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«Mi piace pensare che Vannucci non sarebbe potuto essere il Perugino e non avrebbe potuto creare quel linguaggio artistico legato al paesaggio di cui è stato innovatore, se non fosse stato umbro».

A 500 anni dalla morte, il 3, 4, 5 aprile arriva nei cinema italiani Perugino. Rinascimento immortale, prodotto da Ballandi e diretto da Giovanni Piscaglia che, insieme a Marco Pisoni e Filippo Nicosia, ne ha realizzato anche il soggetto. Il documentario, attraverso la voce dell’attore Marco Bocci, racconta la vita e le opere del Divin Pittore, partendo dal legame con l’Umbria e dai paesaggi luminosi che spesso l’artista ha immortalato sullo sfondo dei suoi dipinti.

Il regista Giovanni Piscaglia. Foto by Alessandro Bachiorri

Ma è soprattutto un docufilm che vuole riscattare la figura di Pietro Vannucci, dandogli il giusto posto nella storia dell’arte e mettendone in luce le novità, i meriti e il carattere.
Il progetto, sostenuto dal Ministero della Cultura, Regione Umbria e Arpa Umbria, vanta gli interventi di esperti come il direttore della Galleria Nazionale dell’Umbria Marco Pierini, il direttore delle Gallerie degli Uffizi di Firenze Eike Schmidt, la professoressa di Storia dell’architettura presso l’Università di Firenze Emanuela Ferretti, il geografo all’Università di Bologna Franco Farinelli, la storica dell’arte della Galleria Nazionale dell’Umbria Veruska Picchiarelli, lo storico Franco Cardini, il coreografo e ballerino Virgilio Sieni. Il regista Giovanni Piscaglia ci racconta il suo film, ma soprattutto ci regala un Perugino forse inedito e meno conosciuto che si merita di stare tra i grandi nomi dell’arte italiana.

Giovanni, il docufilm vuole essere in qualche modo un riscatto per l’artista, non solo allievo di Piero Della Francesca e maestro di Raffaello…

È il primo film che racconta la sua figura e ha quindi lo spirito di riabilitarne la memoria. Siamo abituati a sentir parlare di Perugino sempre legato a qualcun altro e soprattutto accostato a Raffaello: questo marchio è dovuto a Giorgio Vasari che nelle sue Vite lo ridimensiona a figura di secondo livello, descrivendolo con toni dispregiativi e riportando aneddoti e tratti del carattere negativi. Vasari lo inserisce tra i maestri dai quali distaccarsi e che realizzano un’arte sorpassata; riesce a elogiarlo solo quando si bagna nell’Arno e va a lavorare a Firenze. Prima, per lui, è solo un pittore provinciale. Il docufilm vuole smentire il biografo, portando allo spettatore prove e documenti, ascoltando le voci dei maggiori studiosi e storici dell’arte, analizzando le opere nel dettaglio e cercando una verità diversa da quella giunta fino ai giorni nostri con l’obiettivo di riscattarlo.

È un artista amato e richiesto nel suo tempo, che però sbiadisce nel corso dei secoli successivi… 

Esatto. Perugino è stato spesso criticato per la sua impostazione artigianale molto tecnica, che si basava sulla bottega. È stato uno straordinario capo bottega e proprio grazie al suo laboratorio ha realizzato dipinti che hanno fatto il giro d’Italia, dettando e creando un vero e proprio linguaggio pittorico. Questo lo ha reso una star, all’epoca. La sua sfortuna però è stata quella di vivere a lungo e diventare contemporaneo di Leonardo, Raffaello e Michelangelo: tre geni che a differenza sua lavoravano di loro mano e che inventarono figure di rottura. Vannucci divenne così un pittore obsoleto ancor prima del tempo.

 

Foto by Alessandro Bachiorri

Quali sono gli aspetti della sua figura che vengono messi più in risalto nel film?

Come detto, il primo obiettivo è quello di riconsegnargli la fama che aveva quando era in vita. C’è poi un aspetto fondamentale che è quello sul suo attaccamento al territorio umbro: nonostante molti lo considerino un pittore fiorentino – perché a Firenze ha raggiunto la sua maturità e ha avuto la consacrazione da Lorenzo il Magnifico che lo ha portato ad affrescare la Cappella Sistina – il legame col territorio d’origine è stato presente per tutta la sua vita. I paesaggi che dipinge non sono paesaggi umbri reali, però i colori, le valli, la vegetazione e i laghi ricordano quelli dell’Umbria. Mi piace pensare che Vannucci non sarebbe potuto essere il Perugino, e non avrebbe potuto creare quel linguaggio artistico legato al paesaggio di cui è stato innovatore, se non fosse stato umbro. Un’altra parte fondamentale del film è quella che lo celebra come un vero pittore. Un artista che amava ciò che faceva e che soprattutto amava l’arte; che è morto a Fontignano con il pennello ancora in mano mentre dipingeva l’ennesima Adorazione dei pastori. Anche se vecchio e in declino ha continuato a sviluppare le sue opere e a essere a suo modo innovatore. Questo è per confutare quello che Vasari – e molti dell’epoca – pensavano di lui, e cioè che fosse un pittore avaro e legato ai soldi, che dipingeva solo per arricchirsi e non per una necessità artistica.

Lei, che idea si è fatto?

Penso che sia stato un uomo del suo tempo e che sicuramente ha avuto un buon senso degli affari. Aveva creato un marchio di fabbrica e uno stile riconoscibile che si è diffuso in tutt’Italia. Era un uomo che sapeva concentrarsi molto e che non lasciava niente al caso, perché i suoi dipinti, ancora oggi, hanno grande freschezza: penso a quelli di Panicale e Città della Pieve. Era un ottimo pittore e possedeva una notevole maestria, oltre a essere uno straordinario disegnatore e uno straordinario interprete delle figure femminili. Insomma, un uomo di luce e ombra: da una parte sapeva fare affari e ottenere grandi commissioni, utilizzava la bottega per fare più opere possibili e spesso sempre uguali, ma questo non deve distogliere l’attenzione dal fatto che aveva un’ottima mano.

 

Durante le riprese del docufilm. Foto by Alessandro Bachiorri

Com’è partito il progetto del docufilm?

Il progetto è nato grazie all’amicizia e alla stima reciproca che mi lega alla Galleria Nazionale dell’Umbria e in particolare al direttore Marco Pierini. Sono stato davvero felice e onorato quando il direttore mi ha chiamato un giorno d’agosto di due anni fa, dicendomi: «Giovanni, che ne pensi di realizzare un soggetto per un documentario su Perugino?» Ecco, tutto è nato da lì. Devo dire che non saremmo arrivati a questa felice conclusione se non ci fosse stata una relazione di stima e fiducia con l’intero staff della Galleria, che ha messo a disposizione i locali per le riprese anche in orari insoliti.

Sono presenti anche scene di danza. Come mai questa scelta?

L’idea mi è venuta perché avevo visto Virgilio Sieni, uno tra i più grandi coreografi e ballerini, realizzare una serie di performance tratte dai quattro Cenacoli storici di Firenze. Ho trovato questo spazio bellissimo e assolutamente sconosciuto ai più e quindi ho pensato di coinvolgerlo. Sieni sostiene che, sebbene Perugino sembri un pittore statico, le sue figure sono degli incubatori di atteggiamenti che si possono sviluppare attraverso la danza. Danza che, in questo caso, fa muovere figure cristallizzate dalla pittura.

La voce narrante è l’attore umbro Marco Bocci…

Sì. Marco Bocci è riuscito a dare alla storia – che è un po’ la parabola di un artista che tocca il cielo e poi cade – un’interpretazione partecipata e intima, ma allo stesso tempo leggera. È stato disponibile e si è dimostrato da subito molto coinvolto nel progetto. Con lui siamo riusciti a girare – è la prima volta che mi capita con un attore – in tante location diverse: dalla Galleria Nazionale dell’Umbria al Collegio del Cambio, fino all’isola Polvese.

 

Marco Bocci e Giovanni Piscaglia. Foto by Alessandro Bachiorri

Perché l’isola Polvese?

Grazie all’Arpa – che è partnership nel progetto – abbiamo potuto girare nell’isola anche in inverno. Secondo me, nessun luogo meglio della Polvese poteva identificare e fotografare il momento finale di un artista maturo e in decadenza. Quei luoghi e Marco Bocci, solo nella natura, chiudono il cerchio alla perfezione sulla vita di Perugino.

 Per concludere: è soddisfatto del lavoro finale?

Sono molto soddisfatto. È stata una produzione avventurosa e gestita bene, nonostante le difficoltà, con un grande dialogo. Posso dire che non ho nessun rimorso. Anche le musiche, composte da Eraldo Bernocchi, arricchiscono l’opera, donandole una componente coinvolgente ed emotiva.

 

 

Il festival scientifico, sottotitolato Dove la scienza fa spettacolo, è stato organizzato da Psiquadro all’insegna del divertimento intelligente. La manifestazione si è tenuta dal 30 agosto al 1 settembre ed è stata accolta tra la natura sull’isola del Trasimeno, dove un ricco programma denso di attività ha attirato numerose famiglie trascinate dalla curiosità dei bambini. Divulgatori, scienziati e artisti hanno raccontato la scienza con il linguaggio dello spettacolo.

 

Certamente Cesare Agabitini, detto Cesarino, il guardiacaccia della Polvese che dal 1966 l’abita con la moglie Filodelma Mattaioli e i loro figli Genni, Elisa, Chiara, Omar e Sonia e di cui fu anche il custode fino al 1997, non si sarebbe mai immaginato di vedere sulla sua isola tanta gente tutta insieme e che la moltitudine di persone giunte fin lì andasse come un’instancabile sciame d’api da un fiore del sapere a un altro.

L’evento

Moltissime persone, soprattutto giovani famiglie con i loro bambini, si sono imbarcate sui traghetti da San Feliciano o da Castiglione del Lago per raggiungere la Polvese e partecipare alla bellissima manifestazione L’Isola di Einstein, la Scienza fa Spettacolo, che per tre giorni ha tenuto banco sul Lago Trasimeno, attirando persone da tutta la regione e numerosi visitatori provenienti da ben oltre i confini Umbri. Formatori, divulgatori, insegnanti, esperti, istruttori, genitori, nonni, fisici, geologi, ingegneri, biologi, naturisti, turisti, curiosi, ricercatori, scienziati, e soprattutto loro, i giovani cuccioli umani, hanno vissuto e partecipato a esperimenti, laboratori, racconti, presentazioni, narrazioni e spiegazioni sotto l’egida del rispetto per la natura, l’ecologia, la tutela e lo studio della madre terra, attraverso una sana curiosità per la conoscenza scientifica. Il tutto è stato ammantato da un ambiente unico e magico come quello isolano. Proprio così, l’isola Polvese è stata da sempre un’attrattrice di anime e di sguardi per la sua accoglienza e fertilità del territorio; gli Etruschi e gli antichi Romani lo avevano capito e l’hanno abitata, come alcune testimonianze archeologiche qui ritrovate ci ricordano.

L’antica locuzione avverbiale polvento, cioè protetto dal vento, darebbe il nome all’isola. Ricca di olivi e lecci, è stata prolifica per contadini e pescatori, che l’hanno rispettosamente albergata per lungo tempo. La presenza della Rocca, dell’Abbazia di San Secondo e della sua adiacente chiesa, della Chiese di San Giuliano e di Santa Maria della Cerqua, testimonia il vissuto storico certo e ritmato di questi luoghi, così come la villa, la piscina con il giardino acquatico realizzata dal Porcinai, l’ostello, il bar e due ristoranti e altre costruzioni del secolo scorso, depongono a favore e arricchiscono l’isola, dichiarata dall’attuale proprietaria, la Provincia di Perugia, dapprima un’Oasi di Protezione Faunistica, poi un Parco Scientifico Didattico e quindi inserita nel Parco naturale regionale del lago Trasimeno.

Le caratteristiche ambientali e strutturali della Polvese si prestano in modo ideale ad accogliere l’evento L’Isola di Einstein, la scienza fa spettacolo, dove oltre cento appuntamenti, tra il 30 agosto e il 1 settembre, hanno intrattenuto e divertito il numeroso pubblico di ogni età. Gli intervenuti hanno impreziosito la manifestazione con la loro presenza: Ian Russell, Science Made Simple, Michael Bradke, Hisa Eksperimentov, Copernicus Science Centre, Big Van Ciencia, l’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare), l’INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica) e l’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia), il CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche). Ci sono stati spettacoli dedicati alla fisica, alla chimica, al suono, alla biologia, alla meccanica quantistica e ai cambiamenti climatici, che hanno dettato conoscenze e suggerito riflessioni sul delicato ecosistema terrestre.
Scienza all’improvviso, un Museo a Cielo Aperto, l’Isola dei Disegnatori, Einstein Light Painting, la storia dell’Apollo 11, l’Universo in una scatola, un Tetto di Stelle, le due facce di Einstein, sono alcuni titoli di accattivanti eventi accaduti durante il festival.
Un esteso e vasto successo di pubblico elevato all’ennesima potenza!

 

I ragazzi dell’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia)

L’ex monastero di San Secondo

Si è notato che molti operatori e addetti dell’organizzazione si sono mostrati gentili e disponibili a dare spiegazioni e informazioni senza lesinare sorrisi di benvenuto. Tra questi l’attivissimo ed energico Michele Sbaragli, che ha edotto i presenti sulla novità della crociera astronomica lacustre (in collaborazione con INAF) e sugli incontri circa l’ambiente, organizzati da ARPA (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente) o come i gentili e precisi Leonardo Alfonsi e Irene Luzi di Psiquadro che hanno dispensato cortesi ed efficaci indicazioni scientifiche a tutti quelli che l’hanno richiesto; Erika Di Silvestre, Rosalba Padula e Luca Nicoletti, capaci operatori presenti presso l’ex Monastero di San Secondo si sono adoperati e messi a disposizione per la buona riuscita dell’evento.

Erika Di Silvestre

Recentemente l’ex Monastero è stato oggetto di un recupero architettonico curato dalla Provincia e oggi rappresenta la sede del Centro ARPA dell’Umbria per il Cambiamento climatico e biodiversità in ambienti lacustri e aree umide. L’edificio è ubicato in un contesto paesaggistico straordinario con annessi laboratori, sala convegni e pertinenze e una bellissima sala esposizioni ha ospitato una mostra sugli antichi mestieri e arti del Trasimeno nella fotografia al collodio umido – illustrata dal fotografo Stefano Fasi – e uno spazio dedicato all’INGV, rappresentato da Luca Pizzimenti, Carlo Alberto Brunori, Federica Murgia e Aladino Govoni che, con i loro racconti e spiegazioni coadiuvati da sistemi informatici dedicati, hanno condotto bambini e genitori alla scoperta della crosta terrestre, vulcani e terremoti.

Spettacoli in ogni angolo

Lì accanto, tra i resti dalla diruta ma suggestiva Chiesa di San Secondo, è stata presentata la favola lacustre Avventure a Borgo Gioioso, contenente messaggi ecologici, naturistici e ambientalisti con gli interventi della casa editrice Morlacchi nella persona di Gianluca Galli, dello storico lacustre Ermanno Gambini e dell’attore Mirko Revoyera. Mirko poco prima aveva tenuto il suo spettacolo, Il Regno delle Foglie, in un’area vicino al pontile, dove era stato applaudito da un folto pubblico di bambini, che abilmente affabulava con storie appassionanti e divertenti.

 

Mirho Revoyera, Ermanno Gambini, Gianluca Galli e Michele Sbaragli

 

Lì, una bella coppia assisteva allo spettacolo con la splendida figlia Greta; al termine, la dolce madre Renilda nonché brava fotografa con entusiasmo ha raccontato che la manifestazione offriva talmente tante opportunità che la loro bambina li conduceva energicamente da un luogo all’altro, sedi degli spettacoli, dove grandi e piccini potevano partecipare attivamente ed essere coinvolti negli esperimenti. I due genitori erano esausti ma felici, così come parevano tutti quelli delle altre famiglie partecipanti alla manifestazione. Poco più in là si trovava l’Einstein Village, luogo dedicato allo sport in relazione alla componente scientifica e salutare e nella stessa area non poteva mancare Avanti Tutta Onlus, l’associazione fondata dal compianto Leonardo Cenci per la lotta contro il cancro.
Altresì si sono notati 20 bravissimi disegnatori che, sparsi per l’isola, hanno documentato graficamente lo svolgersi degli eventi. Questi fantastici illustratori fanno parte del collettivo Becoming X art and sound collective, che hanno realizzato l’accattivante e vasto reportage disegnato di tutti gli eventi.
Nell’occasione lo spazio enogastronomico, oltre i confermati e consueti ristoranti locali, è stato distribuito tra i vari luoghi dell’isola. L’offerta è stata all’altezza della situazione e, in un punto ristoro vicino a San Secondo, si sono potuti apprezzare alcuni sfizi culinari composti da ottimo pesce di lago fornito dalla Cooperativa Pescatori del Trasimeno accompagnato dai profumati vini di una rinomata cantina di Castiglione del Lago.

 

Michele Sbaragli

 

Sfilando accanto alla struttura del Poggio e proseguendo verso il pontile dei traghetti per il rientro, si passa vicino all’ex casa del custode; qui si può immaginare di vedere Cesarino e Filodelma, che abitavano questi meravigliosi declivi con i loro figli, che per tutto l’anno li avevano a disposizione per giocare, sperimentare e conoscere. Un’intera isola godibile da un pugno di ragazzi fortunati, un sogno per tutti quelli delle loro età. I cinque ragazzi, insieme ai cugini Matteo e Tiziano, tutti e sette isolani, hanno in qualche modo precorso e presagito la naturale e immensa sala giochi scientifica che l’Isola di Einstein ha poi sublimato.
Il traghetto serale ha fatto rientrare a San Feliciano molti degli ultimi scienziati irriducibili; il comandante dell’imbarcazione, Giordano Sportellini, era felice di trasportare tanta gente stancamente soddisfatta che, attraverso l’evento organizzato da Psiquadro, era divenuta partecipe ambasciatrice e promotrice del magnifico e, vista l’ora, dell’ormai sonnecchiante Lago Trasimeno.

«… fra l’ostro e l’occidente / confine al lago è Castiglion, che sporge / come capo o penisola sull’onda, di un turrito palagio, e dei fronzuti / fecondi olivi di sua balza altero» (Assunta Pieralli, Il Lago Trasimeno)

Castiglione del Lago «sta su un promontorio calcareo che si incunea per mezzo chilometro, come una grande nave pronta a salpare, circondato da tre lati dall’acqua, sul Lago Trasimeno»[1].

 

lago trasimeno

L’isola Polvese. Foto per gentile concessione di Enrico Mezzasoma

Storia

Vanta origini antichissime e risulta essere abitato già nel Paleolitico superiore, come testimoniano alcuni reperti quali ad esempio la Venere del Trasimeno. Data al Neolitico la presenza, nella zona, di palafitte «quando il Trasimeno era molto più vasto e le acque non venivano contenute […] dalle colline e dai terrazzamenti» e «Castiglione era un’isola, la quarta del Trasimeno»[2]. Ma la storia vera e propria dell’insediamento inizia con gli Etruschi che fanno di Castiglione del Lago una colonia denominandola Clusium Novum. Testimonianza del periodo etrusco sono i resti di un tempio dedicato alla dea Celati. Passa poi sotto Roma e «si vuole che ai Romani venisse in pensiero il taglio dell’istmo per renderlo posizione inespugnabile, ma, abbandonata l’idea, il luogo rimase com’era»[3].
Non si hanno però attestazioni certe fino all’anno 776, quando sappiamo che Carlo Magno restituisce Clusium Novum a papa Adriano. Il possesso, comprensivo dell’intero lago e delle tre isole, viene confermato da Ludovico il Pio a Pasquale I nell’817. Nel 995 Ottone III consegna Castiglione del Lago a Perugia.

 

museo castiglione del lago

Foto per gentile concessione di Enrico Mezzasoma

 

Conteso a lungo fra Perugia, Arezzo e Siena grazie all’importante posizione strategica, nel 1100 passa definitivamente a Perugia che ne fa un caposaldo difensivo. Verso la metà del XIII secolo l’imperatore Federico II fa costruire imponenti mura a protezione dell’abitato trasformando il precedente castelletto in una vera e propria roccaforte denominandola Castello del Leone dal cui nome derivò probabilmente l’attuale toponomastica.
Dal 1416 al 1424 l’abitato è sotto il dominio di Braccio Fortebracci e alla sua morte passa a Martino V. Nel 1488 vi si rifugiano i degli Oddi che ne hanno il possesso finché il conte di Pitigliano, generale dei fiorentini che stanziava a Camucia, non stabilisce che essi restituiscano Castiglione del Lago a Perugia, ma i Baglioni, pagando al conte 800 ducati d’oro, ne ottengono la signoria. Alla signoria dei Baglioni succede la dominazione papale finché nel 1554 Giulio III concede Castiglione del Lago a Francesco della Corgna e ad Ascanio, figlio dello stesso Francesco e di Giacoma del Monte, sorella del pontefice. Con i della Corgna, che tengono Castiglione del Lago fino al 1645, l’abitato diviene prima un marchesato e poi un ducato, e muta il suo assetto urbanistico trasformandosi in quello che è ancora oggi. Passato definitivamente sotto lo Stato della Chiesa vi rimane fino all’Unità d’Italia.

Palazzo della Corgna o Palazzo Ducale

Attuale sede del Comune, che lo acquistò nel 1870, originariamente sorse come casa-torre dei Baglioni, che fra queste mura ospitarono tra gli altri Niccolò Machiavelli e Leonardo da Vinci. A partire dal 1563, anno in cui acquisì il titolo di marchese, Ascanio della Corgna ne iniziò la completa trasformazione per renderlo una piccola reggia. Il Palazzo fu edificato sul progetto del Vignola e dell’Alessi. Sviluppato su quattro livelli aveva in basso cantine e scuderie, nel seminterrato cucine e magazzini, sopra i quali stava il piano nobile mentre al secondo e ultimo piano le camere da letto. Gli affreschi di Niccolò Circignani detto il Pomarancio e di Salvio Savini celebrano le grandezze dei della Corgna tramite trasposizioni mitiche e rappresentazioni delle loro gesta.

 

La fortezza medievale

L’edificazione si deve a Federico II di Svevia che ne iniziò la costruzione nel 1247 su progetto di Frate Elia Coppi da Cortona. Si presenta con una struttura pentagonale irregolare con quattro torri agli angoli (due delle quali coeve alla rocca, mentre le restanti vennero costruite nel XV e XVI secolo a sostituzione delle precedenti andate distrutte) e con un mastio triangolare di circa 39 metri di altezza. Un camminamento di ronda unisce il Palazzo della Corgna alla prima porta della fortezza. Costituisce uno dei più interessanti esempi di architettura medievale umbra e nel Cinquecento era considerato pressoché inespugnabile.

L'isola Polvese

Frazione del comune di Castiglione del Lago, costituisce l’isola più grande del Trasimeno. Di proprietà della Provincia di Perugia dal 1973, oggi è destinata a Parco scientifico-didattico nell’ambito del Parco regionale del Lago Trasimeno. Il nome dell’isola deriva probabilmente dal termine polvento, zona sottovento. Il territorio è stato sicuramente frequentato da Etruschi e Romani. Il primo documento storico risale all’817 quando l’isola è nominata da Ludovico il Pio che concede al papa Pasquale I il Lago Trasimeno con le tre isole.

 

cosa vedere al lago trasimeno

Veduta del lago Trasimeno. Foto per gentile concessione di Enrico Mezzasoma

Tra i monumenti presenti nell’isola si ricordano le chiese di San Giuliano e di San Secondo, il Monastero Olivetano e il Castello. Di epoca più recente è il Giardino delle Piante Acquatiche-Piscina del Porcinai realizzato nel 1959 da Pietro Porcinai. Per quanto riguarda l’ambiente, le specie vegetali prevalenti sono lecci, roverelle, ornielle, viburno, alloro, pungitopo, ligustro, melograno e rosmarino mentre oltre alle numerose specie di insetti è possibile incontrare volpi, faine, lepri, nutrie e una grande varietà di uccelli quali svassi, folaghe, aironi e germani.

 


BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

  1. Lupattelli, Castiglione del Lago. Cenni storici e descrittivi, Perugia, Tip. G. Guerra, 1896.

s.v. Castiglione del Lago, in P. Caruso, Benvenuti in Umbria. 92 comuni, Collazzone (PG), Grilligraf, 1999, pp. 114-117.

  1. Binacchiella, Castiglione del Lago e il suo territorio, Catiglione del Lago, [s.n.], 1977.

s.v. Castiglione del Lago in M. Tabarrini, L’Umbria si racconta. Dizionario, v. A-D, Foligno, [s.n.], 1982, pp. 321-326.

  1. Festuccia, Castiglione del Lago. Guida al Palazzo Ducale ed alla Fortezza medievale, Castiglione del Lago, Edizioni Duca della Corgna, 2008.
  2. Festuccia, Castiglione del Lago. Cuore del Trasimeno fra natura, arte e storia, Castiglione del Lago, Edizioni Duca della Corgna, 2017.

https://it.wikipedia.org/wiki/Castiglione_del_Lago

http://digilander.libero.it/Righel40/VEP/PAL/Grav/gaIT.htm

http://polvese.it/

https://it.wikipedia.org/wiki/Isola_Polvese


[1] s.v. Castiglione del Lago in M. Tabarrini, L’Umbria si racconta. Dizionario, v. A-D, Foligno, [s.n.], 1982, p. 321.

[2] Ibidem.

[3] A. Lupattelli, Castiglione del Lago. Cenni storici e descrittivi, Perugia, Tip. G. Guerra, 1896, p. 4.