Trabalza e Jin, quando la fotografia fonde alla perfezione mondi e stili differenti

  1. Intervista con la coppia di fotografi umbri Trabalza/Jin: «L’Umbria mi fa pensare a “Le città invisibili†di Italo Calvino, dove ci sono tutti questi borghi in cui sembri intrappolato, ma poi si aprono e rivelano paesaggi incredibili».

Potremmo dire che quattro occhi sono meglio di due. Questo è il caso. Ivano Trabalza e Neysa Jin sono una coppia nella vita, e dietro la macchina fotografica. Lui di Spoleto, lei cresciuta negli Stati Uniti: in apparenza due mondi distanti e irraggiungibili che si sono incontrati a Campello sul Clitunno, dando vita a una fusione perfetta, sia nel privato sia in campo professionale: «Lui è molto pratico, autodidatta, metodico. Io, invece, ho studiato arti visive, belle arti… vengo da un’impostazione più teorica. Unire due approcci così diversi è stato molto interessante» racconta Neysa. Abbiamo sbirciato il loro lavoro a Spoleto, e ci siamo fatti raccontare la loro storia, tra foto di moda, ritorno alla pellicola e inseguimento (ancora) dello scatto perfetto.

Ivano Trabalza e Neysa Jin

La prima domanda è di rito: qual è il vostro rapporto con l’Umbria?
Trabalza: Sono nato e cresciuto a Spoleto. Quindi per me l’Umbria è casa, nel senso più profondo del termine.
Jin: Diciamo che adesso, vivendo qui, mi sento davvero a casa. Crescendo negli Stati Uniti non mi sono sempre sentita così tranquilla e in sintonia con il luogo in cui vivevo. Quindi sì, potremmo dire che questa è una casa acquisita…

Italia e Stati Uniti come si sono incontrati?
Trabalza: Ci siamo conosciuti a Campello sul Clitunno. Neysa era stata invitata a una residenza d’artista organizzata dall’associazione Contemporanea, insieme ad altri 4 artisti americani, per realizzare delle sculture per il Comune. Io ero il fotografo dell’evento ed è lì che ci siamo incontrati.

Quanto le vostre diverse culture influiscono nel lavoro che svolgete? Come si amalgamano? 
Jin: Direi che si fondono. Lui è molto pratico, autodidatta, metodico. Io, invece, ho studiato arti visive, belle arti… vengo da un’impostazione più teorica. Unire due approcci così diversi è stato molto interessante: a livello visivo ci compensiamo davvero bene.

Definite il vostro lavoro “Come uno studio in continua evoluzione, un modo per registrare l’intimità e la luceâ€. Che vuol dire?
Trabalza: È vero, sembra una frase fatta, ma è così: non si finisce mai di imparare. Sperimentiamo sempre tecniche nuove, siamo sempre alla ricerca. Soprattutto nel mondo della moda, che è in continua evoluzione: quello che va bene oggi, domani è già superato.

  1. Tre caratteristiche che deve avere la foto perfetta?
    Trabalza: Per me, la foto perfetta non esiste. Henri Cartier Bresson diceva che quando, mente, cuore e occhio sono allineati, allora arriva lo scatto perfetto. Io, quella foto perfetta la sto ancora cercando.
    Jin: Di recente il regista Wong Kar-wai parlava di due scuole di pensiero: un’immagine ti deve far sentire, oppure ti deve raccontare. Per me, riuscire a fare entrambe le cose è la vera sfida.

Come avviene la scelta del soggetto, quando ovviamente non è imposto?
Jin: Le ispirazioni possono venire da diversi input: registi, scrittori, pittori o anche idee astratte.
Trabalza: Puoi prendere spunto da altri artisti, poi rielabori. È un processo creativo molto personale.

Domanda banale: è più facile fotografare la natura, le cose o le persone?
Trabalza: A me piace fotografare le persone, mi viene più naturale. Ma non per questo è più facile.
Jin: Anche le mie sculture sono sempre state figurative, ho sempre lavorato con il corpo umano. Lo studio da anni, da diverse prospettive. Se manca il corpo, sento che manca qualcosa.

Spesso vi occupate di fotografia di moda: com’è nato questo interesse?
Trabalza: In realtà, all’inizio non mi piaceva la moda, mi sembrava un ambiente finto. Mai avrei pensato di fare fotografia di moda. Ma con Neysa mi ci sono avvicinato, e ora mi piace, è creativo, anche a livello tecnico.
Jin: A me ha sempre affascinato: mi piaceva e non mi piaceva per tanti motivi. C’è questa continua ricerca della bellezza… ma che tipo di bellezza? Perché una cosa è bella o brutta? In che cosa trovi sintonia? Mi piace confrontare concetti occidentali con altre culture. La bellezza è un concetto di cui non riesco a stancarmi mai. Ci sono anche tanti limiti, ma i limiti a volte stimolano ancora di più la creatività.

Siete tornati a scattare su pellicola: come mai questa scelta un po’ anacronistica?
Trabalza: Sì, abbiamo iniziato con la pellicola, e a me mancava tutta la parte manuale: caricare il rullino, svilupparlo, stamparlo… quel processo mi ha sempre affascinato, ha un sapore diverso.
Jin: Adesso sta tornando di moda. Tutti i giovani stanno riprendendo la pellicola. È più facile anche trovarla rispetto a cinque anni fa. E poi ti costringe a rallentare, a pensare di più. Con il digitale si corre troppo.
Trabalza: È vero. Come diceva Neysa, anche Style Magazine nel nuovo numero ha deciso di inserire foto realizzate a pellicola, non tutte ma una buona parte. È bello che sta tornando. Pellicola e digitale non si escludono: convivono, ed è bello così.

Allora non siete del tutto d’accordo con Oliviero Toscani ha detto che per lui passare dalla pellicola al digitale è stato naturale perché la macchina fotografica è il mezzo e non il fine: per voi è lo stesso?
Trabalza: In parte sì. La macchina è un mezzo, certo. Ma è come scegliere se fare un viaggio in aereo o in macchina: arrivi nello stesso posto, ma il percorso cambia tutto. A volte il modo in cui ci arrivi è parte dell’esperienza.

C’è un fotografo che per voi è – o è stato – fonte d’ispirazione?
Trabalza: Ce ne sono tanti. A me piace molto Peter Lindbergh.
Jin: Annie Leibovitz sicuramente. E poi ci sono Inez e Vinoodh, anche loro sono una coppia di fotografi, ci piacciono molto.

Come catturereste l’essenza dell’Umbria?
Trabalza: Per me l’Umbria è casa, con i suoi pregi e difetti. A livello paesaggistico è meravigliosa. Ma ha anche un po’ di chiusura, nei collegamenti, nelle infrastrutture, che si riflette anche nel carattere della regione. Ma questo fa parte della sua identità.
Jin: Mi fa pensare a Le città invisibili di Italo Calvino dove ci sono tutti questi borghi in cui sembri intrappolato e poi si aprono e rivelano paesaggi incredibili.

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Agnese Priorelli

Laureata in Scienze della comunicazione, è giornalista pubblicista dal 2008. Ha lavorato come collaboratrice e redattrice in quotidiani e settimanali. Ora collabora con un giornale online e con un free press. È appassionata di cinema e sport. Svolge attività di inserimento eventi e di social media marketing e collabora alla programmazione dei contenuti. Cura per AboutUmbria Magazine, AboutUmbria Collection e Stay in Umbria interviste e articoli su eventi.