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Bastia Umbra è un comune di circa 20.000 abitanti in provincia di Perugia, situato nella piana tra il capoluogo e Assisi, lungo le sponde del fiume Chiascio.

Insediamento di epoca romana, Bastia Umbra era originariamente denominato Insula Romanaisola romana – essendo circondato come un’isola dalle acque di un lago. In seguito al prosciugamento di qust’ultimo, la città cominciò a essere fortificata con la creazione di grosse mura e bastioni, da cui deriva il nome attuale. Del suo passato di importante borgo medievale vi è la testimonianza di Porta Sant’Angelo. Risalente al XIII secolo e rivolta verso ovest è, tra le porte dell’antico borgo, quella meglio conservata. Nella parte superiore alla volta sono visibili due fenditure laterali, nelle quali venivano inseriti i meccanismi di manovra del ponte levatoio. Attorno alla città era infatti presente un fossato, alimentato dal fiume Chiascio, che venne interrato nei primi decenni del Novecento.

 

Chiesa di San Michele Arcangelo

Entrando nel borgo attraverso Porta Sant’Angelo ci si ritrova di fronte alla Chiesa di Sant’Angelo. Chiesa più antica della città, venne riedificata nel XV secolo nella zona precedentemente occupata da un altro edificio di culto dedicato a San Michele Arcangelo. La facciata a capanna è stata realizzata con la pietra rosa e bianca del Monte Subasio. Attualmente la chiesa è sconsacrata ed è stata riconvertita in un auditorium.
Procedendo a sinistra verso Piazza Umberto I si arriva alla Rocca Baglionesca, testimonianza del passato medievale di Bastia, a lungo contesa tra Assisi e Perugia, le quali si sono alternate il dominio sulla città fino all’annessione allo Stato Pontificio nel 1580. La Rocca venne edificata nel 1431 dalla famiglia perugina dei Baglioni che ne fece la sua dimora durante gli anni di governo della città. Sotto lo Stato Pontificio venne poi, nel XVII secolo, trasformata in un convento benedettino femminile.
Nei pressi della Rocca, in Piazza Giuseppe Mazzini, sono presenti due importanti chiese della città, la Chiesa Parrocchiale di San Michele Arcangelo e la Chiesa Collegiata di Santa Croce. La Chiesa di San Michele Arcangelo è stata edificata tra il 1955 e il 1962, su progetto dell’architetto perugino Antonio Bindelli. La facciata a capanna è realizzata con lastre di pietra a corsi regolari ed è composta nella parte superiore da un rosone con dieci nicchie sottostanti e, nella parte inferiore, da un portico a sette arcate leggermente rialzato dalla piazza. Mentre l’interno, a pianta basilicale a tre navate, presenta il presbiterio rialzato rispetto alle navate e un’abside decorata con vetrate colorate raffiguranti le Storie di San Michele Arcangelo. Adiacente alla Chiesa di San Michele Arcangelo vi è la Chiesa Collegiata di Santa Croce. Venne edificata nel 1295 dall’ordine francescano e realizzata con la pietra bianca e rosa del Monte Subasio. L’interno presenta una pianta a croce latina e dipinti murali a tempera a opera dell’artista perugino Domenico Bruschi.
Fuori dalle mura cittadine è situata l’Abbazia di San Paolo della Abbadesse. La notorietà della chiesa è correlata alla storia di Santa Chiara. Si narra che la Santa, dopo essere fuggita dalla famiglia per seguire gli insegnamenti di San Francesco, sia stata portata dal Santo proprio in questa chiesa. Costruita nell’XI secolo è stata per alcuni secoli adibita a convento benedettino, fino a quando venne quasi totalmente distrutto dai perugini nel 1389. L’unico elemento rimasto intatto è la chiesa, attorno alla quale nel 1862 venne costruito il cimitero comunale, che funge oggi da cappella del cimitero.

 

Rocca baglionesca, foto di Enrico Mezzasoma

 

A unire le due parti della città, vi è il ponte sul fiume Chiascio. Voluto da Papa Paolo III Farnese, è stato realizzato sulla confluenza del torrente Tescio nel fiume Chiascio tra il 1546 e il 1548 su progetto dell’architetto perugino Galeazzo Alessi. I sostegni delle tre arcate sono stati decorati da due oculi che contengono le insegne raffiguranti Papa Paolo III e Papa Gregorio XIII, che lo ha rinforzato tra il 1579 e il 1581. Da non perdere la piccola Chiesa di San Rocco. Situata all’angolo tra via Roma e via Veneto, venne edificata nel XVI secolo come ex voto dagli abitanti del paese, grati al Santo per aver preservato la città di Bastia dalla pestilenza. Ogni anno, il 16 agosto, si svolge la festa dedicata al Santo e si porta in processione una statua lignea raffigurante San Rocco, realizzata dal Mastro di Magione.
Curiosità: la campagna attorno Bastia è fin dall’Ottocento luogo di ritrovo e di scambio per commercianti di tutto il centro Italia. L’attività fieristica si è andata consolidandosi nel corso del XX secolo, fino all’edificazione di un centro fieristico e alla creazione dell’ente Umbriafiere S.p.A.

 


Per saperne di più su Bastia Umbra

C’è un grande fermento nel tuderte dove le novità fioccano come i pollini in primavera e nascono nuove ciclabili e pedonabili: “Transameria”, “Slow food del territorio”, “Benvenuti a Casa Mia” e il “Circuito del Furioso”.

Tutto porta a godere, o forse è meglio dire a scoprire il territorio, immergendosi profondamente e gustando ogni suo particolare che va dalla posizione del sentiero alla natura che si attraversa, dalla conoscenza dei castelli al cibo.

Circuito del Furioso

Qui in Umbria si sta mettendo in pratica il famoso detto: festinare lento = sbrigarsi adagio. I latini dicevano che per fare le cose bene bisognava sbrigarsi, ma al contempo bisognava gustare lentamente quello che si faceva.
L’ultimo nato è il Circuito del Furioso: un sentiero ciclopedonale che si snoda tutto sul lato destro del Tevere tra Todi e Montecastello di Vibio e che potrebbe sembrare un circuito come un altro da un lato qualsiasi di Tevere e basta. Ma non è proprio così. Per capirlo bisogna fare un salto indietro nel tempo.

La storia

Fino a pochi decenni fa chi stava a destra del Tevere non aveva modo di andare a sinistra, salvo raggiungere a distanza di tanti chilometri un traghetto oppure un ponte. La divisione era netta, come l’Autostrada del Sole, che però ha tanti attraversamenti da sopra o da sotto. Qui invece niente. Tra Todi e Perugia si stava a destra o a sinistra. Un ponte si trovava a Ponte San Giovanni (Perugia) e collegava l’est e l’ovest dell’Italia mentre l’altro era 50 chilometri più a sud a Pontecuti.
Quest’ultimo permetteva di salire a Todi a chi proveniva da Orvieto. Nel mezzo: il nulla, perché il fiume era troppo largo. Nel Medioevo vi era un ponte anche a Montemolino, ma fu distrutto attorno al 1300 e non se ne fece più niente.
Le strade erano solo sentieri che andavano di paese in paese e salivano sulle colline dove dominavano i castelli e dove si erano sviluppati borghi di poche anime. Il Circuito del Furioso, che presto verrà inaugurato, è un anello di 17 chilometri che seguendo rigorosamente i tracciati storici passa accanto a sei castelli e a un convento.
In Umbria i castelli non mancano mai, come del resto in Trentino o in Valle d’Aosta; qui non saranno altrettanto belli, ma sicuramente sono più numerosi.
Per conventi ed eremi invece la partita è ancora aperta. Ci troviamo sulla destra del fiume e il percorso passa da Piandiporto, Pian San Martino e sfiora Pontecuti. Il Tevere adesso non è più un fiume maestoso e non fa più paura. Ormai il volume delle acque si è molto ridotto, le piene sono sempre più rare e le dighe controllano quello che resta. Nel passato però il fiume era ricco di acque, vorticoso e pericoloso, tanto che sotto lo sperone di Montemolino per la sua violenza si meritò l’appellativo di Furioso. Ed era proprio lì quel ponte che nel 1300 fu distrutto nella lotta spietata tra guelfi e ghibellini, ponte che non venne più ricostruito ma sostituito da un traghettatore. Per ben sei secoli vi hanno lavorato i traghettatori, poi con l’avvento delle automobili si pensò che un ponte potesse essere ancora utile. Era il 1924.

Abazia San Bartolomeo

Ormai in dirittura di arrivo, il progetto Circuito del Furioso dovrebbe essere inaugurato a giugno prossimo 2021 con interessanti proposte per chi soggiorna a Todi almeno due notti. Tra queste, un tour domenicale in bici (per un massimo di 25 persone) guidato da Walter Nilo Ciucci che, appassionato e grande conoscitore del territorio, ha esplorato le vecchie tracce e disegnato il nuovo tracciato sull’antico, valorizzandone la natura e quella storia che lui ben conosce.
Gli antichi viaggiatori si dovevano portare al seguito ogni sorta di cibo e bevande, oggi invece seguendo questo percorso ci si porterà solo dell’acqua perché questa ciclabile offre anche un’esperienza gastronomica. Lungo il suo percorso si potranno infatti gustare tutti quei piatti che prima erano riservati solo a chi si muoveva sulla destra del fiume come: la brosega, la ciaramicola, i crostini alla ghiotta e le fave in insalata e la famosa frittata al tartufo. Molti si chiederanno cosa sono questi nomi insoliti? Sono i piatti della tradizione contadina che volutamente non spiego per stimolare la vostra curiosità e soprattutto lasciarvi la sorpresa. La passeggiata sarà a pagamento.

Assisi non è un borgo sconosciuto, Assisi è famosa in tutto il mondo e solo percorrendo le sue vie e le sue piazze, se ne comprende il motivo.

Adagiata sulla collina, protetta alle spalle dal Monte Subasio e affacciata sulla valle umbra, è una città che, ammirata da lontano, sembra proprio un presepe. Date le sue dimensioni, molti sono convinti che bastino poche ore a visitarla. Una sosta veloce alla Basilica dedicata a Santa Chiara, una visita più approfondita di San Francesco e si pensa di aver visto tutto. Non è così. Ecco perché ho deciso di dedicarle lo spazio che merita e creare un itinerario approfondito, della durata di tre giorni, per permettere al turista curioso di cogliere tutte le ricchezze che si celano tra i suoi vicoli medievali e nei sotterranei dei suoi palazzi.

Primo giorno: l’Assisi romana e i principali musei della città

Assisi è innanzitutto una città romana ed è per questo che il percorso non può che prendere il via dalla visita dei resti di quel tempo. Partendo dalla parte più alta della città, ovvero Piazza Matteotti, è possibile raggiungere l’anfiteatro romano, di cui oggi si può osservare la forma originaria e dove tutt’intorno sorgono abitazioni di epoca medievale. Proseguendo la passeggiata e imboccando via del Torrione, si notano le rovine di un mausoleo (detto Torrione) e procedendo sempre dritto, a metà via sulla destra, si possono scorgere, nel giardino di una proprietà privata, alcune arcate che rappresentano i resti delle gradinate di un teatro romano. La visita prosegue verso piazza del comune, dove è situato il Tempio di Minerva che oggi ospita all’interno la Chiesa di Santa Maria sopra Minerva. Una volta visitati gli interni, il mio suggerimento è quello di recarsi presso lo IAT di piazza del Comune. È qui che si può prenotare l’Assisi Underground, un tour guidato che porta alla scoperta del foro romano, posto proprio nei sotterranei della Piazza, e delle due Domus romane: la Domus di Properzio e la Domus del Larario. La prima si trova sotto la Chiesa della Spogliazione e vi si accede proprio passando attraverso la cripta, mentre la seconda è situata sotto Palazzo Giampè. È una visita affascinante che consiglio di fare assolutamente, anche a chi non è appassionato di archeologia, perché le sapienti e appassionanti spiegazioni delle guide permettono di fare un vero e proprio tuffo nel passato, tra sarcofaghi, mosaici e ricche decorazioni.

 

Rocca Maggiore

 

Dopo aver dedicato parte della giornata alla visita dell’Assisi romana, si può proseguire andando alla scoperta di altri due musei importantissimi per Assisi. Il primo è anche il monumento laico più visitato della città: la Rocca Maggiore, facilmente raggiungibile a piedi. Si tratta di una fortezza medievale costruita nel 1365 per volere del Cardinale Egidio Albornoz. Il castello, ottimamente conservato, dall’alto delle sue torri offre una vista meravigliosa su tutta la vallata. Dopo una visita delle stanze interne del museo, si torna in centro, fino a raggiungere via San Francesco dove, all’interno di Palazzo Vallemani, è situata la Pinacoteca Comunale, in cui si possono ammirare affreschi medievali e rinascimentali provenienti da edifici civili e religiosi di Assisi e dintorni. Un tempo il palazzo ospitava anche il Museo della Memoria, una mostra sui trecento ebrei salvati grazie allo spirito dell’accoglienza francescana di Assisi. Da qualche anno la mostra è stata spostata presso il Santuario della Spogliazione.

Interno della Basilica Superiore

Secondo giorno: l’Assisi di Francesco e Chiara

L’itinerario del secondo giorno inizia dalla visita dell’Oratorio di San Francesco Piccolino, la piccola cappella dove si dice sia nato San Francesco. Da lì, imboccando vicolo Sant’Antonio, si giunge alla Chiesa Nuova, costruita sui resti della casa paterna di San Francesco. Sono conservati l’ingresso principale e le altre tradizionali porte della casa: quella degli ospiti e quella che immetteva al piano superiore. Si può inoltre ammirare la vecchia via della città, su cui si affacciava l’ingresso della casa. Quella via ora è dedicata a Pietro di Bernardone. Una volta visitata la casa natale del poverello e prendendo Corso Mazzini, si arriva alla Basilica di Santa Chiara. Non c’è nulla da dire, la piazza in cui si trova è una delle più belle, grazie anche all’ampio belvedere che offre un paesaggio mozzafiato, soprattutto al tramonto. La Basilica di Santa Chiara, oltre a contenere le spoglie della Santa, custodisce il Crocifisso originale di San Damiano, quello che parlò a San Francesco, incitandolo a lasciare la sua vita agiata per dedicarsi ai più deboli. La tappa successiva ci porta alla scoperta dell’imponente Cattedrale di San Rufino, dedicata al primo vescovo della città. All’interno è custodito il fonte battesimale in cui furono battezzati San Francesco e Santa Chiara. Oltre al Duomo consiglio di visitare il Museo Diocesano e la Cripta di San Rufino.

In estate è possibile anche salire in cima alla torre campanaria, da cui si gode di uno splendido panorama sui tetti di Assisi e sulla Rocca Maggiore. Ci si può concedere una breve sosta al bar che si trova di fronte alla Cattedrale, per poi rimettersi in cammino e raggiungere la meravigliosa Basilica di San Francesco. Il mio suggerimento è quello di evitare di passare per le strade principali questa volta, ma di inoltrarsi nel dedalo di vicoletti che si snoda a partire da via Santa Maria delle Rose. Qui è possibile fare una breve visita nell’omonima chiesa che dal 2000 ospita la mostra permanente Maria di Guido Dettoni. Una volta visitata l’esposizione, tramite via Capobove, si torna in una delle vie principali, via San Paolo che si trasformerà poi in via Metastasio. A un certo punto, lungo la via, sulla sinistra, si trova un grande arco con delle scalette che conducono alla Chiesa di Santa Margherita, dalla cui piazzetta si gode di una vista meravigliosa sulla Basilica di San Francesco. Una volta contemplato il paesaggio in un’atmosfera così pacifica da sembrare surreale, ci si dirige verso la chiesa che ha reso nota Assisi in tutto il mondo. Nella Basilica Superiore si ammirano affreschi di grande rilevanza, tra i più celebri vi sono quelli di Giotto, che raccontano la vita di San Francesco. La Basilica Inferiore è decorata da dipinti di alcuni tra più importanti pittori, come Cimabue, Lorenzetti e Sermei. Al suo interno è possibile visitare la tomba di San Francesco. Dopo aver visitato l’intero complesso, è doveroso concedersi un po’ di relax sotto il porticato della Piazza della Basilica Inferiore di San Francesco, provando a individuare la Basilica di Santa Maria degli Angeli tra il verde dei campi della pianura circostante che si può scorgere dalle inferriate. Sempre in questa piazza è presente l’ufficio informazioni del Sacro Convento, punto di riferimento da tenere a mente per chi ha intenzione di partecipare ad una visita guidata della Basilica con un frate.

 

I monumenti fuori le mura

L’ultimo giorno ad Assisi, lo dedichiamo ai monumenti fuori le mura della città. Anch’essi ci raccontano molto della vita di Francesco e Chiara. Il primo santuario da non perdere è l’Eremo delle Carceri. È qui che San Francesco si rifugiava in preghiera e si trova sulla strada che conduce al Monte Subasio, a circa 4 km dal centro storico. È possibile raggiungerlo anche a piedi, prendendo il sentiero numero 350 che parte da Porta Cappuccini e arriva fino a Spello. Dopo essersi rigenerati in questo luogo mistico, ci si può dirigere verso il Santuario di San Damiano, la chiesa che venne restaurata da San Francesco e dove il santo scrisse il Cantico delle Creature. Sempre qui per un lungo periodo visse Santa Chiara. Anche questo posto è pervaso da un’atmosfera di serenità e di quiete, la natura circostante fa la sua parte rendendo San Damiano un’oasi di pace dove concedersi momenti di riflessione e spiritualità. Le ultime due tappe dell’itinerario non possono non includere il Sacro Tugurio di Rivotorto, luogo in cui visse San Francesco nel primo periodo della sua nuova vita e dove nacque l’ordine dei frati minori, e la Basilica di Santa Maria degli Angeli. È all’interno di quest’ultima che si trova la Porziuncola, la chiesetta in cui San Francesco fondò l’ordine dei francescani. Vi è poi la Cappella del Transito dove invece il Santo morì il 3 ottobre del 1226. Infine, dal chiostro si accede al Roseto, un giardino famoso per un episodio riguardante San Francesco. Pare che una notte, infatti, il Santo si rotolò nudo sul roseto spinoso per sfuggire alle tentazioni del diavolo. I fiori, narra la tradizione, al contatto con il corpo del Santo persero tutte le spine così da non arrecargli danno. Ancora oggi qui le rose nascono senza spine.
Un itinerario di questo tipo permette di conoscere a fondo la città ed è così che si tornerà a casa con ricordi vividi e racconti coinvolgenti che indurranno amici e parenti a organizzare al più presto una gita ad Assisi.

 


La puntata precedente

L’emergenza sanitaria ha determinato molti cambiamenti nel nostro modo di vivere. Potrebbe essere stata la scintilla che ha scatenato una forte presa di coscienza sulle nostre responsabilità nei confronti dell’ambiente in cui viviamo, che dobbiamo rispettare e proteggere. Oggi diventa fondamentale cambiare il nostro modo di viaggiare, prediligendo le piccole realtà alle destinazioni più gettonate ed evitando il turismo di massa.

Maggio 2021 verrà ricordato come il mese della lenta ripartenza, dopo un lungo ed estenuante periodo in cui le nostre certezze sono saltate e dove tutti ci siamo sentiti vicini nell’affrontare un problema più grande di noi. La pandemia ci ha costretti a dover rinunciare a tutte quelle abitudini che prima davamo per scontate e che oggi sembrano mancarci come l’aria. Un cappuccino al bar, una cena tra amici, una gita fuori porta…
Ora ci viene data la possibilità di voltare pagina e provare a recuperare il tempo perduto. Con l’estate alle porte, quale modo migliore di riaffacciarci alla vita se non con una vacanza? Per fare in modo che ciò non si trasformi in un tana libera tutti come l’anno scorso, dobbiamo cercare di rivedere un po’ il nostro modo di viaggiare. Già prima dell’emergenza sanitaria si parlava della necessità di un turismo lento, sicuro e sostenibile, oggi dobbiamo prenderlo come imperativo per cercare di non vanificare tutti gli sforzi fatti finora.
In che modo possiamo fare turismo sostenibile? Partendo per esempio in bassa stagione, scegliendo una destinazione meno conosciuta, evitando di viaggiare durante le feste comandate e rispettando l’ambiente e la cultura del paese che ci ospita. In primis ne gioveremmo noi stessi, perché una settimana ad agosto a Gallipoli con mezzo metro di spiaggia su cui sdraiarsi, dopo aver speso cinquanta euro per un ombrellone, è più una penitenza che un piacere; e secondo poi ne gioverebbe l’ambiente.

 

Assisi-santa chiara

Santa Chiara, Assisi, foto di Enrico Mezzasoma

 

È così che l’Umbria si rivelerà come la destinazione perfetta, che ci permetterà di riscoprire borghi autentici più e meno noti e di essere a stretto contatto con la natura. Il viaggio che intraprenderemo attraverso le pagine di AboutUmbria non può che partire da Assisi, la città in cui sono nata e dove vivo e lavoro tuttora. Assisi è una di quelle città che in alcuni periodi dell’anno viene letteralmente presa d’assalto dai turisti di tutto il mondo come, ad esempio, nei mesi di aprile, luglio e agosto. Ci sono invece mesi in cui la città offre il meglio di sé, vediamo insieme quali sono:

Maggio

A maggio Assisi si risveglia dal torpore invernale, le verdi colline intorno offrono scenari di rara bellezza. Nei primi giorni del mese si svolge inoltre il Calendimaggio, una rievocazione storica molto sentita dagli assisani e che vede la città divisa nella Nobilissima Parte de Sopra e nella Magnifica Parte de Sotto. Le due parti si sfidano in cortei, giochi, canti e scene di vita medievale, dando vita a uno spettacolo coinvolgente ed emozionante. Un’esperienza da non perdere è quella di mangiare nelle caratteristiche taverne.

 

Calendimaggio 2019, foto via Facebook

Giugno

Giugno è il mese in cui gli abitanti di Assisi si preparano per partecipare al concorso Balconi Fioriti, che ogni anno premia la persona che è stata più capace nel valorizzare la facciata della propria abitazione con i decori floreali più belli. I vicoli si tingono delle tonalità più accese, grazie ai fiori e alle piante di ogni tipo che tappezzano le terrazze e le finestre delle case. Generalmente vengono organizzate molte iniziative e serate di musica dal vivo, tra cui l’annuale appuntamento con il concerto Con il cuore, nel nome di Francesco, che si svolge nella piazza della Basilica Inferiore di San Francesco e viene trasmesso in diretta Rai.

 

Rocca Maggiore

Settembre

Questo è uno dei mesi che preferisco, perché la città è più rilassata, il caldo infernale estivo lascia spazio a giornate più fresche ma ancora abbastanza lunghe per godere a pieno dell’atmosfera di pace di Assisi.

Ottobre

Ottobre è un mese importante per la città. Il 3 e il 4 del mese si celebra la Festa di San Francesco, il momento in assoluto più sentito dai credenti che sono nati qui e che tengono moltissimo alla tradizione di partecipare alle celebrazioni in onore del patrono d’Italia. Altro evento immancabile è sicuramente la fiera di San Francesco, che si svolge il 5 di ottobre. Oltre a curiosare tra le numerose bancarelle sparse per le vie del centro, è irrinunciabile una sosta presso i botteghini delle signore assisane che vendono le cartelle per partecipare all’annuale tombola, che si svolge in serata.

 

Basilica Superiore di San Francesco d’Assisi, foto di Enrico Mezzasoma

Novembre

Novembre è il mese di UNTO, il tradizionale appuntamento dedicato all’olio extravergine di oliva. Oltre agli stand in cui assaggiare la famosa bruschetta umbra con l’olio nuovo, si può prendere parte ai molteplici eventi organizzati per l’occasione, che coinvolgono grandi e piccini: visite guidate ai frantoi, musica dal vivo, trekking in collina e scuole di cucina.

Dicembre

A dicembre qualsiasi città è suggestiva, merito delle luci e degli addobbi natalizi. Ad Assisi, il concorso Presepi indetto dal Comune, ci spinge ad andare alla ricerca del presepe più bello, tra quelli esposti lungo le vie del centro storico e di alcune frazioni. Sempre rimanendo in tema natività, celebri sono i presepi viventi che si svolgono nei castelli della zona, come quelli di San Gregorio, Petrignano e Armenzano.
Questi sono, a parer mio, i mesi migliori per visitare la città serafica.

Nel prossimo articolo delineeremo un itinerario per visitare Assisi in tre giorni.

Un itinerario turistico fuori dagli schemi, tra suggestivi borghi medievali: si parte dal territorio perugino e si attraversa un lungo tratto della Valle Umbra per arrivare in terra marchigiana.

Ho scritto questo lungo articolo non nascondendo il mio amore per l’Umbria. Ho percorso questo itinerario in estate e ne ho tratto un giro turistico-leggendario che forse potrà piacere anche ad altri. Il resoconto, con notizie anche note – ma non sempre e non a tutti – mette insieme  un vero e proprio viaggio di oltre 130 chilometri da Casa del Diavolo (PG) ad Acquasanta Terme (AP). Il testo è molto lungo e così potete decidere di leggerlo a pezzi, scegliendo le località che più vi interessano, o per intero, compiendo intanto questo viaggio virtuale per poi, perché no, programmarne uno reale, che difficilmente vi deluderà. E quindi chi lo ha detto che non si può unire il Diavolo con l’Acquasanta?

In viaggio

Per chi vuol fare un giro turistico attraverso borghi e località conosciute e non e piene d’incanto, per chi ha un budget ristretto e poco tempo a disposizione propongo questo itinerario che certamente vi sorprenderà dal punto di vista paesaggistico, storico ma soprattutto leggendario.

Casa del Diavolo

Si parte da Casa del Diavolo, che è una frazione del comune di Perugia a 237 metri sul livello del mare. Il suo nome è intriso di mistero e di segreto tale da farne il luogo più inquietante di tutta la regione e tale da stuzzicare la curiosità del viaggiatore e del turista. È proprio il caso di dire: «Perché diavolo si chiama così questo posto?». Le origini del nome non sono certe e per questo si sono moltiplicate le leggende. Secondo alcuni storici l’origine è legata al passaggio di Annibale (216 a.C.) che causò così tanta distruzione e tanta morte che portò il luogo a essere considerato come la dimora del male e quindi del Diavolo.
Un’altra tesi, basata anche su reperti archeologici, fa risalire questo nome all’età medievale, quando molti bambini nascevano morti o morivano prematuramente. Non essendo stati battezzati in tempo, i bambini non potevano così accedere al Paradiso e il loro destino era l’Inferno. Secondo un’altra leggenda, d’ispirazione medievale, questo luogo era sede di una locanda dove solitamente vi soggiornavano banditi, assassini e briganti delle zone vicine. Queste frequentazioni attirarono l’attenzione del Diavolo stesso, che non esitò ad intrattenersi e a stringere patti con questi loschi figuri, per poi aprire una profondissima buca e tornare all’Inferno.
Uscendo da Casa del Diavolo si percorre la E45 e poi la strada provinciale 174 e dopo circa 19 km si arriva a Perugia.

 

cosa vedere a perugia umbria

Perugia

Perugia

Nota per le mura difensive, il Palazzo dei Priori e la Fontana Maggiore, Perugia è il capoluogo di Regione. La leggenda che caratterizza maggiormente questa città è quella che vede coinvolta anche Narni. Si narra infatti che, in epoca medievale, un Grifo, creatura dal corpo di leone e testa di aquila, tormentava gli abitanti e faceva razzia di animali dei due centri cittadini e delle campagne circostanti. Perugini e narnesi allora unirono le forze, mettendo da parte la loro rivalità, per eliminare questa bestia che alla fine, dopo dure battaglie, fu catturata. Come trofeo Perugia prese la pelle e Narni il corpo scuoiato. Da qui l’origine degli stemmi: Perugia, Grifo bianco (la pelle) in campo rosso e, Narni, Grifo rosso (il corpo scuoiato) in campo bianco.
La tappa successiva, dopo circa 20 minuti di auto, è Assisi.

Assisi

È qui che, nel 1180, nacque Francesco divenuto Santo e fondatore dell’Ordine dei Francescani. Intorno a San Francesco si mescola storia e leggenda, così agli oltre 40 miracoli riconosciuti dalla Chiesa, si aggiungono altrettante leggende che lo vedono protagonista. Vediamone una tra le più rappresentative: quella del pesce.
Si narra che un pescatore, vedendo passare Francesco, lo avesse fermato e gli avesse regalato una tinca appena pescata. Francesco accettò il regalo, ma rigettò la tinca in acqua ed iniziò a cantare le lodi di Dio. La leggenda racconta che il pesce rimase vicino al Santo a giocare e ad ascoltare le lodi e che, appena gli fu dato il permesso, tornò libero tra gli altri pesci. Ad Assisi non ho resistito a comprare i Baci, morbidi pasticcini con pasta di mandorle e granella di pistacchio e il Bocconcello, focaccia biscottata arricchita da formaggio. Continuando sempre in direzione sud, dopo circa 15 minuti arriviamo a Spello.

 

Spello

Spello

Spello è un borgo ricchissimo di storia e di arte, carico di tradizioni ma anche di leggende. La più famosa è quella legata alla figura del paladino Orlando, il celebre compagno dell’Imperatore Carlo Magno. La leggenda vuole che Orlando passasse per Spello e, nonostante la sua fama fosse grandissima, non fosse riconosciuto dagli abitanti del luogo e così rinchiuso dalle guardie in una specie di prigione. Una volta accortisi chi veramente era, gli spellani lo liberarono e lo nominarono protettore della città.
Un segno del leggendario passaggio di Orlando a Spello lo troviamo nelle mura, dove c’è un’epigrafe che allude all’eroe. A Spello ho fatto acquisti in una salumeria; palle del nonno e ciauscolo. Le avrei provate in serata, terminato il viaggio, anche se dall’aspetto mi era venuta voglia di provarle subito.
Neanche 10 minuti di auto e giungiamo a Foligno.

Foligno

Terra mistica l’Umbria, dove molti racconti, tramandati anche per via orale, hanno origini che si perdono nella memoria. Foligno per la sua posizione è considerata, fin dai tempi antichi, lu centru de lu munnu e i suoi abitanti, oltre a chiamarsi folignati si chiamano pure Cuccugnau, cioè civetta. Ci sono tre leggende che spiegano questo appellativo. La prima fa riferimento alle monete d’oro fabbricate nella zecca di Foligno e chiamate occhi di civetta. La seconda narra di una colomba di cartapesta fatta calare dal campanile della cattedrale durante la festa di Pentecoste, ma più che una colomba assomigliava a una civetta. La terza leggenda ci parla invece di come i folignati fossero degli esperti nella caccia alla civetta.
Dopo appena 12 km arriviamo a Trevi.

Trevi

Continua così il nostro viaggio attraverso le meraviglie e le leggende dell’Umbria. Nel Comune di Trevi, ma non semplicissima da trovare e tra l’altro completamente immersa nella vegetazione, si trova un luogo di culto affascinante ma anche dimenticato: l’Abbazia di Santo Stefano in Manciano. Quasi totalmente divelta, di essa oggi rimangono parte delle mura, una parte della cripta e dell’abside. Attorno a questa chiesa aleggia una leggenda che la vorrebbe come sede di un tesoro nascosto. Si narra che i monaci ivi residenti fossero talmente ricchi e pieni d’argento da poter ferrare con questo metallo i propri cavalli. La leggenda continua a narrare che i lupi, mentre attaccavano i cavalli, spaventati per la luminosità dell’argento, scapparono via senza colpo ferire. Si dice che questo tesoro è ancora sepolto sotto l’Abbazia.
Passeggiando tra gli oliveti è obbligo visitare anche il Santuario della Madonna delle Lacrime e, a proposito di oliveti, non può mancare l’acquisto di una bottiglia d’olio extravergine, il più rinomato dei prodotti tipici trevani. Con una bottiglia di Trebbiano e con del sedano nero ho terminato i miei acquisti enogastronomici.
Dieci minuti di macchina e siamo a Campello sul Clitunno.

 

Trevi

Campello sul Clitunno

Principale caratteristica del luogo sono le Fonti del Clitunno, parco naturale con un laghetto di acque limpide e calme, polle sorgive e salici piangenti. Si racconta che le acque del Clitunno fossero una fonte di purificazione dell’anima: chiunque s’immergeva nel fiume ne usciva migliorato. La leggenda sul Clitunno ci dice che i buoi che si fermavano ad abbeverarsi al fiume ne uscivano con un manto più pulito. Siamo in orario sulla tabella di marcia e lo stomaco comincia a dare segni inequivocabili; abbiamo fame. È ora di trovare un’osteria o locanda e assaggiare i piatti tipici di questa zona. Da queste parti non riesco a rinunciare alla strapazzata con il tartufo, agli strangozzi e alle lumache. Per finire un’ottima porzione di rocciata, dolce che assomiglia un po’ allo strudel. Da bere? Un calice di Sagrantino e uno di Montefalco.

Spoleto

Soddisfatti del pranzo arriviamo a Spoleto, famosa soprattutto per il Festival dei Due Mondi. La leggenda di Spoleto è legata al Ponte Sanguinario. Il Ponte Sanguinario è situato nel sottosuolo, a pochi metri dalla Basilica di San Gregorio Maggiore, l’ingresso è possibile grazie ad una breve scala che si interra sotto il piano stradale.
La leggenda narra che, intorno al II secolo d.C., viveva a Spoleto un giovane nobile di nome Ponziano che iniziò a predicare la religione dei cristiani. Le politiche anticristiane dell’epoca erano implacabili e anche Ponziano non fu risparmiato dalle persecuzioni. Condotto sul ponte che al tempo conduceva allla via Flaminia oltre il fiume Tessini, venne decapitato. La testa mozzata raggiunse il luogo dove poi è sorta la chiesa e prese a zampillare una fonte di acqua purissima.
Percorrendo la strada statale 685 in 50 minuti arriviamo a Norcia.

 

Norcia

Norcia

Norcia è posta a 600 metri s.l.m. ed è inserita nel comprensorio del Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Sappiamo quanto è stata colpita dal terremoto del 2016 ma il carattere tenace dei suoi abitanti la riporterà a nuovi splendori. Norcia è soprattutto famosa per le sue norcinerie piene di prosciutti, salsicce e ogni ben di Dio. Famosa altrettanto per il tartufo, le lenticchie, la pasta alla norcina, la birra dei monaci benedettini e i coglioni di mulo, il salume irriverente. La birra me la sono comprata direttamente dai monaci presso il Monastero. La Guida alle birre d’Italia l’ha definita imperdibile!
La leggenda che avvolge il Parco Naturale è la leggenda della Sibilla. Secondo la comune credenza, lungo le pareti dei monti si troverebbe la grotta, luogo ora incantato ora stregato in cui una fata o una megera riceveva la visita dei più coraggiosi che volevano conoscere il proprio futuro. Dopo secoli di favole tramandate della grotta non resta che un cumulo di macerie e un’infinità di teorie si sono sviluppate intorno a questa favola magica. Da notare che la leggenda si è diffusa in tutta Europa grazie al romanzo cavalleresco Il Guerin Meschino.
Uscendo da Norcia s’imbocca la strada provinciale 477 e dopo 18 km si arriva a Forca Canapine.

Forca Canapine

Innanzitutto c’è da specificare bene che Forca Canapine non ha niente da condividere con la Foce di Canapino. I nomi sono simili ma i luoghi sono distanti. La Foce di Canapino non è altro che un impegnativo fuoripista dell’appennino tosco-emiliano, sconosciuto a molti. Forca Canapine invece è un valico stradale dell’appennino umbro-marchigiano situato sui monti Sibillini, ad un’altezza di 1541 metri s.l.m.; siamo quindi sul confine tra Umbria e Marche. Il toponimo deriva da due termini: Forca che vuol dire valico, mentre Canapine fa riferimento alla coltivazione e alla raccolta della canapa. Interessante notare che la località fa parte dell’itinerario del Sentiero E1 che congiunge Capo Nord a Capo Passero, in provincia di Siracusa.
Con un passo siamo nelle Marche.

 

Forca Canapine

Arquata del Tronto

Percorrendo la strada provinciale 64, poi la strada statale 685 e ancora le strade provinciali 230 e 129, in circa 25 minuti arriviamo ad Arquata del Tronto, provincia di Ascoli Piceno.
È un piccolo Comune di poco più di mille abitanti ed anche questo è stato gravemente danneggiato dal terremoto del 2016. Anche Arquata ha la sua leggenda. Si narra infatti che il locale castello sia infestata da fantasmi, o meglio, da un fantasma femminile. La leggenda racconta che il re Giacome di Borbone rinchiuse la moglie e regina Giovanna II d’Angiò nella torre più alta del maniero dopo averla dichiarata pazza perché più volte macchiatasi del peccato di lussuria. Si dice che, in base alla qualità della prestazione, la regina aveva il potere di dare in pasto ai lupi i pastori che non raggiungevano la sufficienza sotto le lenzuola. Povero Giacomo di Borbone! Giovanna II D’Angiò abiterebbe ancora dentro quelle mura sotto forma di fantasma; qualcuno dice ancora di sentire dei rumori sinistri riecheggiare dalla rocca.
Dopo circa 12 km, percorrendo la provinciale 129 e la statale 4, arriviamo alla nostra ultima tappa: Acquasanta Terme.

 

Acquasanta Terme

Acquasanta Terme

Acquasanta Terme è un comune di 2600 abitanti in provincia di Ascoli Piceno e si trova nel comprensorio del Parco Nazionale del Gran Sasso. Già il nome della località è un programma: dal sottosuolo infatti sgorga un’acqua termale sulfurea alla temperatura di 38 gradi. Il territorio poi è ricco di tesori artistici e di principale interesse sono il Castel di Luco e il monastero di San Benedetto in Valledacqua. La piccola leggenda di questo paese vuole che le sue terme abbiano dato sollievo, nel 712, a un console romano, tanto che da quel momento vennero segnate sulla mappa per curare i feriti dopo le battaglie.

Con questo itinerario, che consiglio veramente a tutti ma specialmente ai forestieri, sono riuscito a unire il Diavolo (Casa del Diavolo) con l’Acquasanta (Acquasanta Terme). Buon Viaggio!

Il colle sul quale sorge Vallo di Nera, dominante sulla fertile valle irrigata dal Nera e protetto da monti boscosi, fu abitato sin da tempi remoti.

Chiesa di Santa Maria Assunta, foto di Enrico Mezzasoma

 

Agli inizi del III secolo avanti Cristo, dopo la conquista romana del territorio, l’ukar, l’antica arce umbra, divenne un uicus fortificato a guardia dell’importante via di comunicazione che segue il corso del fiume Nahar, l’attuale Nera: ne è la riprova il toponimo vallum, termine che letteralmente indica il fossato difensivo tipico delle antiche fortificazioni. Agli inizi del Duecento l’assetto urbanistico del borgo, chiuso nella cinta turrita, assunse la fisionomia che ancora oggi, in buon parte, conserva e che ha elevato Vallo di Nera al rango di borgo bandiera Arancione.
Tra le imponenti torri medioevali, nei silenzi arcani del colle Flenzano su cui sorge il castello, si cela uno dei santuari più suggestivi della Valnerina: la Chiesa di Santa Maria Assunta, di epoca imperiale. La facciata del tempio, sulla quale campeggia un rosone scandito da 12 colonnine, nasconde l’interno articolato in un’unica navata, originariamente coperto con volte a crociera. Sebbene il tempo e gli interventi succedutisi nel corso dei secoli ne abbiano, in parte, mutato la fisionomia, un recente restauro ha restituito agli affreschi il loro antico splendore. I committenti, i cui nomi accompagnano le pitture, sovrapponevano nuovi dipinti ai precedenti documentando l’intensità e la persistenza d’una devozione iniziata con le prime communitates cristiane insediatesi sul territorio. Preghiere plasmate in figure, invocazioni solidificate nelle terre delle tempere che chiedono a Dio, mediante i santi intercessori, la salute per il corpo – a fulgore et tempestate, a peste fame et bello, libera nos Domine – e implorano la salvezza per l’anima – e salutare tuum da nobis.

 

dipinto_chiesa Valnerina

Martirio di Santa Lucia

Un tour all’interno

L’interno della chiesa, partendo dalla parete sinistra della navata, ospita il Martirio di Santa Lucia, attribuito a Cola di Pietro da Camerino: la vergine è avvinta a due pariglie di buoi per essere trascinata in un postribolo, ma le bestie non riescono a smuoverla. Due aguzzini la tengono ferma per le spalle mentre il carnefice le affonda nella gola una daga. Dietro il magistrato Paschasius, una gamba sull’altra e in contrasto coi corrucciati personaggi che lo circondano, assiste divertito alla scena. A destra dall’altare – risalente agli inizi del Seicento – nel registro inferiore, da un affresco cinquecentesco che raffigura una Madonna del Latte tra San Gregorio Magno e un porporato, s’affacciano due Vergini col Bambino, una delle quali intenta ad allattare. A essa si rivolgevano le madri per implorare l’abbondanza del prezioso nutrimento.

 

Dormitio della Vergine

 

Indugiando ancora sulla destra dell’altare, campeggiano le figure di due martiri: Barbara, protettrice del fuoco celeste, e Caterina d’Alessandria. In prossimità del grande arco, nel registro inferiore, una piccola Madonna di scuola riminese sorregge il Figlio teneramente proteso a baciarle il volto. Sull’abside tuonano le figure austere dei Santi Antonio Abate e Cristoforo. Nell’abside, sulla parete di sinistra, in alto, la Dormitio della Vergine, attorniata dai 12 apostoli. Cinque angeli ne cantano le lodi, mentre altri quattro l’elevano al cielo circonfusa di luce. Particolare menzione merita la scena raffigurante la Fuga in Egitto: due angeli guidano Giuseppe che reca in spalla un bastone a cui sono appesi un otre e due pani, Maria cavalca un’asinella e un garzone sprona la bestia. Sullo sfondo, la pianta carica di frutti che, nella leggenda apocrifa volgarizzata da Jacopo da Voragine, abbassò i rami per rifocillare la Vergine.

 

Fuga in Egitto

 

Tornando alla navata, sulla parete di destra, sono affrescati undici santi, tra i quali San Giuliano in vesti militari e Sant’Antonio Abate: San Giuliano forte, liberaci da mala morte, da foco ardente e da acqua corrente, così recitano ancora nelle campagne i più vecchi. Sotto, la lunga processione dei Bianchi, movimento di penitenti sorto nel 1399 allo scopo di proclamare la pace universale e ottenere il perdono dei peccati: qui Mastro Cola di Pietro, nel 1401, li ritrae durante il loro passaggio alla volta di Roma, con i lunghi sai rossocrociati, intenti a scambiarsi il bacio della Pace, a cantare le lodi della Vergine o a implorare misericordia davanti al Crocifisso. Poco distante Sant’Antonio, protettore degli animali, con la campana il cui suono scacciava il demonio, il bordone e il lungo mantello segnato dal tau protettore; Gregorio Magno, coronato col triregnum, mostra un dipinto con i Santi Pietro e Paolo. Proseguendo, un’austera Madonna in trono, della metà del Quattrocento, porta sulle ginocchia il Bambino con un passerotto, allusivo al racconto apocrifo che narra come il piccolo Gesù si divertisse a plasmare con la creta uccellini e a vederli volar via dopo aver infuso in essi la vita.

 

Processione dei Bianchi

 

A fianco, le immagini di S. Chiara e S. Maria Egiziaca, coperta dai prolissi capelli: specchio di purezza, la prima; meretrice, poi eremita nel deserto, la seconda. Col capo nimbato da un’aureola, identica a quella di Chiara, l’ex prostituta testimonia la potenza catartica del pentimento e la vastità della misericordia divina. Nel registro più basso, la Trinità reca un libro su cui è scritto: Pater e Filius et Spiritus Sanctus et tres unum sunt. Due modi per enunciare il dogma trinitario dei quali il primo, dedicato a quelli che non sapevano leggere, nella sua rustica formulazione risulta non meno efficace.

 

Santa Chiara e Santa Maria Egiziaca

«Dall’alto si contemplano paesaggi come patinati, conche di un verde argenteo, colline che scendono lentamente a valle recando torri, campanili, basiliche, monasteri. Tramonti limpidi, di un rosso privo di eccesso, sfumano sulle rocche e sugli oliveti, tra suoni di campane e rondini. L’aria leggera dà un senso di euforia fisica. Umbria, cuore verde d’Italia».
(Guido Piovene)

Cinque segreti da scoprire, cinque idee di viaggio per un weekend alla scoperta della Valnerina.

 

Vallo di Nera

Vallo di Nera

Una lunga storia umana e naturale, che sopravvive da secoli in un delicato equilibrio, ha modellato un territorio dal fascino medioevale: Vallo di Neraun antico castello fondato nel 1217. Se da un lato il fiume Nera, che scorre tra ripidi versanti coperti di boschi, ha creato uno degli angoli più belli d’Italia; dall’altro l’uomo, con le sue esigenze di sopravvivenza e difesa, ha arricchito questo angolo di Valnerina creando uno dei più limpidi esempi di borgo umbro. Non a caso, Vallo di Nera è riconosciuto come uno dei Borghi più Belli d’Italia. Dal castello si sviluppa una fitta rete di sentieri a quote diverse da percorrere a piedi, in bicicletta o a cavallo. Un luogo in cui il tempo sembra essersi fermato, un castello che custodisce al suo interno percorsi gastronomici dai sapori antichi, fra tutti il formaggio, principe della tavola locale.

 

Abbazia dei Santi Felice e Mauro

Abbazia dei Santi Felice e Mauro

L’Abbazia dei Santi Felice e Mauro, sfiorata dallo scorrere armonioso del fiume Nera, narra le epiche gesta dei due monaci siriani a cui è consacrata. L’Abbazia, mirabile esempio di architettura romanica umbra, sorge in un luogo intriso di fascino: secondo la tradizione, la Valle del Nera che oggi appare come un dipinto di borghi medioevali e antichi vigneti, in antichità era una selva paludosa, dimora di un’oscura creatura: un drago. La leggenda narra che i due monaci siriani, il cui coraggio è narrato dal fregio finemente scolpito che sorregge il rosone, uccisero il drago ed evangelizzarono la Valle del Nera. Gli affreschi del 1100, la facciata meravigliosamente scolpita, la grotta in cui si credeva abitasse il drago e la natura rigogliosa in cui è immersa fanno dell’Abbazia dei Santi Felice e Mauro uno dei gioielli più preziosi della Valnerina.

 

Eremo della Madonna della Stella

Eremo della Madonna della Stella

L’Eremo della Madonna della Stella,scolpito nella roccia  dalla sapiente mano di monaci benedettini, è uno dei luoghi più suggestivi della verde Umbria. Era il VII secolo quando i primi eremi si insediarono in questo angolo di Valnerina. Tra i silenzi del vento e della natura, in un luogo in cui non si vedono altro che due palmi di cielo, al canto della preghiera si unì quello dell’arte: l’Eremo, infatti, prende il nome da una suggestiva opera d’arte che raffigura la Madonna vestita di stelle, rinvenuta casualmente in un dirupo. A incorniciare il sentiero che porta fino all’Eremo della Madonna della Stella, un limpido ruscello che nasce sui versanti orientali della Valnerina, formando una piccola cascata a poca distanza dal Santuario.

 

Altipiano di Castelluccio

L’altipiano di Castelluccio

Il «luogo più simile al Tibet che esista in Europa», così un celebre viaggiatore definì l’altopiano di Castellucciouna terra antica dai colori pastello custodita all’ombra dei Monti Sibillini. Un angolo di Umbria dai mille volti: regno della natura e terra di antiche leggende, di fate dai piedi di capra e di mistici oracoli, fra tutti la Sibilla, che dà il nome alla catena montuosa che oggi è Parco Nazionale. Tra le mille esperienze che si possono fare sull’altopiano di Castelluccio ce n’è una che non delude mai: un’escursione a piedi o a cavallo tra i mille sentieri che costituiscono il cuore del luogo, uno scivolare quasi involontario tra le braccia di Madre Natura. E poi sapori inconfondibili che sembravano perduti, ma che provengono dal cuore di una terra generosa: dalla lenticchia ai cereali questo è un angolo di paradiso che parla una lingua comune, quella della tradizione.

 

Lo zafferano

Lo zafferano

L’arcano mistero che avvolge l’etimologia della parola Crocus Sativus, denominazione scientifica con cui viene comunemente indicato lo zafferano, si perde nella leggenda di Croco, che si innamorò mortalmente della ninfa Smilace per poi essere tramutato in un biondo fiore di zafferano. La coltivazione dello zafferano, elemento identitario della storia e dei costumi umbri, attinge alle esperienze di un passato importante inteso come patrimonio prezioso dal quale trarre ispirazione. Un lavoro in cui l’elemento umano è esclusivo: dalla preparazione del terreno alla scelta dei bulbi, passando per il momento della sfioratura fino al confezionamento del prodotto finale.