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Da novembre 2022 il museo รจ passato sotto la Direzione Regionale musei dellโ€™Umbria e il mese scorso ha riaperto al pubblico.

Un viaggio nel Pleistocene Inferiore (circa 1,5 milioni di anni fa) รจ quello che aspetta il visitatore del Museo Paleontologico Luigi Boldrini di Pietrafitta, riaperto al pubblico e passato sotto la gestione della Direzione Regionale musei dellโ€™Umbria.
Un luogo, senza dubbio, tra i piรน significativi, non solo del territorio ma dโ€™Europa, sia per lโ€™abbondanza dei fossili rinvenuti, sia per il loro valore scientifico, riconosciuto a livello internazionale. La collezione โ€“ rinvenuta nel bacino di Tavernelle-Pietrafitta inizialmente dallo stesso Luigi Boldrini, assistente di miniera e dipendente Enel, e poi dei ricercatori dellโ€™Universitร  di Perugia – offre migliaia di resti fossili di piante (36 specie identificate mediante frutti e semi, 11 specie mediante pollini), molluschi dโ€™acqua dolce (5 specie), insetti (almeno 6 ordini) e soprattutto vertebrati (ben 40 specie tra pesci dulciacquicoli, anfibi, rettili, uccelli e mammiferi). Sono proprio questi ultimi a rendere unica la fauna di Pietrafitta.

 

Mammut. Foto di Philms

Gli ospiti del museo

Il mammut รจ sicuramente la maggiore attrazione, ma spettacolari sono anche gli scheletri del rinoceronte Stephanorhinus etruscus e i resti di cavallo. Ricca e variegata la collezione di artiodattili, con almeno due specie di cervi (tra cui la forma gigante Praemegaceros obscurus) e con una delle testimonianze piรน antiche dโ€™Europa per il gruppo dei bisonti, rappresentati dalla specie arcaica Eobison degiulii; degna di nota la presenza di un primate, la bertuccia Macaca sylvanus, e del castoro Castor fiber, entrambi presenti con i resti tra i piรน ricchi dโ€™Europa.
Non mancano i carnivori, che compaiono con un ghepardo gigante (Acinonyx pardinensis), un orso di medio-piccola taglia (Ursus etruscus) e un mustelide semiacquatico (Pannonictis nesti). Gli uccelli – generalmente rari nei fossili – sono invece abbondanti con circa 200 ritrovamenti scheletrici identificati: la maggior parte รจ riferibile a specie acquatiche o semiacquatiche simili a quelle oggi presenti nellโ€™area mediterranea.
ยซI vertebrati a sangue freddo sono stati oggetto recentemente di studi approfonditi. Tra i ritrovamenti di maggior interesse, ancora sotto la lente della squadra guidata dal professor Marco Cherin con il professor Roberto Rettori, entrambi del dipartimento di Fisica e Geologiaย dellโ€™Universitร  degli Studi di Perugia, cโ€™รจ una rana gigante del genere Latonia, che si credeva estinta milioni di anni prima. Sono anche in programma approfondimenti e studi che porteranno diverse novitร  e nuovi allestimentiยป spiega Tiziana Caponi, direttrice del Museo paleontologico.

 

Rinoceronte Stephanorhinus. Foto by Philms

Un nuovo corso

ยซDa novembre 2022 il museo รจ passato sotto la Direzione Regionale musei dellโ€™Umbria e il mese scorso ha riaperto al pubblico. Siamo ancora in una fase di assestamento e di rodaggio con il nuovo personale e la nuova organizzazione. Sperimentiamo e impariamo a conoscere la struttura, ma soprattutto aspettiamo di vedere qual รจ la risposta dei visitatori. Per ora รจ possibile visitarci tre volte a settimana (martedรฌ, giovedรฌ e domenica), ma lโ€™obiettivo รจ quello di ampliare: il museo finora non aveva unโ€™apertura continuativa, anche questa รจ una novitร  da gestireยป prosegue la direttrice.
Il nuovo percorso della struttura apre anche a importanti collaborazioni con le realtร  del territorio, tra cui Enel, che ha realizzato un impianto fotovoltaico da 32 kW sulla copertura dellโ€™edificio per favorire lo sviluppo delle energie rinnovabili, la sostenibilitร  e ridurre i consumi energetici del museo, con benefici economici e ambientali. Insomma, la Preistoria che guarda al futuro!
ยซLa collaborazione con Enel si sviluppa anche con la possibilitร  di ammirare nella vicina centrale elettrica le macchine scavatrici โ€“ di loro proprietร  โ€“ che hanno permesso il recupero di questi fossiliยป conclude la dottoressa Tiziana Caponi.
Un tuffo nel passato, in un luogo che era fondamentale recuperare non solo per lโ€™Umbria, ma per tutto il patrimonio paleontologico europeo.

 

Foto by Philms

 


Per saperne di piรน

Per chi vive o frequenta una regione ricca dโ€™importanti corsi dโ€™acqua come lโ€™Umbria รจ normale aver avuto in qualche modo a che fare con una trota: vuoi perchรฉ trainati dalla passione per la pesca a mosca, vuoi perchรฉ di fronte a un succulento cartoccio non si puรฒ dire di no o vuoi per il solo fatto che siamo abituati a collegare questo magnifico pesce alle chiare, fresche e dolci acque di petrarchesca memoria. Non tutte le trote dei nostri corsi dโ€™acqua perรฒ ci raccontano la stessa storia e, se si va ad approfondire lโ€™argomento, saltano fuori problematiche del tutto inaspettate.

 

Trota mediterranea (Salmo cettii). Foto di Massimo Lorenzoni

 

Iniziamo a fare un poโ€™ di chiarezza: la trota mediterranea nativa (Salmo cettii) รจ un salmonide esclusivo dellโ€™area mediterranea che, attualmente, nel territorio italiano si trova in uno stato di conservazione sfavorevole, tendente al declino. Questa specie frequenta i tratti alti dei bacini idrografici insulari e peninsulari appenninici e i torrenti montani delle Alpi occidentali.
Ma come fa a essere a rischio di scomparsa una specie ittica che viene allevata in molte troticolture e puntualmente reimmessa nei corsi dโ€™acqua con importanti ripopolamenti proprio a ridosso della stagione di pesca? Semplicemente perchรฉ non tutte le trote sono ugualiโ€ฆ
Si stima che ad oggi in Italia rimangano solo qualche migliaia di individui appartenenti alle popolazioni diย Salmo cettiiย autoctone, con popolazioni isolate in piccoli bacini idrici di montagna.
La specie รจ particolarmente minacciata dallโ€™alterazione degli habitat, dal bracconaggio e dai rilasci illegali con entitร  non autoctone che ne impoveriscono il patrimonio genetico.
Proprio su questโ€™ultimo punto vogliamo porre lโ€™attenzione, in quanto quelle azioni di ripopolamento non pianificate e soprattutto i frequenti rilasci illegali di animali pronto pesca per la stagione alieutica non fanno che deteriorare ulteriormente il giร  profondamente minato corredo genetico della specie.

 

Trota fario (Salmo trutta). Foto di Massimo Lorenzoni

 

Ricerche effettuate dallโ€™Universitร  degli Studi di Perugia hanno messo in evidenza che in Umbria sono presenti solo tre popolazioni residue costituite quasi esclusivamente da trota mediterranea, presso il Torrente il Rio al confine con la regione Marche, il Torrente Monterivoso e la parte alta del Fiume Vigi nel sottobacino del Fiume Nera.
Proprio per salvaguardare la specie allโ€™interno del suo areale รจ in corso il progetto LIFE STREAMS Salmo ceTtii REcovery Actions in Mediterranean Streams โ€“ LIFE18 NAT/IT/000931 che ha come obiettivo principale il recupero della trota mediterranea nativa (Salmo cettii) in sei aree pilota del territorio italiano, attraverso la progettazione e lโ€™adozione di azioni concrete e coordinate di conservazione.
Tra le sei aree pilota figurano alcuni siti della Sardegna, del Parco Nazionale della Majella, del Parco Regionale di Montemarcello-Magra-Vara, del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, del Parco Nazionale del Pollino e del Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Un grande sforzo congiunto, con lโ€™obiettivo di preservare una specie, erroneamente considerata di poca importanza, che invece ci mostra da unโ€™altra prospettiva il carattere aspro e selvaggio dei corsi dโ€™acqua di montagna.

 


BIBLIOGRAFIA

  • Carosi A., Ghetti L., Padula R., Lorenzoni M. Population status and ecology of the Salmo trutta complex in an Italian river basin under multiple anthropogenic pressures. Ecol Evol. 2020; 00:1โ€“14. https://doi.org/10.1002/ece3.6457

ยซIl lago Trasimeno, pur nella sua vastitร , per effetto della sua scarsissima profonditร  soffre di una grande precarietร  e debolezza nel fronteggiare sia gli eventi climatici sia le opere dellโ€™uomoยป.

Ho conosciuto Romano Rinaldi qualche anno fa e ci siamo intesi fin da subito con degli argomenti che abbiamo sentito nostri e condiviso fin dalle prime battute. Ma un tema, in particolare, ci ha sempre fatto da comun denominatore nelle nostre amabili chiacchierate: il beneamato lago Trasimeno. A questo proposito ho chiesto a Romano questa intervista perchรฉ, dal suo punto di vista, di cose interessanti ne ha da raccontare davvero tante.

Professor Romano Rinaldi

Ma prima di leggere le sue esplicative parole, รจ dโ€™uopo una sua breve presentazione, da cui si potranno evincere i sui trascorsi professionali: il prof. Romano Rinaldi รจ lโ€™ex titolare della Cattedra di Mineralogia dellโ€™Universitร  di Perugia (dal 1990 al 2014). In precedenza รจ stato docente e ricercatore presso gli atenei di Cagliari, Modena, Berkeley (USA), Chicago (USA) e Manitoba (Canada). Ha coordinato e partecipato a gruppi e progetti di ricerca nel suo campo in molti Paesi, oltre che in Italia (UK, SE, DK, CH, FR, DE, ES, PT, US, JP). Attualmente vive e lavora (per diletto) in prossimitร  del lago Trasimeno ed รจ quindi interessato alle vicissitudini e alla storia del lago, sia recenti, sia in ambito geologico-ambientale, data anche la sua prima laurea in Scienze Geologiche.

Possiamo dire che il Trasimeno รจ stato sempre di grande interesse per l’Universitร  di Perugia, a testimonianza una recente iniziativa dellโ€™UNIPG: il Brainstorming sul Lago Trasimeno, del 3-4 febbraio 2021. Un convegno telematico (in tempi di Covid) che ha visto una nutrita, assidua e attenta partecipazione del pubblico, che dimostra quanto sia vivo lโ€™interesse per il Lago e quante competenze siano necessarie per comprendere le varie tematiche per questo delicato, suggestivo e antico specchio lacuale. La partecipazione di ricercatori e studiosi afferenti a tutti e 14 i Dipartimenti dellโ€™ateneo, ne รจ una conferma palese. Ma veniamo allโ€™intervista.

Professor Rinaldi, ci puรฒ dare unโ€™idea della storia e dell’evoluzione geologica del lago Trasimeno?

Lโ€™unicitร  del lago Trasimeno รจ dovuta alla sua storia geologica alquanto singolare, di cui si occupรฒ per primo Leonardo da Vinci, sempre avido di conoscere a fondo quanto sollecitava la sua curiositร . A differenza degli altri grandi laghi Italiani che sono o di origine glaciale (laghi Alpini e del nord Italia, per esempio Como, Maggiore, Garda) oppure di origine vulcanica (laghi laziali di Bolsena, Vico e Bracciano), il Trasimeno si รจ formato durante la nascita della catena montuosa dellโ€™Appennino Centrale (orogenesi Appenninica) in una era geologica piรน antica di quelle che hanno dato luogo alla formazione di tutti gli altri laghi italiani.
La formazione del Lago inizia una decina di milioni di anni fa (Medio Miocene) con lโ€™orogenesi dellโ€™Appennino centrale: una catena di monti disposta in direzione NE, che si forma dalla convergenza tra lโ€™orogene Alpino e il fronte del promontorio adriatico (parte della placca africana). A partire da quei lontani tempi geologici si avvia la formazione di un bacino sedimentario marino che era il precursore del Mar Tirreno (Pliocene inferiore: 4 milioni di anni fa). Nella depressione che comprendeva la Val di Chiana e il bacino del Trasimeno si accumularono dunque sedimenti marini per alcuni milioni di anni. Poi, quando queste depressioni interne rimasero isolate allโ€™interno della terraferma, circa due milioni di anni fa, si formarono dei grandi bacini lacustri che furono via-via riempiti dai sedimenti continentali (fiumi, laghi), tranne che per un residuo velo dโ€™acqua che persiste tuttโ€™ora a formare il nostro Lago, anche in virtรน dello svuotamento del bacino della Val di Chiana per effetto dellโ€™inclinazione che questo assunse in direzione del bacino del Trasimeno. Per questi motivi si dice che il Lago รจ di origine tettonica. Lโ€™esiguitร  della profonditร  del lago (max. 5-6 metri raggiunti solo in alcuni punti), pur con una grande estensione che ne fa il secondo lago italiano (superficie di circa 120 km2), comporta la definizione di lago laminare con vaste estensioni che possono rapidamente impaludarsi per effetto di piccole oscillazioni (in meno) del livello dellโ€™acqua, soprattutto nella zona compresa tra le rive di San Savino e Santโ€™Arcangelo e lโ€™isola Polvese.

Il Trasimeno รจ dunque un lago laminare. Cosa significa in termini di equilibrio idrico e precarietร ?

Il lago Trasimeno, pur nella sua vastitร , per effetto della sua scarsissima profonditร  soffre di una grande precarietร  e debolezza nel fronteggiare sia gli eventi climatici sia le opere dellโ€™uomo. Questo deve essere ben presente a tutti coloro che intendano usufruire del Lago, dei suoi prodotti e del suo ambiente naturale e della sublime bellezza del suo paesaggio. Grande cura, impegno e studio sono richiesti per mantenere questi luoghi, utilizzarli con profitto e poterli tramandare alle generazioni future. I cambiamenti climatici in atto rendono il tema di assoluta e urgente attualitร . Lโ€™equilibrio idrico del Lago non รจ affatto garantito non avendo immissari o emissari naturali. I canali artificiali attualmente in funzione non sono in effetti sufficienti a garantire la stabilitร  del livello del lago, soprattutto per quanto riguarda gli apporti idrici. Sono dunque necessari interventi idraulici di connessione con bacini artificiali o corsi dโ€™acqua naturali che possano garantire gli apporti necessari in regime di magra. Per quanto riguarda lโ€™emissario artificiale, una recente prova di funzionamento ha dimostrato che รจ comunque possibile far fronte abbastanza agevolmente a situazioni di piena. Anzi, sarebbe il caso di dire troppa grazia San Savino!

 

lago-Trasimeno

Lago Trasimeno

Il Trasimeno non รจ solo acqua. Cosa ci puรฒ dire sulla relazione che c’รจ tra acqua e terre circostanti.

Ritornando alla dinamica geologica ma relativa ai nostri giorni, il Lago รจ tuttโ€™ora soggetto allโ€™apporto di sedimenti per effetto del dilavamento del suo bacino imbrifero e questo comporta un costante innalzamento del fondo che, pur se apparentemente impercettibile nellโ€™arco degli anni, deve essere tenuto in considerazione nellโ€™arco dei decenni e soprattutto dei secoli. Infatti รจ stato calcolato un apporto di circa 1 cm ogni 3-4 anni. Questo significa che il fondo puรฒ innalzarsi di 10 cm in 30-40 anni ovvero di 1 metro in 300-400 anni. Il che porterebbe il nostro Lago a finire la sua esistenza naturale in tempi piuttosto rapidi, considerando che questi fenomeni, una volta avviati, si svolgono in modo molto accelerato, non certo con la progressione aritmetica riportata allโ€™inizio del ragionamento. Un orizzonte temporale possibile per lโ€™estinzione del Lago puรฒ essere dunque ipotizzato, in mancanza di interventi di cura e manutenzione, in poche centinaia di anni. Questo, a fronte di una etร  minima del lago, cosรฌ come oggi lo conosciamo, di alcuni milioni di anni, puรฒ essere paragonato a un paio di secondi nellโ€™arco di una giornata!

Il Trasimeno, nel suo oscillante equilibrio idro-ecologico, deve fare i conti con una molteplicitร  di fattori condizionanti. Secondo lei, quali dovrebbero essere gli accorgimenti e le iniziative da intraprendere per tutelare e preservare la bellezza naturale che caratterizza questo raro fenomeno naturalistico-ambientale?

Come giร  accennato, una prima preoccupazione deve essere il mantenimento di un equilibrio idrico che smorzi gli effetti delle cicliche magre, storicamente molto piรน protratte nel tempo delle piene. Questo puรฒ essere attuato solamente disponendo di apporti da laghi artificiali (es.: Monte Doglio) o da fiumi (es.: Tevere) che compensino lโ€™evaporazione (estiva e invernale โ€“ anche la tramontana ha un effetto notevole sullโ€™evaporazione) e la ciclica mancanza di piogge. Questo deve essere associato alla manutenzione del fondo, con la rimozione degli eventuali accumuli di melme composte da frazione organica e inorganica che portano a un inesorabile sollevamento del fondo come detto in precedenza. Esperimenti preliminari con questi depositi sembra abbiano fornito materiale adatto per la coltivazione; questo potrebbe essere un incentivo per ottenere due risultati, il mantenimento di un buon livello del fondo e la reclamazione di aree agricole altrimenti soggette a periodici impaludamenti nei periodi di piena. Devono poi essere considerati molti altri aspetti che ricadono nelle competenze di biologi, botanici ed ecologisti per quanto riguarda le specie utili e meno utili allโ€™equilibrio ecologico-ambientale del lago. Ma questi sono argomenti che richiedono competenze diverse da quelle di un geologo.