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Lโ€™opera realizzata, tra il 1499 e il 1504 dallโ€™artista toscano, ha ispirato anche gli affreschi della Cappella Sistina di Michelangelo.

ยซIl Giudizio Universale รจ senza dubbio il capolavoro di Luca Signorelli. Secondo Giorgio Vasari, Michelangelo lo osservรฒ attentamente per dipingere poi il suo Giudizio Universaleยป. A dircelo รจ il professor Giuseppe Della Fina, consigliere dellโ€™Opera del Duomo di Orvieto.

 

Particolare dell’Inferno, Luca Signorelli

 

Una grande macchina scenica, un colossal cinematografico che โ€“ con le sue 7 scene (Anticristo, Finimondo, Resurrezione dei corpi, Inferno, Paradiso, Chiamata degli eletti e i Dannati) – ha la capacitร  di coinvolgere e portare al suo interno lo spettatore, o il fedele, come solo un film visto al cinema sa fare. Questo, e molto altro, รจ il Giudizio Universale realizzato da Luca Signorelli, che si trova allโ€™interno del Duomo di Orvieto nella Cappella Nova o di San Brizio e che prese vita tra il 1499 e il 1504.
ยซIl primo contratto con lโ€™artista toscano venne stipulato nel 1499 e nel 1504 ci fu lโ€™ultimo pagamento. Prima di lui il Beato Angelico aveva dipinto due delle vele del soffitto (Cristo Giudice tra angeli e Profeti). Possiamo dire che questโ€™opera vanta la mano di due grandi maestri, anche se molto diversi tra loro. Dieci anni prima โ€“ nel 1489 – era stato contattato anche il Perugino, ma siccome era impegnato in altri lavori, non ha mai rispettato il contrattoยป racconta il professor Della Fina.

 

Paradiso, Luca Signorelli

 

Camminando sotto le volte col naso allโ€™insรน si osservano le diverse fasi del Giudizio Universale, che suscitano un grande coinvolgimento emotivo. รˆ possibile percorrere due sentieri visivi: ยซSe seguiamo un filo cronologico si deve partire dalla scena dellโ€™Anticristo che racconta i movimenti politici e sociali dellโ€™epoca, per passare poi a quella del Finimondo (che si trova sulla parete dโ€™ingresso), seguita della Resurrezione dei corpi o della carne (con gli scheletri che riprendono muscoli e carne), per arrivare al Giudizio Universale vero e proprio con la Cattura dei dannati da una parte e la Chiamata degli eletti dallโ€™altra. Se invece si volesse seguire una sequenza teologica, dovremmo iniziare la visione dal centro in cui รจ dipinta – sopra lโ€™altare – la vela del Cristo Giudice, con a sinistra il Paradiso e a destra lโ€™Inferno, separati da una finestra. Si proseguirebbe lungo le altre pareti, che raffigurano le scene che precedono il momento del Giudizio. Per dipingere lโ€™opera, Signorelli ha preso ispirazione dal Vangelo di Matteo e dalla Divina Commedia, tant’รจ vero che raffigura Dante nella scena dei Beati del Paradiso insieme a diversi personaggi del mondo antico e medievale. Il ritratto del Sommo Poeta รจ tra i piรน celebri che conosciamo. Signorelli stesso poi si raffigura nella scena dellโ€™Anticristo (in una sorta di firma) insieme a un altro uomo: per molti รจ il Beato Angelico – io credo che abbiano ragione – mentre altri sostengono che potrebbe essere Antonio Albรจri, uno dei teologi che ha ispirato la scelta delle sue rappresentazioniยป spiega Della Fina.

 

Anticristo, Luca Signorelli

Cappellina dei Corpi Santi

La mano di Luca Signorelli si estese anche alla cappellina a destra dellโ€™ingresso della Cappella Nova: lรฌ lโ€™artista nel 1503 ha affrescato la Pietร  di Cristo con ai lati i santi Pietro Parenzo e Faustino, particolarmente venerati a Orvieto. ยซLa deposizione del corpo di Cristo รจ di grande bellezza. Giorgio Vasari scrisse che Signorelli gli raccontรฒ di aver disegnato il figlio Antonio, per conservarne il ricordo dopo la sua morte prematura. รˆ molto probabile che poi questo disegno lโ€™abbia utilizzato per rappresentare il volto di Cristoยป conclude il professore.

 

 

La parola selfie รจ entrata a pieno titolo nel nostro vocabolario. Quotidianamente sentiamo molte persone pronunciarla e ne abbiamo visto altrettante rivolgere verso di sรฉ uno smartphone per scattare una foto.

Nel corso degli anni i selfie non hanno certo rallentato la loro crescita. Viviamo nellโ€™era dellโ€™immagine, in un mondo sempre connesso: in un mondo sempre piรน frenetico, gli autoscatti sono diventati uno strumento di comunicazione visiva istantanea. Nel corso della storia, specchi, autoritratti e fotografie si intrecciano, descrivendo come muta il rapporto dellโ€™uomo con la sua immagine.
Anticamente lo specchio aveva un ruolo chiave nella societร : raccontava il bisogno dellโ€™uomo di specchiarsi, di vedere la propria immagine, fondamentale per sviluppare al meglio lโ€™idea della propria identitร .
I primissimi metodi sfruttati dallโ€™uomo furono quelli di vedere riflessa la propria immagine o il proprio corpo in specchi dโ€™acqua, corsi o laghetti: Narciso, personaggio della mitologia greca, รจ identificato come lโ€™amore, spesso esagerato, che una persona prova per la propria immagine e per se stesso.

 

Presunto ritratto di Simone Martini. Cappella di San Martino. Basilica inferiore Assisi

Il primo autoritratto

La prima comparsa dellโ€™autoritratto avvenne nel Medioevo, durante il quale si svilupparono nuove esigenze rappresentative. Si pensava infatti che lโ€™immagine, riflessa in uno specchio dโ€™acqua, fosse semplicemente lโ€™immagine materiale; lโ€™immagine artistica invece, compreso il ritratto, era lโ€™immagine che dimorava nellโ€™anima di ogni uomo. Non a caso nel Medioevo si diffuse la credenza che Cristo fosse stato pittore della propria immagine.
Lโ€™autoritratto acquistรฒ dignitร  artistica a partire dal Rinascimento: in questo periodo nuove tecniche di pittura iniziano a diffondersi, aiutando i pittori a realizzare ottimi chiaroscuri e a rendere i colori piรน naturalistici. Certamente significativa fu la visione antropocentrica, che si stava ampiamente diffondendo: tanti artisti si interessarono alla rappresentazione di volti umani.
Giorgio Vasari, nelle Vite, attribuisce la pratica del ritratto a due grandi maestri: Cimabue e Giotto. Cimabue infatti si sarebbe raffigurato nella Crocifissione dipinta nella Basilica superiore di San Francesco ad Assisi.[1]
Si pensa invece che il ritratto di Giotto sia presente nella raffigurazione del Fanciullo di Suessa. Nella cappella di San Martino, la prima cappella a sinistra della basilica inferiore di San Francesco dโ€™Assisi, invece รจ raffigurato il presunto autoritratto di Simone Martini nella Resurrezione di un fanciullo. La cappella, voluta e finanziata dal cardinale Gentile Partino da Montefiore, fu interamente affrescata dallโ€™artista nel 1313-1318.

 

Il Perugino. Collegio del Cambio. Perugia

I selfie del Perugino e Pinturicchio

Nel Quattrocento, in Umbria, celebri sono gli autoritratti di Pietro Vannucci, detto il Perugino, e del suo allievo Bernardino di Betto Betti, noto come il Pinturicchio, entrambi inquadrati in una cornice che pone lโ€™artista in una posizione di rilievo. Il primo si ritrae allโ€™interno di una cornice nella Sala dellโ€™Udienza del Collegio del Cambio a Perugia. Lโ€™ambiente รจ interamente affrescato con un programma iconografico in cui sono inserite figure mitologiche, Sibille, Profeti e personaggi illustri sia della storia greca che romana.[2]
Su un pilastro intermedio della parete sinistra, inserito in un quadro appeso tra nastri e collane di corallo con effetto trompe-lโ€™oeil, รจ visibile il ritratto dellโ€™artista e un’iscrizione che testimonia il compiacimento per la fama raggiunta.
Lโ€™iscrizione in italiano recita: ยซPietro perugino, pittore insigne. Se era stata smarrita l’arte della pittura, egli la ritrovรฒ. Se non era ancora stata inventata egli la portรฒ fino a questo puntoยป.
I dettagli fisici e psicologici dell’autoritratto sono molto curati: il volto รจ tondeggiante, gli occhi sono sicuri, fieri e guardano senza esitazione davanti a sรฉ, le guance arrossate, le labbra sono sottili, i capelli fluenti e il mento ha una fossetta. La veste nera e il cappello rosso, su uno sfondo blu monocromo, conferiscono al pittore un tono di severa nobiltร .
Il ritratto del Pinturicchio si trova allโ€™interno di un suo ciclo di affreschi, databili tra il 1500 e il 1501, presso la cappella Baglioni, nella collegiata di Santa Maria Maggiore a Spello.
In un ambiente contornato da un maestoso loggiato rinascimentale, รจ dipinta lโ€™Annunciazione: Maria leggente รจ sorpresa dallโ€™angelo che si avvicina benedicendola e recando in mano il giglio bianco, simbolo della sua purezza. In alto appare lโ€™Eterno in una mandorla di angioletti che invia, tramite un raggio luminoso, la colomba dello Spirito Santo.[3]
In lontananza, oltre lโ€™hortus conclusus, si apre un paesaggio ricco di dettagli. Posta sulla destra dellโ€™Annunciazione, si apre una finestrella con una grata su cui รจ appoggiata un’anfora e una mensola di libri, al di sotto della quale รจ presente lโ€™autoritratto del pittore e unโ€™iscrizione dedicatoria.
Questi accorgimenti sono la prova tangibile che lโ€™autore non ha piรน bisogno di celarsi tra i personaggi raffigurati, ma assume il vero ruolo di protagonista, distinguendosi in maniera netta allโ€™interno dellโ€™opera.

 

Luca Signorelli. Cappella di San Brizio. Duomo di Orvieto

Signorelli e Beato Angelico in mezzo all’opera

Tra le tante personalitร  della pittura rinascimentale spicca Luca Signorelli, artista che lavorรฒ in Umbria, soprattutto a Cittร  di Castello e Orvieto presso la Cattedrale di Santa Maria Assunta. Il suo selfie รจ presente nella scena piรน evocativa dell’intero ciclo, almeno in termini di originalitร  narrativa e di evocazione fantastica: la Predica e i fatti dellโ€™Anticristo.
Lโ€™artista, presente allโ€™estrema sinistra, vitale e di bella presenza – come lo descrisse Vasari che lโ€™aveva conosciuto personalmente in tenera etร  – indossa un copricapo e un mantello nero.
Accanto a Signorelli รจ presente un altro personaggio con il classico abito domenicano: รจ Beato Angelico. Lโ€™artista aveva iniziato il ciclo pittorico nel 1447, poi completato dal Signorelli. Scalpellini scrisse che la sua presenza a margine della scena assomiglia a quella di un regista compiaciuto per la riuscita del suo spettacolo e si presenta alla platea per ricevere lโ€™applauso. [4]

 


[1] Enio Sindona, Cimabue e il momento figurativo pregiottesco, Rizzoli Editore, Milano, 1975.
[2] Umbria, Touring Club Editore, Milano, 1999.
[3] Cristina Acidini, Pinturicchio, in Pittori del Rinascimento, Scala, Firenze 2004.
[4] Antonio Paolucci, Luca Signorelli, in Pittori del Rinascimento, Scala, Firenze 2004.

ยซCostui fu discepolo dello Angelico fraโ€™ Giovanni, a ragione amato da lui, e da chi lo conobbe tenuto pratico di grandissima invenzione, e molto copioso negli animali, nelle prospettive, neโ€™ paesi e negli ornamentiยป (Giorgio Vasari, Le Vite deโ€™ piรน eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani da Cimabue, insino aโ€™ tempi nostri)

Sono pochi i dati biografici rimasti sul fiorentino Benozzo di Lese di Sandro, meglio conosciuto come Benozzo Gozzoli. Stretto collaboratore di Beato Angelico, anzi suo consocio, amava replicare i bambolotti dallโ€™espressione un poโ€™ esangue del maestro, senza riuscire a superarlo, senza mai spingersi oltre il confine. Tuttavia nelle sue prime opere riuscรฌ a raggiungere un mirabile equilibrio tra la saldezza delle forme nella luce piena e un disarmante candore.

 

Narni

Lโ€™Annunciazione nella Pinacoteca di Narni

Una grande opera firmata

Questi caratteri si riconoscono perfettamente nelle opere umbre del pittore. Non solo nel ciclo delle storie della vita di San Francesco, affrescate nellโ€™omonima chiesa di Montefalco, ma anche nellโ€™Annunciazione della Vergine, una pala dโ€™altare ritrovata a Narni e tuttora conservata nella Pinacoteca del paese.
Lโ€™opera รจ una grande tempera su tavola, larga 117 centimetri e alta 142, di attribuzione certa, in quanto firmata dallo stesso pittore che, lungo il bordo inferiore del tendaggio di broccato dietro la Vergine, ha inciso in maiuscolo: ยซOPV[S] BENOTI[I] DE FLORENTI[A]ยป. Questa non รจ lโ€™unica iscrizione. Ne compare unโ€™altra sul mantello della Vergine: ยซAV[E] REGINAยป.
I personaggi della pala, lโ€™Arcangelo Gabriele e Maria, si trovano in un portico, del quale sono visibili due pilastri. La Vergine, con le mani incrociate sul petto, รจ inginocchiata su un piccolo sgabello, ricalcando il modello dellโ€™Angelico nella terza cella del convento di San Marco a Firenze. Nella parte alta sono ancora parzialmente visibili i raggi di luce, probabilmente completati originariamente dalla figura, oggi perduta, dellโ€™Eterno o della Colomba dello Spirito Santo che dallโ€™alto illuminava la scena. La raffinatezza dellโ€™opera trova riscontro nella cura e nellโ€™eleganza dei dettagli, come ad esempio nelle lumeggiature delle unghie delle mani dei personaggi, nel realismo delle doppie chiavi e nella raffinata decorazione a intarsio del cassone ligneo che si trova alle spalle di Maria.

Danni e restauri

Lโ€™opera รจ molto danneggiata e ha subito diversi interventi di restauro (1901, 1933, 1947, 1952, 1988, 2002). La firma dellโ€™autore era giร  visibile prima dellโ€™intervento del 1988, anche se questa รจ la data che รจ sempre stata accettata per la scoperta dellโ€™iscrizione. Giร  nel 1959, infatti, Castellani poteva notarla. Forse, perรฒ, tra la fine del XIX e lโ€™inizio del XX secolo, a causa del cattivo stato di conservazione non era piรน facilmente leggibile, tanto che il Guardabassi attribuรฌ la tavola a Pierantonio Mezzastris, mentre Eroli la riteneva piรน genericamente ยซdi scuola umbraยป.
A restituirla al Gozzoli fu Pรฉratรฉ nel 1907, che la datรฒ al 1450-1452. Lโ€™attribuzione al Gozzoli fu accolta anche da Gnoli, il quale successivamente collocรฒ il dipinto intorno al 1449, ritenendola ยซla piรน antica opera del maestro fiorentinoยป. Ancora oggi il dipinto viene datato intorno al 1449, in una fase precoce del soggiorno in Umbria del maestro fiorentino che si estese per un periodo di cinque anni. Nel 1449 il pittore รจ documentato a Orvieto, cittร  non troppo distante da Narni che allโ€™epoca rappresentava un importante centro dello Stato Pontificio, non troppo distante da Roma.
Per quanto riguarda la collocazione, il Guardabassi, alla fine dellโ€™800, la colloca nella chiesa di Santa Maria Maggiore, oggi San Domenico, e scrive: ยซII Cappella. Lโ€™ingresso fu architettato sullo scorcio del XV secolo, alla bellezza delle linee corrispondono sculture ornamentali. Interno. Parete S: Tavola a tempra โ€“ l’Annunciazione; opera del Mezzastiยป. Da Eroli, invece, sappiamo che nel 1898 lโ€™opera giร  non era piรน lรฌ: ยซLa seconda Cappella fu denudata deโ€™ suoi ornamenti, come anco deโ€™ quadri che lโ€™abbellivano (โ€ฆ) Non men vaga una piccola tavola, che io vidi quivi appiccata in sulla parete destra dellโ€™altare, avente in sรฉ lโ€™Annunziata, che non dubito attribuire alla scuola umbra; ma i tarli hanno fatto danno, e in breve perirร , se il Municipio, che oggi halla in custodia, non la cura e risanaยป.

Un problema di committenza

Se lโ€™attribuzione dellโ€™opera รจ certa, incerta รจ la committenza. La vicinanza di Narni con Orvieto ha sollevato il probabile legame con unโ€™opera raffigurante lโ€™Annunciazione, che era stata richiesta a Benozzo da una ยซdomina Gianna Gregoriiยป e che era rimasta incompleta per lโ€™insolvenza della committente. Benozzo allora cercรฒ di cedere il dipinto allโ€™Opera del Duomo di Orvieto, offrendosi di ultimare a sue spese il lavoro iniziato. Quelli accettarono lโ€™offerta, dichiarandosi disposti a sostenere il costo dei colori, purchรฉ lo stemma di donna Gianna fosse sostituito con quello della Fabbrica del Duomo. Di questo dipinto tuttavia non si conosce nรฉ la sorte, nรฉ la tecnica esecutiva, ma non รจ escluso che lโ€™opera fosse quella arrivata poi in modo sconosciuto a Narni.
Unโ€™altra ipotesi รจ che Benozzo fosse entrato in contatto con i frati domenicani della chiesa di Santa Maria Maggiore di Narni per intermediazione dellโ€™Angelico. In effetti, diversi elementi iconografici, uniti allโ€™originaria collocazione allโ€™interno della chiesa domenicana, portano a rendere piรน plausibile una committenza narnese. Alcuni dettagli apparentemente solo decorativi, hanno in realtร  una funzione fortemente simbolica; se accettiamo la committenza narnese possono fornire importanti indizi non solo sulla committenza stessa, ma anche sulla destinazione dellโ€™opera.

Significati simbolici


Particolare importanza riveste il motivo decorativo del tappeto ai piedi di Maria, costituito da uno stuolo di cani neri, posti tutto intorno alla Madonna, quasi schierati a sua difesa. รˆ probabile che in essi vada vista unโ€™allusione ai frati predicatori secondo un gioco di parole basato sul loro nome latino, Dominicanes; i seguaci di Domenico, infatti, si ritenevano Cani del Signore, appunto Domini canes, in quanto difensori dellโ€™ortodossia cattolica, in particolare per la loro funzione di inquisitori delle eresie. Un altro elemento che rafforza questa tesi รจ fornito dal colore dei cani, neri con il contorno bianco. Questi sono degli stessi colori del saio indossato dai frati dellโ€™ordine dei Predicatori. Del resto, come giร  detto, Benozzo era entrato in contatto con i domenicani grazie al suo lungo sodalizio con Beato Angelico, e con questo ordine rimase sempre legato, eseguendo per esso numerosi lavori in diverse cittร . Un altro elemento a favore della committenza narnese รจ dato dalla decorazione floreale presente sui pilastri del loggiato che divide lโ€™Arcangelo Gabriele dallโ€™Annunziata. Le foglioline sono chiaramente foglie di edera, raffigurate sia nella forma stilizzata, a cuore, sia in quella piรน naturalistica. La versione cuoriforme di queste รจ distintiva della casata degli Eroli e sono presenti nello stemma della nobile famiglia narnese che in questo periodo storico arricchรฌ con molte opere dโ€™arte le chiese cittadine. Dunque quella che sembrava solo una decorazione, probabilmente rappresenta un preciso riferimento alla committenza e pertanto รจ posto significativamente al centro dellโ€™opera. รˆ molto probabile quindi che il committente sia stato il cardinale Berardo Eroli che, dati i suoi stretti rapporti con alcuni dei maggiori esponenti del mondo politico e religioso del tempo (Niccolรฒ V, i Medici a Firenze, Santโ€™Antonino Pierozzi, per esempio), potrebbe essere entrato in contatto con lโ€™artista fiorentino e avergli affidato lโ€™opera.

 


Museo della Cittร 

via Aurelio Saffi, 1 – Narni (TR)

Orari di apertura:
aprile-giugno
dal martedรฌ alla domenica, festivi e prefestivi 10.30-13.00/15.30-18.00
chiuso il lunedรฌ
settembre
tutti i giorni 10.30 – 13.00 / 15.30 – 18.00
ottobre-marzo
venerdรฌ, sabato, domenica, festivi e prefestivi 10.30-13.00/15.00-17.30
Chiuso il 25/12. Il 01/01 solo orario pomeridiano.

Telefono:ย 0744 717117

E-mail:ย narni@sistemamuseo.it


Bibliografia:

G. Vasari, Le vite deโ€™ piรน eccellenti architetti, pittori et scultori italiani, da Cimabue aโ€™ tempi nostri, Firenze, per i tipi di Lorenzo Torrentino, 1550

E. Lunghi, Benozzo Gozzoli a Montefalco, Assisi, Editrice Minerva, 2010

A. Novelli, L. Vignoli, Lโ€™arte a Narni tra Medioevo e Illuminismo, Perugia, Era Nuova, 2004

B. Toscano, G. Capitelli, Benozzo Gozzoli allievo a Roma, maestro in Umbria, Silvana Editoriale, 2002

Unโ€™incredibile quantitร  di opere acquisite da fondazioni e istituzioni bancarie, quasi โ€œUn museo paralleloโ€ come lo definisce Vittorio Sgarbi sul catalogo e nel video che accoglie i visitatori allโ€™entrata della mostra a Palazzo Baldeschi in corso Vannucci a Perugia, inaugurata lโ€™11 aprile e aperta fino al 15 settembre.

Un tesoro conservato in antichi Palazzi di rappresentanza a parziale vocazione museale e oggi fruibile al grande pubblico. 100 opere selezionate tra le circa 13 mila a disposizione, tra dipinti e sculture, โ€œda Giotto a Morandiโ€ entrate nelle collezioni bancarie talvolta con lโ€™obiettivo di compensare una carenza dello Stato nella integrazione delle collezioni pubbliche comunali, provinciali o regionali. Un patrimonio fondamentale che per la sua varietร  e stratificazione temporale, puรฒ essere considerato il volto storico e culturale delle diverse regioni italiane.

La mostra, che apre proprio quest’anno in occasione dei 25 anni dalla nascita delle Fondazioni di origine bancaria, promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia e organizzata dalla Fondazione CariPerugia Arte con il contributo di Unicredit, vuole essere un incentivo per attrarre visitatori in Umbria dopo il terremoto e per questo parte degli incassi sarร  destinato al restauro dei beni storico-artistico danneggiati. Un motivo ulteriore per visitare questo โ€œmuseo dei museiโ€, che inizia nella Sala I con un prezioso tondo con San Francesco dโ€™Assisi di Giotto, realizzato nel 1315 ca., dopo gli affreschi della Cappella degli Scrovegni.

Un percorso che in modo cronologico ci fa conoscere sette secoli di storia dellโ€™arte attraverso opere di maestri piรน o meno noti appartenenti alle principali โ€œscuoleโ€, tra i molti nomi: Beato Angelico, Perugino, Pinturicchio, Matteo da Gualdo, Dosso Dossi, Ludovico Carracci, Giovanni Francesco Guerreri, Ferraรน Fanzoni, Giovanni Lanfranco, Guercino, Guido Cagnacci, Pietro Novelli, Giovanni Domenico Cerrini, Mattia Preti, Luca Giordano. Lโ€™Ottocento รจ rappresentato dalle opere del Piccio, Giovanni Fattori, Giuseppe De Nittis, Giuseppe Pelizza da Volpedo, un piccolo ma meraviglioso ritratto di donna di Giovanni Boldini, sinuosa e avvolta in un abito fatto di veloci pennellate e colori sfumati.

Tra le opere contemporanee sono felice di aver ritrovato uno dei volti dissolti nella materia di Medardo Rosso, accanto alla simbolista levigatezza del marmo di Adolfo Wildt. E ancora Vincenzo Gemito e un capolavoro della scuola romana: la piovra furiosa e bruciante di Scipione. Colpisce anche il confronto inevitabile tra le bottiglie sfaldate dalle pennellate veloci in una grande natura morta di Filippo de Pisis a fianco alla meditata pittura di Giorgio Morandi.

Il viaggio si conclude con due splendidi gessi di Quirino Ruggeri, e il monumentale โ€œMadre e figlioโ€ di Carlo Carrร  del 1934 una delle opere che segna il โ€œRitorno allโ€™ordineโ€ di questo maestro del futurismo, che siamo lieti essere vicino al nostro Gerardo Dottori.

La mostra che vale senzโ€™altro la pena essere vista (e non soltanto per lโ€™intento benefico e il biglietto ridotto!) talvolta non dร  respiro alle numerose opere, poste troppo vicine o in angoli nascosti, mentre invece meriterebbero per il loro valore di essere ben ammirate.

Il catalogo della mostra (italiano/inglese), curato da Vittorio Sgarbi e Pietro Di Natale, รจ edito da Fabrizio Fabbri Editore.

Gli orari di apertura sono: dal martedรฌ al venerdรฌ dalle 15 alle 19.30; sabato e domenica dalle 11.00 alle 19.30. Lunedรฌ chiuso. il costo dei biglietti รจ intero 6 euro; ridotto 4 euro (gruppi con piรน di 10 persone; over 65; studenti con piรน di 18 anni). Ingresso gratuito per studenti fino a 18 anni. Per i visitatori รจ stata attivata una convenzione con il parcheggio Saba-Sipa di Piazza Partigiani che permette di avere una tariffa scontata per le prime due ore di sosta.

Per informazioni visitare il sito;

tel. 075. 5734760.

 

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