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«Ancora, a distanza di mesi, non mi rendo conto. Finché uno non si trova lì non comprende cosa sia un’Olimpiade».

Alessandra Favoriti con la coppa e la medaglia di Campione d’Europa

La dottoressa Alessandra Favoriti è un medico sportivo di Terni, fa parte dello staff della Ternana Calcio e – da anni – di quello dell’Italvolley femminile, fresco di titolo europeo. Fieramente umbra e ternana, ex pallavolista e super tifosa delle Fere, è riuscita a unire il lavoro con la passione per lo sport. Chiacchierare con lei è stato molto divertente, nonostante le nostre fedi calcistiche opposte. Ci siamo promesse di risentirci dopo Perugia-Ternana del 18 dicembre: «Gli sfottò sono il bello dello sport. È una delle parti più divertenti» dice schiettamente. Io non potrei essere più d’accordo!

 

Alessandra, la prima domanda è d’obbligo: qual è il tuo legame con l’Umbria?

Sono nata a Terni, sono fieramente umbra. Sono molto legata alla mia terra: mi piace girarla, scoprirla ed esplorarla.

Perché hai scelto di diventare un medico sportivo?

Ho scelto questa specializzazione probabilmente perché sono nata in una famiglia di sportivi che mi ha sempre avvicinato a questo mondo. È quello che mi piace! Ho unito passione e lavoro.

Anche tu hai giocato a pallavolo: che emozione è stata vincere l’Europeo?

Seguo la Nazionale da 7 anni, ho visto queste ragazze crescere e vincere anche nelle competizioni giovanili. Se fossi stata a casa sarei comunque stata una loro super tifosa, ma trovarmi lì in panchina come membro dello staff è una cosa che non riesco ancora a realizzare. Un’emozione grandissima.

La prima cosa che hai pensato…

Oh, finalmente! Vincere contro la Serbia a casa loro… è proprio bello!

Una soddisfazione anche per rispondere alle critiche post Olimpiche…

Sì, è stato il giusto epilogo di un’estate in cui abbiamo lavorato molto bene. Nello sport si vince e si perde e le critiche ci stanno, però questa è una vittoria meritata, se non altro per tutto l’impegno che c’è stato.

Cosa vuol dire per uno sportivo (o ex sportivo) partecipare alle Olimpiadi?

Ancora, a distanza di mesi non me ne rendo conto. È stata un’Olimpiade surreale, vissuta in modo molto intenso, forse perché non c’era il pubblico o per il periodo storico che viviamo. Finché non sei lì non ti rendi conto di quello che è realmente: vedere atleti di tutto il mondo, culture di tutto il mondo, abitudini alimentari di tutto il mondo. Incontrare campioni che hai sempre visto in tv e sentirsi parte del team Italia genera un senso di appartenenza molto grande. Forse anche per questo le delusioni e le vittorie sono amplificate, le percepisci maggiormente.

Sei mai andata nel panico in campo durante un intervento?

No, non è mai accaduto. Ci sono tutti i mezzi per fare gli accertamenti e tutelare la salute degli atleti.

Il tuo passato da sportiva ti ha aiuta in questo mondo?

Indubbiamente lavorare nello sport che conosco e che ho praticato fa sì che io abbia un approccio migliore con le problematiche che devo affrontare. Chi si vuole affacciare alla medicina dello sport deve essere in grado di lavorare all’interno di uno staff e non è facile, soprattutto quando si sta con le nazionali: si vive insieme 24 ore su 24, questo è bello, ma c’è anche uno sforzo maggiore.

Qual è la cosa che da medico ripeti sempre ai tuoi pazienti sportivi?

Devo essere sincera, ho due gruppi ai quali non devo dire molte cose, sono dei professionisti. Forse la nutrizione, in particolare quando si cambia fuso orario e si va dall’altra parte del mondo, va tenuta sotto controllo. La cura dell’alimentazione diventa fondamentale, soprattutto in competizioni molto lunghe e con ritmi serrati. Ripeto sempre: mangiare bene e riposarsi.

 

Penso alla Ternana. Una donna in campo con soli uomini: è più facile comandarli o farsi rispettare?

Mi trovo bene in entrambi gli ambienti, tra l’altro anche nella Nazionale di pallavolo sono l’unica donna nello staff. Sia le pallavoliste sia i calciatori sono dei professionisti e ascoltano i consigli del medico. Il rapporto più importante è quello con il resto dello staff: fondamentale è ottenere la fiducia, mantenerla e soprattutto entrare nelle dinamiche dei due sport che, ovviamente sono differenti.

C’è molta differenza tra i due approcci?

No, è solo diversa l’esperienza. In Nazionale convivi 24 ore su 24 con gli altri e ci sono dinamiche più intense. Ho la fortuna di essermi integrata bene in entrambe le squadre.

Potremmo parlare di calcio per ore, ma non so se finiremmo questa intervista (scherzo!): io tifosa del Perugia e del Milan, tu della Ternana e della Roma…

Benissimo! Sullo sport sono molto campanilista, lo sfottò è un divertimento. Ho già segnato la data del derby contro il Perugia. Ce l’ho stampata in testa (scherza! ndr). Il prendersi in giro è una parte divertente dello sport. Allora ci risentiamo dopo la partita!

Il tuo sogno è la Ternana che vince lo scudetto?

Eh, magari!

Lo scambieresti con la medaglia dell’Europeo di volley?

È un’altra cosa. Le metterei entrambe sullo stesso piano. Vincere contro la Serbia a Belgrado equivale a vincere un derby in trasferta.

Ma nel derby non c’è un trofeo in palio?

Non importa, basta la gloria!

Svelaci una curiosità accaduta durante gli Europei…

Ne sono successe tante. Ti posso dire che io e il preparatore atletico siamo andati in fissa con le canzoni di Will Smith. È stata la nostra colonna sonora.

E nello spogliatoio della Ternana?

Con la Ternana abbiamo dei gesti scaramantici che però non vanno detti, altrimenti perderebbero la loro efficacia!

Parliamo di sport in Umbria: cosa andrebbe migliorato?

Da persona che ha praticato attività sportiva da tutta la vita, spero che l’Umbria e lo sport facciano pace. Il calcio è un movimento molto forte, ma le altre realtà lo sono meno, tra queste penso alla pallavolo. Non tanto ad alto livello, ma nel movimento giovanile ci sono società in crisi che questo periodo storico ha aggravato. Mancano inoltre le strutture, penso ad esempio all’atletica a Terni che aveva una grande tradizione e che ora non ha più nemmeno una casa dove allenarsi. Servono grossi investimenti soprattutto nelle strutture: lo sport è importante, fa bene alla salute e dobbiamo appoggiarlo in ogni modo. Come Ternana Calcio abbiamo fatto qualcosa ma non basta, ci vuole l’intervento della Regione. Occorre dare spazio a tutti gli sport e il primo passo è avere impianti adeguati. Lo sport è salute, movimento, integrazione, unione, lavoro…

Per concludere, come descriveresti l’Umbria in tre parole?

Verde, mistica, affascinante.

La prima cosa che ti viene in mente pensando a questa regione…

Terni. Casa mia.

«È successo! Semplicemente meraviglioso! Siamo Campioni d’Italia! E mettiamo in bacheca questo triplete!» (Safety Conad Perugia)

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Il capitano Luciano De Cecco , foto via Facebook

 

Le eccellenze umbre si esprimono in tanti modi, uno di questi è lo sport. In questo coso la pallavolo. La Sir Safety Conad Perugia, per la prima volta nella sua storia, vince il tricolore e sale di diritto sul tetto d’Italia, dove nessuna squadra maschile umbra era mai arrivata.
Dopo cinque partite avvincenti, batte la Lube Civitanova – campione in carica – e si cuce sul petto lo scudetto. L’ultimo punto decisivo è proprio dell’umbro Ivan Zaytsev, che con il suo attacco manda in delirio il PalaEvangelisti e fa realizzare ai Block Devils un’impresa storica: il tanto agognato triplete, dopo le vittorie in Supercoppa e Coppa Italia. Un momento storico, per la pallavolo maschile, difficile da dimenticare.
Un’impresa costruita mattone dopo mattone, partita dopo partita, set dopo set. Costruita da mister Lorenzo Bernardi e dal suo staff, che hanno reso consapevole questo gruppo della propria forza. Costruita soprattutto da questo gruppo di atleti, eccellenti atleti, ma soprattutto atleti di cuore.
Atanasijevic, il migliore in campo; lo Zar, l’umo più atteso; capitan De Cecco e tutta la squadra sono stati capaci di far avvicinare e appassionare a questo sport anche i perugini meno tifosi, creando in città e nei social un clima di attesa e speranza, come non succedeva da anni. E alla fine non hanno deluso: dovevano vincere e hanno vinto.
«Questa è una grande vittoria, fortemente voluta, anche se forse a inizio stagione non tutti ci credevano. Dalla Supercoppa abbiamo dimostrato di avere la nostra identità e abbiamo iniziato a impensierire le altre squadre. Devo fare i complimenti alla Lube che è una grande squadra e ci ha portati fino a questa gara 5. Sarebbe davvero bello ritrovarsi la prossima settimana in un’altra finale, questa volta europea», ha dichiarato Simone Anzani.
Le sfide e le coppe da portare a casa, infatti, non sono finite: c’è la Final Four di Champions League, che potrebbe rendere esaltante una stagione già indimenticabile. Perché come si dice: il primo scudetto non si scorda mai!

 

Sir Perugia

Lorenzo Bernardi sale sul seggiolone dell’arbitro, come fece 28 anni quando vinse il primo oro mondiale

La storia: dalla serie C al triplete

Il 2001 è l’anno dell’esordio della Sir e di Gino Sirci nella pallavolo in serie C. Alla seconda stagione i Block Devils fanno subito il primo salto, conquistando la promozione in B2. Nel 2005 approdano in B1, dove restano fino all’estate 2010 facendo campionati di vertice terminati con il meritato ripescaggio, per meriti sportivi, in serie A2. Alla prima stagione in categoria la squadra, passata nel frattempo da Bastia Umbra a Perugia, paga lo scotto del noviziato. Nel 2012 il salto nella massima serie. I Block Devils di Kovac disputano una stagione esemplare, a Corigliano arriva la certezza del primo posto finale e della conseguente promozione in A1. Nel 2012-13 arriva la colonia serba, con Magnum Atanasijevic su tutti: finalissima in Coppa Italia, terzo posto in Regular Season e Play Off che si fermano a un soffio dal Tricolore, con la ciliegina della qualificazione alla Champions League.
Il 2015 inizia in salita per Daniel Castellani, sostituito da Boban Kovac. La squadra arriva ancora una volta fino alla semifinale di Coppa Italia e ferma la sua corsa europea in Cev Cup nei quarti di finale contro la Dinamo Mosca. Il capolavoro avviene ai Play Off scudetto quando i Block Devils superano prima Verona e poi Civitanova, giungendo fino alla finalissima, dove cedono a Modena.
Con il 2017 ecco il libero Colaci, il palleggiatore statunitense Shaw, i centrali Ricci e Anzani, il libero Cesarini e il centrale finlandese Siirila. Dal torneo polacco, invece, è arrivato il giovane opposto Leo Andric. Confermata l’artiglieria pesante, a partire dalla diagonale delle meraviglie De Cecco-Atanasijevic, e gli schiacciatori di posto 4: lo Zar Zaytsev, lo statunitense Russell e all’austriaco Berger. Arrivano così i primi trofei: la Coppa Italia, la Supercoppa e il Campionato italiano.

«Il compito di un arbitro è quello di far parte dello spettacolo e quello di non farsi ricordare»

Queste le parole di Fabrizio Saltalippi, perugino di 55 anni, di cui trentanove passati con il fischietto al collo ad arbitrare partite di pallavolo. Gli restano solo tre mesi di attività, poi se ne andrà in pensione, ma nel suo palmarès ci sono 500 gare in serie A, 180 gare internazionali, tre Europei e due Mondiali. Una vera eccellenza umbra di questo sport.

pallavolo-arbitro

Fabrizio Saltalippi, 55 anni

Qual è il suo legame con l’Umbria?

È un legame fortissimo. Sono nato e cresciuto a Perugia, e tuttora ci vivo. Anche se sono vent’anni che lavoro fuori, sia in Italia sia all’estero, non ho mai pensato di lasciare questa città. Non me ne andrei per nulla al mondo.

Lei, lo scorso agosto, è stato designato per arbitrare la partita inaugurale del Campionato Europeo di Pallavolo in Polonia: come si affronta – psicologicamente e fisicamente – un evento del genere?

Questa partita è stata importante per due motivi: il primo perché era la gara inaugurale di un Europeo, quindi aveva un impatto mediatico di alto livello e grande importanza; il secondo perché la Polonia ha avuto la brillante idea di giocarla – per battere il record di presenze – nello stadio di calcio di Varsavia, davanti a un pubblico di sessantacinquemila spettatori. Un ambiente del genere, ovviamente, mette pressione, quindi conta molto il nostro allenamento, che ci aiuta a mantenere la concentrazione e a gestire l’ansia. Durante la partita ti senti responsabile di quello che accade e speri che tutto vada nel modo migliore. In quell’occasione andò tutto liscio, anche se la Polonia perse 3-0 contro la Serbia. Mi ricordo che i primi 5 o 6 punti furono un po’ difficili, poi è iniziata la routine e la partita si è trasformata in una normalissima gara, una delle tante arbitrate.

È un veterano di questi eventi, ha rappresentato l’Italia in tre Europei e due World Cup: cosa pensa quando entra in campo durante queste manifestazioni?

Non ho mai sentito lo stress e la tensione prima di una gara, ma solo la voglia di scendere in campo e il piacere di divertirmi e far divertire. Il compito dell’arbitro è quello di far parte dello spettacolo, di dare la possibilità al pubblico di godere di una bella partita, il tutto senza farsi notare. Se un arbitro, a fine gara, non viene ricordato vuol dire che ha fatto un ottimo lavoro.

Quando toglie la divisa stacca col mestiere di arbitro, oppure ripensa a qualche eventuale errore o decisione presa durante una gara?  

Appena si toglie la divisa c’è un calo di tensione e l’adrenalina si libera, ma non si smette di pensare alla gara, anzi, avviene la revisione critica. Riguardo il video della partita per vedere se e dove ho sbagliato: in particolare mi concentro sulle situazioni contestate in campo perché, se sono effettivamente degli errori, mi servono per crescere ed per evitare di ripeterli, se invece la mia decisione era corretta è una gratificazione personale, e anche quella aiuta molto.

La pallavolo in Umbria, soprattutto a Perugia, ha seguito e sta ottenendo buoni risultati: possiamo considerarla un’eccellenza del territorio?

La pallavolo è sicuramente un’eccellenza, basta pensare a tutto quello che ha vinto in passato la Sirio Perugia o a quello che sta facendo ora la Sir Safety Umbria Volley. Occorre però potenziare le serie minori, ripartendo dalle fondamenta.

Come ad esempio i settori giovanili?

Esatto. Questo è fondamentale. Vanno attirati i giovani, distratti purtroppo dal calcio. Una volta un ragazzo che superava il metro e ottanta giocava per forza a pallavolo, ora invece, può giocare anche a calcio. Questo sport ne risente.

Un consiglio a un giovane che vorrebbe iniziare la carriera di arbitro.

Amare questo sport, quasi più di un giocatore, al di là degli obiettivi che si possono raggiungere. Avere passione, entusiasmo e la voglia di entrare a far parte del gioco stesso. L’arbitro non è un’entità staccata, fa parte della partita e dello spettacolo a tutti gli effetti.

Come descriverebbe l’Umbria in tre parole?

Verde, unica, splendida.

La prima cosa che le viene in mente pensando a questa regione…

Le bellezze architettoniche. Quando all’estero mi domandano dove abito, mi rendo conto che in pochi conoscono l’Umbria, allora gli spiego che questa è la terra degli Etruschi, un popolo più antico di quello romano. Spero di incuriosirli…