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Stavo facendo un volo allโ€™interno degli Stati Uniti quando ho conosciuto delle donne che venivano dallโ€™Inghilterra, dalla Francia e dalla Germania e stavano andando a un congresso internazionale di coperte patchwork.

Mi hanno raccontato che avevano lโ€™abitudine di riunirsi e lavorare insieme. รˆ sempre un piacere ritrovarsi tra amiche e fare delle cose assieme come giocare a burraco o lavorare a maglia, fare biscotti oppure intrecciare cesti. Lโ€™idea di intrecciare cesti รจ venuta a una signora tuderte, Francesca Marri, che si diverte con le sue amiche e assieme si rilassano dopo una giornata impegnativa. La casa della signora Marri รจ piena di cesti di ogni tipo, colore e funzione; Francesca non si limita solo a intrecciare rami e rametti, ma conosce anche la storia dei cesti, che si perde indietro nei secoli.

 

 

I cesti di ogni dimensione sono sempre stati usati da che esiste lโ€™uomo. Lโ€™uomo primitivo ha imparato a intrecciare rami e farne dei contenitori per trasportare le cose asciutte, ma non si potevano trasportare i liquidi. Allora si comincia a usare la terra argillosa come semplice rivestimento dellโ€™interno dei cesti per renderli impermeabili. Poi lโ€™argilla uscirร  dai cesti e diventerร  ceramica uno dei capisaldi delle prime civiltร . Il cesto รจ un prodotto naturale, perchรฉ รจ il risultato di intrecci di rametti di ogni tipo di pianta. Francesca intreccia rametti di olmo, di ginestra, di vitalba, di ornello, di salice e i rametti dritti degli olivi. Cosรฌ ho scoperto che il salice da intrecci รจ la varietร  detta Salix Viminalis.
Ne consegue che il colle Viminale, dove ha sede il Ministero degli Interni, era un colle coperto di salici. Lโ€™uomo ha imparato a non distruggere la natura nemmeno per fare i cesti. Infatti, i rami si raccolgono prima delle gemme e si raccolgono solo i ributti o i polloni che sono quei rami legnosi che crescono alla base delle piante e che andrebbero eliminati. Appena raccolti sono freschi e umidi e necessitano di essere asciugati ma non troppo perchรฉ non si secchino.
Una volta asciugati si bagnano leggermente per far riprendere la plasticitร  e si procede. E qui nascono le sorprese. Ogni paese, ogni zona ha il suo cesto e ogni ramo permette di essere lavorato con una tessitura particolare. In Francia, nel Perigord, la tecnica รจ tutelata ed รจ caratterizzata da una particolare lavorazione a spirale che si fa con il vimini, osier in francese.

In Spagna cโ€™รจ il cesto Zarzo, tipico delle Asturie che si fa con rami di salice di vari colori. In Kenya usano le fibre di sisal, unโ€™agave importata dal Messico. Dalle foglie si estraggono delle fibre morbide che le donne tingono ed intrecciano. Le sporte keniote sono famosissime come gli stuoini di sisal che si mettono davanti alle porte. Le forme diverse dei cesti annunciano anche utilizzi diversi. Cโ€™รจ il cestino da ciliegie che ha il fondo tondo e non si ribalta mentre quello per le noci รจ fatto per essere appeso alla vita. In Sardegna di usa la rafia che ha un intreccio piรน fitto e ha tinte chiare.

Prima di conoscere la signora Marri credevo che i cesti fossero oggetti non particolarmente interessanti. Invece mi sono accorta di averne visti tanti e con tante funzioni diverse. Nei miei ricordi di bambina ci sono i cestini porta merenda dellโ€™asilo, le gerle che i montanari caricavano sulle spalle come zaini e le sporte per la spesa che le donne avevano al mercato. Ne ho visti anche in mano ai raccoglitori di funghi su e giรน per i boschi, ho visto i cestini porta trote addosso ai pescatori, ho avuto la borsa keniota e il cestino porta pane sardo. Insomma, ero circondata da questi silenziosi aiutanti che non apprezzavo a sufficienza.

 


Se qualcuno si vuole cimentare a intrecciare vimini e altri rami basta che vada su Instagram e vedrร  la signora Marri in azione.

Instagram: cesteria _ telospiegoconlemani

Mercoledรฌ 3 maggio 2023 alle ore 17.00, presso lโ€™azienda agraria Carlo e Marco Carini.

Mercoledรฌ 3 maggio 2023 alle ore 17.00, presso lโ€™azienda agraria Carlo e Marco Carini (strada del Tegolaro, 2 โ€“ Perugia), si terrร  la conferenza stampa di presentazione della seconda edizione di La Spesa nellโ€™Orto, lโ€™evento dedicato alla biodiversitร , allโ€™ambiente e alla rigenerazione del suolo, che trae ispirazione dallโ€™omonimo canale YouTube.
Lโ€™appuntamento, che avrร  luogo il 6 e 7 maggio 2023 presso la residenza dโ€™epoca Villa Pieve (Corciano), ha in programma due giorni di laboratori, meeting, dimostrazioni pratiche e attivitร  per bambini con esperti e addetti ai lavori; oltre a una vasta area espositiva. ย Il tutto รจ realizzato in collaborazione con Philms, Visualcam APS e Corebook e con il patrocinio del Comune di Perugia, del Comune di Corciano e di Slow Food Italia.

Dopo il saluto delle istituzioni interverranno:

Filippo Fagioli – ideatore del progetto La Spesa nellโ€™Orto

Luca Crotti – agronomo

Ugo Mancusi – Corebook

 

Al termine della conferenza stampa verrร  offerto agli ospiti un aperitivo.

Il 6 e 7 maggio, a Villa Pieve, due giorni con ospiti, laboratori e una mostra mercato per scoprire tutti i segreti della terra e dei suoi prodotti.

La Spesa nellโ€™Orto โ€“ lโ€™evento che trae ispirazione dallโ€™omonimo canale YouTube โ€“ fa le cose in grande e si sta preparando per la seconda edizione, che si terrร  il 6 e il 7 maggio 2023 a Villa Pieve, unโ€™elegante residenza dโ€™epoca ai piedi di Corciano (Perugia). Lโ€™evento โ€“ completamente gratuito โ€“ racconterร  la biodiversitร  e la rigenerazione del suolo attraverso meeting con ospiti che parleranno di orto, ambiente, frutti antichi, permacultura, alberi e molto altro; e con vivaci laboratori pratici per adulti e bambini.

 

Villa Pieve

 

ยซRispetto alla prima edizione siamo cresciuti, con lโ€™obiettivo di diventare un appuntamento fisso annuale. Per questo abbiamo diversificato lโ€™offerta dei servizi: ci sarร  un ambito informativo e congressuale, ma allo stesso tempo vogliamo sporcarci le mani con i laboratori per tutte le etร . Sarร  presente anche unโ€™area Kids con giochi, letture e sport. A tutto questo si aggiunge la mostra mercato con la presenza di piccole aziende e produttori โ€“ quattro arrivano anche da fuori Umbria. Sarร  unโ€™occasione per conoscere le novitร  e acquistare i loro prodottiยป spiega Filippo Fagioli, ideatore dellโ€™evento e volto del canale YouTube.

 

Filippo Fagioli

 

La punta di diamante della due giorni รจ il laboratorio che prevede la costruzione del Keyhole Garden, un orto a letto rialzato costruito con materiali di recupero, spesso utilizzato in permacultura. Il laboratorio sarร  tenuto da Alessandro Valente di Permaculture Training, uno dei maggiori esperti italiani. ยซSi tratta di una tipologia di orto che serve a contrastare la siccitร  e favorire il risparmio idrico. Un argomento molto attuale in questo periodo. Nel corso della mattinata di domenica, Alessandro Valente terrร  una lezione sul concetto di permacultura. Siamo anche molto orgogliosi di avere avuto il patrocinio ufficiale di Slow Food Italia e un delegato regionale sarร  presente allโ€™eventoยป prosegue Filippo Fagioli.

Tanti gli ospiti che si alterneranno nel corso dei diversi convegni (uno ogni 30 minuti): Vanni Ficola, agrologo; Isabella Dalla Ragione, presidente della Fondazione Archeologia Arborea; Cristiano Spilinga, naturalista; Fabio Fumi, fondatore di GermoglioSรฌ; David Grohmann del San Pietro Green Team;ย Antonio Brunori, segretario generale di PEFC Italia; Valentina Dugo; Livia Polegri; Luca Crotti; Matteo Cereda di Orto da Coltivare; e Matteo Giglietti, docente in Scienze Agrarie.

 

 


Scopri il programmaย 

Lugnano in Teverina sorge su un colle roccioso a forma di luna appartenente al complesso dei Monti Amerini e, dallโ€™alto delle sue mura, si gode di uno splendido panorama che spazia sulla valle del Tevere, il fiume che gli dร  il nome bagnandone le terre.

Il territorio collinare รจ il luogo ideale per coltivazioni cerealicole, per vigneti e oliveti dai quali si estrae un olio extravergine di alta qualitร  (Lugnano appartiene alla rete delle Cittร  dellโ€™Olio); lโ€™aria sana e il clima sempre mite lo rendono un luogo ameno. Il suo primo nome documentato (nel 1290) รจ Lugnanum Tyburinae: lโ€™ipotesi รจ che il borgo sia sorto a opera degli abitanti della sottostante valle del Tevere (Teverina) spostatisi per sfuggire alla malaria intorno al VI sec. d.C.
Il termine Lugnano potrebbe derivare da Lucus Jani, bosco di Giano, il cui corrispondente femminile รจ la luna, presente sullo stemma comunale.

 

Veduta di Lugnano in Teverina

 

Fin dallโ€™epoca romana ha fatto parte del territorio amerino, come testimoniano importanti ritrovamenti archeologici nel sito di Poggio Gramignano. Il suo sviluppo sociale ed economico perรฒ avviene nel Medioevo, e culmina nella trasformazione in Comune intorno allโ€™anno 1000. Dal XI al XIV secolo Lugnano รจ soggetto a vari nobili che si contendono il territorio, incaricati dai Papi della difesa di unโ€™area che apparteneva allo Stato Pontificio. Nel 1449, su ordine di Pio II, vengono restaurate le mura e nel 1508 – in seguito ai soprusi da parte dei signori delle cittร  circostanti – i lugnanesi istituiscono lo Statuto della Terra di Lugnano con il quale regolano ogni aspetto della vita sociale e delle relazioni tra i membri della comunitร . Nel 1650 viene costruito Palazzo Pennone, dimora del governatore della Sede Apostolica fino al XVIII secolo e ora sede del Comune: la costruzione ricorda lโ€™immagine suggestiva del pennone di una nave e svetta imponente sul borgo. Lugnano ancora oggi รจ racchiuso allโ€™interno delle mura difensive, risalenti al IX secolo; tra i suoi torrioni si puรฒ ammirare integra la Torre Palombara che, con la sua colomba bianca, ricorda che questo era il borgo dei piccioni viaggiatori.
Entrando da Porta Sant’Antonio si raggiunge il centro e piazza Santa Maria (giร  Platea S. Maria) dove si affaccia la Chiesa omonima, considerata oggi monumento dโ€™importanza nazionale: un gioiello dโ€™arte romanica che giร  da solo vale il viaggio a Lugnano. La tradizione vuole che sia stata costruita sopra una precedente chiesa eretta da Desiderio, re dei Longobardi.
Girovagando per il borgo ci si perde in vicoli, archi, scalinate e piazzette, come quella di Campo dei Fiori. Da vedere anche le Chiese di Santโ€™Andrea e Santa Chiara, i Conventi di Santโ€™Antonio da Padova e di San Francesco e la Chiesetta di Santa Maria del Ramo o di Ramici che, isolata su un poggio, รจ un luogo mistico costruito agli inizi del Quattrocento.

 

cosa vedere in umbria

Alcuni ritrovamente provenienti dalla necropoli di Poggio Grammignano

 

Infine, da non perdere รจ lโ€™Antiquarium Comunale, che raccoglie i materiali archeologici rinvenuti negli scavi della villa romana (I sec. a.C.) di Poggio Gramignano: mosaici, vetri, utensili di bronzo, ceramiche e anfore, alcune delle quali usate come sepoltura di bambini, ne sono stati ritrovati ben 47. La villa fu infatti riutilizzata nel V secolo come necropoli.
Un ultimo suggerimento: assaggiate il bocconcello di San Francesco, una ciambella al formaggio a cui รจ dedicata una sagra (a ottobre); nel periodo della vendemmia da provare รจ invece il tipico pane col mosto, mentre nel corso dellโ€™Estate Lugnanese (luglio-agosto) il borgo si anima con manifestazioni culturali e gastronomiche. Alla fine di ottobre non perdete Andar per Frantoi e Mercatini con degustazioni e vendita di olio extravergine prodotto nei frantoi locali.

 


Per saperne di piรน

Il comitato umbro della Federazione Italiana Escursionismo รจ capofila di un progetto transnazionale che tocca anche Francia e Croazia.

Si tratta di TASTERural Developement trough Experiential Trekking, il progetto europeo guidato dal Comitato Regionale Umbro della FIE-Federazione Italiana Escursionismo, che conta anche la partecipazione della croata Istarska Sportska Akademia e della Fรฉdรฉration Franรงaise de la Randonnรฉe Pรฉdestre delle Bocche del Rodano. Lโ€™obiettivo del progetto รจ quello di permettere alle comunitร  locali di promuovere il proprio patrimonio culturale e naturale attraverso attivitร  di trekking esperienziale, attirando un turismo dโ€™avventura ed enogastronomico. Un tipo di turismo lento, con una particolare alla sostenibilitร  e alla valorizzazione del patrimonio locale.

 

 

TASTE si basa sulla creazione e sulla diffusione di una metodologia partecipativa e di un approccio basato sulla comunitร : lo scopo del progetto รจ infatti quello di contribuire al rafforzamento delle capacitร  del personale delle organizzazioni partecipanti, nonchรฉ dei futuri beneficiari dei risultati del progetto, in termini di sviluppo del turismo rurale sostenibile e promozione di pratiche e attivitร  sportive rispettose dellโ€™ambiente. Tutti temi molto attuali che porteranno il progetto, nel corso del 2023, a creare una guida per la creazione di percorsi escursionistici tematici e una raccolta di alcuni percorsi selezionati dai partner, con lโ€™auspicio che il modello TASTE possa essere esportato al di fuori del progetto e coinvolgere un numero sempre maggiore di operatori del settore.

 


Maggiori informazioni si possono trovare sul www.tasteoutdoor.eu, disponibile in inglese, italiano, francese e croato.

A circa 10 chilometri dalla cittร  di Spoleto, sorge il piccolo borgo di Campello sul Clitunno. Il comune comprende tredici piccole frazioni, anche se con il toponimo Campello sul Clitunno si identificano soltanto due di esse, Campello Alto e Campello Basso.

Il nome deriverebbe dal barone di Borgogna, Rovero di Champeaux che, attorno al X secolo, governรฒ il feudo e fece erigere un castello, attorno al quale si sviluppa il borgo fortificato oggi denominato Campello Alto e abitato da poco piรน di cinquanta persone. Dellโ€™antico castello rimangono le mura esterne e la porta dโ€™ingresso, di fronte alla quale รจ situata la Chiesa di San Donato. Originaria del XVI secolo, venne ristrutturata piรน volte nel corso dei secoli e attualmente ospita un bellโ€™altare ligneo di epoca barocca. Il campanile della chiesa รจ stato ricavato da una torre medievale dellโ€™antico castello. Allโ€™interno di Campello Alto sono anche presenti il Palazzo Comunale e il complesso monastico dei Barnabiti, nel quale รจ custodito anche un affresco giottesco che raffigura la Crocifissione e i Santi.

 

Foto di Enrico Mezzasoma

 

La parte bassa di Campello, nella quale ha sede lโ€™amministrazione comunale, รจ denominata La Bianca a causa della presenza di unโ€™edicola votiva rappresentante una Madonna col Bambino, talmente chiara e bionda da essere soprannominata appunto la bianca. Il luogo piรน importante della frazione รจ il Santuario della Madonna della Bianca. Il progetto di costruzione venne avviato nel 1516 e aveva lo scopo di ospitare lโ€™omonima edicola. La chiesa a croce latina, affiancata nel 1638 da una torre campanaria, presenta una facciata a spioventi divisa da quattro lesene verticali al cui centro sorge un semplice portale sormontato da una finestra circolare. Lโ€™interno, a una sola navata con copertura a cupola, รจ decorato con importanti affreschi e tele di artisti cinquecenteschi.

Nei dintorni vi รจ il Castello di Pissignano, che sorge nellโ€™omonima frazione comunale. Il nome, che deriva dal latino Pissinianium ovvero piscina di Giano, testimonia lโ€™antico dominio romano sulla zona. A causa della particolare morfologia del territorio, il castello si presenta con mura perimetrali a forma triangolare e con case disposte a terrazzamento. Tra le numerose torri medievali, una, a forma pentagonale, รจ stata trasformata nel campanile della chiesa di San Benedetto. Attualmente sconsacrata e di proprietร  privata, era originariamente parte di un complesso architettonico benedettino. Lโ€™interno รจ decorato con numerosi affreschi, alcuni attribuiti a Fabio Angelucci da Mevale.

 

Tempietto sul Clitunno

 

Da non perdere assolutamente le Fonti del fiume Clitunno. Le sorgenti sono senza dubbio il luogo piรน suggestivo e rinomato di Campello sul Clitunno, alle quali numerosi poeti, come Virgilio e Giosuรจ Carducci, hanno dedicato delle magnifiche composizioni. Dalle fonti, create da sorgenti sotterranee che fuoriescono dalle rocce, si รจ formato uno splendido laghetto con limpide acque di colore smeraldo, nel quale sono presenti numerose specie e piante acquatiche. La struttura del parco oggi visibile, risale al XIX secolo, e venne costruita in seguito alla volontร  di Paolo Campello della Spina di ridonare alla fonte lโ€™antico splendore. Attualmente il parco si presenta come un luogo perfetto per gli amanti della natura che possono immergersi in sentieri tra salici piangenti e pioppi cipressini che donano allโ€™area una sensazione di pace e tranquillitร . Nei pressi delle fonti vi รจ il Tempietto sul Clitunno. Edificato nel V secolo sopra un preesistente santuario dedicato alla divinitร  fluviale Clitunno, รจ, in realtร , una piccola chiesa a forma di tempietto dedicata al culto di San Salvatore. La struttura rimanda allo stile classico di un tempio prostilo, tetrastilo, in antis, costruito su di un basamento e con colonne corinzie tutte diverse lโ€™una dallโ€™altra. Allโ€™interno vi รจ la cella, coperta da una volta a botte, che culmina con unโ€™abside affrescata. Gli affreschi, risalenti al VII secolo, raffigurano San Salvatore, benedicente a mezzo busto con un libro gemmato, e, ai lati, i Santi Pietro e Paolo. Dal 2011 il Tempietto sul Clitunno fa parte del sito seriale inserito nella lista dei patrimoni dellโ€™umanitร  dellโ€™Unesco I Longobardi in Italia: i luoghi del potere (568-744 d.C.) che comprende sette localitร  in cui sono custoditi beni artistico-monumentali di epoca longobarda.

Curiositร : Campello sul Clitunno fa parte dellโ€™Associazione Nazionale Cittร  dellโ€™olio ed รจ tra i migliori comuni italiani per la qualitร  della produzione di olio extravergine dโ€™oliva.

 


Per saperne di piรน

Lโ€™esistenza preziosa tra mito e scienza di uno degli alimenti piรน utili allโ€™uomo.

Da simbolo di regalitร  nellโ€™antico Egitto[1] a tipicitร  della terra di Canaan – il paese dove scorre latte e miele – da condimento immancabile sulle tavole degli Antichi Romani che lo importavano da Melita [2] a preda del ghiotto indicatore golanera[3]: il miele, elisir di lunga vita per Pitagora, attraversa la storia del genere umano. Nellโ€™antichitร  รจ sempre stato considerato nutrimento spirituale perchรฉ ritenuto purissimo[4] e per questo nettare degli dei, divino, poichรฉ divine sono le stesse api che lo producono, nate dalle lacrime di Ra[5], il cui nome greco deriva proprio da miele; come da miele deriva Melissa[6], pianta a cui le api sono molto affini, ma anche ninfa nutrice che secondo il mito salva Zeus dalla crudeltร  del padre Crono crescendolo a latte e miele, e che diviene nientemeno che ape per mano dello stesso Zeus, a dimostrazione della sua gratitudine. Ma la divinitร  delle api non รจ soltanto un mito, essa trova fondamento nelle loro innate capacitร .

 

prodotti tipici dell'umbria

 

Le api sanno vivere in comunitร  con un preciso schema di condivisione, che le porta a provare le stesse cose nel medesimo momento e a comunicare danzando[7]. Sono anche fautrici di vita: ยซresponsabili di circa il 70% dellโ€™impollinazione di tutte le specie vegetali viventi sul pianeta, garantiscono circa il 35% della produzione globale di ciboยป[8], alla quale lโ€™Italia contribuisce in modo importante; basti pensare alle oltre 50 tipologie di miele che le conferiscono il primato mondiale per la piรน grande varietร  di miele monoflora, testimonianza della sua ricca biodiversitร .
Il miele si distingue in base a polline e propoli[9], contiene zuccheri (fruttosio e glucosio) al 70-80%, acqua al 15-20% e poi acidi organici, amminoacidi liberi, proteine, minerali, vitamine, ed enzimi; questi ultimi perรฒ si degradano nel tempo e col calore, perciรฒ la loro quantitร  รจ sinonimo di freschezza. Il fruttosio รจ dotato di proprietร  emollienti utili alla bocca, alla gola, allo stomaco, allโ€™intestino[10] e al fegato dove contribuisce allo smaltimento delle sostanze tossiche. Ma a fare la differenza sono le sostanze battericide e quelle antibiotiche che non solo creano un ambiente umido assente di proliferazione batterica adatto alla guarigione[11], ma determinano la lunghissima conservazione del prodotto che va garantita da alcune buone norme: temperatura inferiore ai 20ยฐC, recipienti scuri e/o lontani dalla luce diretta e chiusura ermetica[12].
Il miele, che ha un effetto salutare maggiore rispetto ad altri zuccheri, รจ perciรฒ considerato un superfood, fondamentale tanto per lโ€™uomo quanto per le api che se ne nutrono; questo infatti le aiuta a vivere piรน a lungo, a tollerare il freddo, a curare ferite, infezioni, e a disintossicarsi dai pesticidi.

 

 

Secondo uno studio condotto dalla dott.ssa Renata Alleva, risulta che lโ€™introduzione dei variegati polifenoli del miele nelle cellule umane inibisce la formazione di radicali liberi, e attiva un sistema di riparazione delle lesioni provocate dai pesticidi al DNA. Per tanto, alla stregua dellโ€™Olio EVO, il miele รจ da considerarsi prodotto nutraceutico, con lโ€™unica avvertenza che fanno i medici di non somministrarlo ai bambini sotto lโ€™anno di vita. Non potendo essere pastorizzato[13], potrebbe contenere la pericolosa Clostridium Botulinum, tossina botulinica che le api raccolgono dai fiori, capace di germinare nellโ€™intestino dei bambini poichรฉ la flora batterica ancora immatura non รจ in grado di espellerla. Ma oggi, il miele, รจ anche protagonista del prestigioso Concorso Tre Gocce dโ€™Oro โ€“ Grandi Miele dโ€™Italia promosso dallโ€™Osservatorio Nazionale Miele, nel quale anche lโ€™Umbria, con le sue apicolture, non solo conquista il titolo di miglior miele millefiori (2015) ma continua a dare dimostrazione di grande valore ad ogni nuova edizione. Ennesimo motivo dโ€™orgoglio a testimonianza dellโ€™importantissima biodiversitร  che caratterizza il cuore verde dโ€™Italia!

 


[1] Si ritiene che per โ€œla presenza di una testa coronata (lโ€™ape regina) [โ€ฆ] il Basso Egitto abbia utilizzato lโ€™ape come simbolo territoriale e che il faraone stesso lo abbia usato, insieme al giunco, quale emblema reale, simbolo di sovranitร  e di comando. Per tutta la storia di questa civiltร , il Basso Egitto รจ stato sempre rappresentato dallโ€™ape.โ€
Le lacrime di Ra. Lโ€™apicoltura e lโ€™importanza delle api nellโ€™antico Egitto www.mediterraneoantico.it

[2] Terra del miele – oggi meglio nota come Malta.

[3] Indicatore golanera o greater honeyguide, che in Inglese significa letteralmente grande guida del miele, รจ un piccolo uccello del Mozambico ghiotto di cera (uno dei pochi uccelli in grado poterla digerire) di larve e pupe, che rispondendo al richiamo dellโ€™uomo lo guida alla ricerca delle arnie selvatiche.
L’uccellino che guida alla scoperta del miele www.focus.it

[4] Miele deriva infatti dall’antico etimo elelu che vuol dire libero da impuritร .

[5] Le lacrime di Ra. Lโ€™apicoltura e lโ€™importanza delle api nellโ€™antico Egitto www.mediterraneoantico.it

[6] La Melissa delle api:ย www.terranuova.it

[7] La danza elle api รจ lโ€™unico esempio di linguaggio simbolico nel mondo animale, attraverso la quale unโ€™ape bottinatrice comunica alle altre di aver trovato una nuova fonte di cibo; nella danza risiedono le informazioni di direzione (orientamento della danza rispetto al sole), di distanza (proporzionale alla velocitร  della danza) e tipo di raccolto (piccolo assaggio riportato).
Guida ai Mieli dโ€™Italia, pdf di โ€œOsservatorio Nazionale mieleโ€ <www.informamiele.it>

[8] Il ruolo delle Api per lโ€™uomo e lโ€™ambiente www.isprambiente.gov.it

[9] Il polline, ricco di proteine ed enzimi, รจ raccolto dai fiori, la propoli รจ una sostanza resinosa raccolta dalle gemme e dalla corteccia delle piante.

[10] Lโ€™azione osmotica provoca un afflusso di acqua nellโ€™intestino che ne facilita lโ€™evacuazione.

[11] Perfetto per il trattamento di ulcere gastriche, piede diabetico, ustioni e piaghe, e per contrastare la comparsa di brufoli e acne.

[12] Il miele ha capacitร  igroscopica: รจ in grado di assorbire le molecole dellโ€™acqua dallโ€™ambiente circostante e con esse anche tutti gli odori.

[13] La pastorizzazione รจ una tecnica impiegata nel settore alimentare che ha come fine ultimo quello di garantire una lunga conservazione degli alimenti eliminando i batteri presenti in essi con lโ€™utilizzo di alte temperature.

รˆ piccolo e tondo ma non รจ Pachino, non รจ Ciliegino, non รจ Datterino: รจ Cesarino.

Il pomodoro del signor Cesare รจ un pomodoro rigorosamente umbro che si รจ sviluppato sul monte Peglia e poi รจ sceso a valle. I pomodori che si trovano nei supermercati sono tutti F1, ma non corrono in Ferrari. Sono ibridi standardizzati, cioรจ il DNA della pianta รจ stato manipolato e modificato e hanno delle caratteristiche che non sono gradite ai contadini: hanno semi che non si ripiantano e che vanno acquistati ogni anno e per di piรน richiedono molta dโ€™acqua per crescere. Invece, il pomodoro di Cesare non รจ un ibrido ma รจ uno dei pochi semi al mondo a essere geneticamente originale, รจ molto versatile e resistente, ma soprattutto รจ molto umbro. Il pomodoro di Cesare racconta una storia famigliare antica piรน di centโ€™anni che nessun pomodoro F1 puรฒ vantare.

La storia

Verso il 1890 il papร  di Cesare era un contadino sul monte Peglia. Vita dura, fatica tanta, soldi pochi. Si risparmiava su tutto e non si buttava via niente. Quando il nonno รจ morto, Ada e Cesare ricevettero in ereditร  i preziosi semi del nonno e ogni anno continuarono a piantarli nellโ€™orto. Vuoi per il lavoro, vuoi per i figli e altre cose, Ada e Cesare lasciarono la montagna e si stabilirono nella campagna di Monte Castello di Vibio. I luoghi cambiavano ma non le abitudini, e i pomodori di montagna si sono adattati alla pianura.
Ogni primavera Cesare andava a prendere una scatola da scarpe dove erano gelosamente conservati i semi dei suoi pomodori, che provenivano dalla raccolta lโ€™anno precedente, e li spargeva sul terreno. Cesare faceva quello che per millenni hanno fatto tutti i contadini, cioรจ seminava i suoi semi: non era necessario comperarne nuovi ogni anno. Ci pensava la natura a non svenare la famiglia rurale.
Se i lavori nel campo erano di competenza degli uomini, la raccolta e la lavorazione dei frutti era di esclusiva competenza delle donne. Ai pomodorini umbri questa divisione del lavoro รจ piaciuta e si sono trovati bene con le mani femminili. Erano tanti piccoli, rossi, tondi, leggermente agro-dolci e tutti disuguali. Ada li faceva seccare sul mattonato e i piรน belli li accantonava per prenderne i semi per lโ€™anno dopo. I pomodorini erano utilizzati integri, si mangiavano in insalata o sul pane o in conserva per la pasta. Una parte si appendeva al soffitto perchรฉ resisteva fino oltre Natale.

 

Il pomodoro Cesarino

 

Servivano solo per lโ€™uso famigliare. Ogni mattina gli uomini si alzavano alle prime luci dellโ€™alba per andare a lavorare nei campi, verso le nove tornavano a casa per fare colazione o come dicevano con una bella parola umbra, a fare lo sdigiunello. Era una colazione a base di pane, spesso secco, sfregato con i pomodori freschi, olio, sale e un bicchier di vino. La presenza del pomodoro era dโ€™obbligo nella maggior parte dei piatti che si cucinavano in casa. Poi lโ€™estate finiva e i pomodori belli che Ada aveva messo da parte ritornavano fuori e diventavano protagonisti. Venivano schiacciati a mano per estrarre i semi che poi si stendevano su una carta ad asciugare al sole. Quando avevano perso lโ€™umido i semi procedevano verso la scatola da scarpe.
Il cartone li lasciava respirare senza farli ammuffire. Le stagioni si sono succedute tutte uguali: pomodori e semi, ancora pomodori e ancora semi. Improvvisamente i semi sono finiti. Disperazione. Ma la famiglia non demorde e alla fine, in fondo a un magazzino, dentro un armadio, dentro una vecchia scatola da scarpe con scritto Seme Novo si trova una manciata di semi.
Eccolo finalmente, ancora buono e abbastanza vecchio per essere definito seme autoctono, titolo che compete ai semi che non sono mutati da piรน di 50 anni. Ricomincia il ciclo, ma lโ€™imprevisto รจ in agguato. I semi vengono lavorati con tecniche moderne, ogni fase รจ fatta dalle macchine. Ma il Cesarino รจ una pianta strana, non sopporta le macchine, lui vuole solo il tocco delicato delle donne: se le macchine lo toccano non frutta piรน. Che fare? Questa volta รจ proprio finito tutto.

 

Il pomodoro Cesarino

 

Colpo di scena, in fondo alla scatola da scarpe ci sono ancora 5 semi, esattamente 5. La famiglia entusiasta tratta i 5 come una reliquia. Si pianteranno alla luna piena di marzo. Arriva la primavera, si semina con ogni precauzione. Scelgono un terreno aperto lontano da ogni altra coltivazione di pomodori e si depositano nel terreno i 5 preziosi semi. Questa volta si ripete il miracolo, cesarino ha dato i suoi frutti. Qui รจ iniziata la nuova vita trionfale del pomodorino con la partecipazione di tutta la comunitร  rurale di San Venanzo che ha contribuito con tenacia a mantenere il seme incontaminato. Dopo unโ€™accurata analisi del suo DNA รจ risultato totalmente incontaminato e di diritto รจ stato iscritto nel Registro Regionale delle risorse genetiche autoctone di interesse agrario.

รˆ stato riconosciuto come pomodoro nobile e raro proprio per le sue caratteristiche che lo rendo capace di resistere a siccitร  prolungate, con una buccia un poโ€™ grossa che lo tutela dai vari parassiti, e con semi che fruttano ogni anno. Una piccola eccellenza umbra riservata a pochi fortunati. A me piace chiamarlo Cesarino ma sulle etichette appare come Pomodoro di Cesare, il pomodoro che nonno Cesare ha curato e conservato tutta la vita. Unโ€™altra eccellenza umbra di nicchia, squisita e degna di diventare un presidio Slow Food.

Attraversarono il Mediterraneo come oggi fanno i migranti: nel V secolo d.C. in Siria infuriavano le persecuzioni religiose a seguito dei concili orientali. Nel V secolo d.C. dalla Siria si fuggiva e si attraversava il Mediterraneo. Nel V secolo d.C. i monaci eremiti siriaci, che avevano messo la loro residenza in una grotta nel deserto per pregare in libertร , furono costretti a scappare per avere salva la vita.

Abbazia di Santโ€™Eutizio

Attraversarono il Mediterraneo come fanno oggi i migranti, anche quelli che provengono proprio dalla Siria, e circa 300 monaci siriani approdarono in Italia e andarono dal Papa. Il Papa vide che il loro stile di vita era conforme ai dettami della chiesa e li accettรฒ. Con la benedizione papale lasciarono Roma alla ricerca di un luogo adatto alle loro esigenze di solitudine. Alcuni risalirono la via Flaminia fino alla Valnerina e lรฌ si fermarono. Era il luogo ideale per installarsi perchรฉ cโ€™era abbondanza dโ€™acqua, cโ€™erano erbe con cui placare la fame e cโ€™erano tante grotte sui fianchi della montagna. Lรฌ gli eremiti si sistemarono. Tre di essi continuarono ad avanzare fino alla Valcastoriana: erano Spes, Fortunato ed Eutizio. Su uno sbalzo del terreno videro il luogo dove fermarsi per sempre. Il clima della valle era molto piรน rigido di quello dei deserti siriani e lโ€™inverno era pieno di neve. I nostri intrepidi eremiti si videro costretti a edificare un riparo piรน valido di una grotta e non si adattava a una vita solitaria estrema.

I monaci siriani misero le basi anche per la vita in comunitร , cenobitica e, mettendo una pietra sullโ€™altra, iniziarono la costruzione di quella che sarebbe diventata lโ€™Abbazia di Santโ€™Eutizio, uno dei primi complessi monastici sorti in Italia. Il V secolo รจ unโ€™epoca assai remota, ma anche senza telefoni o televisioni o social le notizie si diffondevano e la presenza di monaci venuti da lontano non passรฒ inosservata. Norcia รจ vicina alla Valnerina e alla Valcastoriana e sicuramente si sarร  parlato in cittร  dellโ€™arrivo di questa gente che veniva da lontano e che viveva nelle grotte come i poveri piรน poveri.

 

Museo della Scuola Chirurgica di Preci

 

Le voci arrivarono fino a un ragazzo di Norcia destinato a far parlare di sรฉ per molto tempo, un tal Benedetto da Norcia. Sembra che il giovane Benedetto sia entrato in contatto con questi eremiti, probabilmente comunicavano in latino, e il loro stile vita ispirรฒ il ragazzo per elaborare il suo pensiero e la sua futura regola. Da questi incontri prese forma la cellula primordiale del monachesimo occidentale benedettino. I monaci venuti da fuori ignoravano tutto di quel luogo cosรฌ pieno di verde e di erbe, ma presto conobbero lโ€™efficacia delle erbe selvatiche, impararono a riconoscere quali andavano raccolte e quali erano pericolose. Era una questione di vita o di morte perchรฉ non basta raccogliere e mettere in bocca, il rischio di mangiare piante letali รจ elevatissimo. Un giorno dopo lโ€™altro, assaggia unโ€™erbetta oggi e cuoci una radice domani รจ andata a finire che i monaci di santโ€™Eutizio sono diventati degli erboristi raffinati e non solo. I santi monaci che erano approdati in Italia avevano portato con sรฉ il sapere dellโ€™arte medica, che in Siria era piรน avanzata, e misero le basi di quella che sarebbe diventata la famosa Scuola chirurgica preciana. Ci sarebbe ancora molto da raccontare e a Santโ€™Eutizio mi sarebbe piaciuto visitare il museo dedicato allโ€™erboristeria e allโ€™arte della chirurgia preciana. Purtroppo nel 2016 in terremoto ha devastato lโ€™Abbazia che รจ a tuttโ€™oggi impraticabile. A breve inizieranno i lavori di restauro di questo luogo cosรฌ antico e cosรฌ legato al nostro passato remoto. Non ci resta che aspettare.

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