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La natura calcarea dell’Umbria ha determinato nel corso di milioni di anni la formazione di numerose cavità sotterranee.

La distribuzione delle grotte nella regione ricalca quella dei massicci carbonatici che, sottoposti al fenomeno del carsismo, hanno originato uno spazio, in buona parte ancora inesplorato, dove sono presenti organismi perfettamente adattati alle particolari condizioni di vita determinate dalla scarsità o dalla completa assenza di luce.
A oggi sono state censite oltre 800 cavità naturali, catalogate e georeferenziate all’interno del Catasto Speleologico dell’Umbria gestito dalla Federazione Umbra Gruppi Speleologici. Le grotte hanno da sempre suscitato nell’uomo moderno interesse e curiosità, la possibilità concreta di esplorare un mondo parallelo senza necessariamente dover spostare il proprio orizzonte geografico.
Senza il perfezionamento delle tecniche di progressione speleologica non saremmo mai arrivati a scoprire un numero così elevato di grotte e proprio grazie a una branca della speleologia che si occupa di indagare le forme di vita presenti negli ambienti ipogei – la biospeleologia per l’appunto – abbiamo avuto la possibilità di descrivere per la prima volta specie animali del tutto peculiari.

 

Ferro di cavallo maggiore (Rhinolophus ferrumequinum). Foto di Cristiano Spilinga

 

Peculiari proprio perché le particolari condizioni di vita degli ambienti sotterranei hanno determinato una spinta evolutiva che, nel corso di migliaia di anni, ha portato a forme altamente specializzate e perfettamente adattate a quel particolare ambiente.
Tradizionalmente gli studiosi della vita ipogea dividono gli organismi legati alle grotte in tre categorie: i Troglobi, considerati cavernicoli obbligati, cioè perfettamente adattati alla vita ipogea e non più capaci di svincolarsene, i Troglofili, specie che sono presenti con maggiore regolarità nell’ambiente ipogeo e i Troglosseni, specie che si trovano in ambiente ipogeo solo accidentalmente, come quelli che cadono all’interno dei pozzi verticali o vengono trasportati dalle acque.
Le cavità umbre – da quelle più piccole fino ad arrivare all’imponente grotta di Monte Cucco che, con i suoi circa 35 km di sviluppo e una profondità verticale di oltre 900 metri, rappresenta uno dei complessi carsici più importanti d’Italia – costituiscono un importante ecosistema da preservare e qualunque tipo di fruizione, da quella legata all’esplorazione e alla ricerca, passando per quella tipicamente ad appannaggio degli speleologi, fino ad arrivare all’utilizzo turistico, deve prevedere un profondo rispetto per l’ambiente che si va a visitare.
L’estrema specializzazione delle forme di vita adattate alle grotte è direttamente proporzionale alla loro sensibilità rispetto alle perturbazioni provenienti dall’esterno, che, andando ad alterare, in alcuni casi in maniera irreversibile, quelle particolari condizioni microclimatiche possono determinare la scomparsa di forme di vita del tutto uniche e peculiari.