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UN PROTOCOLLO Dโ€™INTESA PER LE CELEBRAZIONI DEI 500 ANNI DALLA MORTE DEL PERUGINO E DEL SIGNORELLI, IL GAL TRASIMENO ORVIETANO CAPOFILA DEL PROGETTO. LUNEDI 6 SETTEMBRE A CITTAโ€™ DELLA PIEVE LA PRESENTAZIONE CON BRUNO VESPA

Un protocollo dโ€™intesa tra istituzioni civili e religiose per il coordinamento e lโ€™organizzazione degli eventi del 500esimo anniversario della morte di Luca Signorelli e Pietro di Cristoforo Vannucci, noto come il Perugino, che si celebrerร  nel 2023.

Lโ€™accordo, che sarร  sottoscritto tra i Comuni di Cittร  della Pieve, Cortona, Orvieto, Todi, le relative Diocesi e il Gal Trasimeno-Orvietano che assumerร  il ruolo di capofila, sarร  presentato lunedรฌ 6 settembre alle ore 18 presso Palazzo della Corgna di Cittร  della Pieve.

Lโ€™appuntamento sarร  moderato dal noto giornalista nonchรฉ conduttore televisivo e saggista Bruno Vespa e vedrร  la presenza della Presidente della Regione Umbria Donatella Tesei, del Magnifico Rettore dellโ€™Universitร  degli Studi di Perugia, prof. Maurizio Oliviero, dei sindaci di Cittร  della Pieve, Fausto Risini, di Cortona, Luciano Meoni, di Orvieto, Roberta Tardani, di Todi, Antonino Ruggiano, del presidente del Gal Trasimeno-Orvietano, Gionni Moscetti, e del direttore Francesca Caponi. Con loro anche il presidente del Consorzio di tutela del vino di Orvieto, Vincenzo Cecci, e Ruggero Parrotto della Fondazione Famiglia Cotarella, tra i principali partner del progetto.

โ€œLโ€™iniziativa – spiega il presidente del Gal Trasimeno-Orvietano, Gionni Moscetti – mette insieme non solo le istituzioni civili e religiose, ma anche prestigiose partnership private nellโ€™obiettivo di far conoscere e valorizzare il territorio, celebrare lโ€™opera che due grandi artisti hanno lasciato in terra umbra e toscana e organizzare eventi che attraggano un pubblico che ama conciliare la bellezza dellโ€™arte a quella dei luoghi. Il Gal Trasimeno Orvietano ha sposato e preso le redini di questo progetto, che sarร  presentato prossimamente anche a Roma e diffuso a livello nazionale ed internazionale, proprio in un momento di riflessione sulle misure e sulle iniziative da mettere in campo per il sostegno allโ€™economia traumatizzata da questa terribile pandemia. Riteniamo che bellezza e cultura possano essere infatti un veicolo per il sostegno allโ€™economia e in particolare al comparto turistico. Siamo convinti che il Rinascimento italiano, di cui Pietro Perugino e Luca Signorelli sono stati protagonisti, possa aiutare a comunicare questo magnifico lembo di terra tra lโ€™Umbria e la Toscana, renderlo attrattivo e proiettarlo verso un futuro di crescita sostenibileโ€.

In questa direzione va anche lโ€™evento โ€œOrvieto Cittร  del Gusto e dellโ€™Arteโ€ che si terrร  nella settimana dal 27 settembre al 3 ottobre 2021, cui seguirร  โ€œTrasimeno Cittร  del gusto dellโ€™Arteโ€ nel primo semestre 2022. Appuntamenti che vedranno il coinvolgimento del Gal e delle aziende dei due territori. โ€œDue eventi fondamentali – conclude il presidente Moscetti – per comunicare le sinergie tra arte ed enogastronomia e la collaborazione tra istituzioni pubbliche e impreseโ€.

INGREDIENTI (per 4 persone):

  • 600 g di fave sgranate
  • 120 g di guanciale di maiale tagliato a dadini
  • 4 cipollotti freschi
  • finocchio selvatico
  • qualche foglia di mentuccia
  • 3 pomodorini piccoliย  o 2 pelati
  • 5 cucchiai di olio extravergine d’oliva
  • sale
  • pepe

 

PREPARAZIONE:

Ponete in una casseruola l’olio, il guanciale e i cipollotti tritati, aggiungete quindi le fave e un trito grossolano di mentuccia e finocchio selvatico. Regolate di sale e pepe, fate insaporire, quindi unite i pomodorini a pezzetti. Portate a termine la cottura versando qualche goccia d’acqua calda se necessario. Il sugo di cottura dovrร  essere piuttosto denso.
Ricetta dell’archivio di Nicoletta De Angelis.

 

Questa รจ la versione orvietana della scafata, detta cosรฌ dal termine dialettale scafo, che indica il baccello della fava. Questa preparazione รจ diffusa, seppur con varianti, in tutta l’Umbria ed รจ conosciuta anche con il nome di baggiana. Nell’Umbria del sud le ricette per prepararla sono simili a quella orvietana, nell’eugubino come erbe aromatiche al posto del finocchietto selvatico e mentuccia si usano la maggiorana e anche il basilico. Sempre nell’eugubino esiste una versione in cui alle fave si unisce pari quantitร  di bietola. Nella zona del lago la scafata veniva chiamata fave in umido.ย 

 


Per gentile concessione diย Calzetti&Mariucci.

Ingredienti:

  • 1 cavolfiore medio
  • 4 cucchiai di farina
  • 2 uova
  • olio per friggere
  • sale

 

 

Preparazione:

Lessate al dente le cimette di cavolfiore, scolatele, asciugatele e passatele prima nella farina e poi nellโ€™uovo sbattuto e leggermente salato. Friggetele in abbondante olio, scolatele, passatele su carta da cucina e servitele calde.

 

 

I cavolfiori fritti, usati in tutta lโ€™Umbria, a Orvieto e Terni entravano sempre nel menu della Vigilia di Natale. Si possono anche passare in una pastella di farina, uovo e acqua.

 


Per gentile concessione diย Calzetti&Mariucci.

Ingredienti:

  • 2 carciofi
  • 600 g di pomodoro passato
  • 1 spicchio dโ€™aglio
  • 1 ciuffo di prezzemolo
  • 4-5 cucchiai d’olio extravergine d’oliva
  • sale
  • pepe

 

Preparazione:

Mondate i carciofi, lavateli e tagliateli a spicchi non troppo grossi, quindi poneteli in un tegame con lโ€™olio, lโ€™aglio a fettine e il prezzemolo tritato. Fate cuocere per una decina di minuti, salate, pepate e aggiungete il pomodoro passato, quindi portate a termine la cottura.

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Questo sugo si usava per le tagliatelle allโ€™uovo e piรน tardi con spaghetti e rigatoni. Ne esisteva anche una versione โ€œbiancaโ€, cioรจ senza pomodoro โ€“ e quindi con parecchio olio โ€“ diffusa soprattutto nella zona di Orvieto e in quella di Cittร  di Castello.

 


Per gentile concessione di Calzetti&Mariucci editore.

INGREDIENTI:
  • 400 g di farina

 

PREPARAZIONE:

Versate la farina a fontana sulla spianatoia, unite acqua fredda e lavorate energicamente fino a quando non avrete ottenuto un impasto piuttosto sostenuto. Ricavate dalla pasta tanti pezzetti e arrotolateli uno a uno fino a ottenere degli spaghetti grossi e irregolari. Cospargeteli di farina e fateli asciugare per qualche ora prima di lessarli. I bigoli devono essere piuttosto duri anche dopo la cottura.

 

 

Questi spaghettoni, che si trovano con il nome di pici anche in Toscana, nelle Marche come pincirelli e nel Lazio come tonnarelli, si trovano con nomi diversi e con qualche differenza in tutta lโ€™Umbria. Bigoli รจ il nome eugubino; a Lisciano Niccone, dove vengono preparati con la pasta da pane, il loro nome รจ bringoli. A Terni sono conosciuti con il nome di ciriole (che รจ anche il termine dialettale per le anguillette). A Perugia e a Tavernelle umbricelli, come a Todi (dove perรฒ sono conosciuti anche con il nome di strozzapreti), e umbricelli sono anche a Orvieto. A Baschi e Otricoli, dove sono fatti sempre con la pasta di pane, si chiamano manfricoli. Nello spoletino e nel ternano, con lo stesso impasto, ma a forma di tagliatelle strette e spesse, si preparano gli strnagozzi o strengozzi, detti cosรฌ per la loro somiglianza con le stringhe per le scarpe.

 

I condimenti per queste paste rustiche, ma gustose, sono semplicissimi. Quelli piรน in voga sono:

  1. Sugo con olio, pomodoro, aglio e prezzemolo (a volte con lโ€™aggiunta, piuttosto recente, di peperoncino piccante)
  2. Sugo di funghi, rosso o in bianco.
  3. Sugo con olio, alici e cipolla.
  4. Sugo semplice di pomodoro.
  5. Sugo con asparagi.
  6. Salsa di tartufo nero.

 

Nello spoletino, la salsa ai funghi per gli strangozzi veniva preparata con i funghi detti sanguinosi (lactarius deliciosus).

 


Per gentile concessione di Calzetti โ€“ Mariucci Editore.

INGREDIENTI:
  • 8 salsicce
  • 1 grappolo di uva nera da vino

 

 

PREPARAZIONE:

Bucherellate le salsicce, ponetele in una padella con pochissima acqua e fatele colorire un poโ€™, poi aggiungete gli acini dโ€™uva e fate cuocere per ancora 15 minuti. Servitele calde.

 

 

Questa ricetta รจ della zona di Foligno. Le salsicce allโ€™uva si preparano, nello stesso modo, anche a Orvieto e a Terni, dove perรฒ si usa uva bianca.

 

Per gentile concessione di Calzetti e Mariucci Editore.

Il bacino lacustre del Trasimeno vanta, da secoli, una vocazione vitivinicola che ne ha fatto un punto di riferimento per l’approvvigionamento di vino, sia bianco sia rosso, delle cittร  vicine.

Una faticosa ricerca d'identitร 

La zona di produzione ha fatto, da sempre, molta fatica nel trovare un’identitร  ben definita, cosรฌ come tratti caratteristici in grado di identificarne con precisione i confini, a differenza di ciรฒ che avviene in altre zone dell’Umbria, come Orvieto, Torgiano o Montefalco.
A partire dagli anni Duemila, l’area lacustre, cosรฌ come molte altre in Italia, ha visto la diffusione della produzione di Sangiovese, tagliato con vitigni internazionali – primo tra tutti il Merlot – e con il ricorso del legno piccolo. Un tipo di produzione influenzata dalle mode del momento, ma non supportata da un’identitร  comune delle cantine del Trasimeno, fattore che ha portato al suo superamento.
Lo stesso disciplinare di produzione della DOC Colli del Trasimenoย รจ molto variegato, dato che ammette numerosi vitigni internazionali: dallo Chardonnay, al Pinot Nero, cosรฌ come quelli tipicamente umbri, quali il Grechetto e il Trebbiano.

 

Vini del Trasimeno, foto via Facebook

Un punto di riferimento in mezzo al caos

Negli ultimi anni, questa faticosa ricerca d’identitร  sembra arrivata a un punto di svolta: stiamo parlando della sempre maggiore scoperta e valorizzazione del Gamay del Trasimeno, giร  compreso nella DOC sopracitata. La storia di questo vitigno non รจ tra le piรน fortunate, dato che รจ stato per lungo tempo confuso con il piรน famoso Gamay coltivato in Francia, nella regione del Beaujolais. In realtร  il vitigno umbro fa parte della famiglia del Cannonau sardo, dell’Alicante e della Garnacha spagnola.
Le sue origini sono elleniche e, da quella zona, si diffuse nel resto dell’Europa, soprattutto in Spagna. Successivamente gli spagnoli lo introdussero in Sardegna – era la metร  del Quattrocento – ed รจ da qui che ha origine il suo viaggio verso la nostra Umbria. Numerosi furono, infatti, i pastori sardi che emigrarono nell’area del Trasimeno dalla metร  del XIX secolo, portando con sรฉ le barbatelle dei vitigni.

Un esempio di adattamento al territorio

Si tratta di un vitigno che รจ stato protagonista di innumerevoli spostamenti, ma che รจ riuscito ad adattarsi e aย radicarsi nei territori nei quali รจ stato portato, assumendo nomi diversi, mentre quello originario si รจ perso nella memoria dei luoghi. Il Gamay del Trasimeno ha, infatti, un fratello gemello anche nelle Marche, chiamato Bordรฒ, coltivato da un pugno di cantine nella zona del Piceno. In Veneto diventa, invece, Tocai Rosso, e in Francia Grenache.
In ogni caso e qualsiasi sia il suo nome, il vitigno produce molti grappoli e puรฒ essere vendemmiato in due momenti: una prima vendemmia, per i vini rosati, mentre la seconda, tardiva, regala vini color rosso rubino dai sentori di mandorla amara e frutti rossi.
Oggi il Gamay perugino o del Trasimeno รจ sempre piรน apprezzato e conosciuto, come dimostrano le tre medaglie d’oro, conquistate lo scorso aprile dalle Cantine del Trasimeno, allโ€™edizione 2018 del Grenaches du Mondeย in Catalogna. Si tratta di una manifestazione internazionale che ha messo a confronto oltre 850 vini provenienti da tutto il mondo, realizzati con uve della famiglia del Grenache.

Lโ€™arco, arma prediletta dal leggendario Robin Hood, tanto che รจ difficile potersi immaginare tale personaggio senza questo arnese, riesce tuttโ€™ora ad evocare grande fascino.

Riser, flettenti, corda, bottone e rest, sono i componenti principali dellโ€™arco, ai quali, nelle versioni moderne, possono aggiungersi mirino e stabilizzatore. Attraverso di essi vengono realizzate, con diverse misure e dimensioni, cinque tipologie principali di archi: diritti, ricurvi, a delta, asimmetrici e compound. Questi ultimi, di piรน recente produzione, sono dotati di un sistema di cavi, pulegge e carrucole per ridurre lo sforzo di trazione, tanto che in campo arcieristico vengono associati piรน a delle macchine che ad archi nel senso tradizionale del termine.

 

foto di Mirko Giattini Moriconi

Forgiato sull'arciere

Tuttavia lโ€™origine di questo straordinario arnese ha radici profonde, poichรฉ lโ€™arco fa la sua prima comparsa alla fine del Paleolitico, quale utensile per la caccia. Nel corso del tempo, perรฒ, il suo impiego รจ stato legato alla guerra, specialmente a seguito della nascita di territori definiti da confini precisi e del desiderio dei sovrani di ampliarli, divenendo una presenza costante nelle battaglie tra gli eserciti.
Storicamente, ogni popolo sviluppรฒ un proprio tipo di arco, a seconda delle materie a sua disposizione e delle modalitร  dโ€™uso: essi infatti differivano in dimensioni a seconda che lโ€™arciere lo utilizzasse stando in piedi, per cui avrebbe avuto una lunghezza maggiore, o, al contrario, se lo usasse stando seduto sul cavallo – l’arco sarebbe quindi stato piรน corto. Una precisazione: in una prima fase lโ€™arco veniva costruito basandosi sulle caratteristiche proprie dellโ€™arciere, adattandosi cosรฌ alle sue esigenze anche in senso fisico, al fine di garantire la migliore prestazione possibile. A partire dalla Guerra dei Centโ€™anni (1337-1453), perรฒ, lโ€™arco cominciรฒ a essere prodotto in serie, uniformandosi a uno standard. Questo anche a causa di nuove esigenze sorte sui campi di battaglia, tra cui quella di ridurre il numero di avversari negli schieramenti frontali, il che non richiedeva alcun tipo di precisione nella mira.

I giochi olimpici

Progressivamente lโ€™utilizzo di questo strumento andรฒ scemando, anche nelle guerre, dove venne sostituito da armi piรน potenti e distruttive e, per quasi tre secoli, cadde nellโ€™oblio, per essere poi ripreso, a partire dal Novecento, in ambito sportivo. Proprio allโ€™inizio del XX secolo, infatti, il tiro con lโ€™arco entrรฒ a far parte dei Giochi Olimpici, anche se venne escluso per un periodo di tempo che va dal 1920 al 1972. In Italia si affermรฒ in un primo momento come hobby per ragazzi, per divenire, poi, negli anni Trenta, sotto il regime fascista, disciplina riservata alle Giovani Italiane, tanto che a Orvieto venne organizzato, dallโ€™Accademia di Educazione Fisica, il primo campionato femminile. La prima societร  arcieristica italiana nacque nel 1956 a Treviso, la quale si occupava anche della realizzazione delle competizioni per ambo i sessi. Oggi nel nostro Paese esistono due federazioni principali, vale a dire la Federazione Italiana Tiro con lโ€™Arco (FITARCO) fondata nel 1961, che si divide in venti comitati regionali, e la Federazione Italiana Arcieri Tiro di Campagna (FIARC) istituita nel 1983, che rappresenta lโ€™associazione italiana della International Field Archery Association (IFAA).

 

foto di Mirko Giattini Moriconi

La filosofia

Il tiro con lโ€™arco รจ uno sport riconosciuto e praticato a tutti gli effetti, vista lโ€™organizzazione delle due federazioni sopracitate che prevedono gare e campionati nazionali e internazionali, ma molti sono gli appassionati amatoriali che lo scelgono come attivitร ; su questo si pensa che la cinematografia abbia un ruolo, ma si potrebbero aggiungere le numerose rievocazioni storiche che si svolgono in giro per lโ€™Italia, insieme allโ€™offerta di molte strutture ricettive che lo posizionano tra le pratiche da poter svolgere allโ€™aria aperta a contatto con la natura. Ma tra le altre motivazioni รจ interessante far emergere la filosofia giapponese.
In Giappone infatti la pratica dellโ€™arco รจ considerata uno stile di vita, una similitudine della vita stessa con le proprie sfaccettature e circostanze, a volte favorevoli e a volte meno, che hanno come perno lo sviluppo umano dellโ€™autocontrollo, con cui si puรฒ raggiungere qualsiasi obiettivo. Tra i molteplici autori che ne parlano in maniera esplicita, Paulo Coelho, ne Il cammino dellโ€™arco, descrive come lโ€™arco venga personificato e assuma significato per poter vivere prendendo coscienza di sรฉ: lโ€™arco diventa la vita, la fonte dellโ€™energia umana, mentre la freccia รจ lโ€™intenzione, ยซciรฒ che collega la forza dellโ€™arco al centro del bersaglioยป (p.55). Il bersaglio รจ invece lโ€™obiettivo che si vuole raggiungere, ma per farlo bisogna essere nella condizione spirituale adeguata, tanto da riuscire a immaginare che esso si avvicini allโ€™arciere. Scoccare la freccia vuol dire che lโ€™uomo ha preso coscienza di tutti i passi fatti fino a quel punto, ognuno dei quali รจ indispensabile. Tutto questo sottintende che, prima di arrivare al tiro, ci vuole molto tempo e impegno. Fa venire voglia a chiunque di iniziare a praticare questa attivitร .

Diventare arcieri in Umbria

E proprio su questo, lโ€™Umbria presenta unโ€™ampia scelta di strutture che propongono il tiro con lโ€™arco; molti agriturismi lo prevedono come attivitร  per tutti da svolgere immersi nel cuore verde, ma si puรฒ partecipare inoltre a corsi amatoriali con relativo rilascio di attestati. Ad esempio, due associazioni di Terni, lโ€™associazione sportiva Gaia e lโ€™agenzia Dreavel, si occupano di organizzare giornate di attivitร  outdoor e di tiro con lโ€™arco, che si svolgono rispettivamente a Fiastra e a Norcia. E, proprio nella cittร  di San Benedetto รจ possibile partecipare al corso di costruzione dellโ€™arco. Sempre a Norcia lโ€™associazione Sibillini Adventure organizza corsi specifici di tiro con lโ€™arco istintivo (quello antico, cosรฌ come รจ nato), a partire dal corso base di 18 ore, che prevede lezioni teoriche e pratiche e il rilascio di un attestato finale di partecipazione. Esiste infine il parco Activo Park a Scheggino, immerso nella natura selvaggia tipica della Valnerina, in cui si possono svolgere molte attivitร  sia per bambini che per adulti, tra cui il tiro con lโ€™arco.

 

foto di Mirko Giattini Moriconi

 

Le rievocazioni storiche

Il tiro con lโ€™arco, come accennato in precedenza, si ritrova in diverse rievocazioni storiche, di cui lโ€™Umbria รจ particolarmente ricca. Queste manifestazioni, solitamente, prevedono la rappresentazione della vita quotidiana di epoche passate, durante le quali i borghi e le cittร  umbre erano suddivisi in fazioni, spesso in competizione tra loro. Cortei storici, taverne ed eventi ludici caratterizzano questi momenti, svolti rigorosamente nei costumi tradizionali e in precisi periodi dellโ€™anno. Le sfide tra fazioni, chiamate in modi differenti a seconda della localitร , consistono in alcune gare il cui scopo รจ la conquista di un Palio, ossia un arazzo dipinto da qualche celebre artista. In Umbria le rievocazioni storiche le cui sfide principali consistono in una gara di tiro con lโ€™arco sono tre: due di esse si svolgono a Todi, la terza a Cittร  della Pieve.
Nel caso di Todi, entrambe le gare di tiro con lโ€™arco si tengono nellโ€™ambito del campionato nazionale della FITAST, la Federazione Italiana Tiro Arco Storico e Tradizionale: la prima viene proposta ad aprile, nota come Todi cittร  degli Arcieri, in cui a sfidarsi sono duecento arcieri su venti piazzole; la seconda, in ottobre, si chiama Disfida di San Fortunato e prevede un massimo di centoventi arcieri che gareggiano su un percorso di dieci piazzole, il tutto nello sfondo del meraviglioso centro storico tuderte.
A Cittร  della Pieve, invece, si svolge, in agosto, il cosiddetto Palio dei Terzieri. I terzieri sono porzioni di terreno in cui era suddivisa anticamente la cittร , i quali si distinguono nel Castello medievale o Classe dei Cavalieri, che identificava lโ€™aristocrazia; il Borgo dentro, con il quale ci si riferiva, invece, alla borghesia; il Casalino o Classe dei Pedoni, che individuava il ceto dei contadini. La gara principale รจ conosciuta come Caccia del Toro, in cui tre arcieri per ogni terziere devono colpire dei bersagli mobili a forma di toro, tutti situati su di una medesima giostra. La competizione รจ divisa in tre tempi, e dal primo allโ€™ultimo la velocitร  delle sagome-bersaglio aumenta. Il terziere vincente otterrร  il Palio, costituito da un arazzo rappresentante i simboli dei tre terzieri e, in alto, lo stemma della cittร , trofeo che verrร  conservato dal vincitore fino alla successiva sfida.
Strumento sportivo e storico, e recentemente dotato anche di una connotazione filosofica, lโ€™arco costituisce, dunque, una sorta di legame tra lโ€™uomo dellโ€™antichitร  e lโ€™uomo moderno, che permette a questโ€™ultimo di evadere dalle tecnologie che oggi invadono la quotidianitร  e riassaporare il senso della realtร .

 


Fonti:

Enzo Maolucci (2012) Arco per tutti, Hoepli, Milano.

Paulo Coelho (2003) Il cammino dellโ€™arco; nuova edizione 2017 di La nave di Teseo, Milano. http://www.activopark.com

http://www.asgaia.it

https://www.dreavel.com/ita/4/attivita/214/norcia-corso-di-tiro-con-larco-istintivo/

http://www.fitarco-italia.org

https://www.fiarc.it

https://www.sibilliniadventure.it

https://www.paliodeiterzieri.it

Negli ultimi 20-30 anni รจ maturato un rinnovato interesse per il cibo sano e di qualitร , e lโ€™Umbria si trova proprio nel bel mezzo di questo Rinascimento, che include sia antiche qualitร  di prodotti sia cibo biodinamico e biologico.

Sapori antichi

Gli alimenti antichi o โ€œdi una voltaโ€ fanno riferimento a colture che sono state riscoperte dopo anni di scarso utilizzo o addirittura di inutilizzo. รˆ stato ricostruito lโ€™albero genealogico delle sementi per piantare prodotti vegetali che sembravano ormai perduti, rimpiazzati da nuove varietร  o da ibridi. Molto spesso, non รจ possibile trovare questi prodotti nemmeno nei punti vendita. Alcuni di essi possono non essere esteticamente attraenti come i loro alter ego moderni, ma possiedono un gusto unico e delizioso.

Per piรน di trentโ€™anni, alcuni coltivatori nei pressi di Cittร  di Castello sono andati alla ricerca di antiche varietร  di alberi da frutto, e ora il loro frutteto include meli, peri, ciliegi, susini, alberi di fichi e di mandorle. Tutti gli esemplari sono stati catalogati e i loro semi vengono conservati. Proprio per promuovere i frutti โ€œdi una voltaโ€, i coltivatori hanno messo in vendita i loro alberi storici tramite lโ€™Azienda Agricola Archeologia Arborea, rendendoli disponibili anche al grande pubblico.

Osserviamo le stelle

Il metodo biodinamico, dal canto suo, si riferisce ad un tipo di agricoltura basata sullo stretto rapporto con i ritmi della natura. Seguendo i principi elaborati da Rudolf Steiner negli anni Venti del Novecento, ha come obiettivo quello di restaurare, mantenere e potenziare la sinergia con lโ€™ambiente. Gli agricoltori piรน importanti cercano altresรฌ di differenziare le colture, di usarne altre complementari – come quella del trifoglio o dellโ€™orzo per reintrodurre azoto nel terreno – e di ruotarle frequentemente, ma anche di tenere in considerazione la posizione della luna e delle stelle nel momento della semina e del raccolto.

In Umbria si possono trovare diversi prodotti di questo tipo, come il vino dellโ€™Azienda Fontesecca di Cittร  della Pieve, quello della Fattoria Mani di Luna Torgiano, o di Raรฌna, il cui quartier generale si trova a Montefalco. Allo stesso modo, tra le offerte di alcune aziende si annoverano olio biodinamico โ€“ come nel caso dellโ€™Azienda Agraria Hispellum di Spello o di Fonte Vergine di Terni โ€“ o cereali, come nel caso dell’Azienda Biodinamica Conca dโ€™Oro di Gubbio o Torre Colombaia di San Biagio della Valle (una frazione di Marsciano). Alcuni caseifici locali producono formaggi con il latte di ovini allevati secondo i principi della biodinamica, come per esempio la Fattoria Il Secondo Altopiano di Orvieto.

Ci si puรฒ associare a diverse organizzazioni di produttori biodinamici, delle quali Demeter รจ riconosciuta a livello globale, mentre lโ€™Associazione Nazionale per lโ€™Agricoltura Biodinamica, gruppo diffuso a livello nazionale, ha il suo distaccamento umbro proprio a Spello.

La questione del biologico

โ€œBiologicoโ€ รจ forse la piรน controllata โ€“sebbene fraintesa- nomenclatura che possiamo trovare oggi sulle nostre tavole. Solo una decina di anni fa, il termine era usato in maniera piuttosto approssimativa e senza alcuna certificazione preventiva; adesso invece, attenersi ai severi prerequisiti richiesti dalle etichette significa avere avuto lโ€™autorizzazione ad usare la parola โ€œbiologicoโ€ da parte di alcune agenzie governative. Lโ€™accettazione allโ€™interno di questa rete implica severi controlli delle quantitร  e delle tipologie di fertilizzanti usate, il divieto di usare pesticidi e erbicidi, e dichiarazioni sul trattamento sporadico delle colture โ€“ soltanto quando la pioggia o i cambiamenti climatici ne rendono necessario lโ€™uso.

La famosa Foglia Verde รจ garanzia di biologico e indica che il prodotto รจ stato soggetto ad una serie di controlli europei operati sulle direttive della legge 834/2007. In Umbria ci sono una serie di enti che possono conferire la foglia verde, tra cui ICEA, Ecocert (un ente di origine francese), Suolo e Salute, Bioagricert.

Un processo delicato

Per essere riconosciuto come biologico, un prodotto deve essere raccolto o lavorato attraverso strumenti certificati.

Nel caso dei cereali, il coltivatore deve inviare il proprio raccolto ad un molino certificato, come per esempio il Molino Silvestri di Torgiano, che macina e rivende la farine ottenute sia a privati, sia a ristoranti umbri e toscani.

Allo stesso modo, per produrre ad esempio un olio che sia biologico, la spremitura delle olive deve avvenire in un frantoio che abbia ottenuto una certificazione in tal senso. Il momento migliore per macinare รจ la mattina, quando ancora cโ€™รจ la possibilitร  di utilizzare macchinari puliti, senza residui di prodotti non biologici.

Lo stesso discorso si puรฒ fare per qualsiasi frutto della terra: dal vino dellโ€™Azienda Agricola Di Filippo di Cannara o quello della Cantina Antonelli di Montefalco, allo zafferano dellโ€™Azienda Agricola De Carolis Adelino di Civita di Cascia; dalle marmellate dell’Azienda Agricola Sibilla di Norcia, ai formaggi dellโ€™Azienda Agricola Rossi Rita, che raccoglie e lavora il latte biologico di animali allevati in diverse aziende della Valnerina.

(Per otto persone)

INGREDIENTI
  • 1 kg di farina
  • 300 g di parmigiano
  • 100 g di pecorino piccante grattugiato
  • 250-300 g di guanciale di maiale o di pancetta tagliata a dadi piccolissimi
  • 2 panetti di lievito di birra
  • Poco latte
  • Sale
  • Olio per la tortiera

 

PREPARAZIONE

Mescolate la farina, il parmigiano, il pecorino, la pancetta e un poโ€™ dโ€™olio. Unite il lievito sciolto in poca acqua tiepida e lavorate sempre con acqua tiepida, fino ad ottenere un impasto morbido ma non molle. Tagliatelo a pezzetti e allungateli facendoli rotolare sulla spianatoia formando tanti rotolini. Fate girare ogni rotolino su sรฉ stesso. Disponete le lumachelle su una placca da forno, distanziate tra di loro e infornate a 220ยฐ. Fate cuocere per 25-30 minuti. Le lumachelle si possono servire sia tiepide, sia fredde.

 

 

Le lumachelle sono tipiche della zona di Orvieto. Un tempo si metteva solo formaggio pecorino, in parte piccante, e al posto dellโ€™olio si usava lo strutto.

 

Per gentile concessione di Calzetti โ€“ Mariucci Editore

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