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Per il secondo anno consecutivo il 15 maggio sarà semplicemente un 15 maggio, come ce ne sono tanti in tutto il resto del mondo.

Per il secondo anno consecutivo il 15 maggio non corrisponde al giorno dei Ceri. A causa della pandemia, il sindaco di Gubbio Stirati è stato costretto a ufficializzare la rinuncia a quell’evento che è rappresentato pure nello stemma della regione Umbria. Inevitabile ma surreale per gli eugubini, che da sempre dividono l’anno in due parti, un po’ come succede per la storia: a. C. e d. C..

La corsa dei Ceri

Ma in questo caso la C non sta per Cristo, ma per Ceri. A Gubbio la Festa, quella con la F maiuscola, fa da spartiacque all’intero anno: andate a chiedere a qualsiasi artigiano di farvi un certo lavoretto (a Gubbio, detto picchiarume) verso i primi di maggio: vi risponderà candidamente «famo dopo i Ceri». Oppure, per esperienza diretta, è impossibile pretendere interrogazioni o verifiche in tale periodo: gli alunni vi imploreranno di «fare dopo i Ceri».
La festa dei Ceri caratterizza l’anno, lo rende più o meno memorabile: come i Mondiali, o le Olimpiadi, a Gubbio si ricordano le varie annate a seconda dei Ceri; i capodieci e capitani, le autorità di quell’annata, assomigliano a quello che gli arconti eponimi rappresentavano per Atene. Se il 1968 – che ovunque evoca insurrezioni e movimenti giovanili – a Gubbio è ricordato per la caduta di Sant’Ubaldo sulla Calata, così il 2020 (e purtroppo anche il 2021) saranno ricordati non come gli anni del Covid, ma come gli anni in cui i Ceri non hanno corso. Ma siamo in guerra, si sente dire, e come in effetti avvenne durante i due conflitti mondiali, quando, per motivi di sicurezza, oltre alla fisiologica carenza di ceraioli – la maggior parte al fronte – la corsa saltò, così succederà quest’anno.

La corsa durante le guerre

Ma durante i periodi bellici, ci furono alcune eccezioni, a dimostrazione del carattere testardo dell’eugubino e del suo attaccamento alle proprie radici e tradizioni. Il 15 maggio 1917 la Corsa si svolse comunque presso il fronte di guerra: alle pendici del Col di Lana, pochi mesi prima teatro di una sanguinosa battaglia, e cioè a Pian di Salesei, gli eugubini arruolati nella Brigata Alpi corsero con ceri rudimentali, ma simili agli originali, e costruiti appositamente.

Durante il secondo conflitto mondiale continuò a essere svolta la festa dei Ceri Mezzani (riproduzione in scala degli originali), che esisteva da circa mezzo secolo, dedicata ai ragazzi, scuola per approdare al Cero Grande. La Festa dei Mezzani fu fatta anche nel maggio 1944, durante il passaggio del fronte di guerra a Gubbio. In quella occasione i Ceri furono trasportati da un gruppo molto eterogeneo di ceraioli che comprendeva partigiani, giovani renitenti alla leva, fascisti e addirittura soldati tedeschi, tutte persone che il giorno dopo si sarebbero trovati di nuovo a combattere su fronti opposti.

 

L’alza dei Ceri. Foto by URP di Gubbio

 

La corsa si concluse a notte fonda e con immane fatica, e per arrivare in cima al monte fu necessaria pure la partecipazione delle donne rimaste in città. Insomma, purtroppo anche quest’anno bisogna rinunciare a quell’appuntamento che ogni eugubino aspetta già dal 16 maggio, giorno del patrono Sant’Ubaldo (cui è dedicata la festa) del quale i Ceri sono la celebrazione della vigilia. Se lo scorso anno fu un fulmine a ciel sereno, inaspettato e incredibile, quest’anno gli eugubini ci avevano già un po’ posto la mente. Ma non per questo la rinuncia è meno triste e sentita.
Ci rifaremo nel 2022. Speriamo.

 


Per saperne di più.

«Dal punto di vista sentimentale è stato molto difficile prendere questa decisione. Ammetto che è una ferita spaventosa, ma razionalmente è la scelta più giusta che si potesse fare».

Gubbio divide i suoi annali in a.C. e d.C. dove C sta per Ceri. La vita degli eugubini viene scandita e organizzata in base alla Festa dei Ceri: impegni pubblici e privati sono regolati da questo evento, che diventa così un vero spartiacque della quotidianità locale. Non è raro quindi, sentire in città la frase: «Lo facciamo prima o dopo i Ceri?».

Filippo Mario Stirati, sindaco di Gubbio

Filippo Mario Stirati, sindaco di Gubbio. Foto di URP Gubbio

Quest’anno però non ci sarà nessun un prima e nessun un dopo. La festa, infatti, a causa del Coronavirus, è stata annullata. Non ci sarà la corsa. Niente taverne. Niente festeggiamenti in giro per la città. Niente alza in Piazza Grande. Niente sfilate e processioni. Niente folla colorata per le vie di Gubbio. Nemmeno la Spagnola del 1920 o il terremoto del 1984 avevano fermato l’evento. Solo le due Guerre Mondiali avevano interrotto parzialmente questa tradizione millenaria –  ci sono testimonianze che ne attestano l’esistenza sin dal 1160, come solenne atto di devozione degli eugubini verso il vescovo Ubaldo Baldassini, morto in quell’anno.

Una decisione sofferta

Il Coronavirus però non ha dato scampo e il sindaco di Gubbio, Filippo Mario Stirati, ha preso – a malincuore – la decisione più giusta, ma anche la più sofferta: «Dal punto di vista sentimentale è stato molto difficile. Ammetto che è una ferita spaventosa, ma razionalmente è la decisione più giusta che si potesse prendere, anche perché, con le ordinanze in vigore, non è che avessimo altre alternative. Devo dire che non avrei mai immaginato, come Sindaco, di entrare purtroppo nella storia per essere stato il primo ad aver annullato la Festa dei Ceri. Sono eugubino fino al midollo, sono stato ceraiolo e sono all’interno di questo mondo fino in fondo. È una vicenda che mi tocca molto da vicino» confessa il Sindaco.

Il 15 e il 16 maggio non saranno comunque due date anonime: «I riti religiosi previsti per la festa del Patrono si svolgeranno con i distanziamenti sociali doverosi e c’è l’invito per i cittadini di abbellire la città e le case con gli stendardi e le luci. Loro stessi, seppur con molta amarezza e tristezza nel cuore, hanno capito la situazione e la scelta che ho fatto» prosegue Stirati.

 

L’alza dei Ceri. Foto di URP di Gubbio

 

Tra le indiscrezioni che circolano in città c’è persino quella di spostare la Corsa: tra le date papabili ci potrebbe essere l’11 settembre, giorno della traslazione del corpo di Sant’Ubaldo nell’omonima Basilica. «È solo un’idea, ancora ufficialmente non se n’è parlato. Gubbio è legata al 15 maggio, immaginare una soluzione alternativa per ora è impossibile; inoltre è una decisione che va presa con molta cautela. Vedremo come evolverà la situazione» spiega il primo cittadino di Gubbio.

Una corsa mai interrotta

Nel corso dei secoli, la Festa dei Ceri si è fermata solo in altre due occasioni. Sant’Ubaldo, Sant’Antonio e San Giorgio – non solo simboli di Gubbio, ma dell’intera Umbria – raramente non hanno scalato il monte Ingino; lo avevano fatto anche nel 1817 quando un’epidemia di tifo invase Gubbio e nel 1920 durante l’epidemia di Spagnola, che colpì gravemente la città.

La Corsa per le vie della città. Foto di URP di Gubbio

Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, però, si sono dovuti arrendere e si sono fermati dal 1916 al 1918, eccenzion fatta nel 1917 quando vennero celebrati sul Col di Lana: a Gubbio la Festa era stata sospesa per Regio Decreto. I soldati eugubini impegnati al fronte decisero quindi di festeggiare i Ceri direttamente in zona di guerra, tra le Dolomiti, e il 15 maggio del 1917 una copia delle tre strutture lignee corse sul Col di Lana, appena qualche centinaia di metri dietro la prima linea del fronte, tra l’emozione e la commozione dei presenti. «Nel 2017 abbiamo anche celebrato i 100 anni di questo particolare evento. Durante la Seconda Guerra Mondiale, invece, corsero solo i ceri mezzani portati da donne e ragazzi. Anche nel 1984 la Festa si fece: il 29 aprile di quell’anno Gubbio fu l’epicentro di un terremoto che face tanti danni ma nessuna vittima e, anche per alzare il morale della gente, si decise di non interrompere l’evento» conclude il Sindaco. Insomma, il 15 maggio 2020 verrà sicuramente ricordato e purtroppo passerà alla storia, non solo a Gubbio ma in tutta l’Umbria. Forse, quest’anno più che mai, la forza dei tre Santi che salgono il monte spinti dal calore della gente avrebbe simboleggiato la voglia di rinascita e di risalita di questa Regione. Per ora possiamo solo immaginarli. Ma torneranno!