Scattiamo una foto dell’ecosistema umbro tra rischio estinzioni, carenze e grandi ritorni. «L’Umbria è una regione dove l’equilibrio tra uomo e natura è abbastanza forte».
Cristiano Spilinga è un professionista della natura: la studia, la vive, la ama, la racconta e la protegge. Laureato in Scienze Naturali e Dottore di Ricerca in Biologia ed Ecologia, come naturalista dal 2002 svolge l’attività di consulente per enti pubblici e soggetti privati di varia natura (è proprio il caso di dirlo), sparsi in giro per l’Italia, con il suo Studio Naturalistico Hyla. Con lui abbiamo scattato una fotografia dell’ecosistema umbro tra carenze, presenze e grandi ritorni.

Cristiano, iniziamo con il suo canale YouTube dal titolo: “Cristiano Spilinga, Professione Natura”. Di cosa parla?
Si tratta di un canale YouTube, nato circa tre anni fa, a cui dedico un tempo limitato perché, è un’attività parallela a quella di consulente, che faccio più per piacere che per altro. È un progetto di divulgazione ambientale: nel canale pubblico video, non solo legati alla natura, ma anche al lavorare con la natura, quindi non è una divulgazione fine a sé stessa, ma più funzionale e rivolta a chi si vuole avvicinare al mondo delle Scienze Naturali. Devo dire che mi dà molta soddisfazione comunicare il lavoro che faccio.
Nella sua attività principale di che cosa si occupa?
Sono laureato in Scienze Naturali e ho un dottorato di ricerca in Biologia ed Ecologia. Nel 2002 ho aperto un’attività di consulenza naturalistica, lo Studio Naturalistico Hyla di cui sono socio-amministratore. Oggi siamo un gruppo di persone, che coordino, e lavoriamo con clienti pubblici e privati per tutto ciò che concerne la gestione delle risorse naturali. Ci occupiamo di censimenti di fauna selvatica; monitoraggio ambientale in campo floristico, vegetazionale e faunistico; applichiamo indici biologici per determinare ad esempio la qualità dell’acqua in base alla presenza di determinate specie, realizziamo anche studi d’impatto ambientale, valutazioni di incidenze e svolgiamo attività didattica con le scuole. Poi parallelamente abbiamo una fattoria, un’associazione che si occupa di turismo ambientale, e recentemente abbiamo fondato una start up che unisce tecnologia e natura.
Come sta l’ecosistema umbro?
Bella domanda. Diciamo che sta abbastanza bene. L’Umbria è una regione che ha delle valenze ambientali di un certo livello, anche se ci sono dei grandi assenti.
Cosa intende per “grandi assenti”?
Sicuramente è una regione dove l’equilibrio tra uomo e natura sussiste ed è abbastanza forte, però mancano elementi fondamentali, come ad esempio, i boschi maturi di un certo rilievo: c’è una copertura della vegetazione importante ma, molti dei boschi che abbiamo sono giovani e gestiti, non sono foreste vetuste come quelle del Parco Nazionale d’Abruzzo. Un altro assente è l’orso.

Invece, per quanto riguarda la fauna?
Abbiamo numerose specie d’interesse e, molte di loro sono presenti solo in Appennino. Negli ultimi anni sono incrementati significativamente anche animali che in passato erano sull’orlo dell’estinzione, come il lupo, che attualmente – non solo in Umbria ma in tutta la Penisola – è aumentato con nuclei anche importanti.
Quali sono le specie più numerose e che resistono?
Sicuramente gli ungulati. Sono molto diffusi e negli ultimi anni c’è stato un aumento significativo. Ad esempio il capriolo ha numeri importanti, basta pensare che fino a 30 anni fa era molto localizzato.

E quelle che rischiano l’estinzione?
Ci sono animali che non se la passano benissimo, alcuni di questi li stiamo studiando e stiamo cercando di conservarli. Penso alla testuggine palustre europea, un rettile, che vive in piccole pozze sparse in una porzione limitata della nostra regione; è poco diffusa e negli ultimi anni ha subito un forte calo a seguito della scomparsa delle zone umide. Per salvarla abbiamo in corso un progetto che mira alla conservazione della specie attraverso un’attività di riproduzione in cattività e il miglioramento degli ambienti in cui vive. Poi mi viene in mente l’ululone appenninico, che è un piccolo anfibio ormai relegato a vivere in abbeveratoi di montagna dove si riproduce: è una specie in calo in tutto l’Appennino e anche per lui sono in corso azioni di conservazione, che prevedono l’allevamento in cattività per la ripopolazione.

C’è invece qualche specie che era presente in Umbria e che vorrebbe che tornasse?
A volte si assiste a qualche presenza occasionale, in Valnerina, dell’orso bruno marsicano in fase di dispersione, che proviene dal Parco Nazionale d’Abruzzo. Però non c’è un nucleo stabile. Sicuramente sarebbe una presenza e un ritorno – dal nostro punto di vista – molto interessante, perché l’orso bruno ha vissuto in Umbria fino a fine del 1800.

Si parla tanto di “monitoraggio attivo” da parte dei cittadini: ha senso, è un’attività utile?
Sì. Le attività di citizen science hanno sicuramente senso per molti gruppi faunistici e floristici, non solo perché il coinvolgimento attivo del cittadino consente di avvicinarlo ai temi della conservazione della natura, ma dà anche la possibilità di raccogliere informazioni in maniera capillare che spesso non è così semplice ottenere. Chiaramente non parliamo di persone esperte, che possono arrivare a un certo livello di attività di indagine, ma dei rilevamenti mirati ed eseguiti attentamente possono essere fatti da tutti e forniscono una raccolta dati molto utile.
Cosa possiamo fare di concreto per salvaguardare flora e fauna?
Si possono mettere in pratica accortezze legate alla gestione dei piccoli spazi verdi presenti intorno a casa, quindi banalmente prendersi cura del proprio giardino per non renderlo un ambiente sterile o semplicemente gradevole alla vista. Non limitarsi al classico prato all’inglese ma, arricchirlo di erbe spontanee, non tagliarlo spesso e inserire specie autoctone per attirare insetti impollinatori: piccoli accorgimenti che possono favorire la conservazione a di molte specie.
Parlando di insetti, mi vengono in mente le api e la loro importanza…
Assolutamente. Quando si parla di api facciamo spesso riferimento all’ape domestica, che di fatto è un animale allevato ma, in realtà il mondo delle api selvatiche è molto numeroso: gli interventi di cui abbiamo parlato prima, se messi in pratica sono utili soprattutto per gli impollinatori selvatici.

Agnese Priorelli

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