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Al teatro Mancinelli di Orvieto il 16 e 17 aprile, la satira racconta i tempi attuali.

Questo è un periodo di sconvolgimenti e cambiamenti, di perdita di sicurezza e di riferimenti. Tutti noi viviamo dentro questa bolla di indeterminatezza, in cui ognuno prova a proteggersi con gli strumenti che più gli sono congeniali. Lo strumento che utilizza Gianluca Foresi è la satira. Sin dai tempi antichi, da Aristofane, Persio o Giovenale, la satira serviva a castigare e sottolineare le storture, le incongruenze e le ingiustizie della società: ciò veniva fatto mettendo alla berlina determinati comportamenti in modo da suscitare ilarità negli spettatori o negli ascoltatori. Ma non è la necessità di suscitare il riso il primo obiettivo della satira, bensì quello di suscitare una riflessione e provocare uno scarto netto fra la realtà e quello che dovrebbe essere. In molti si sono cimentati nel genere, chi sotto mentite spoglie, chi sotto una veste più filosofica e moraleggiante: pensiamo a Dante Alighieri, che ha utilizzato la poesia, la forma letteraria forse più lontana dalla satira, per mettere in evidenza e criticare costumi, modi di essere e personaggi della sua epoca.

Oggi la satira è un contenitore, è una forma, ma è anche un modo d’essere e di tentare di intervenire in qualche modo sulla realtà sociale, culturale, intellettuale, e politica; lo fa con strumenti che compendiano quelli del passato, aggiungendone di nuovi. Il primo a subire l’effetto della satira deve essere il satiro stesso, che in questo caso da Nemo profeta in patria diventa Scemo profeta in patria.

 

Lo spettacolo Scemo profeta in patria cerca di attraversare questi tempi difficili per sezionare e difendersi in qualche modo dalle vicende che hanno caratterizzato questo ultimo anno in particolare. Ma non tralascerà di attingere a fatti, eventi, e notizie che hanno caratterizzato la storia passata, anche remota. Uno spazio sarà dedicato appunto anche al grande Poeta toscano di cui ricorrono i 700 anni della morte.

Per rimanere al presente invece, la satira di Gianluca Foresi prende spunto principalmente da notizie, verificate nella loro veridicità, che riguardano politica, religione, cronaca, e che vengono affrontate con sarcasmo, corrosività e con un pizzico di quel politicamente scorretto che le rende esplosive: in negativo e in positivo. Tutto questo però sarà affrontato senza però mai perdere l’eleganza verbale e il rispetto implicito per quello che è il bersaglio di turno. Più che governare la satira, Gianluca Foresi è e sarà governato da essa, è e sarà trasportato e quasi ipnotizzato.

In questo spettacolo non sempre il suo pensiero coinciderà con quello della battuta: la battuta diventerà il pretesto per mettere in evidenza quello che la notizia ci ha fatto dimenticare o quello che altre persone potrebbero davvero aver pensato: assolve a una funzione maieutica, terapeutica quasi, porta alla coscienza quello che era stato rimosso. Anche in Scemo profeta in patria Foresi, però, non perderà la consueta verve istrionica e soprattutto la capacità di improvvisare e di creare momenti estemporanei: il pubblico come sempre sarà una parte importante dello spettacolo e verrà chiamato a giocare sulle assi del palcoscenico. Dunque mettetevi comodi, ne avrete bisogno!

«Un articolo di Lercio – per quanto assurdo – è basato sulla verità, su una notizia reale. Siamo un sito di satira, non di fake news. I nostri articoli sono grotteschi, ma con un contenuto di verità».

Ma è Lercio!? Sì. È proprio Lercio. Sono proprio loro a chiacchierare con noi. Per la precisione è Augusto Rasori, presidente di Lercio, che con Vittorio Lattanzi, domenica (ore 21.30) sarà ospite al Festival delle Corrispondenze a Monte del Lago (Magione).
Lercio.it è nato come blog personale di Michele Incollu nell’ottobre 2012, poi è diventato un blog collettivo occupato dai ragazzi di Acido Lattico, ex frequentatori della palestra di Daniele Luttazzi. Oggi ha un pubblico di quasi 3 milioni di persone ed è un vero e proprio organo di informazione che produce fictional news, e da oltre due anni promuove la satira su temi come politica, sesso, morte e religione, e irride il cattivo giornalismo. Vi confesso di aver riso molto durante l’intervista, ma anche di aver ricevuto una lezione di giornalismo… ogni tanto fa bene rispolverare certi concetti anche –  ma non solo – per chi fa questo lavoro.

La prima domanda è legata al nome: perché Lercio? Ho letto che è uno sberleffo a Leggo

Michele Incollu – fondatore di Lercio.it nel 2012 – voleva prendere in giro i titoli del free press Leggo e provare a scriverne ancora di più assurdi: così è nato il gioco di parole Lercio. In questi 8 anni di attività ci siamo accorti che anche testate più autorevoli spesso scrivono titoli assurdi per catturare l’attenzione del lettore, cadendo nel ridicolo. Noi alla fine siamo più onesti: un lettore che visita il nostro sito sa che trova delle fandonie, nella stampa tradizionale invece si leggono a volte notizie assurde spacciate per reali.

Vi sarà capitato che una vostra notizia sia stata presa per reale.

Durante il governo Letta pubblicammo un titolo che sosteneva che il governo aveva introdotto il bollo auto anche sulle carrozzine dei disabili. Ovviamente l’articolo presentava al suo interno situazioni assurde, ad esempio le donne sotto i 150 centimetri che pesavano più di 100 kg dovevano pagare la tassa di circolazione perché erano paragonabili a mini SUV. A, poi, era contrario Nichi Vendola perché non riusciva a pronunciale la parola carrozzella. Beh, questa notizia è stata presa per vera, è dovuta intervenire l’INPS per smentire la cosa. Persino un politico di destra l’aveva condivisa per attaccare il governo.

D’altro canto, ci sono notizie reali che sembrano scritte da voi.

Ce ne sono tantissime. Nel nostro spettacolo – e nel libro – c’è una parte dedicata al quiz, dove facciamo indovinare al pubblico se la notizia e vera o è nostra. Ce ne sono alcune clamorose…

Il primo titolo reale ma assurdo che le viene in mente…

“Urla: Finocchio, mettila fuori! e viene espulso”. Solo che Finocchio era il cognome del compagno di squadra. Ad esempio, nella pagina social Ah ma non è Lercio – che non ha nulla che a fare con noi – vengono pubblicati proprio titoli assurdi e reali, scritti da giornali veri.

 

La redazione di Lercio

Vi leggono quasi 3 milioni di persone, contando i tre social principali (Facebook, Twitter e Instagram). Sentite una certa responsabilità?

Sì, molto. Inoltre da qualche anno veniamo invitati in contesti di un certo livello, in festival culturali o a tenere lezioni sulle fake news nelle università. Ciò ci ha fatto capire che abbiamo delle responsabilità e un ruolo, per questo stiamo molto attenti a ciò che pubblichiamo. Lercio è figlio della lezione di Daniele Luttazzi e lui inizialmente ci ha fornito delle dritte su come fare satira corretta.

Che vi ha suggerito?

Che l’obiettivo della satira deve essere ben chiaro: è il potere che va sbeffeggiato, non chi sta sotto. La satira deve andare dal basso verso l’alto, altrimenti diventa propaganda a favore di chi governa. Per questo stiamo molto attenti e sentiamo la responsabilità verso i nostri lettori. Evitiamo accuratamente di fare battute sulle fake news che circolano in rete.

Fate una verifica della notizia, come dovrebbe fare qualsiasi giornale…

Esatto. Perché un articolo di Lercio – per quanto assurdo – è basato sulla verità, su una notizia reale. Siamo un sito di satira, non di notizie false. Mentre la bufala è una balla confezionata ad arte e fatta passare per vera, i nostri articoli sono dei racconti grotteschi ma ispirati a fatti reali. Ci piace quando ci viene riconosciuta questa purezza. Il nostro obiettivo è quello di essere sempre onesti: come quando vai a Las Vegas, sai che è tutto finto e che perderai soldi, però ci vai ugualmente per divertirti. Lercio.it oramai è riconoscibile, sai quello che trovi al suo interno.

Siete anche entrati nei modi di dire. “Ma è Lercio?” si usa ormai per identificare una news strana…

Sì, è vero. Stiamo pungolando l’Accademia della Crusca per far entrare nel vocabolario la parola lerciata.

Andiamo un po’ dietro le quinte: come avviene l’invenzione di un articolo?

Abbiamo una redazione virtuale di 23 persone. Mensilmente proponiamo le nostre idee e valutiamo se ci sono titoli che possono essere sviluppati in articoli. Inizialmente si scrivevano solo battute secche e sintetiche, ora se la news lo consente la sviluppiamo, scrivendo un articolo vero e proprio. Ogni giorno pubblichiamo tre titoli inediti più degli story, cioè titoli più vecchi ma che per quel giorno sono pertinenti perché se ne parla. Ad esempio in questi giorni abbiamo ripescato titoli su Flavio Briatore e la Ferrari.

C’è un modo per combattere le fake news?

Se una notizia suona troppo assurda per essere vera, spesso non è vera. Il consiglio è quello di leggere tutti i giornali, anche quelli meno simpatici. La stampa reale ha una responsabilità: se scrive fake news ci sono delle conseguenze, delle smentite e il lettore ha una redazione fisica a cui rivolgersi. Trovo assurdo che spesso la gente dica che i giornali mentono perché un meme su Facebook dice il contrario…

“L’ho letto su Facebook” ora va per la maggiore…

Esatto. Una volta si diceva “L’ha detto la televisione”, poi “L’ho letto su internet”, ora c’è Facebook. Comunque, la pluralità di lettura dei giornali serve anche per verificare la realtà della news: se una notizia viene riportata da un solo sito, è probabile che sia falsa ma rischia comunque di propagarsi e nessuno se ne accorge. Leggere è fondamentale per farsi gli anticorpi e non cadere nelle trappole.

In Italia si fa ancora satira?

In TV è quasi scomparsa. Forse gli ultimi rimasti sono Maurizio Crozza – anche se le sue sono più imitazioni – e Propaganda Live, che ha il suo punto più alto di satira con il cartoon di Makkox che non fa sempre ridere, anzi, spesso è un pugno allo stomaco. Erroneamente si pensa che la satira debba far ridere, invece spesso non lo fa. Noi siamo stati ospiti al programma Stati Generali di Serena Dandini, ma in televisione di satira ce n’è sempre meno: oggi tutto è talmente masticato velocemente che anche i fratelli Guzzanti – penso – facciano fatica a trovare la chiave giusta per esprimere il loro malcontento e quindi a fare satira.

A voi piacerebbe avere un programma TV tutto vostro?

A me piacerebbe tantissimo. In radio abbiamo già avuto delle partecipazioni e anche in TV, ma un programma completo sarebbe un sogno. Un lavoro enorme ma bellissimo. Chissà, con le possibilità del web potrebbe essere una strada da esplorare.

Qualcuno si è mai offeso per ciò che avete scritto?

Un sindaco della Lega se l’è presa tantissimo per un articolo dal titolo: “Sindaco leghista rimuove gli orologi con i numeri arabi dalle scuole” e avevamo usato il nome di un paese reale del Veneto. Chi si sarebbe mai immaginato che nel Veneto ci fossero dei paesi leghisti?! (ride!). Il Sindaco ci scrisse: “Vi invito a rimuovere il nome del paese…”. Invece, un personaggio che si è molto offeso è stato Massimo Boldi. Avevamo scritto: “Non riesco più a scoreggiare. Finita la carriera di Boldi”. Il giorno dopo su Twitter ci ha bloccato e lo aveva pure scritto in un post. Ci è crollato un mito, l’ha presa malissimo!

Una lerciata sull’Umbria l’avete mai pubblicata?

Io ho origini marchigiane, non vorrei aumentare la rivalità (ride!). Battute a parte, mi ricordo di aver scritto una notizia su Perugia quando imperava la polemica sulle grandi navi: “Nave da crociera s’incaglia alla periferia di Perugia” e c’è stata gente che ha commentato dicendo: “Basta, è una vergogna!”. In questo modo ti rendi conto che ci sono persone che non sanno nemmeno dov’è l’Umbria. Assurdo. Di recente, dopo la legge sull’ospedalizzazione dell’aborto, abbiamo scritto: “Umbra si reca in ospedale per abortire, ma le ingessano una gamba”, mentre dopo la vittoria della Lega la lerciata fu: “Salvini dichiara: ridurremo subito il tasso di omicidi in Don Matteo”.

Domenica sarete ospiti al Festival delle Corrispondenze: di cosa parlerete?

Di preciso ancora non lo so. Stiamo rinfrescando il nostro live e sicuramente al Festival porteremo una sua versione aggiornata post Covid. Ci saranno i nostri TG, leggeremo i commenti che riceviamo, le nostre notizie prese per vere e le varie rubriche come il quiz e l’oroscopo. Saremo io e Vittorio Lattanzi, un altro redattore.

Oggi i post possono essere considerati una corrispondenza moderna?

Sì, ma un tempo uno scriveva una lettera che poi poteva essere pubblicata o meno. Oggi invece tutto si pubblica istantaneamente senza filtri e spesso viene fatto solo per sputare odio. Trent’anni fa le banalità sul governo, sulle mascherine e altro, magari venivano dette al bar e tutto si chiudeva con una pacca sulla spalla e con: “Dai, fatti un altro grappino che poi ti porto a casa!” Oggi invece nascono gruppi sui social per divulgare menzogne ed è impossibile farglielo capire! La vita è troppo breve per passarla a spiegare a questi soggetti l’errore che fanno.