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Una donna straordinaria con una forza commovente che, con tenacia e determinazione nel raccontare la propria testimonianza di deportata al tempo della Seconda Guerra Mondiale, ha stupito tutti coloro i quali hanno ascoltato le sue drammatiche narrazioni in merito ai campi di concentramento nazisti, da lei denominati “campi di annientamento”. Edith Bruck è il suo nome. Nella vita e nella storia rimarrà indelebile come le terribili disumanità che ha vissuto come vittima, sottoposta a violenze in nome di ideali sorretti da gratuite crudeltà.

 Edith Bruck ha raccontato, dapprima a mille studenti umbri, poi alle autorità civili, militari e religiose presso la sala della Conciliazione del Comune, la sua storia di deportata ebrea tredicenne ungherese, dapprima ad Auschwitz e poi in altri campi di sterminio nazisti.
I due incontri sono stati organizzati da Marina Rosati, responsabile del Museo della Memoria di Assisi, dalla fondazione diocesana Opera Casa Papa Giovanni e dal Comune di Assisi, con il patrocinio della Provincia di Perugia. Nell’occasione il Sindaco assisano nonché Presidente della Provincia di Perugia, Stefania Proietti, ha consegnato a Edith Bruck la cittadinanza onoraria di Assisi, con parole di affetto: «La sua testimonianza è stata intensa e la signora Edith ha ribadito più volte che non conosce l’odio. Una scrittrice e una testimonial fantastica che non si è sottratta alle tante domande ricevute. Ci ha detto delle sue cinque luci e così racconta la sua vita. Edith ha lasciato un segno profondo in Assisi e Assisi l’ha abbracciata con tanto affetto. Nell’occasione abbiamo celebrato la sua cittadinanza onoraria come assisana».

 

 

La signora Edith, con semplicità e orgoglio, ha detto: «Grazie per la cittadinanza, di cui sono molto fiera, perché Assisi è una città di esempio di come si può convivere e difendere i perseguitati o i diversi. Io sono molto affezionata a questa città da quando sono in Italia. Poi naturalmente avevo molto amiche ebree italiane che si erano nascoste qui ad Assisi e ogni due anni venivo qui a trovare un’amica. Ssono molto legata a questa città per un’umanità rara che non ho trovato da nessun’altra parte. Non finisce mai l’antisemitismo, non finisce mai il razzismo perché siamo incapaci di vivere in pace e forse questo è il più grande fallimento dell’uomo e della ragione stessa. Io credo che Auschwitz sia stata unica nella storia e non va appiattita o negata o banalizzata, come succede spesso… io non ho mai visto pace dopo la guerra. La mia storia come deportata è iniziata quando avevo 13 anni e i fascisti ungheresi bussarono alla mia porta: dopo 4-5 giorni nei vagoni ferroviari piombati ci hanno portato ad Aushwitz e appena arrivati è successa la prima luce. La sinistra o la destra significavano la camera a gas o il lavoro e un tedesco mi ha fatto andare nella fila del lavoro: questa è la prima luce di cui ho parlato con Papa Francesco».

Questo è l’incipit del racconto di Edith Bruck, straordinaria donna, che con grande lucidità ha espresso la sua drammatica e preziosa testimonianza, da cui si capisce la grande forza che porta in sé, così come la violenza e la crudeltà l’hanno segnata. Non ha uno spirito di rivalsa o vendetta, anzi, Edith ha voluto raccontare la sua esperienza da deportata ebrea soprattutto ai giovani, al fine di sensibilizzarne coscienze; la sua è anche una personale missione di vita, cioè quella di raccontare le violenze e i fatti vissuti, soprattutto agli studenti, per tenere viva la Memoria.

Maria Rosati ci ha confidato il suo entusiasmo per la visita di Edith Bruck ad Assisi: «La visita della signora Bruck è stata una cosa straordinaria che ci riempie d’orgoglio ma la cosa più bella è vedere tanti ragazzi che l’hanno ascoltata attentamente e soprattutto le hanno fatto tantissime domande. Non la volevano lasciar andare via, quanto erano desiderosi di conoscere, direttamente da lei, l’esperienza della deportazione. L’incontro con i giovani è stata la vera essenza di questa bellissima giornata dedicata alla Memoria».

In occasione della Giornata della Memoria raccontiamo storie e testimonianze di chi ha vissuto sulla propria pelle le leggi razziali e le deportazioni. Voci che ancora oggi vanno ascoltate, proprio per non dimenticare.

Al di fuori delle commemorazioni ufficiali, siamo convinti che i fatti avvenuti dovrebbero essere rievocati tutti i giorni, in modo che ciò che è stato non accada più, neanche sotto altre e nuove forme che, con delirio nostalgico, possano riproporre o suggerire comportamenti contro il rispetto dell’essere umano e della vita stessa.
C’è ancora qualcuno che non si distacca o non prende le distanze da quello che è successo. Questo qualcuno dovrebbe fare i conti almeno con la propria coscienza, aiutandosi nella comprensione della gravità dei fatti, immaginando se fosse successo a lui/lei. In qualche occasione, taluni hanno giustificato certi atti terribili, ipotizzando spavaldamente una personale e vergognosa sentenza: Avranno fatto qualcosa di male se sono stati trattati in questo modo! Inoltre è inammissibile e imbarazzante chi guarda altrove o rimane in silenzio o fa finta di non sapere o di non capire.
Ciascuna persona di buon animo, di profondo senso civico e civile e orientata pacificamente verso gli altri, in questa vicenda si prenda allora la responsabilità di conservare ma soprattutto trasferire, in modo empatico e coinvolgente, la memoria della tragedia a chi è malinformato o negazionista o ignaro o marginalmente coinvolto.

Auschwitz-Birkenau

Le storie dei sopravvissuti

In quest’ottica abbiamo ascoltato alcune delle ultime dirette testimonianze di chi ha vissuto direttamente la terribile esperienza, o l’ha ascoltata senza intermediari, proprio per aiutarci a dare quel simbolico pugno allo stomaco. L’auspicio è quello di un mondo migliore, dove si insegni a rispettare qualsiasi diversità e a formare credenze e convinzioni resistenti e protette da vergognose ignominie, così che rimagano salde, ferme e respingenti di fronte a forme di bullismo, impertinenza, arroganza, razzismo, insolenza, crudeltà, malvagità, strafottenza, violenza, spacconeria, tutte forme perverse genitrici dei pensieri e comportamenti che hanno portato alle barbarie vissute.

 

Emanuele Di Porto

Per questi motivi abbiamo raccolto la preziosa testimonianza di chi c’era e vissuto quei momenti drammatici: Emanuele Di Porto, 90 anni e dodicenne all’epoca dei fatti, sopravvissuto al rastrellamento nazista avvenuto il 16 ottobre 1943 nel Ghetto Ebraico di Roma, da cui furono deportate 1022 persone verso il campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau. Alla fine della guerra, da questo campo, torneranno solo 16 persone (15 uomini e 1 donna)! Emanuele Di Porto ci racconta la sua esperienza di allora, quando fu prelevato dai nazisti e messo sui camion da trasporto, ma riuscì rocambolescamente – con l’aiuto della madre, poi uccisa all’arrivo a Birkenau – a sottrarsi alla deportazione, e poi fu protetto e celato da alcuni tranvieri romani.
Anche Attilio Lattes ha raccontato la sua storia di infante ebreo e della sua famiglia, occorsa al tempo del rastrellamento nazista a Roma del 16 ottobre ‘43, in parte ricordata direttamente e in parte prelevata dai ricordi delle narrazioni di suo padre.
Insieme a loro, ci ha portato il suo sapiente contributo il prof. Amedeo Osti Guerrazzi, storico del periodo e ricercatore presso la Fondazione Museo della Shoah di Roma.
Un ringraziamento per la disponibilità ai tre intervistati, a David Di Consiglio della Fondazione che ha organizzato accuratamente l’incontro, ad Alberto Forti, amico fraterno, e ad Anna Marcheria che hanno favorito tutto ciò.
Nell’occasione ci piace ricordare una frase di uno dei sopravvissuti ai campi nazisti, Sami Modiano, deportato ad Auschwitz-Birkenau, ricordando quando fu espulso dalla sua scuola perché ebreo a causa delle leggi razziali del ‘38: «Quel giorno ho perso la mia innocenza. Quella mattina mi ero svegliato come un bambino, la notte mi addormentai come un ebreo».
Le interviste realizzate con Emanuele Di Porto, Attilio Lattes e il prof. Amedeo Osti Guerrazzi, sono avvenute all’interno della Fondazione Museo della Shoah di Roma. A breve saranno disponibili anche le videointerviste.

 

Emanuele Di Porto intervistato dall’autore.

 

Altresì è stata raccolta la testimonianza, avvenuta a Canale di Orvieto in provincia di Terni, con Mirella Stanzione, 94 anni e 17 all’epoca dei fatti, arrestata il 2 luglio ’44 a La Spezia dai tedeschi per motivi politici legati al fratello partigiano. Fu deportata insieme a sua madre nel lager nazista per sole donne di Ravensbrück. Durante il racconto, la signora Mirella ha narrato la sua drammatica testimonianza e a volte, quando non era in grado di raccontare, la figlia Ambra Laurenzi è intervenuta per sostenerla, riportando fedelmente quanto ascoltato negli anni. A breve saranno disponibili anche le videointerviste.

 

 

Mirella Stanzione e Ambra Laurenzi intervistate dall’autore.

Un gentile ringraziamento alle due intervistate e alla sig.ra Maria Pizzoni, Presidente dell’ANED Umbria, che ha favorito l’incontro per l’intervista. Non si può non rinnovare la sottolineatura dell’atto di coraggio di Don Ottavio Posta, il parroco di Isola Maggiore nel Trasimeno che, insieme a 15 pescatori, liberò 22 confinati ebrei detenuti presso il Castello Guglielmi, salvandoli dall’imminente deportazione nei lager nazisti e da una morte certa.

Agostino Piazzesi

L’accaduto è raccontato da uno dei protagonisti dell’atto eroico, il pescatore Agostino Piazzesi, scomparso qualche anno fa, in un’intervista riportata da Giacomo Del Buono, nonché dal dott. Gianfranco Cialini, lo storico che ha argomentato in modo circonstanziato il fatto, a seguito dei suoi lunghi studi sulla vicenda. Gli ebrei confinati, tratti in salvo dall’iniziativa concepita da Don Ottavio Posta insieme ai pescatori isolani ha portato, dietro istanza composta dal dott. Gianfranco Cialini, al riconoscimento del sacerdote lacustre come Giusto tra le Nazioni dallo Stato di Israele.
Ascoltare, dire, raccontare, dibattere, pacare e far riflettere sono gli strumenti civili più consoni a tener viva la coscienza sui fatti che hanno distrutto vite, ideali e i sogni di tutti quei bambini che poi si sono risvegliati dentro un incubo.

 


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