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Tre giganti verdi vivono in Umbria. Se pensate allโ€™incredibile Hulk o a Shrek e Fiona siete sulla cattiva strada. I tre giganti non si sono mai mossi da quando li hanno piantati.

ยซBelli come noi / ben pochi saiยป cantava Celentano di un albero di trenta piani soffocato dallโ€™aria insalubre della grande cittร . I tre giganti umbri invece hanno sempre respirato aria pura e salutare.
I tre, insieme, sfiorano mille anni: seicentoil tiglio, duecento il leccio, centosessanta il cipresso. Tre alberi che narrano la storia di Todi e della campagna. La chiamano la verde Umbria perchรฉ i boschi sono ovunque si posi lo sguardo; aria, acqua, luce, vento, terra sono gli ingredienti che ogni tanto creano una magia. Solo ogni tanto, esattamente come ogni tanto nasce una Marlyn Monroe, una Monica Bellucci, una Sofia Loren.

Il leccio

Il leccio

Cominciamo dal leccio che si trova nella campagna vicino al castello di Ceralto. Allโ€™Agriturismo Monte Ceralto si gira a sinistra sulla strada bianca, si parcheggia e si procede a piedi. Superata la sbarra si percorrono ancora 400/500 metri in mezzo agli olivi finchรฉ a sinistra si nota una montagna verde scuro. Quello รจ il leccio. La circonferenza del tronco supera i 4 metri, la sua chioma copre una grandissima superficie. Si dice che abbia duecento anni. Lโ€™albero era lรฌ quando i castelli del tuderte erano abitati, quando la terra era lavorata a mano da centinaia di miseri contadini, era lรฌ quando lo Stato Pontificio fece piantare nelle sue terre 362.000 olivi. Era giร  lรฌ quando sono arrivate le prime macchine agricole. Forse era ancora giovane quando sotto la sua ombra si sono seduti a riposare i garibaldini che lasciavano Todi. Garibaldi invece รจ rimasto in cittร  e se ne sta sopra un piedistallo, sulla piazza che porta il suo nome e presidia il suo cipresso.

Il cipresso

Era il 1849, anno di grandi rivolgimenti. Caduta la Repubblica romana, Garibaldi e Anita scappano verso nord e si fermano a Todi. Un cittadino tuderte, grande ammiratore del generale, decide di piantare un albero a perenne memoria. Sarร  un cipresso e sarร  degno dellโ€™eroe. รˆ alto trentasei metri come un palazzo di dodici piani e la circonferenza del tronco รจ adeguata, supera i due metri. Non si puรฒ non vederlo quando si entra in piazza Garibaldi. Anche lui ne ha viste tante. Prima la fine dello stato Pontificio, poi il regno dโ€™Italia e poi due guerre e le invasioni: non sarebbe degno dellโ€™eroe dei Due Mondi se si fosse fatto sopraffare.

 

Il cipresso

Il tiglio

Lโ€™ultimo gigante รจ il tiglio di Todi, grande e grosso, con una chioma che da seicento anni fa ombra al convento di Montesanto. รˆ conosciuto come il tiglio di San Bernardino e si dice che lo abbia piantato lo stesso santo nel 1436, prima della sua predicazione a Todi.
Parecchi documenti attestano la sua presenza nei secoli ed รจ sorprendente che abbia passato indenne le tante vicissitudini del monastero.
Nel 1235 le monache clarisse vollero fortemente quel terreno, appena fuori Todi, per costruire un monastero. Poi fu proprietร  dei Domenicani e ospitรฒ Jacopone da Todi quando era bizzoco[1]ย francescano, poi nel 1367 il cardinale Albornoz sloggiรฒ le religiose e trasformรฒ il monastero in rocca fortificata; poi lโ€™abbandono, poi nuovamente le monache, poi Napoleone che fece svuotare tutto, poi i frati francescani. Con lโ€™Unitร  dโ€™Italia, nel 1866, i frati vennero cacciati malamente e deventรฒ orfanotrofio. Nuovo cambio nel 1895, quando i francescani ricomprarono il loro convento e sโ€™insediano nel monastero. Adesso sono lรฌ e lรฌ resteranno fino a nuovi rivolgimenti.

 

Il tiglio

 

I tre giganti verdi sopravvivranno? Chi lo sa. Hanno superato la piccola glaciazione e altri cambi climatici, forse sono cosรฌ temprati da superare anche i caldi attuali, raggiungere i mille anni e andare oltre.

 


[1] Bizzoco: chiamati cosรฌ nel XIII e XIV secolo uomini e donne appartenenti al 3ยฐ ordine francescano, che conducevano vita povera in protesta contro il lusso dellโ€™alto clero. โ€“ Enciclopedia Treccaniโ‡‘

รˆ in continuo divenire la collezione del Museo di Calvi dellโ€™Umbria, autentica perla artistica e culturale incastonata nelle verdi colline che ammantano la propaggine piรน meridionale della regione.

Continua infatti ad arricchirsi la collezione Chiomenti-Vassalli che, come un uovo che si schiude dopo una lunga gestazione, dopo la pausa invernale ha presentato lo scorso 21 aprile i suoi due nuovi nati: la Veduta di Roma: Arco di Costantino (1764) di Gian Paolo Panini e nientemeno che la Vocazione degli Apostoli Pietro e Andrea di Pietro da Cortona (1630).

 

Parabola dei Ciechi di Pieter Brueghel il Giovane

La collezione Chiomenti-Vassalli

Entrambe donate dal professor Chiomenti, le due opere seguono quelle giunte nel 2009 e nel 2014, a testimonianza dellโ€™imperitura volontร  del professore di vivacizzare questo piccolo borgo alle pendici del Monte San Pancrazio. Giร  nota per i suoi presepi artigianali e i murales, Calvi dellโ€™Umbria trae cosรฌ lustro dalla presenza di capolavori che non tutti possono vantare: per fare qualche illustre esempio, la collezione Chiomenti-Vassalli annovera la Parabola dei Ciechi di Pieter Brueghel il Giovane, la Madonnina penitente di Guido Reni, il Ritratto del Cardinale Scipione Borghese di Lavinia Fontana e la Veduta di Roma con il Campo Vaccino del Campidoglio con a sinistra la Loggia dellโ€™Ara Coeli di Gaspar Van Vittel.

Il complesso museale

Il Museo occupa quello che era il Monastero delle Orsoline, lรฌ presenti fino al 1991, beneficiarie del lascito di quel Demofonte Ferrini che aveva voluto la costruzione del palazzo poi riconvertito. Questo notaio della Reveranda Camera apostolica di Roma, originario di Calvi, aveva infatti decretato che, allโ€™estinzione della sua discendenza, il Palazzo Ferrini che aveva fatto costruire dal Magister Melle di Lugano sarebbe dovuto diventare di proprietร  del Comune che, a sua volta, avrebbe dovuto fondarvi un monastero femminile. Cosa che, di fatto, avvenne nel 1715, tantochรฉ nel 1717 vi si stabilirono le Benedettine di Narni sostituite, appena un anno dopo, dalle Orsoline di Roma. Seguirono interventi di ampliamento e di collegamento con due chiese, cosรฌ da creare il complesso che conosciamo oggi e lungo il quale si sviluppa il percorso museale.
Percorso che prevede sia la visita al Presepe monumentale di Terracotta – XVI secolo, opera di Giacomo e Raffaele Montereale โ€“ sia quella alle cucine storiche settecentesche, al lavatoio con annessa cisterna, alla legnaia e alla spezieria, autentiche testimonianze della vita quotidiana nel monastero.

 

Scoprendo lโ€™Umbria: Luce, foto by Marco Giugliarelli

Le mostre temporanee

Il museo รจ un vero e proprio contenitore culturale che, dal 2012, ospita anche numerose mostre temporanee. La prossima in programma รจ Scoprendo lโ€™Umbria: Luce che, dal 1 giugno al 25 agosto, apporterร  dieci foto di grande formato realizzate da Marco Giugliarelli, omaggio alla vitalitร  dellโ€™Umbria. Il percorso tematico affronterร  il concetto di illuminazione e di percezione della luce, guidando i visitatori, alla luce di torce elettriche, nella penombra delle sale museali al fine di scoprire il rapporto della luce con lโ€™arte. Non mancheranno attivitร  e laboratori per bambini: il percorso Disegni di Luce li guiderร  alla scoperta della rappresentazione della luce stessa.

 


Per informazioni: Sistema Museo