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Per chi vive o frequenta una regione ricca dโ€™importanti corsi dโ€™acqua come lโ€™Umbria รจ normale aver avuto in qualche modo a che fare con una trota: vuoi perchรฉ trainati dalla passione per la pesca a mosca, vuoi perchรฉ di fronte a un succulento cartoccio non si puรฒ dire di no o vuoi per il solo fatto che siamo abituati a collegare questo magnifico pesce alle chiare, fresche e dolci acque di petrarchesca memoria. Non tutte le trote dei nostri corsi dโ€™acqua perรฒ ci raccontano la stessa storia e, se si va ad approfondire lโ€™argomento, saltano fuori problematiche del tutto inaspettate.

 

Trota mediterranea (Salmo cettii). Foto di Massimo Lorenzoni

 

Iniziamo a fare un poโ€™ di chiarezza: la trota mediterranea nativa (Salmo cettii) รจ un salmonide esclusivo dellโ€™area mediterranea che, attualmente, nel territorio italiano si trova in uno stato di conservazione sfavorevole, tendente al declino. Questa specie frequenta i tratti alti dei bacini idrografici insulari e peninsulari appenninici e i torrenti montani delle Alpi occidentali.
Ma come fa a essere a rischio di scomparsa una specie ittica che viene allevata in molte troticolture e puntualmente reimmessa nei corsi dโ€™acqua con importanti ripopolamenti proprio a ridosso della stagione di pesca? Semplicemente perchรฉ non tutte le trote sono ugualiโ€ฆ
Si stima che ad oggi in Italia rimangano solo qualche migliaia di individui appartenenti alle popolazioni diย Salmo cettiiย autoctone, con popolazioni isolate in piccoli bacini idrici di montagna.
La specie รจ particolarmente minacciata dallโ€™alterazione degli habitat, dal bracconaggio e dai rilasci illegali con entitร  non autoctone che ne impoveriscono il patrimonio genetico.
Proprio su questโ€™ultimo punto vogliamo porre lโ€™attenzione, in quanto quelle azioni di ripopolamento non pianificate e soprattutto i frequenti rilasci illegali di animali pronto pesca per la stagione alieutica non fanno che deteriorare ulteriormente il giร  profondamente minato corredo genetico della specie.

 

Trota fario (Salmo trutta). Foto di Massimo Lorenzoni

 

Ricerche effettuate dallโ€™Universitร  degli Studi di Perugia hanno messo in evidenza che in Umbria sono presenti solo tre popolazioni residue costituite quasi esclusivamente da trota mediterranea, presso il Torrente il Rio al confine con la regione Marche, il Torrente Monterivoso e la parte alta del Fiume Vigi nel sottobacino del Fiume Nera.
Proprio per salvaguardare la specie allโ€™interno del suo areale รจ in corso il progetto LIFE STREAMS Salmo ceTtii REcovery Actions in Mediterranean Streams โ€“ LIFE18 NAT/IT/000931 che ha come obiettivo principale il recupero della trota mediterranea nativa (Salmo cettii) in sei aree pilota del territorio italiano, attraverso la progettazione e lโ€™adozione di azioni concrete e coordinate di conservazione.
Tra le sei aree pilota figurano alcuni siti della Sardegna, del Parco Nazionale della Majella, del Parco Regionale di Montemarcello-Magra-Vara, del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, del Parco Nazionale del Pollino e del Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Un grande sforzo congiunto, con lโ€™obiettivo di preservare una specie, erroneamente considerata di poca importanza, che invece ci mostra da unโ€™altra prospettiva il carattere aspro e selvaggio dei corsi dโ€™acqua di montagna.

 


BIBLIOGRAFIA

  • Carosi A., Ghetti L., Padula R., Lorenzoni M. Population status and ecology of the Salmo trutta complex in an Italian river basin under multiple anthropogenic pressures. Ecol Evol. 2020; 00:1โ€“14. https://doi.org/10.1002/ece3.6457

ยซIl lago Trasimeno, pur nella sua vastitร , per effetto della sua scarsissima profonditร  soffre di una grande precarietร  e debolezza nel fronteggiare sia gli eventi climatici sia le opere dellโ€™uomoยป.

Ho conosciuto Romano Rinaldi qualche anno fa e ci siamo intesi fin da subito con degli argomenti che abbiamo sentito nostri e condiviso fin dalle prime battute. Ma un tema, in particolare, ci ha sempre fatto da comun denominatore nelle nostre amabili chiacchierate: il beneamato lago Trasimeno. A questo proposito ho chiesto a Romano questa intervista perchรฉ, dal suo punto di vista, di cose interessanti ne ha da raccontare davvero tante.

Professor Romano Rinaldi

Ma prima di leggere le sue esplicative parole, รจ dโ€™uopo una sua breve presentazione, da cui si potranno evincere i sui trascorsi professionali: il prof. Romano Rinaldi รจ lโ€™ex titolare della Cattedra di Mineralogia dellโ€™Universitร  di Perugia (dal 1990 al 2014). In precedenza รจ stato docente e ricercatore presso gli atenei di Cagliari, Modena, Berkeley (USA), Chicago (USA) e Manitoba (Canada). Ha coordinato e partecipato a gruppi e progetti di ricerca nel suo campo in molti Paesi, oltre che in Italia (UK, SE, DK, CH, FR, DE, ES, PT, US, JP). Attualmente vive e lavora (per diletto) in prossimitร  del lago Trasimeno ed รจ quindi interessato alle vicissitudini e alla storia del lago, sia recenti, sia in ambito geologico-ambientale, data anche la sua prima laurea in Scienze Geologiche.

Possiamo dire che il Trasimeno รจ stato sempre di grande interesse per l’Universitร  di Perugia, a testimonianza una recente iniziativa dellโ€™UNIPG: il Brainstorming sul Lago Trasimeno, del 3-4 febbraio 2021. Un convegno telematico (in tempi di Covid) che ha visto una nutrita, assidua e attenta partecipazione del pubblico, che dimostra quanto sia vivo lโ€™interesse per il Lago e quante competenze siano necessarie per comprendere le varie tematiche per questo delicato, suggestivo e antico specchio lacuale. La partecipazione di ricercatori e studiosi afferenti a tutti e 14 i Dipartimenti dellโ€™ateneo, ne รจ una conferma palese. Ma veniamo allโ€™intervista.

Professor Rinaldi, ci puรฒ dare unโ€™idea della storia e dell’evoluzione geologica del lago Trasimeno?

Lโ€™unicitร  del lago Trasimeno รจ dovuta alla sua storia geologica alquanto singolare, di cui si occupรฒ per primo Leonardo da Vinci, sempre avido di conoscere a fondo quanto sollecitava la sua curiositร . A differenza degli altri grandi laghi Italiani che sono o di origine glaciale (laghi Alpini e del nord Italia, per esempio Como, Maggiore, Garda) oppure di origine vulcanica (laghi laziali di Bolsena, Vico e Bracciano), il Trasimeno si รจ formato durante la nascita della catena montuosa dellโ€™Appennino Centrale (orogenesi Appenninica) in una era geologica piรน antica di quelle che hanno dato luogo alla formazione di tutti gli altri laghi italiani.
La formazione del Lago inizia una decina di milioni di anni fa (Medio Miocene) con lโ€™orogenesi dellโ€™Appennino centrale: una catena di monti disposta in direzione NE, che si forma dalla convergenza tra lโ€™orogene Alpino e il fronte del promontorio adriatico (parte della placca africana). A partire da quei lontani tempi geologici si avvia la formazione di un bacino sedimentario marino che era il precursore del Mar Tirreno (Pliocene inferiore: 4 milioni di anni fa). Nella depressione che comprendeva la Val di Chiana e il bacino del Trasimeno si accumularono dunque sedimenti marini per alcuni milioni di anni. Poi, quando queste depressioni interne rimasero isolate allโ€™interno della terraferma, circa due milioni di anni fa, si formarono dei grandi bacini lacustri che furono via-via riempiti dai sedimenti continentali (fiumi, laghi), tranne che per un residuo velo dโ€™acqua che persiste tuttโ€™ora a formare il nostro Lago, anche in virtรน dello svuotamento del bacino della Val di Chiana per effetto dellโ€™inclinazione che questo assunse in direzione del bacino del Trasimeno. Per questi motivi si dice che il Lago รจ di origine tettonica. Lโ€™esiguitร  della profonditร  del lago (max. 5-6 metri raggiunti solo in alcuni punti), pur con una grande estensione che ne fa il secondo lago italiano (superficie di circa 120 km2), comporta la definizione di lago laminare con vaste estensioni che possono rapidamente impaludarsi per effetto di piccole oscillazioni (in meno) del livello dellโ€™acqua, soprattutto nella zona compresa tra le rive di San Savino e Santโ€™Arcangelo e lโ€™isola Polvese.

Il Trasimeno รจ dunque un lago laminare. Cosa significa in termini di equilibrio idrico e precarietร ?

Il lago Trasimeno, pur nella sua vastitร , per effetto della sua scarsissima profonditร  soffre di una grande precarietร  e debolezza nel fronteggiare sia gli eventi climatici sia le opere dellโ€™uomo. Questo deve essere ben presente a tutti coloro che intendano usufruire del Lago, dei suoi prodotti e del suo ambiente naturale e della sublime bellezza del suo paesaggio. Grande cura, impegno e studio sono richiesti per mantenere questi luoghi, utilizzarli con profitto e poterli tramandare alle generazioni future. I cambiamenti climatici in atto rendono il tema di assoluta e urgente attualitร . Lโ€™equilibrio idrico del Lago non รจ affatto garantito non avendo immissari o emissari naturali. I canali artificiali attualmente in funzione non sono in effetti sufficienti a garantire la stabilitร  del livello del lago, soprattutto per quanto riguarda gli apporti idrici. Sono dunque necessari interventi idraulici di connessione con bacini artificiali o corsi dโ€™acqua naturali che possano garantire gli apporti necessari in regime di magra. Per quanto riguarda lโ€™emissario artificiale, una recente prova di funzionamento ha dimostrato che รจ comunque possibile far fronte abbastanza agevolmente a situazioni di piena. Anzi, sarebbe il caso di dire troppa grazia San Savino!

 

lago-Trasimeno

Lago Trasimeno

Il Trasimeno non รจ solo acqua. Cosa ci puรฒ dire sulla relazione che c’รจ tra acqua e terre circostanti.

Ritornando alla dinamica geologica ma relativa ai nostri giorni, il Lago รจ tuttโ€™ora soggetto allโ€™apporto di sedimenti per effetto del dilavamento del suo bacino imbrifero e questo comporta un costante innalzamento del fondo che, pur se apparentemente impercettibile nellโ€™arco degli anni, deve essere tenuto in considerazione nellโ€™arco dei decenni e soprattutto dei secoli. Infatti รจ stato calcolato un apporto di circa 1 cm ogni 3-4 anni. Questo significa che il fondo puรฒ innalzarsi di 10 cm in 30-40 anni ovvero di 1 metro in 300-400 anni. Il che porterebbe il nostro Lago a finire la sua esistenza naturale in tempi piuttosto rapidi, considerando che questi fenomeni, una volta avviati, si svolgono in modo molto accelerato, non certo con la progressione aritmetica riportata allโ€™inizio del ragionamento. Un orizzonte temporale possibile per lโ€™estinzione del Lago puรฒ essere dunque ipotizzato, in mancanza di interventi di cura e manutenzione, in poche centinaia di anni. Questo, a fronte di una etร  minima del lago, cosรฌ come oggi lo conosciamo, di alcuni milioni di anni, puรฒ essere paragonato a un paio di secondi nellโ€™arco di una giornata!

Il Trasimeno, nel suo oscillante equilibrio idro-ecologico, deve fare i conti con una molteplicitร  di fattori condizionanti. Secondo lei, quali dovrebbero essere gli accorgimenti e le iniziative da intraprendere per tutelare e preservare la bellezza naturale che caratterizza questo raro fenomeno naturalistico-ambientale?

Come giร  accennato, una prima preoccupazione deve essere il mantenimento di un equilibrio idrico che smorzi gli effetti delle cicliche magre, storicamente molto piรน protratte nel tempo delle piene. Questo puรฒ essere attuato solamente disponendo di apporti da laghi artificiali (es.: Monte Doglio) o da fiumi (es.: Tevere) che compensino lโ€™evaporazione (estiva e invernale โ€“ anche la tramontana ha un effetto notevole sullโ€™evaporazione) e la ciclica mancanza di piogge. Questo deve essere associato alla manutenzione del fondo, con la rimozione degli eventuali accumuli di melme composte da frazione organica e inorganica che portano a un inesorabile sollevamento del fondo come detto in precedenza. Esperimenti preliminari con questi depositi sembra abbiano fornito materiale adatto per la coltivazione; questo potrebbe essere un incentivo per ottenere due risultati, il mantenimento di un buon livello del fondo e la reclamazione di aree agricole altrimenti soggette a periodici impaludamenti nei periodi di piena. Devono poi essere considerati molti altri aspetti che ricadono nelle competenze di biologi, botanici ed ecologisti per quanto riguarda le specie utili e meno utili allโ€™equilibrio ecologico-ambientale del lago. Ma questi sono argomenti che richiedono competenze diverse da quelle di un geologo.

Era febbraio quellโ€™anno e la neve scendeva e copriva lโ€™Europa. Tutta lโ€™Italia lentamente si trovรฒ imbiancata dal Brennero a Palermo.

In Umbria scesero prima 10 centimetri poi 50 e la vita si fermรฒ a guardare. Lu nevone, la chiamarono a Norcia. Dopo la neve la temperatura cominciรฒ a scendere, poi nevicรฒ ancora e poi gelรฒ. A Terni la temperatura scese fino a -15ยฐ C e il termometro si schiantรฒ. Lโ€™Italia batteva i denti. Quando lโ€™inverno sembrava finito – era il 13 marzo – il cielo si coprรฌ ancora di nubi grigie, la primavera fece un passo indietro e di nuovo cominciarono a scendere inesorabilmente i fiocchi bianchi, tanti, troppi.

L’Italia sommersa dalla neve

Dopo la neve tornรฒ ancora il gelo, duro, terribile, crudele. Il proverbio dice sotto la neve pane, ma la neve del โ€˜56 non ebbe pietร  per il pane. Il freddo intenso distrusse il grano nei campi, bruciรฒ gli olivi e seccรฒ le viti. Gli agricoltori si trovarono senza niente da mangiare, niente da vendere, niente da vivere. Le industrie erano scarse in Umbria, nel โ€˜56, non cโ€™erano reti di salvataggio per chi lavorava la terra.

Un duro inverno

Fu un inverno di dolore che travolse intere famiglie e che cambiรฒ la vita di molte persone. Troppi furono costretti a lasciare la loro casa, il loro mondo, gli affetti piรน cari e prendere la via dellโ€™esilio. Ci fu chi si spostรฒ solo fino a Terni o a Roma e chi fu costretto ad andare lontano, fino in Germania o in Francia o in Belgio. Chi rimase doveva continuare a vivere e fare i conti con la natura ma essa, con la sua forza devastatrice, non aveva tenuto conto della tenacia degli agricoltori.
Ci furono piantagioni che andarono interamente sostituite. Si buttarono via i frutti sugli alberi e anche gli alberi. Gli olivi che tenacemente resistono anche quando la temperatura scende sottozero, si arresero sotto la sferza del gelo troppo intenso e troppo lungo: si spaccรฒ la corteccia, i rami cedettero sotto il peso della neve, le foglie mutarono colore da verde a marrone. Le colline avevano cambiato volto e gli olivi sembravano zombi. I danni erano gravi, anzi gravissimi, ma quello che si vedeva non era tutto. Gli alberi si alzano da terra belli e frondosi, ma sottoterra ci sono le radici che sono lโ€™apparato vitale e le radici avevano resistito ed erano vive.

 

Norcia sommersa dalla neve nel 1956

La rinascita a primavera

Non tutto รจ perduto! fu il grido che si levรฒ ovunque. Quando finalmente la primavera arrivรฒ si portรฒ via la neve. Allora andarono tutti nei campi con la sega e tagliarono gli alberi fino a metร  tronco, li capitozzarono e rimase la ceppaia. Poi tornรฒ di nuovo lโ€™inverno e tornรฒ la primavera e la ceppaia cominciรฒ a gettare i primi rametti e lรฌ i contadini intervennero.
Invece di far crescere un solo tronco ne lasciarono crescere tre, con spazio e aria tra i rami per difenderla meglio dai vari parassiti che lโ€™attaccano e distruggono il raccolto. Avevano inventato il vaso policonico, cioรจ erano tre strutture piramidali che avevano la funzione di abbassare i rischi in caso di condizioni avverse. Le avversitร  atmosferiche sarebbero sempre tornate allora non restava che aumentare le probabilitร  di sopravvivenza: se i tronchi sono tre, forse uno si salva.
Dopo la gelata del โ€˜56 o meglio, dopo il Nevone del โ€˜56, il panorama delle colline umbre รจ leggermente cambiato: sono spariti quegli alberi biblici che avevano un solo tronco contorto, lavorato dai parassiti ma ricco di leggende e al loro posto si sono sviluppati alberi bassi, facilmente lavorabili, che, dopo un breve tronco, si aprono in tre e che vediamo ovunque attraversando la Regione.

Rete Natura 2000 รจ uno strumento dellโ€™Unione Europea per conservare il patrimonio di biodiversitร .

Non tutti sanno che in Umbria, oltre ai parchi regionali (Monte Cucco, Lago Trasimeno, Fiume Nera, Colfiorito, Monte Subasio, Fiume Tevere), al Sistema Territoriale di Interesse Naturalistico Ambientale – S.T.I.N.A. e al Parco Nazionale dei Monti Sibillini condiviso con la Regione Marche, sono presenti ben 102 aree, piรน o meno grandi, appartenenti alla Rete Natura 2000. Ma capiamo un poโ€™ meglio di cosa si tratta. La Rete Natura 2000 รจ uno strumento dellโ€™Unione Europea per conservare il proprio patrimonio di biodiversitร  attraverso la definizione di una rete di aree istituite ai sensi della Direttiva 92/43/CEE Habitatย per garantire il mantenimento a lungo termine degli habitat naturali e delle specie di flora e fauna minacciati o rari a livello comunitario.

La Rete รจ formata dai Siti di Interesse Comunitario (SIC) che vengono successivamente designati quali Zone Speciali di Conservazione (ZSC) e comprende anche le Zone di Protezione Speciale (ZPS) istituite ai sensi dellaย Direttiva 2009/147/CE Uccelliย concernente la conservazione degli uccelli selvatici.
La particolaritร  di queste aree รจ che non vanno considerate delle riserve rigidamente protette dove le attivitร  umane sono escluse, ma delle zone dove la protezione della natura deve tenere conto anche delle esigenze economiche, sociali e culturali, nonchรฉ delle particolaritร  regionali e locali.
I siti delle Rete Natura 2000 in Umbria interessano oltre il 15% del territorio, sono diffusi in tutta la regione e vanno a tutelare habitat e specie di particolare interesse naturalistico meritevoli di attenzione a livello comunitario. In questi siti sono presenti 41 tipologie di habitat (elencati nellโ€™Allegato I della Direttiva Habitat) di cui 11 definiti come prioritari in quanto a rischio di scomparsa a livello continentale. Per quanto riguarda flora e fauna, le specie di interesse comunitario, inserite negli Allegati II, IV e V della Direttiva Habitat, sono in totale 91; nello specifico sono presenti 8 specie vegetali (di cui 1 prioritaria) e 83 specie animali (di cui 4 prioritarie) cosรฌ ripartite: 30 mammiferi, 11 rettili, 9 anfibi, 11 pesci e 22 invertebrati. Inoltre, sono presenti 50 uccelli, inclusi nellโ€™Allegato I della Direttiva Uccelli.

 

Salamandrina dagli occhiali settentrionale (Salamandrina perspicillata). Foto Archivio Studio Naturalistico Hyla

 

La Rete Natura 2000 rappresenta un patrimonio che necessita lโ€™attenzione di tutti i cittadini dellโ€™Unione Europea, in quanto anche i siti particolarmente marginali possono beneficiare della politica comunitaria proprio grazie alla presenza di specie di piante, di animali e di habitat di particolare interesse conservazionistico.

 


BIBLIOGRAFIA

  • Gigante D., Goretti E., La Porta G., Lorenzoni M., Maneli F., Pallottini M., Pompei L., Venanzoni R., Carletti S., Funghini E., Montioni F., Petruzzi E., Spilinga C. (2019) Guida ai siti Natura 2000. La biodiversitร . Una rete per conservarla.

L’Umbria e la Cumbria sono due regioni europee che presentano un interessante aspetto in comune: sono fra i posti migliori dove andare a vivere e crescere una famiglia.

La Cumbria

รˆ la stessa Unione Europea che incorona l’Umbria e la Cumbria ai primi posti per la qualitร  della vita. La nostra risulta essere anche una tra le regioni piรน longeve. Oltre ad avere un nome molto simile, solo la consonante C le differenzia, sembra davvero che abbiano tutte le caratteristiche adatte a trasferirsi, metter su casa e crescere dei bambini. Perugia e Carlisle, i due rispettivi capoluoghi, distano 2.230 km. La distanza obiettivamente non si discute, ma alla fine รจ solo geografica. Potremmo dunque dire che la distanza c’รจ ma non la dimostra. La Cumbria si trova nel nord-ovest dell’Inghilterra, ha un’area di 6.768 km quadrati e una popolazione di circa 500.000 abitanti. Ha inoltre una mappa molto simile alla nostra.

Una poesia della Cumbria

Il connubio tra natura, ambiente e condizioni di vita sembra essere l’ideale da queste parti. I paesaggi di queste zone, come ad esempio il Lake District, hanno ispirato alcuni poeti romantici come Coleridge e Wordsworth, pittori come John Constable e scrittrici come Beatrix Potter.
Riporto un passaggio poetico di Wordsworth nativo e innamorato di questa terra: ยซI wandered lonely as a cloud that floats on high o’er vales and hills, When all at once I saw a crowd, a host, of golden daffodils; Beside the lake, beneath the trees, fluttering and dancing in the breezeยป. (Vagabondavo solo come una nuvola che alta fluttua su valli e colline, Quando a un tratto vidi una folla, una schiera di dorati narcisi lungo il lago e sotto gli alberi, svolazzanti e danzanti nella brezza). Il Lake District ha una bellezza spettacolare che lo fa risaltare tra le altri regioni della Gran Bretagna.

L’Umbria

I posti migliori in cui vivere

Perchรฉ allora queste due Regioni sono considerate fra le migliori per vivere? Perchรฉ ci sono buone scuole e Universitร , c’รจ bassa criminalitร  e le case hanno prezzi accessibili. Comprare una casa e avere dei figli sono due tappe fondamentali della vita e trovare un luogo che soddisfa queste due esigenze coniugate con un ambiente sicuro rappresenta il top. Se uno si trasferisce in una casa per sempre quindi ha una duplice scelta: L’Umbria o la Cumbria! Se uno apprezza l’aria pulita, la campagna e le viste spettacolari su laghi, montagne, le cascate e ancora se รจ importante uno stile di vita rilassante con comunitร  amichevoli, L’Umbria e la Cumbria daranno la qualitร  di vita che uno sta cercando.

Altre somiglianze

In queste due Regioni abbiamo ottimi collegamenti ferroviari, stradali e anche aerei che permettono un facile raggiungimento verso le altre regioni dei rispettivi Stati. L’Umbria e la Cumbria sono anche regioni di laghi dove il loro Windermere รจ lungo 17 km, mentre il nostro lago Trasimeno ha una lunghezza di 16,1 km. Da notare che spesso in Cumbria i laghi vengono chiamati meres (stagni), waters (acque) e tarns (laghetti). Se sei un appassionato camminatore l’Umbria e la Cumbria offrono infiniti percorsi da esplorare, se sei un appassionato ciclista hai di che toglierti la voglia. Se sei un appassionato di cultura, di eventi musicali ed eventi legati al cinema e alla letteratura queste due regioni ti offrono sempre il meglio. Le due regioni sono inoltre orgogliose per le loro prelibatezze locali in tema di salumi, formaggi, dessert, dolci e birre artigianali. Al loro sticky toffee pudding contrapponiamo la nostra rocciata. I loro villaggi e mete turistiche come Kendal, Keswick, Penrith, Bowness-on-Windermere, Sedbergh le possiamo tranquillamente affiancare alle nostre Spello, Trevi, Todi, Castiglione del Lago, Norcia. La cittadina di Ulverstone รจ famosa nel mondo per essere il paese natale dell’attore comico Stan Laurel. Il festival del Jazz รจ presente in entrambe le regioni con il Jazz Festival a Keswick e con Umbria Jazz a Perugia.
Al Lake District sito Unesco contrapponiamo l’Eremo delle carceri, la Chiesa di San Damiano, la Cittร  di Assisi, il Santuario di Rivotorto, il Tempietto del Clitunno, la Basilica di Santa Maria degli Angeli, la Basilica di San Salvatore, la Riserva Naturale del Monte Peglia. La piรน grande differenza fra queste due regioni? La guida a sinistra, ma questo รจ solamente un dettaglio!

 

I colori dell’Umbria

Possibile gemellaggio?

Considerate tutte queste somiglianze perchรฉ le due regioni non si gemellano? Un buon accordo di gemellaggio puรฒ rivelarsi un’operazione assai virtuosa e arrecare molti benefici alla comunitร  e all’amministrazione regionale. Integrazione, unione tra persone provenienti da due aree diverse, condivisione dei problemi, progetti, scambio di opinioni. Ne sono certo i vantaggi saranno tangibili. Ricordiamoci che un buon gemellaggio รจ seguire anche o soprattutto l’affinitร  di partenza. Le relazioni di gemellaggio, come sappiamo, portano indubbi vantaggi culturali ed economici attraverso la promozione e la valorizzazione delle proprie bellezze e delle proprie tipicitร .

 

I colori della Cumbria

Cataract of Lodore

Concludo con un passo di Cataract of Lodore, poesia scritta nel 1820 dal poeta inglese Robert Southey che descrive le Lodore falls (Cascate di Lodore), altro elemento che lega la Cumbria all’Umbria. Come non ricordare infatti la definizione orribilmente bella che il poeta Byron diede alla Cascata delle Marmore nel quarto canto del poema Childe Harold’s Pilgrimage?

From its sources which well

In the tarn on the fell;
From its fountains
In the mountains,
Its rills and its gills;
Through moss and through brake,
It runs and it creeps
For a while, till it sleeps
In its own little lake.
And thence at departing,
Awakening and starting,
It runs through the reeds,
And away it proceeds,
Through meadow and glade,
In sun and in shade […]

In questo iniziale passaggio il poeta Southey descrive la nascita della cascata dalle sue fonti. Il primo ruscello che attraversa il muschio e poi e s’insinua e ancora si ferma; si risveglia e inizia a correre tra le canne procedendo verso prati e radure al sole e all’ombra.

Lo sapevi che in Umbria ci sono prove di come si sono estinti i dinosauri?

Conosciamo tutti lโ€™armonica bellezza della cittadina medievale di Gubbio, accoccolata sulle pendici del Monte Ingino e proiettata sulla valle del Tevere, dove natura e storia si mescolano in un equilibrio perfetto. Non รจ un caso che proprio Gubbio rappresenti una delle mete piรน attrattive dellโ€™Umbria. I motivi per visitare Gubbio e la sua montagna sono molteplici, molti alla luce del sole, altri celati dal tempo, in alcuni casi molto tempo, addirittura milioni di anniโ€ฆ
Uscendo dal centro storico di Gubbio si risale la Gola del Bottaccione, una profonda valle fluviale scavata dal torrente Camignano tra il monte Ingino e il monte Foce (o Calvo), attraverso la strada che collega Gubbio con Scheggia.
La gola รจ ricca di importanti testimonianze storico-artistiche e il suo nome deriva dal termine bottaccio, il bacino di raccolta delle acque che serviva ad alimentare i numerosi mulini presenti nella valle, dove ancora oggi รจ possibile osservare lโ€™antico acquedotto risalente al Medioevo eugubino.
Ma la Gola del Bottaccione รจ anche un luogo di particolare interesse scientifico, in quanto, negli anni Settanta del secolo scorso, il geologo Walter Alvarez e il padre Luis Alvarez, premio Nobel per la fisica, fecero unโ€™importante scoperta connessa con lโ€™estinzione dei dinosauri.

 

Geosito della Gola del Bottaccione, foto di Cristiano Spilinga

Vi chiederete: e cosa cโ€™entra la Gola del Bottaccione con i dinosauri?

Walter Alvarez era a Gubbio per studiare le rocce appenniniche che, lungo la gola, presentano una successione di ben 400 metri in cui รจ possibile ricostruire 50 milioni di anni di storia geologica.
Studiando le rocce, il geologo scoprรฌ che tra gli strati ve ne era uno di circa 1 cm di spessore particolarmente ricco in argilla e completamente privo di fossili; non immaginatevi grandi fossili, stiamo parlando dei gusci di piccoli organismi marini denominati Foraminiferi che, in quello strato, erano stranamente assenti.
La cosa ancora piรน strana รจ che i Foraminiferi presenti nello strato piรน antico, sotto quello argilloso, erano completamente diversi da quelli presenti nello strato superiore. Ma allora, che significato aveva quello straterello di argilla noto come limite K/T?
La denominazione limite K/T, oggi per maggiore correttezza definito limite K/Pg (Cretaceo-Paleogene), deriva dal fatto che quel sottile strato argilloso separa la roccia del Cretaceo (K) da quella del Terziario (T) o meglio del Paleogene, appunto.
Nello stesso periodo in cui fu scoperto a Gubbio, tale limite geologico fu rilevato anche nel sudest della Spagna dal geologo olandeseย Jan Smit. Ulteriori studi su quelle rocce consentirono ai ricercatori di rilevare allโ€™interno dello strato anomalo una concentrazione particolarmente alta di iridio, un metallo molto raro sulla Terra ma presente in altri corpi celesti.
Nel 1979, dopo varie ipotesi, gli Alvarez azzardarono che lโ€™anomala presenza di iridio potesse essere messa in relazione con lโ€™impatto che un enorme meteorite avrebbe avuto con la terra circa 66 milioni di anni fa. Tale impatto avrebbe alterato completamente la composizione atmosferica portando a una repentina variazione climatica culminata con lโ€™estinzione di molte forme di vita, tra cui i dinosauri.
Luis Alvarez morรฌ nel 1988 ma gli studi proseguirono e, nei primi anni Novanta, lโ€™analisi del limite K/Pg nei sedimenti di un fiume texano che sfocia nel Golfo del Messico, evidenziรฒ le tracce di un gigantesco tsunami databile a 66 milioni di anni fa.
Si continuรฒ a indagare fino a che non fu identificata unโ€™enorme struttura subcircolare tra 180 e 300 km di diametro nella penisola dello Yucatan. Andando ad analizzare le rocce in quellโ€™area, si scoprรฌ che molte risultavano fuse da un evento datato circa 66 milioni di anni fa e contenevano al loro interno grandi quantitร  di iridio.
A quel punto tutte le evidenze andavano nella stessa direzione: 66 milioni di anni fa un gigantesco meteorite impattรฒ con il nostro pianeta sconvolgendo completamente il clima, determinando cosรฌ quella che viene definita la quinta estinzione di massa.
Quel centimetro di argilla si era depositato nei 10000 anni successivi allโ€™impatto in un mondo completamente nuovo, in cui i grandi rettili avrebbero lasciato spazio ai piccoli mammiferi. Questa non รจ lโ€™unica teoria sullโ€™estinzione dei dinosauri, ma certamente una delle piรน affascinantiโ€ฆ e pensare che tutto รจ nato dallo studio di quel sottile strato di argilla della Gola del Bottaccione.

 


BIBLIOGRAFIA

  • Walter Alvarez, Le Montagne di San Francesco. Perchรฉ nel cuore dell’Italia si nascondono i segreti della Terra Fazi Editore, 2010.

Allโ€™alba del 28 giugno 1992, sul Monte Subasio, uno sprovveduto in buona fede inseguรฌ con un fuoristrada, quindi catturรฒ con le mani, un ยซbrutto cagnolino neroยป che portรฒ al campo-tendopoli del Comitato regionale umbro della Croce Rossa Italiana, realizzato in localitร  gli Stazzi, a non piรน di 300 metri dal luogo del โ€œsalvataggioโ€, dove era in addestramento insieme ad altre centinaia di volontari.

Questo รจ lโ€™inizio del racconto di Nerina, un lupo appenninico incappato in uno strano destino che lโ€™ha portato a condividere con lโ€™uomo tutta la sua lunga vita.

 

Nerina nel recinto di Villa Redenta, foto Mauro Magrini.

 

Quel giorno del 1992 ilย ยซbrutto cagnolino neroยป passรฒ di mano in mano fino ad arrivare sotto gli occhi di una veterinaria della ASL2 dellโ€™Umbria che si accorse subito che cโ€™era qualcosa di strano. Senza esitare allertรฒ gli zoologi dellโ€™Universitร  di Perugia e della Provincia, che si precipitarono sul posto.
Giunti sul Monte Subasio gli studiosi non trovarono lโ€™animale perchรฉ qualcuno aveva deciso di portarlo in un canile di Assisi. Raggiunto il rifugio, gli zoologi trovarono lโ€™animaletto chiuso nella carcassa di un’automobile, a stretto contatto con escrementi e peli di cane, con vicino una ciotola di latte contenente resti di cibo. Non appena videro lโ€™animale capirono subito che non si trattava di un cane, ma di un lupo appenninico (Canis lupus italicus) femmina di 40-50 giorni.

Nerina nell’area faunistica di Monte Tezio, foto Francesca Vercillo.

Lโ€™animale fu sequestrato dai funzionari della Provincia e la Procura della Repubblica di Perugia lo affidรฒ allโ€™Universitร , nella persona del Prof. Bernardino Ragni, esperto di Carnivori. Lโ€™ipotesi รจ che una famiglia di lupi avesse la tana con i piccoli non distante dalla zona del campo-tendopoli e lโ€™improvviso disturbo provocato dalla manifestazione aveva indotto i genitori a trasferire lโ€™unitร  sociale in luogo piรน tranquillo.
Lโ€™arrivo del fuoristrada probabilmente aveva perรฒ isolato la lupetta dal gruppo e lโ€™intervento dellโ€™uomo aveva poi definitivamente interrotto il contatto con il resto del branco; da quel momento il destino dellโ€™animale si era intrecciato indissolubilmente con quello degli uomini.
La giovane lupa fu trasferita nel Centro faunistico di Villa Redenta, a Spoleto, dove i custodi la battezzarono Nerina, visto il colore scuro-focato del mantello. Lโ€™etร  dellโ€™animale, il contatto fisico con lโ€™uomo e con i cani non consentirono un immediato ritorno in natura, sul Monte Subasio, anche se si cercรฒ di verificare – senza successo – se la famiglia dellโ€™animaletto fosse ancora nella zona di ritrovamento.
Gli zoologi si imposero la regola di non umanizzare il loro rapporto con la lupa appenninica. Quindi, per molto tempo, il nome non fu divulgato, per la preoccupazione che questa confidenza incrinasse, involontariamente, il rigore del proponimento di riportare la giovane lupa in natura, anche se non prima del raggiungimento del primo anno dโ€™etร .
Gli studiosi fecero di tutto, ma si scontrarono con lโ€™ostilitร  delle amministrazioni locali e dei residenti, che si opposero duramente alla possibilitร  di liberare lโ€™animale in natura, paventandone una brutta fine. Dopo vari tentativi di trovare una giusta collocazione allโ€™animale, il Comune di Perugia si rese disponibile a verificare la possibilitร  di realizzare unโ€™apposita struttura nel Parco comunale del Monte Tezio.

Nerina nell’area faunistica di Monte Tezio con un operatore addetto alla sua cura, foto Francesca Vercillo.

Andรฒ cosรฌ: lโ€™area faunistica fu realizzata, ma lโ€™ostilitร  della gente – anche di aree diverse, ma ecologicamente compatibili per un eventuale rilascio – rese impossibile pensare a qualsiasi forma di ritorno alla libertร , anche in considerazione del fatto che una specie a socialitร  molto complessa come il lupo non consentiva il rilascio di un soggetto in etร  avanzata.
Con rammarico tutto il gruppo di lavoro si rassegnรฒ e si concentrรฒ sulla necessitร  etica di consentire alla lupa appenninica di vivere la sua esistenza in cattivitร  nel migliore dei modi, furono messe in campo tutte le energie possibili per far sรฌ che Nerina potesse condurre una vita dignitosa.
Allโ€™etร  avanzatissima di 17 anni e 5 mesi e a quindici anni dal suo arrivo a Monte Tezio, allโ€™alba del 28 ottobre 2009 Nerina ha cessato di vivere. Nerina รจ stata sepolta sul Monte Tezio, nella suaย Area faunistica, e riposa sotto una umile pietra, come si conviene ad una figlia semplice e selvaggia della Montagna Appenninica.

 


  • Ragni B. (a cura di) 2013. Nerina e altri lupi in Umbria. Scritti in memoria di un’amica. Comune di Perugia, Regione Umbria e Universitร  degli Studi di Perugia.

Monteluco รจ il bosco sacro del monte sopra Spoleto, coperto di faggi, lecci e carpini.

Lo hanno considerato sacro i Romani e poi i benedettini, lo hanno considerato sacro i francescani e anche molte signore; ma di questo ne parleremo piรน avanti. Il monte รจ stato amato dagli eremiti, che mille anni fa arrivavano a piedi fin lassรน ed erano in stretto contatto con la natura e con il cielo.

 

Eremo di San Francesco

 

San Francesco non poteva tralasciare un luogo simile tanto che con i confratelli ha costruito un convento; poi vi passarono Michelangelo, Pirandello, il Gabibbo, la Sora Lella, Fiorenzo Fiorentini ed anche il tenore Beniamino Gigli. Non รจ necessario essere famosi per farsi prendere dal fascino del luogo.
Nel convento cโ€™รจ ancora la stanzetta dove ha dormito il poverello dโ€™Assisi, ma ci anche sono le celle dei frati che risalgono al 1218. Sono ambienti minuscoli e nudi, costruiti con una tecnica molto spartana; le pareti sono state costruite con i materiali che offriva il posto: due strati di vimini intrecciati, dentro i quali, come in un cesto, sono state versate le pietre, e sopra hanno dato una mano dโ€™intonaco. Il letto, quando cโ€™รจ, รจ un tavolaccio e il cuscino รจ un semplice pezzo di legnoโ€ฆ del resto allโ€™epoca di San Francesco si usava dormire sul duro, soprattutto quando cโ€™erano non cโ€™era altra scelta.

Tariffario delle camere

Durante la Grande Guerra

In seguito, durante la Prima Guerra Mondiale, toccรฒ ai prigionieri austriaci di costruire la strada, e da allora lโ€™eremo non รจ piรน stato tale. Nel 1921 รจ stato costruito uno chalet con camere sicuramente piรน confortevoli delle celle dei frati: talmente confortevoli da venire affittate a ore, a mezze ore e a quarti dโ€™ora; la targa allโ€™interno dellโ€™Hotel Ferretti รจ lรฌ a dimostrarlo. Era un luogo riservato in mezzo al bosco sacro, lontano da occhi indiscreti. Pochi anni dopo lo chalet divenne Hotel Ferretti e cambiรฒ la destinazione dโ€™uso. I proprietari dellโ€™hotel collezionano moto dโ€™epoca, alcune ancora funzionanti, e tra i memorabilia fa bella figura la locandina dellโ€™Estate Spoletina del 1933. Ventโ€™anni prima di Giancarlo Menotti, Spoleto aveva giร  una propensione per il festival.

Il bosco sacro

Il bosco di lecci รจ particolarmente bello e molto ben tenuto, ma descriverlo non รจ facile sapendo che Pirandello ha soggiornato lรฌ nel 1924: il confronto รจ impari. Il bosco sacro รจ gestito con molta attenzione, senza confliggere con lโ€™ecosistema.
Non cโ€™รจ sottobosco, cosรฌ le piante morte rimangono in sito per nutrire insetti, larve e quantโ€™altro: cosa che รจ determinante per il corretto mantenimento del bosco.
La gestione del bosco, cosรฌ come quella dei boschi attorno a Spoleto, รจ stata oggetto di grande cura anche in epoca romana: i Romani per istinto regolamentavano tutto, anche i boschi. Al centro del bosco sacro non puรฒ sfuggire un blocco di pietra calcarea, dove รจ incisa la inflessibile
Lex Spoletina: gli alberi potevano essere asportati, abbattuti e rimossi solo nei giorni del sacrificio a Giove, mentre per i trasgressori era prevista una multa consistente e si faceva anche obbligo di offrire un bue in sacrificio a Giove. Nel III secolo a.C. i Romani si preoccupavano di preservare il bosco.

 

Lex Spoletina all’interno del Bosco Sacro di Monteluco

Un itinerario turistico fuori dagli schemi, tra suggestivi borghi medievali: si parte dal territorio perugino e si attraversa un lungo tratto della Valle Umbra per arrivare in terra marchigiana.

Ho scritto questo lungo articolo non nascondendo il mio amore per l’Umbria. Ho percorso questo itinerario in estate e ne ho tratto un giro turistico-leggendario che forse potrร  piacere anche ad altri. Il resoconto, con notizie anche note – ma non sempre e non a tutti – mette insiemeย  un vero e proprio viaggio di oltre 130 chilometri da Casa del Diavolo (PG) ad Acquasanta Terme (AP). Il testo รจ molto lungo e cosรฌ potete decidere di leggerlo a pezzi, scegliendo le localitร  che piรน vi interessano, o per intero, compiendo intanto questo viaggio virtuale per poi, perchรฉ no, programmarne uno reale, che difficilmente vi deluderร . E quindi chi lo ha detto che non si puรฒ unire il Diavolo con l’Acquasanta?

In viaggio

Per chi vuol fare un giro turistico attraverso borghi e localitร  conosciute e non e piene d’incanto, per chi ha un budget ristretto e poco tempo a disposizione propongo questo itinerario che certamente vi sorprenderร  dal punto di vista paesaggistico, storico ma soprattutto leggendario.

Casa del Diavolo

Si parte da Casa del Diavolo, che รจ una frazione del comune di Perugia a 237 metri sul livello del mare. Il suo nome รจ intriso di mistero e di segreto tale da farne il luogo piรน inquietante di tutta la regione e tale da stuzzicare la curiositร  del viaggiatore e del turista. รˆ proprio il caso di dire: ยซPerchรฉ diavolo si chiama cosรฌ questo posto?ยป. Le origini del nome non sono certe e per questo si sono moltiplicate le leggende. Secondo alcuni storici l’origine รจ legata al passaggio di Annibale (216 a.C.) che causรฒ cosรฌ tanta distruzione e tanta morte che portรฒ il luogo a essere considerato come la dimora del male e quindi del Diavolo.
Un’altra tesi, basata anche su reperti archeologici, fa risalire questo nome all’etร  medievale, quando molti bambini nascevano morti o morivano prematuramente. Non essendo stati battezzati in tempo, i bambini non potevano cosรฌ accedere al Paradiso e il loro destino era l’Inferno. Secondo un’altra leggenda, d’ispirazione medievale, questo luogo era sede di una locanda dove solitamente vi soggiornavano banditi, assassini e briganti delle zone vicine. Queste frequentazioni attirarono l’attenzione del Diavolo stesso, che non esitรฒ ad intrattenersi e a stringere patti con questi loschi figuri, per poi aprire una profondissima buca e tornare all’Inferno.
Uscendo da Casa del Diavolo si percorre la E45 e poi la strada provinciale 174 e dopo circa 19 km si arriva a Perugia.

 

cosa vedere a perugia umbria

Perugia

Perugia

Nota per le mura difensive, il Palazzo dei Priori e la Fontana Maggiore, Perugia รจ il capoluogo di Regione. La leggenda che caratterizza maggiormente questa cittร  รจ quella che vede coinvolta anche Narni. Si narra infatti che, in epoca medievale, un Grifo, creatura dal corpo di leone e testa di aquila, tormentava gli abitanti e faceva razzia di animali dei due centri cittadini e delle campagne circostanti. Perugini e narnesi allora unirono le forze, mettendo da parte la loro rivalitร , per eliminare questa bestia che alla fine, dopo dure battaglie, fu catturata. Come trofeo Perugia prese la pelle e Narni il corpo scuoiato. Da qui l’origine degli stemmi: Perugia, Grifo bianco (la pelle) in campo rosso e, Narni, Grifo rosso (il corpo scuoiato) in campo bianco.
La tappa successiva, dopo circa 20 minuti di auto, รจ Assisi.

Assisi

รˆ qui che, nel 1180, nacque Francesco divenuto Santo e fondatore dell’Ordine dei Francescani. Intorno a San Francesco si mescola storia e leggenda, cosรฌ agli oltre 40 miracoli riconosciuti dalla Chiesa, si aggiungono altrettante leggende che lo vedono protagonista. Vediamone una tra le piรน rappresentative: quella del pesce.
Si narra che un pescatore, vedendo passare Francesco, lo avesse fermato e gli avesse regalato una tinca appena pescata. Francesco accettรฒ il regalo, ma rigettรฒ la tinca in acqua ed iniziรฒ a cantare le lodi di Dio. La leggenda racconta che il pesce rimase vicino al Santo a giocare e ad ascoltare le lodi e che, appena gli fu dato il permesso, tornรฒ libero tra gli altri pesci. Ad Assisi non ho resistito a comprare i Baci, morbidi pasticcini con pasta di mandorle e granella di pistacchio e il Bocconcello, focaccia biscottata arricchita da formaggio. Continuando sempre in direzione sud, dopo circa 15 minuti arriviamo a Spello.

 

Spello

Spello

Spello รจ un borgo ricchissimo di storia e di arte, carico di tradizioni ma anche di leggende. La piรน famosa รจ quella legata alla figura del paladino Orlando, il celebre compagno dell’Imperatore Carlo Magno. La leggenda vuole che Orlando passasse per Spello e, nonostante la sua fama fosse grandissima, non fosse riconosciuto dagli abitanti del luogo e cosรฌ rinchiuso dalle guardie in una specie di prigione. Una volta accortisi chi veramente era, gli spellani lo liberarono e lo nominarono protettore della cittร .
Un segno del leggendario passaggio di Orlando a Spello lo troviamo nelle mura, dove c’รจ unโ€™epigrafe che allude all’eroe. A Spello ho fatto acquisti in una salumeria; palle del nonno e ciauscolo. Le avrei provate in serata, terminato il viaggio, anche se dall’aspetto mi era venuta voglia di provarle subito.
Neanche 10 minuti di auto e giungiamo a Foligno.

Foligno

Terra mistica l’Umbria, dove molti racconti, tramandati anche per via orale, hanno origini che si perdono nella memoria. Foligno per la sua posizione รจ considerata, fin dai tempi antichi, lu centru de lu munnu e i suoi abitanti, oltre a chiamarsi folignati si chiamano pure Cuccugnau, cioรจ civetta. Ci sono tre leggende che spiegano questo appellativo. La prima fa riferimento alle monete d’oro fabbricate nella zecca di Foligno e chiamate occhi di civetta. La seconda narra di una colomba di cartapesta fatta calare dal campanile della cattedrale durante la festa di Pentecoste, ma piรน che una colomba assomigliava a una civetta. La terza leggenda ci parla invece di come i folignati fossero degli esperti nella caccia alla civetta.
Dopo appena 12 km arriviamo a Trevi.

Trevi

Continua cosรฌ il nostro viaggio attraverso le meraviglie e le leggende dell’Umbria. Nel Comune di Trevi, ma non semplicissima da trovare e tra l’altro completamente immersa nella vegetazione, si trova un luogo di culto affascinante ma anche dimenticato: l’Abbazia di Santo Stefano in Manciano. Quasi totalmente divelta, di essa oggi rimangono parte delle mura, una parte della cripta e dell’abside. Attorno a questa chiesa aleggia una leggenda che la vorrebbe come sede di un tesoro nascosto. Si narra che i monaci ivi residenti fossero talmente ricchi e pieni d’argento da poter ferrare con questo metallo i propri cavalli. La leggenda continua a narrare che i lupi, mentre attaccavano i cavalli, spaventati per la luminositร  dell’argento, scapparono via senza colpo ferire. Si dice che questo tesoro รจ ancora sepolto sotto l’Abbazia.
Passeggiando tra gli oliveti รจ obbligo visitare anche il Santuario della Madonna delle Lacrime e, a proposito di oliveti, non puรฒ mancare l’acquisto di una bottiglia d’olio extravergine, il piรน rinomato dei prodotti tipici trevani. Con una bottiglia di Trebbiano e con del sedano nero ho terminato i miei acquisti enogastronomici.
Dieci minuti di macchina e siamo a Campello sul Clitunno.

 

Trevi

Campello sul Clitunno

Principale caratteristica del luogo sono le Fonti del Clitunno, parco naturale con un laghetto di acque limpide e calme, polle sorgive e salici piangenti. Si racconta che le acque del Clitunno fossero una fonte di purificazione dell’anima: chiunque s’immergeva nel fiume ne usciva migliorato. La leggenda sul Clitunno ci dice che i buoi che si fermavano ad abbeverarsi al fiume ne uscivano con un manto piรน pulito. Siamo in orario sulla tabella di marcia e lo stomaco comincia a dare segni inequivocabili; abbiamo fame. รˆ ora di trovare un’osteria o locanda e assaggiare i piatti tipici di questa zona. Da queste parti non riesco a rinunciare alla strapazzata con il tartufo, agli strangozzi e alle lumache. Per finire un’ottima porzione di rocciata, dolce che assomiglia un po’ allo strudel. Da bere? Un calice di Sagrantino e uno di Montefalco.

Spoleto

Soddisfatti del pranzo arriviamo a Spoleto, famosa soprattutto per il Festival dei Due Mondi. La leggenda di Spoleto รจ legata al Ponte Sanguinario. Il Ponte Sanguinario รจ situato nel sottosuolo, a pochi metri dalla Basilica di San Gregorio Maggiore, l’ingresso รจ possibile grazie ad una breve scala che si interra sotto il piano stradale.
La leggenda narra che, intorno al II secolo d.C., viveva a Spoleto un giovane nobile di nome Ponziano che iniziรฒ a predicare la religione dei cristiani. Le politiche anticristiane dell’epoca erano implacabili e anche Ponziano non fu risparmiato dalle persecuzioni. Condotto sul ponte che al tempo conduceva allla via Flaminia oltre il fiume Tessini, venne decapitato. La testa mozzata raggiunse il luogo dove poi รจ sorta la chiesa e prese a zampillare una fonte di acqua purissima.
Percorrendo la strada statale 685 in 50 minuti arriviamo a Norcia.

 

Norcia

Norcia

Norcia รจ posta a 600 metri s.l.m. ed รจ inserita nel comprensorio del Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Sappiamo quanto รจ stata colpita dal terremoto del 2016 ma il carattere tenace dei suoi abitanti la riporterร  a nuovi splendori. Norcia รจ soprattutto famosa per le sue norcinerie piene di prosciutti, salsicce e ogni ben di Dio. Famosa altrettanto per il tartufo, le lenticchie, la pasta alla norcina, la birra dei monaci benedettini e i coglioni di mulo, il salume irriverente. La birra me la sono comprata direttamente dai monaci presso il Monastero. La Guida alle birre d’Italia l’ha definita imperdibile!
La leggenda che avvolge il Parco Naturale รจ la leggenda della Sibilla. Secondo la comune credenza, lungo le pareti dei monti si troverebbe la grotta, luogo ora incantato ora stregato in cui una fata o una megera riceveva la visita dei piรน coraggiosi che volevano conoscere il proprio futuro. Dopo secoli di favole tramandate della grotta non resta che un cumulo di macerie e un’infinitร  di teorie si sono sviluppate intorno a questa favola magica. Da notare che la leggenda si รจ diffusa in tutta Europa grazie al romanzo cavalleresco Il Guerin Meschino.
Uscendo da Norcia s’imbocca la strada provinciale 477 e dopo 18 km si arriva a Forca Canapine.

Forca Canapine

Innanzitutto c’รจ da specificare bene che Forca Canapine non ha niente da condividere con la Foce di Canapino. I nomi sono simili ma i luoghi sono distanti. La Foce di Canapino non รจ altro che un impegnativo fuoripista dell’appennino tosco-emiliano, sconosciuto a molti. Forca Canapine invece รจ un valico stradale dell’appennino umbro-marchigiano situato sui monti Sibillini, ad un’altezza di 1541 metri s.l.m.; siamo quindi sul confine tra Umbria e Marche. Il toponimo deriva da due termini: Forca che vuol dire valico, mentre Canapine fa riferimento alla coltivazione e alla raccolta della canapa. Interessante notare che la localitร  fa parte dell’itinerario del Sentiero E1 che congiunge Capo Nord a Capo Passero, in provincia di Siracusa.
Con un passo siamo nelle Marche.

 

Forca Canapine

Arquata del Tronto

Percorrendo la strada provinciale 64, poi la strada statale 685 e ancora le strade provinciali 230 e 129, in circa 25 minuti arriviamo ad Arquata del Tronto, provincia di Ascoli Piceno.
รˆ un piccolo Comune di poco piรน di mille abitanti ed anche questo รจ stato gravemente danneggiato dal terremoto del 2016. Anche Arquata ha la sua leggenda. Si narra infatti che il locale castello sia infestata da fantasmi, o meglio, da un fantasma femminile. La leggenda racconta che il re Giacome di Borbone rinchiuse la moglie e regina Giovanna II d’Angiรฒ nella torre piรน alta del maniero dopo averla dichiarata pazza perchรฉ piรน volte macchiatasi del peccato di lussuria. Si dice che, in base alla qualitร  della prestazione, la regina aveva il potere di dare in pasto ai lupi i pastori che non raggiungevano la sufficienza sotto le lenzuola. Povero Giacomo di Borbone! Giovanna II D’Angiรฒ abiterebbe ancora dentro quelle mura sotto forma di fantasma; qualcuno dice ancora di sentire dei rumori sinistri riecheggiare dalla rocca.
Dopo circa 12 km, percorrendo la provinciale 129 e la statale 4, arriviamo alla nostra ultima tappa: Acquasanta Terme.

 

Acquasanta Terme

Acquasanta Terme

Acquasanta Terme รจ un comune di 2600 abitanti in provincia di Ascoli Piceno e si trova nel comprensorio del Parco Nazionale del Gran Sasso. Giร  il nome della localitร  รจ un programma: dal sottosuolo infatti sgorga un’acqua termale sulfurea alla temperatura di 38 gradi. Il territorio poi รจ ricco di tesori artistici e di principale interesse sono il Castel di Luco e il monastero di San Benedetto in Valledacqua. La piccola leggenda di questo paese vuole che le sue terme abbiano dato sollievo, nel 712, a un console romano, tanto che da quel momento vennero segnate sulla mappa per curare i feriti dopo le battaglie.

Con questo itinerario, che consiglio veramente a tutti ma specialmente ai forestieri, sono riuscito a unire il Diavolo (Casa del Diavolo) con l’Acquasanta (Acquasanta Terme). Buon Viaggio!

Arriva lโ€™autunno: stagione ideale per chi ama camminare, non fa troppo caldo e si cammina bene. Dedicato agli appassionati di trekking รจ Il cammino dei borghi silenti: un nuovo percorso di 86 km, aperto da poco.

Il Cammino si snoda nella zona poco conosciuta dei monti Amerini (cioรจ di Amelia) nellโ€™Umbria meridionale e segue il profilo dei monti Croce di Serra e Melezzole. Siamo in un angolo remoto della regione, coperto di boschi di lecci e soprattutto di castagni, con resti di monasteri sulle parti piรน alte dei suoi rilievi e circondato da una vera corona di borghi poco abitati, da cui il nome silenti.
Il cammino dura 4 giorni e i camminatori hanno a disposizione B&B, agriturismi o strutture comunali tipo ostello per riposare dalle fatiche del percorso. A Santa Restituta รจ stata aperta il 25 agosto la nuova struttura comunale con letti, docce e cucina attrezzata.
Il punto di partenza e di arrivo del circuito รจ il borgo di Tenaglie, panoramico e bello: venne scelto dai Romani, quelli dellโ€™impero, per costruirvi una villa, di cui restano tracce di mosaici. Comunque chi seguirร  il percorso dei monti amerini godrร  di panorami inattesi che abbracciano buona parte dellโ€™Italia Centrale, si muoverร  sui fianchi della montagna in mezzo a boschi di castagni che danno ottimi marroni e si immergerร  nella civiltร  del castagno.

 

Il percorso

 

ยซDel maiale non si butta nienteยป รจ un vecchio modo di dire che vale per l’animale, ma anche per lโ€™albero del castagno. Se cโ€™รจ un albero versatile quello รจ proprio questo. Le foglie secche servivano per riempire i materassi – meglio un materasso con le foglie secche che fanno rumore quando ti giri, piuttosto che dormire sulla nuda terra. E le traversine dei treni? Erano fatte di castagno perchรฉ resiste bene alle intemperie e allโ€™usura. Poi si deve aggiungere la fame: intere popolazioni si sono salvate mangiando castagne e pane di farina di castagne, con aggiunta di farina di ghiande. Per non parlare dellโ€™uso di quel bel legno per fare porte, finestre, tavoli e manici di attrezzi agricoli. I poveri devono la vita al castagno e… ai benedettini. I benedettini erano un mix tra i volontari di oggi e i missionari; ovunque andassero costruivano il loro monastero, ben isolato, e la loro legge era ora et labora, prega e lavora. Il lavoro li ha sempre portati fuori dal monastero a contatto con le popolazioni locali.

 

Il castagno

 

Nella zona di Avigliano Umbro, Santa Restituta, Melezzole, Toscolano e Morre, borghi attraversati dal Cammino dei Borghi Silenti, quei santi uomini venuti per costruire eremi e monasteri trovarono popolazioni che sopravvivevano a mala pena e che non sfruttavano adeguatamente i terreni. Loro, i monaci, vivevano sulla cima dei monti Amerini, mentre il popolo viveva nei borghi sottostanti. Tra i monasteri e i borghi cโ€™erano, e ancora ci sono, interi fianchi di colline coperti di castagni. I benedettini si resero subito conto che quei terreni erano propizi alla crescita dei castagni cosรฌ, rimboccandosi le maniche, si misero a insegnare ai villici lโ€™arte di coltivare il castagno ma soprattutto lโ€™arte di innestarlo. Unโ€™arte sopraffina e delicata perchรฉ trasforma una pianta selvatica in unโ€™ottima pianta da marroni. Purtroppo questa รจ unโ€™attivitร  che ormai sta sparendo: lโ€™uso che si faceva del legno di castagno รจ stato soppiantato da altri materiali. Le traversine della ferrovia sono di cemento, gli infissi sono in alluminio o in PVC, i tavoli li produce lโ€™IKEA con mescole diverse, gli attrezzi agricoli non si fanno piรน in casa.
Per i comuni della zona del circuito la Sagra della castagna รจ comunque un importante appuntamento annuale, una tradizione alla quale purtroppo questโ€™anno si dovrร  rinunciare a causa del Coronavirus. Tuttavia, percorrendo quel circuito in autunno puรฒ capitare di trovare sul terreno dei marroni e si possono certamente gustare piatti a base di castagne nei vari ristoranti e locande sparse un poโ€™ovunque.

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