possibile la manipolazione diretta dei materiali esposti. A questa caratteristica si รจ voluta aggiungere lโesperienza diretta e la ricerca scientifica. Lโattivitร di laboratorio รจ strutturata in diversi percorsi tematici.
Pagine scritte nella roccia: le rocce sono le uniche testimonianze di unโantica e lenta storia che si perpetua ย fino ai nostri giorni, fatta di sedimentazioni, eruzioni e sconvolgimenti allโinterno della terra. Interessante รจ quindi il loro studio e il loro riconoscimento in base alle caratteristiche macroscopiche che presentano: colore, durezza, peso e tessitura.
I fossili: la scienza che studia la vita del passato, la paleontologia, ha il potere di riportarci indietro nel tempo, in un mondo fatto di strani animali e piante. I fossili sono lโunico elemento per capire lโeterno pulsare della vita e il continuo divenire del pianeta.
Descrizione e rappresentazione del paesaggio, la geografia e topografia: lo studio delle forme del paesaggio per la costruzione di una carta geografica.
Le avventure di Teo il trilobite e Minnie lโammonite: attraverso il racconto delle avventure del trilobite Teo e quelle della tiranna ammonite, i bambini scoprono le diverse fasi evolutive degli esseri viventi, anche con la realizzazione di fossili (colorandoli e ritagliandoli) e la collocazione nelle diverse ere geologiche riportate sul tappeto.
La scienza a casa nostra: il filo conduttore di questo laboratorio รจ il racconto dellโesperienza quotidiana attraverso gli occhi dello scienziato. Con una serie di esperimenti, si potranno conoscere alcuni fenomeni che, pur sembrando scontati, inconsapevolmente ci introducono alle leggi della fisica che li regolano.
Nella storia della formazione dei borghi storici italiani, รจ noto che sia arrivato un momento in cui da semplici strutture difensive spesso a presidio di vie di comunicazione, essi siano poi diventati veri e propri snodi commerciali, spesso specializzati in peculiari produzioni. A quel tempo, la differenza tra artisti e artigiani era piuttosto labile; il giudizio di valore su alcune capacitร umane โ come la pittura e la scultura – piuttosto che su altre, sarebbe arrivato solo nel Cinquecento, generando a sua volta una gerarchia di classi nelle produzioni artigiane.
Guardando tuttavia a Deruta – alle sue decorazioni, ai suoi fregi e ai suoi inserti di ceramica โ spesso si perde la cognizione di cosa sia lโarte e cosa lโartigianato. Basta fare una passeggiata per le vie della piccola cittadina per rendersi conto di quanto la ceramica sia pervasiva di queste contrade, e di come quella che era a tutti gli effetti unโarte si sia trasformata in una forma di artigianato non tanto per unโinferioritร nei confronti di discipline โnobiliโ come la pittura e la scultura, quanto per la sua capacitร di essere popolare.
Le strade della tecnica
La parte sud di questo comune che presidia il fiume Tevere รจ dominata da una stella che, impiantata nel terreno come un meteorite caduto dal cielo, rappresenta una figura femminile. Realizzata dagli allievi della Scuola Internazionale dโArte Ceramica Romano Ranieri, inaugura la via Tiberina, incorniciata da prunus dai colori saturi, da cui si dipartono numerose stradine laterali dai nomi suggestivi quanto testimoni di una tradizione vecchia di secoli, in cui la specializzazione era tale da generare addirittura dei segreti professionali.
L’opera realizzata dalla Scuola Internazionale d’Arte Ceramica Romano Ranieri, all’ingresso di Deruta
La serie di vie che si intersecano a pochi metri dalla superstrada ha a che fare con le diverse fasi della produzione delle ceramiche artistiche che di questo luogo sono caratteristiche. Via dei Fornaciai, dei Tornianti, dei Modellatori, degli Stampatori, ma anche dei Pittori e dei Decoratori, fanno riferimento alla lavorazione della materia prima โlโargilla, a cui รจ dedicata una via nella parte nordย – prima impastata in modo che le bolle dโaria e la compattezza non facciano aprire delle crepe sul prodotto finito, e poi modellata. In base alla complessitร e alle fattezze del prodotto da ottenere, si avrร una modellazione a colombino โ nel caso delle coppe –ย a lastre, a stampo โusato principalmente per i piatti โ o al tornio โper vasi, lampade o addirittura piatti da portata.
Decorazioni cittadine, Deruta
Ai tornianti รจ dedicata unโintera via perchรฉ utilizzare il tornio -almeno quello a pedale โ era sinonimo di un alto grado di specializzazione: lโoggetto doveva essere creato a partire da un unico panetto di argilla, il che significava che lโartigiano doveva essere in grado di prevedere quanta ne potesse occorrere per dare vita ad un certo oggetto con una certa forma e con un certo spessore. La difficoltร stava poi nel mantenere costante la velocitร di rotazione del tornio, in modo da concedersi il tempo necessario a modellare la materia, a scavarla, ad allungarla e a contorcerla, per donarle proporzioni equilibrate e affusolate. La diffusione dei torni elettrici non ha poi cambiato cosรฌ tanto lo stato delle cose: quello del torniante รจ un lavoro difficile e altamente specializzato, al pari di quello dello stampatore, che deve essere in grado di creare uno stampo in gesso, formato da un pezzo unico o addirittura da molteplici, per riprodurre un prototipo assegnatogli, senza ovviamente rompere il manufatto al momento del distacco.
Firme illustri
Una piccola fornace per la ceramica a lustro, conservata nel chiostro del Museo della Ceramica, Deruta
Continuando a camminare, via dei Decoratori incontra un quartiere le cui strade sono dedicate a personalitร piรน o meno note che hanno scritto la storia del piccolo borgo umbro.
Via Francesco Briganti รจ la prima: questo notaio derutese fondรฒ nel 1898 il Museo della Ceramica donando pezzi di sua proprietร , ma โcosa ancora piรน importante โ finalizzรฒ la ricerca storico-filologica alla creazione di laboratori dedicati agli artigiani. Alla Pinacoteca Comunale di Deruta restano invece una quarantina di opere di un altro filantropo, Lione Pascoli, che, appassionato di collezionismo, era riuscito a raccogliere ben trecento opere di arte minore, tra cui nature morte, battaglie, bambocciate. La via a lui dedicata si interseca con quella che porta il nome di uno dei piรน grandi promotori della cultura ceramica degli inizi del XX secolo: Alpinolo Magnini, a cui รจ dedicato anche il liceo artistico locale, che contribuรฌ dapprima ad integrare la collezione del museo con disegni ad acquerello di maioliche antiche, poi a rinnovare la ceramica a lustro in stile raffaellesco basandosi su unโantica ricetta. Magnini fu anche direttore tecnico-artistico della Societร Anonima Ceramiche, della Societร Maioliche Deruta e della CIMA โConsorzio Italiano Maioliche Artistiche; per ammirare perรฒ edifici che ne portano il nome, รจ necessario inerpicarsi lungo le strette vie del borgo vero e proprio. Da via Magnini si svolta dunque a destra e si oltrepassa via Nicolรฒ di Liberatore, meglio conosciuto come LโAlunno a causa di un errore del Vasari: questโultimo infatti scambia lโiscrizione alumnusfunginie per un soprannome, mentre ne indicava soltanto la provenienza folignate. Resta il fatto perรฒ che il pittore, famoso per le sue teste ritratte dal vivo, sia lโunico artista del Rinascimento umbro ad essere citato dal famoso biografo degli artisti. Insieme al suocero fu autore, nel 1458,ย della Madonna dei Consoli, conservata alla pinacoteca comunale di Deruta.
Dettagli della Chiesa di San Francesco da Chiostro del Museo della Ceramica, Deruta
Una struttura urbanistica particolare
Salendo ancora e passando sotto il vecchio semaforo sospeso che caratterizza il quartiere chiamato borgo โdal nome della strada che lo taglia a metร , via Borgo Garibaldi, incorniciata da alberi e da un muro litico glassato di decori in arabesco e dalle mattonelle degli artigiani locali โ sulla sinistra si apre una maestosa scalinata: domina lโintero paesaggio sottostante, infilandosi poi sotto un arco abbellito da piatti decorati e brocche incastonate nella pietra.
Una delle porte di accesso al borgo
Alzando lo sguardo, si notano alberi di nespole pendere da terrazzamenti posti ad un livello ancora superiore: questo รจ un tratto caratteristico di Deruta, dove lโirregolaritร e lโasimmetria delle costruzioni si sposano con gli innumerevoli livelli del tessuto urbano, a volte difficili da indovinare.
Camminando perรฒ tra viuzze anguste ed erte, spesso cieche, รจ possibile individuare edifici storici e altri dallโaspetto quanto mai folkloristico: รจ il caso della Societร Anonima Maioliche sopracitata, caratterizzata da unโelegante entrata in stile Liberty che si apre tra edifici dai tratti pressochรฉ comuni, che risente perรฒ dellโincuria e degli sbalzi termici. La maiolica รจ infatti soggetta a fratture e distaccamenti, nel momento in cui รจ esposta alle intemperie.
Le pareti corazzata dell’Antica Fornace, Deruta
Portoni fregiati e facciate punteggiate da figure di donne, ci conducono ai piedi della seconda tipologia di edificio, quella piรน caratteristica: tra tutte le fornaci disseminate nel tessuto urbano, sicuramente quella antica รจ una costruzione dai tratti pittoreschi, spesso grotteschi, composta comโรจ da squame di ceramica di recupero. Le spioventi pareti esterne sono infatti ricoperte di mattonelle, piatti, coperchi o addirittura di semplici frammenti, al punto da donarle lโaspetto di una burlesca fortezza.
Dettaglio delle pareti esterne dell’Antica Fornace
ร difficile distogliere lo sguardo dalla visione dโinsieme degli innumerevoli frammenti, ma via El Frate โ soprannome di Giacomo Mancini, altro grande pittore di coppe e piatti con soggetti tratti da Le Metamorfosi di Ovidio (XVI secolo) โ ci aspetta.
Dopo una breve salita, si arriva allโIstituto Statale dโArte AlpinoloMagnini, anchโesso abbellito da un caratteristico fregio. A fronteggiarlo, Piazza dei Consoli, dalla forma allungata di un viale, sul quale ogni anno si disputa il caratteristico Palio della Brocca. Vi si aprono lo scarlatto Municipio e la Chiesa di San Francesco, ristrutturata con la locale pietra scura, un tranquillo gigante che sembra coccolare la piazza, soprattutto nella parte terminale, dove gli spazi si riducono e comprimono. Questo snodo รจ di particolare bellezza: a differenza di molte chiese tipiche dellโItalia centrale, il maggiore edificio religioso di Deruta ha unโentrata un poโ in sordina, posta comโรจ lungo una via piuttosto stretta e discosta rispetto alla spaziosa Piazza dei Consoli. Questa ombrosa via conduce altresรฌ al placido chiostro del Museo della Ceramica, dove spiccano una piccola fornace per la ceramica a lustro e un elce dalle ombrose fronde.
Materiali pregiati
A malincuore abbandoniamo le tranquille mura del complesso per riscendere a valle; attraversiamo un giardino pubblico di rara bellezza, una sorta di balcone su Deruta dove persino le panchine e la fontanella sono decorate con gli arabeschi tipici dellโartigianato artistico locale. Una serie pressochรฉ infinita di scalette ci permette di scendere poi attraverso gli innumerevoli livelli su cui si sviluppa il borgo, fino a giungere alla fine di via Fratelli Maturanzio, una coppia di artisti del XVI secolo la cui memoria si perde ormai nelle pieghe del tempo.
Le splendide panchine decorate dei giardini pubblici, Deruta
A fare da tappo alla discesa, la Chiesetta di Madonna delle Piagge che, dopo qualche centinaia di metri, lascia spazio a due significative vie: via Verde Ramina e via della Zaffera. Il primo, insieme al bruno di manganese, รจ il colore della ceramica arcaica, caratterizzata da motivi geometrici, floreali o zoo-antropomorfi; il secondo trae il proprio nome dallo zaffiro, ovvero il colore blu che, durante la cottura, si gonfiava, restituendo motivi vegetali, emblemi e creature fantastiche a rilievo. ร importante comprendere il procedimento di decorazione del biscotto, ovvero del pezzo ottenuto dopo la prima cottura, perchรฉ in questa fase i colori cambiano. Dopo essere stato smaltato e decorato, il pezzo viene cotto una seconda volta in modo che i colori vetrifichino e assumano la loro reale tonalitร : il verde ramina da nero diventa del caratteristico pallido verde, mentre il blu resta uguale, ma temperature troppo elevate fanno sciogliere lโossido di cobalto, eliminando il decoro.
Scorcio di Deruta da via El Frate
Ci sono anche altre tecniche di decorazione, di cui sono testimonianza le vie che fendono la parte nord di Deruta: via del Mosaico, spesso dorato in oro zecchino, via del Riflesso, via dei Lustri โ di cui fu innovatore il giร citato Alpinolo Magnini – via del Raku, che lascia spazio a tradizioni ceramiche dโoltremare, via dellโArabesco, del Raffellesco e via dellโEngobbio, che fa il paio con via del Bianchetto. Queste ultime due sono tecniche strettamente connesse: il bianchetto รจ lโaltro nome della mezza maiolica, e consiste nel rivestire lโoggetto con lโingobbio (o engobbio), cioรจ uno strato di argilla liquida e bianca, poi decorata o incisa. Questo procedimento veniva adottato quando ancora non si usava la cottura a biscotto e lo smalto a base di stagno risultava troppo costoso. La cottura avveniva solo una volta, dopo che lโoggetto era stato rivestito con un sottile strato trasparente.
Significativa รจ la presenza di via dellโArgilla che si inerpica verso le colline ancora poco urbanizzate che gli guardano le spalle: non รจ difficile immaginare generazioni e generazioni di ceramisti reperire la materia prima alle falde di queste alture, come pure nei depositi alluvionali del grande fiume Tevere che scorre poco piรน in basso.
Il mese di maggio รจ molto sentito dai cittadini di Allerona per lโevento che piรน di tutti li rende orgogliosi delle loro radici: i Pugnaloni.
La terza domenica di maggio, gli Alleronesi festeggiano infatti Santo Isidoro, patrono degli agricoltori; un uomo dalle umili origini che si รจ guadagnato la santitร grazie una vita dedicata alla preghiera, il duro lavoro e la condivisione con le persone piรน sfortunate e meno abbienti.
Lโorigine
Nei Pugnaloni di Allerona sono evidenti gli adattamenti da parte del Cristianesimo di un rito propiziatorio dalle origini pagane.
Il termine Pugnalone potrebbe derivare da โpungoloโ, un bastone munito a unโestremitร da un puntale di ferro, utilizzato per sollecitare i buoi a lavorare piรน alacremente, dallโaltra da un raschietto che gli aratori usavano per pulire lโaratro dalle zolle.
Altre fonti lo fanno risalire al verbo latino pugnare, che significa combattere, connessione che possiamo trovare piuttosto nellโomonima festa del paese di Acquapendente, nella provincia viterbese.
Lโaccezione legata alla battaglia, che ad Acquapendente viene celebrata come riconquista della libertร da parte del popolo โ il quale, armato con forconi e pungoli, vinse contro l’esercito di Federico Barbarossa – รจ poco probabile abbia ispirato la rievocazione di Allerona, associabile, in maniera piรน plausibile, allo strumento agricolo.
Il rito moderno
Tradizionale pugnalone di Allerona
Ne รจ testimonianza anche la rappresentazione moderna: si tratta di aste in legno di pioppo alte circa tre metri, sormontate da una gabbia ovoidale, formata da fruste o verghette flessibili di legno e somigliante a una grossa rocca per filare. La gabbia รจ decorata con nastri dai colori vivaci e con fiori freschi fissati sulla sommitร , racchiusi in un mazzo compatto a forma di pomo. Dentro la gabbia si possono trovare formaggi freschi, fiaschette di vino, arnesi per lavorare i campi, piccoli strumenti di legno e bigliettini con motti e proverbi sulla vita contadina e fotografie della famiglia del portatore del Pugnalone.
Nei carri, che ogni anno sfilano nelle strade del centro del borgo, รจ presente la vita agreste e la scena del miracolo di SantโIsidoro, riprodotto in miniatura; un vero e proprio presepe realizzato con statuette dโargilla vestite con abiti tradizionali.ย Lโevento vede come scena centrale il santo, intento a pregare sotto lโombra di un albero e due forme angeliche che lo sostituiscono trainando al suo posto il carro dei buoi; ecco dunque, come Isidoro sia diventato, grazie a questo evento, patrono del mondo agricolo, e come la sua memoria sia legata, in Italia e in Spagna, ai riti che celebrano la vita nei campi.
I carri sono fabbricati interamente, come vuole tradizione, dagli Alleronesi, i quali ogni anno con i loro quartieri competono alla realizzazione del carro vincitore. I Pugnaloni piรน belli vengono poi premiati da una commissione e restano in esposizione, per l’intera giornata, nel centro storico; ma mentre un tempo erano i portatori stessi ad offrire a chi partecipava le primizie contenute nei Pugnaloni, oggi sono piuttosto i quartieri alleronesi ad organizzare, nel pomeriggio, insieme alla rievocazione degli antichi mestieri, una piรน moderna degustazione di prodotti tipici alimentari.
Riti parenti
Sfumature simili si possono trovare in alcune tradizioni straniere riguardanti le festivitร del mese di maggio; una di queste vedeva infatti lโusanza di portare in villaggio un enorme albero, adornato con i frutti della terra – animali e piante – come ringraziamento alla divinitร , ritualitร legata al concetto elementare di magia simpatica. Era un gesto molto caro al contadino che, offrendo i primi prodotti della terraย a questa entitร protettrice della natura, pensava di ricevere in cambio una maggiore fertilitร .
Un altro esempio lo possiamo trovare in alcuni riti dellโepoca classica come la celebrazione dei Misteri Eleusini, che si celebrava proprio nei primi mesi di primavera. Anche durante questa festa venivano offerte le primizie della terra, ma per placare la dea dellโagricoltura Demetra, divinitร delle messi che, affranta dal ratto della figlia Persefone tenuta prigioniera nellโoltretomba, aveva deciso di condannare lโumanitร allโinverno eterno.
Il culto dello spirito arboreo
Una particolare connessione che possiamo trovare allโinterno di queste tradizioni popolari del centro Italia รจ il culto dello spirito arboreo, ancora oggi celato tra le pieghe di queste feste cristiane.
Rievocazione della vita contadina
Fin dallโinizio dei tempi lโuomo preistorico, che spesso non sapeva dare spiegazione agli strani fenomeni che accadevano intorno a lui, creava una divinitร onnipresente in tutto ciรฒ che era selvaggio e misterioso. Con il passare del tempo, perรฒ, una nuova idea si fece largo: lโalbero non veniva piรน visto come la divinitร , ma come la sua dimora. Lo spirito arboreo invece di essere considerato lโanima di ogni albero, diventรฒ quindiย quella protettrice della foresta e dei campi. A questo si potrebbe ricollegare lโusanza di trasportare nel centro abitato un albero decorato: altro non era che un modo per portare una parte dello spirito che ci risiedeva e farlo diffondere tra la gente, assicurando fertilitร e prosperitร .
Una voce potente e squillante quella di Antonella Falteri, tanto da conferirle il soprannome de “la Mina perugina”. Ma Antonella รจ molto di piรน.ย ร un’artista poliedrica che, nel corso della sua carriera, ha saputo personalizzare stili musicali estremamente diversi.
Lโeremo di Santa Maria delle Carceri ha suscitato e suscita descrizioni suggestive, al limite del lirismo, in scrittori che in epoche passate lo visitarono e in chi oggi si accinge a tracciarne la storia o a suggerirne un percorso guidato.
Un luogo affascinante
Un francescano belga, di cui rimane ignota lโidentitร e che lo visitรฒ allโinizio del Settecento, definisce lโeremo ยซun deserto estremamente consacratoยป[1]. Un secolo piรน tardi il giornalista e scrittore Thomas A. Trollope scrive ยซIl monastero [โฆ] รจ veramente una cosa rara. Una cornice sporgente di roccia, piรน dura e resistente allโazione del tempo dello strato sottostanteยป.[2] Agli inizi del Novecento il poeta Olave M. Potter fotografa cosรฌ il luogo: ยซuna propria ruga sul fianco del Monte Subasio, [โฆ] un piccolo mondo di sogni e di dolci memorieยป.[3] Ancora oggi Enrico Sciamanna non puรฒ resistere dal fare dellโeremo una descrizione poetica: ยซle Carceri sono un occhio bianco nel sempreverde dei lecci del bosco mediomontano del Subasio. Un occhio sempre aperto sul mondo sottostante e verso il cieloยป.[4]
Il nome
Eppure il nome di questo luogo di ascesi eremitica sembra contrastare con lโincanto e le suggestioni poetiche suscitate nel visitatore di ogni tempo: Carceri; in realtร carcer come sinonimo di heremus lo troviamo giร usato in documenti del XIII secolo a significare la volontaria โcarcerazioneโ cercata da san Francesco e dai suoi seguaci, o forse il nome รจ da connettersi agli anfratti eremitici che tanto assomigliano a carceres.[5]
La storia
La storia dellโeremo di Santa Maria delle Carceri ha il suo inizio con la scelta del luogo da parte di San Francesco che individuรฒ le vicine grotte di origine carsica come luogo ideale di mistica ascesi, tanto piรน che vi si trovava un piccolo oratorio che proprio il santo intitolรฒ alla Madonna.[6] Lโambiente non dovette durare in questo modo a lungo e giร nella seconda metร del XIII secolo cominciarono a edificarsi umili costruzioni in prossimitร delle grotte eremitiche che possono essere individuate nel tratto orizzontale elevato parallelamente alla cappellina dedicata alla Madonna. Da sempre le Carceri rappresentano un luogo fondamentale per la religiositร francescana.
Il complesso
La cella
Da un voltone si accede a una suggestiva terrazza di pianta triangolare, detta “Il chiostrino dei frati”, che si affaccia a strapiombo sulla roccia dove รจ costruito il convento delle Carceri, formato da due braccia che si incrociano ad angolo retto. Sopra la porta del convento รจ visibile il monogramma di San Bernardino; allโinterno si trovano il refettorio e al piano superiore il dormitorio con le cellette dei frati. Dal chiostro del convento si accede alla cappella di San Bernardino sulla porta della quale รจ visibile unโiscrizione che ricorda il nome dato da san Francesco alla chiesina primitiva. La cappella รจ illuminata da unโunica finestra chiusa da una vetrata francese del XIII secolo, sulla quale รจ raffigurata una Madonna col Bambino, posta qui in epoca recente. Segue la primitiva cappella di Santa Maria delle Carceri scavata nella roccia, sopra lโaltare della quale รจ visibile lโaffresco raffigurante la Madonna col Bambino e San Francesco, realizzata da Tiberio dโAssisi nel 1506 sopra una Crocifissione duecentesca. Accanto vi รจ il coretto dei frati con gli stalli in legno risalenti al periodo bernardiniano.
Scendendo una ripida scala si arriva alla grotta di San Francesco, ora divisa in due piccoli ambienti: nel primo vi รจ il giaciglio di nuda roccia dove il poverello riposava, nellโaltro una piccola cella dove egli si ritirava in meditazione. Usciti allโesterno รจ visibile anche se molto consunto un affresco raffigurante la Predica agli uccelli, mentre nel terreno una lastra con il foro attraverso il quale si intravede il fondo del burrone che si dice aperto dal demonio, che si racconta cacciato dal santo luogo da frate Rufino. Salendo per una breve rampa si raggiunge la cappella della Maddalena, luogo di sepoltura del beato Barnaba Manassei. Nella selva sovrastante si trovano le grotte dei beati Rufino e Masseo. Oltrepassato un ponte รจ visibile la statua bronzea di San Francesco che libera le tortorelle realizzata a fine Ottocento da Vincenzo Rosignoli e da qui si dipana il viale alberato al termine del quale si apre, nella roccia, un teatro utilizzato per le funzioni liturgiche a beneficio dei pellegrini. Scendendo per un ripido viottolo si accede alle grotte eremitiche di frate Leone e dei primi seguaci di san Francesco.[7]
Testi di riferimento Guida di Assisi e deโ suoi dintorni, Tip. Metastasio, Assisi 1911, pp. 47-49.
M. Gatti, Le Carceri di San Francesco del Subasio, Lions Club di Assisi, Assisi 1969.
P.M. della Porta-E. Genovesi-E. Lunghi, Guida di Assisi. Storia e arte, Minerva, Assisi 1991, pp. 175-178.
E. Lunghi, Santa Maria delle Carceri, in Eremi e romitori tra Umbria e Marche, Cassa di Risparmio di Foligno, Foligno 2003.
E. Sciamanna, Santuari francescani minoritici. I luoghi dellโosservanza in Assisi, Minerva, Assisi 2005, pp. 60-68.
L. Zazzerini, Eremo di Santa Maria delle Carceri, in L. Zazzerini, In ascolto dellโAssoluto. Viaggio tra gli eremi in Umbria, Edimond, Cittร di Castello 2007, pp. 2-9.
[1] Lโanonimo belga visitรฒ lโeremo tra il 1726 e il 1733 e ne lasciรฒ una memoria manoscritta; il testo relativo รจ riferito da A. Sorbini, Assisi nei libri di viaggio del Sette-Ottocento, Editoriale Umbra โ ISUC, Foligno 1999, p. 46. โ [2] T.A. Trollope, A Lenten journey in Umbria and the Marches, London 1862, citato da A. Sorbini, cit., p. 131. โ [3] O.M. Potter, A little Pilgrimage of Italy, London 1911, riferito da A. Brilli-S. Neri, Alla ricerca degli eremi francescani fra Toscana, Umbria e Lazio, Le Balze, Montepulciano 2006, pp. 23-24. โ [4] E. Sciamanna, Santuari francescani minoritici. I luoghi dellโosservanza in Assisi, Minerva, Assisi 2005, p. 68. โ [5] Cfr. M. Sensi, LโUmbria terra di santi e di santuari, in M. Sensi-M. Tosti-C. Fratini, Santuari nel territorio della Provincia di Perugia, Quattroemme, Perugia 2002, p. 75. โ [6] Unโiscrizione quattrocentesca posta sullโarco della porta della chiesetta recita โSancto Francesco puose a q[u]esta chapella el nome di Santa Mariaโ. Per unโattenta disamina della stratificazione costruttiva delle Carceri si rimanda a M. Gatti, cit., pp. 35-65. โ [7] Per una descrizione puntuale delle Carceri si rimanda a P.M. Della Porta-E. Genovesi-E. Lunghi, Guida di Assisi. Storia e arte, Minerva, Assisi 1991, pp. 175-178. โ
ยซScheggiAcustica nasce dalla volontร di valorizzare i luoghi piรน particolari e affascinanti del territorio di confine tra lโUmbria e le Marche, molto bello ma poco conosciutoยป.
Lโottava edizione di ScheggiAcustica – I Luoghi da Ascoltare andrร in scena dal 5 al 9 agosto nello scrigno dellโentroterra fra Umbria e Marche. Il format conferma cinque giornate con eventi e protagonisti, dove cruciale รจ la simbiosi tra luoghi, musica e pubblico che il festival ha sempre sperimentato, favorendo il coinvolgimento di artisti e spettatori in magnifiche location. Mattia Pittella, ideatore di ScheggiAcustica, e presidente dellโAssociazione Musicale Culturale Tuttisuoni ci svela i segreti dellโevento.
Comโรจ nata lโidea di questo particolare festival?
Ho sempre desiderato realizzare unโesperienza che coniugasse la mia infanzia e adolescenza in Umbria e la mia formazione professionale in Nord Italia. Da qui anche lโidea di unโoccasione per raccogliere giovani talenti e nuove energie rimaste finora inespresse e di ospitare tanta gente da fuori, anche stranieri, a partire dagli stessi artisti, che diventano i primi a scoprire le bellezze – ad esempio del Parco del Monte Cucco e di borghi come Pascelupo o il Castello di Frontone, giusto per citarne alcuni. Ho una grande passione per lโacustica, che deriva anche dal lavoro che svolgo. Di conseguenza ho sempre pensato che un modo per poter riscoprire questi luoghi fosse proprio quello di mostrarne le potenzialitร acustiche. Un luogo su tutti รจ lโAbbazia di Sitria. ร magica. Un luogo dove puoi parlare tranquillamente con unโaltra persona a 20 metri di distanza! Ricordo che, durante una mia esibizione in questo scrigno meraviglioso, mi resi conto che la sua acustica era eccezionale. Cosรฌ, una decina di anni fa, nacque tutto…
Tre parole per descrivere questโevento?
Va da sรฉ: Luoghi da Ascoltare!
Sono otto anni che va in scena questo festival. Cosa lo caratterizza?
Valorizza proprio i luoghi piรน belli e insoliti, rendendoli i veri protagonisti del festival, con un punto di partenza del tutto particolare: lโacustica degli stessi. A quanto pare sembra che il concept funzioni ogni volta un po’ di piรน, tra lโaltro anche con alcuni tentativi di imitazione provenienti da piรน parti. In piรน, il territorio di confine tra Umbria e Marche, puรฒ – e deve essere – una risorsa turistica e culturale per entrambe le regioni e il nostro obiettivo รจ fare il possibile affinchรฉ ciรฒ accada: quando certi luoghi cosรฌ belli vengono conosciuti o riscoperti, poi, in genere, “funzionano”.
Qual รจ il filo conduttore di questโanno?
Il viaggio: in un festival cosรฌ legato al territorio, cโรจ la possibilitร di viaggiare attraverso i suoni e le suggestioni di diverse culture, spaziando dallโAfrica allโOriente, passando per una ballata messicana, un tango argentino e un valzer siciliano. Quindi รจ un percorso che porta con sรฉ musica folk e popolare da tutto il mondo.
Quali sono gli eventi da non perdere?
ร difficile dire quale evento sia imperdibile rispetto ad altri… Ogni momento รจ pensato come un โincastroโ ideale tra luogo-evento-partecipanti. Sicuramente la giornata di domenica 6 agosto sarร molto intensa, perchรฉ si comincia la mattina presto con unโescursione nel Parco del Monte Cucco e nella zona del Catria verso Fonte Avellana, poi cโรจ lo yoga nella splendida Abbazia di Sitria, un seminario di canto e voce, steet food allโaperto e un concerto nel tardo pomeriggio a Sassoferrato.
Lโospite piรน atteso?
Forse lโospite imperdibile in assoluto sarร di scena mercoledรฌ 9 agosto al Castello di Frontone: Gafarov e la sua ensemble, La stella dโOriente, musicista azero molto noto e davvero interessante per concludere il giro del mondo di ScheggiAcustica 2017. Ma, appunto, per concluderlo al meglio prima andrebbe intrapreso in ogni sua tappa.
Ci sono novitร rispetto alle passate edizioni?
Gli eventi collaterali mattutini e pomeridiani: dal 2016 abbiamo intrapreso un nuovo approccio alla programmazione, cercando di far vivere i luoghi in modi e orari diversi rispetto a quelli consueti. Questโanno cโรจ una novitร assoluta, come lโescursione mattutina da Isola Fossara all’Abbazia di Sitria passando per i sentieri e sfiorando anche Fonte Avellana. Oppure le pratiche yogiche e lo street food con piadineria, oltre alle ormai consolidate master class. Come artisti, oltre a Gafarov, stupirร Camilla Barbarito con musiche, canti e balli popolari da ogni latitudine. E per i luoghi, oltre ai confermati, riscopriremo il centro storico di Scheggia, dove manchiamo dallโedizione 2014 e, per la prima volta, saremo al Chiostro di Palazzo Merolli a Sassoferrato. In unโedizione dedicata soprattutto alla musica folk e popolare, lโitinerario del festival non puรฒ che virare verso scenari piรน “centrali” rispetto agli abitati principali dei Comuni che andrร a toccare.