Sbattete lo zucchero e le uova, unite, lavorando con un cucchiaio di legno, la farina e, in ultimo, il lievito. Versate in una tortiera leggermente unta, infornate a 180ยฐe fate cuocere per 35-40 minuti. Lasciate raffreddare e tagliate a fette sottili e della misura del piatto in cui sarร posto il dolce. Lavorate bene la ricotta con lo zucchero a velo, unite il cioccolato, le mandorle (che avrete fatto caramellare in un tegamino con un poโ di zucchero), i canditi, lโuva secca, la vanillina e il maraschino. Spruzzate le fette di torta con lโalchermes e ponete nel piatto uno strato di torta, uno di farcia e cosรฌ via fino ad esaurimento degli ingredienti. Lโultimo strato dovrร essere di torta. Coprite con un piatto e sopra di esso mettete un peso. Lasciate il dolce cosรฌ, in frigorifero, per mezza giornata almeno.
Questo dolce veniva servito nei pranzi di matrimonio dei contadini ricchi di Gubbio. Lโuso รจ durato fino a metร degli anni Cinquanta, ma, anche se in altre occasioni, in alcune famiglie continuano a prepararlo. Famosi erano i dolci di ricotta della signora Rina Secchi Notari, che veniva chiamata a preparare i pranzi di nozze e che mi ha svelato la sua ricetta personale. Il dolce di ricotta – รจ evidente simbolismo del bianco della ricotta – giร nellโOttocento era una delle portate del pranzo di matrimonio dei contadini della vicina Romagna.
Un importante traguardo รจ stato raggiunto da alcuni prodotti agricoli e agroalimentari umbri, che sono stati inseriti nel Registro Regionale delle Risorse Genetiche Autoctone di Interesse Agrario, grazie allโinteressamento del 3A-PTA, il Parco Tecnologico Agroalimentare dellโUmbria, insieme alla sintonica e determinata perseveranza di alcuni avveduti operatori del mondo dellโagricoltura e della pesca.
Olivo Ornellona
I prodotti agricoli e agroalimentari di una volta possono rappresentare unโimportante opportunitร per la filiera delle aziende coinvolte a livello di produzione, trasformazione, commercializzazione e somministrazione. Nel processo sono ovviamente coinvolti tutti coloro i quali ne fanno parte e con particolari ricadute nei settori: agricoltura, pesca, commercio, artigianato, cultura, enogastronomia e turismo. ร fondamentale, per le specie iscritte, aver ricevuto questo ambito riconoscimento, in quanto attorno a questi prodotti certificati si possono costruire strategie di business e di marketing, innescando importanti implicazioni economiche per tutti quelli che partecipano al percorso di valorizzazione e commerciale della singola eccellenza, che come una cassa di risonanza puรฒ ampliare lโattrattivitร e la promozione dellโareale sotteso, al fine di cogliere una maggiore opportunitร anche economica allโinterno dei contesti coinvolti.
I prodotti agricoli e agroalimentari che hanno una presenza certa e continuativa su un territorio da piรน di 50 anni potrebbero essere definiti come Risorse Genetiche Autoctone di Interesse Agrario e iscrivibili al Registro Regionale.
Lโiscrizione avviene a seguito di unโapprofondita analisi del dossier presentato, dove i membri del Comitato Tecnico-scientifico esprimono il loro parere per lโinserimento nellโagognato registro.
Aglione
A oggi, nel Registro Regionale Umbro, sono iscritte 69 risorse genetiche tra varietร erbacee, arboree e animali. ร evidente che un prodotto iscritto al registro certifica un passo fondamentale per la sua tutela e la sua valorizzazione e ha immediati vantaggi sugli operatori che coltivano o allevano o commercializzano la specifica risorsa genetica che, altresรฌ, ha la ghiotta possibilitร di entrare a far parte della rete di Conservazione e Sicurezza regionale e della Rete Nazionale della Biodiversitร .
Recentemente, il Registro Regionale Umbro, si รจ arricchito di sei risorse genetiche:
LโAglione, da alcuni chiamato anche lโaglio del bacio, per la delicatezza del sapore e la morbidezza del profumo, che รจ una specie diversa dallโaglio comune. ร presente da piรน di 50 anni nella Val di Chiana sia umbra (detta romana) sia toscana, dove gli agricoltori hanno tramandato nei secoli la sua coltivazione e le casalinghe le ricette (es. umbricelli o pici allโaglione). In questo caso lโAglione Umbro รจ stato iscritto qualche giorno prima di quello toscano e ovviamente ciascuno nei rispettivi registri regionali.
Il Luccio del Trasimeno: specie a forte rischio di erosione in tutta Italia per lโinquinamento genetico dovuto allโimmissione di altre specie, che invece, grazie allโattivitร del Centro Ittiogenico e della Cooperativa dei Pescatori, al Trasimeno ha mantenuto, unico caso in Italia, le sue caratteristiche originarie.
Il Cardo Gobbo della Media Valle del Tevere: varietร locale conservata da un agricoltore di Papiano, residuo di una vecchia, molto apprezzata, varietร tipica della Media Valle del Tevere.
LโOlivo Limona, ad Assisi chiamata Cimignolo: varietร presente nellโUmbria centro-occidentale e centro-settentrionale con esemplari di etร ragguardevole, coltivata sporadicamente anche in alcuni areali di regioni limitrofe.
LโOlivo Pocciolo: presente in pochi vecchi esemplari nella fascia olivata Assisi-Spoleto, dove ha dimostrato una notevole adattabilitร a difficili condizioni di clima e terreno.
LโOlivo Ornellona: varietร presente con soli due esemplari molto vecchi nel comune di Narni, dalle olive piuttosto grandi che danno un olio di qualitร .
Luccio del Trasimeno
Il 3A-PTA
Il 3A-PTA (Parco Tecnologico Agroalimentare) della Regione Umbria รจ stato il fulcro sviluppatore delle 6 new entry nel registro regionale, come peraltro per tutte le altre risorse genetiche regionali. Il 3A-PTA, opera da piรน di due decenni per garantire il miglioramento e il mantenimento della qualitร dei prodotti agricoli e agroalimentari, tramite certificazioni per la sicurezza e la tutela del consumatore, la formazione, la ricerca a sostegno delle imprese, i progetti internazionali, lโinformazione e il marketing; questi sono alcuni dei servizi e delle attivitร che fornisce lโEnte regionale guidato dal dott. Marcello Serafini, Amministratore Unico del 3A-PTA con sede a Pantalla (PG).
Tra le persone del 3A-PTA, fautrici di questi importanti ingressi nel registro regionale, ricordiamo il dott. Luciano Concezzi, responsabile dellโArea Innovazione e Ricerca e i suoi collaboratori, il dott. Mauro Gramaccia, il dott. Marco Caffarelli, la dott.ssa Livia Polegri e la dott.ssa Marta Giampiccolo. Oltre alle eccellenze agricole e agroalimentari umbre conosciute e apprezzate in tutto il mondo, si tenga presente che il 3A-PTA della Regione Umbria viene annoverato tra gli Enti istituzionali di indiscusso prestigio e di notevole vanto regionale.
Sembra incredibile, ma la tradizione dei tipici dolci umbri รจ legata al fiume che attraversa la regione per andare fino a Roma: inutile dire che si tratta del Tevere.
Una volta il Tevere era un fiume navigabile e non quel misero rigagnolo, sempre in secca, che vediamo ora. Se torniamo indietro di almeno 2500 anni scopriamo che il Tevere era un confine quasi invalicabile; ci saranno stati forse dei traghettatori, ma le due sponde non erano ancora collegate da ponti. A quellโepoca sulla sponda destra vivevano gli Etruschi, mentre sulla sponda sinistra si estendeva la regione degli Umbri, che comprendeva Foligno, Spoleto e Norcia. Possiamo dire: tanto vicini e tanto diversi.
Il territorio etrusco si estendeva fino al mare Tirreno e fu proprio attraverso il mare che gli Etruschi entrarono in contatto con popolazioni, culture e cibi diversi. Gli Umbri invece, sulla destra del fiume, erano lontani dal mare, perciรฒ si servivano solo di cibi a chilometro zero.
La mandorla e la noce
La caratteristica delle due popolazioni si puรฒ riassumere in due frutti piccoli, ma ricchi di significato: la mandorla e la noce. Gli Etruschiusavano le mandorle, gli Umbri le noci. Giacchรฉ sono state trovate tracce di mandorli nella zona di Cittร di Castello, si pensa che lโalbero fosse presente in epoca etrusca. A sinistra invece, il noce era la pianta tradizionale della civiltร contadina.
Cโรจ anche da dire che in quei tempi lontani gli alberi erano legati a un concetto di sacralitร e di buon auspicio. Il mandorlo era visto come foriero di benessere e si perde nella notte dei tempi lโuso di mangiare confetti in occasione dei matrimoni per augurare agli sposi di vivere felici e contenti per 100 anni.
Per contro il noce ha una storia cupa che parla di streghe e di malefici vari. Tuttavia, malgrado la cattiva fama dellโalbero, si mangiava il frutto e si usava il legno, esattamente come il castagno della zona di Amelia/Santa Restituta.
Torciglione
Dolci umbri
Gli usi diversi li ritroviamo ancora oggi perchรฉ la tradizione si รจ mantenuta nei dolci. Ripartiamo da destra dove sโincontra Perugia e a Perugia si mangia il Torciglione: un serpentone che si morde la coda ripieno di mandorle e canditi, tipica composizione natalizia. Lo si trova anche a Chiusi, cittร ancora piรน etrusca e pure a Cittร di Castello e sul lago Trasimeno. Forse, anzichรฉ un serpente il Torciglione rappresentava unโanguilla e serviva a propiziare le pesca.
Il Torciglione si mangia durante le feste del Natale, mentre cโรจ un altro dolce perugino, a base di mandorle, che si consuma un mese prima: le Fave dei Morti. Sono piccoli biscotti a forma ovviamente di fava, fatti di pasta di mandorle e zucchero. Le Fave dei Morti si preparavano in occasione di un funerale e si consumavano sulla tomba del defunto durante il banchetto funebre. Usare le mandorle equivaleva a dire ricchezza e per secoli le mandorle hanno fatto la loro comparsa solo sulle tavole dei ricchi e nelle spezierie, dove si allestivano medicinali sempre per ricchi.
Fave dei Morti
Noci e nocciole erano invece cibo per poveri e questo caratterizzava il lato sinistro del Tevere. ย Anche se poveri gli Umbri hanno elaborato un dolce che รจ il loro vanto e che tutti conoscono: la Rocciata. ร conosciuta come la Rocciata di Assisi, ma si tratta di un dolce che si prepara tra Umbria e Marche. Pare che la sua origine sia antichissima e se ne trova una traccia non troppo dissimile nelle Tavole Eugubine, tavole di bronzo, scritte in lingua umbra, risalenti al III secolo a.C. e che riportano fatti risalenti a secoli prima. In questo dolce poi hanno messo lo zampino anche i Longobardi: รจ infatti simile a uno strรผdel, con mele e noci e avvolte in una pasta sottile.
Per me fu una sorpresa scoprire che la pasta della Rocciata fosse fatta proprio come la pasta dello strรผdel che faceva mia nonna altoatesina, e anche mia nonna mescolava mele e noci. Sono passati piรน di 10 secoli e non cโรจ stata alcuna variazione nella pasta e poca nel ripieno. Il ripieno invece si รจ differenziato perchรฉ in Umbria รจ stata aggiunta una spruzzata di alchermes che gli conferisce quel bel colore rosato. Lโalchermes fa dunque la grossa differenza tra Nord e Centro, ma ci sono pure delle piccole differenze locali: a Spoleto รจ stato aggiunto il cacao e a Foligno si sparge sullโimpasto del pan grattato per assorbire i liquidi in eccesso.
Rocciata di Assisi
Le noci entrano anche nella ricetta dei Maccheroni dolci. Lโorigine? Potrebbe trattarsi di una parola greco-bizantina legata allโuso della cena funebre, perchรฉ maccheroni proviene dal greco makarios (beato). Si preparano infatti in occasione delle feste dei Morti, dei Santi e si mangiano anche la sera della vigilia di Natale. La ricetta prevede come ingredienti: maccheroni, noci, zucchero/miele e alchermes.
Comunque, qualunque sia lโorigine di questi dolci, rimane chiaro che a destra del fiume i dolci, ancora oggi, sono farciti o addirittura fatti con le mandorle mentre quelli di sinistra, anche se sono intervenuti i nordici Longobardi, nel loro ripieno hanno sempre le noci.
La tradizione vuole che il 6 gennaio sulla tavola degli umbri spunti fiera… la torta di Pasqua.
Dolci, carbone (per i piรน cattivi) e caramelle, ma non solo. Il 6 gennaio in Umbria si mangia anche la torta di Pasqua. Non puรฒ mancare sulle tavole โ in particolare quelle perugine โ perchรฉ lโEpifania รจ la prima Pasqua dellโanno e quindi va celebrata con il prodotto tipico della regione legato a questa ricorrenza. La torta โ pizza nellโUmbria del sud, crescia a Gubbio โ con il formaggio, oggi si trova facilmente in ogni periodo dellโanno, a differenza di come accadeva anticamente, quando era relegata a piatto del periodo pasquale o al giorno della Befana. Farcita, accompagnata dai salumi o semplicemente sola, soffice e resa piรน gustosa dal formaggio, รจ dunque immancabile anche il 6 gennaio.
La presenza in tavola della torta di Pasqua รจ legata alla celebrazione della prima Pasqua dellโanno che, per la religione cristiana, coincide con lโarrivo dei Magi il 6 gennaio; รจ una festivitร molto importante in quanto si ricorda il manifestarsi del Dio bambino. Nella chiesa cattolica, ortodossa e anglicana รจ una delle massime solennitร dellโanno liturgico, come la Pasqua, il Natale e la Pentecoste.
Ma piรน famosa รจ la Befana, la vecchietta che a cavallo di una scopa scende dal camino portando in dono dolci, caramelle, frutta secca o carbone e aglio ai piรน cattivi. Lโetimologia della parola Befana – corruzione lessicale di Epifania – deriva dal tardo latino epiphania, dal verbo greco, epifร ino (che significa mi rendo manifesto) o dal sostantivo femminile epifร neia (manifestazione, apparizione, venuta, presenza divina). La sua storia รจ molto antica e legata (forse) a riti propiziatori pagani risalenti al X-VI secolo a.C., per favorire i cicli stagionali dellโagricoltura. Unโaltra ipotesi collegherebbe la Befana con unโantica festa romana, che si svolgeva in inverno, in onore di Giano e Strenia – da cui deriva anche il termine strenna – e durante la quale si scambiavano regali.
Di certo c’รจ che lโEpifania… tutte le feste porta via!
Disossate il pollo, lasciando attaccato alla pelle uno strato di carne nรฉ troppo spessa nรฉ troppo sottile. Tritate la carne ricavata dal pollo, la polpa di vitello e metร della mortadella. Ponete il trito in una terrina, unite le salsicce spellate e sbriciolate, il parmigiano e la noce moscata. Unite due uova, burro, sale, pepe e mescolate bene. Introducete lโimpasto nel pollo disossato. Lessate lโuovo rimasto, sgusciatelo e ponetelo intero allโinterno dalla galantina. Tagliate a filetti la mortadella rimasta e introducete anche i filetti allโinterno della galantina. Avvolgete in una carta stagnola, legate con spago da cucina e ponete in una pentola con acqua fredda salata. Fate cuore per un paio dโore, togliete la pentola dal fuoco e fate raffreddare per 30 minuti la galantina prima di toglierla dallโacqua di cottura. Servite la galantina fredda e tagliata a fette non troppo spesse.
La galantina รจ una ricetta della cucina italiana entrata nellโuso di molte regioni e, fermo il concetto di base che รจ quello di un pollo disossato e riempito variamente, ve ne sono molte versioni. In Umbria era un piatto tipico dei pranzi di nozze, di battesimo e delle occasioni legate al ciclo della vita. A prepararla erano le donne che venivano chiamate a dirigere le operazioni in cucina e cucinare, quando i pranzi, soprattutto in campagna, si preparavano in casa anche quando i commensali erano molti. ย ย ย ย ย ย
Fare a scaglie il tartufo; rompere in una terrina le uova, salarle e sbatterle leggermente. Versare lโolio in una padella per friggere, aspettare che sia ben caldo e versarvi le uova sbattute. Lasciar rapprendere la frittata in modo che sotto sia leggermente dorata e rimanga morbida in superficie. Togliere la padella dal fuoco, cospargrte rapidamente la superficie morbida con le scagliette di tartufo e ripiegare la frittata su sรฉ stessa. Servire subito.
Molti mescolano il tartufo alle uova sbattute, ma questo era il modo in cui un tempo a Norcia e Gubbio preparavano la frittata di tartufi; la tecnica usata, รจ di fatto, quella delle omelettes ma mi pare piรน giusto il termine frittata, che era quello usato in queste due cittadine umbre del tartufo.
ยซLa mia cucina parte dai colori, dai profumi e dai sapori della terra in cui vivo. LโUmbria รจ in tutti i miei piatti come espressione del mio legame con il territorio, con le sue tradizioni e con le materie. Proporre un menu significa per me far percorrere un viaggio multisensoriale tra i paesaggi e i sentori di questa regioneยป.
ยซSe mi assegnano la Stella Michelin faccio una festa che dura tre giorni. Devi venire anche tu!ยป (scherza). Paolo Trippini, classe 1979, topย chef umbro di Civitella del Lago (Terni), deve attendere solo fino al 25 novembre per sapere se lui e il suo Ristorante Trippini saranno insigniti di questo ambito riconoscimento. ยซร lโOscar della cucina?ยป chiedo. ยซEsatto, รจ inutile far finta che non interessi. A me interessa eccomeยป. Nel frattempo lo chef รจ stato nominato Ambasciatore Italiano del Gusto, primo e unico umbro entrato a far parte della prestigiosa associazione italiana che promuove, sostiene e valorizza, nel mondo, il patrimonio agroalimentare ed enogastronomico di eccellenza made inItaly e made in Umbria. Dal 2015 รจ membro dei Jeunes Restaurateurs dโEurope, associazione che riunisce i migliori e i piรน giovani rappresentanti dellโalta gastronomia; รจ, inoltre, docente della scuola del Gambero Rosso e partner della famiglia Eataly, per cui, nel food district Eataly di Roma, ha portato il suo Bosco Umbro.
Trippini, stagione dopo stagione, racconta il suo territorio attraverso il menu e regala aneddoti – tramandati di padre in figlio – come fosse un diario di bordo, per un viaggio alla scoperta di unโintera regione, dei suoi usi e costumi, del suo tessuto sociale, economico e culturale.
ร forse troppo facile farle questa domanda: qual รจ il suo legame con lโUmbria?
ร un legame viscerale. Sono nato e cresciuto in Umbria e ho un amore spassionato per tutto quello che รจ umbro: dal cibo ai panorami fino alla cultura.
Ritroviamo i sapori dellโUmbria anche nei suoi piatti e nella sua filosofia in cucinaโฆ
Assolutamente. Negli ultimi anni abbiamo fatto un percorso per portare nel piatto tutti gli ingredienti tipici umbri, anche contaminati con altre cucine.
Diventare chef รจ stato quasi un passo obbligato – visto il ristorante di famiglia – oppure รจ quello che ha sempre sognato di fare fin da piccolo?
Ho sempre sognato di fare questo lavoro e non penso di essere capace di farne un altro. Non ho mai avuto dubbi a riguardo, per me รจ il lavoro piรน bello del mondo! Sono una persona fortunata, faccio ciรฒ che mi piace e non รจ un lusso che tutti possono avere.
Paolo Trippini, 41 anni
ร il primo e unico umbro nominato Ambasciatore Italiano del Gusto: cosa significa per lei questo riconoscimento?
Per me รจ un bellissimo riconoscimento di cui sono molto orgoglioso, ancora di piรน perchรฉ sono lโunico umbro. Essere Ambasciatore del Gusto vuol dire far conoscere al mondo quali sono le proprie tradizioni e la propria cultura del cibo. ร una bella responsabilitร .
E cosa significa per la regione?
Avere un umbro che si puรฒ sedere al tavolo con i rappresentati delle altre regioni รจ molto importante. Cosรฌ comโรจ importante confrontarsi con altri chef e presentare loro tutti i sapori dellโUmbria: parlo di Antonino Cannavacciuolo, Carlo Cracco, di top chef o stellati.
A proposito di stellati, la stella Michelin รจ un obiettivo?
Le stelle le vedo tutte le sere! (scherza). ร ovviamente un obiettivo, ogni anno lavoriamo anche per questo e se arrivasse saremmo felicissimi, anche per lโUmbria. Sono onesto, se la ottengo faccio una festa che dura tre giorni. ร il riconoscimento piรน importante per un cuoco, รจ inutile far finta che non interessi. I risultati di questโanno escono il 25 novembre. Chissร ! Vedremo!
Allora, incrociamo le ditaโฆ
Ve lo faremo sapere. Vi invito alla festa!
La ristorazione รจ uno dei tanti settori colpiti dal lockdown localizzato: come affronta questo periodo? Pensa che sia una giusta precauzione?
Finora abbiamo fatto tutto ciรฒ che cโera da fare. Sicuramente non vorrei essere nei panni di chi ci governa in questo periodo, sai a livello nazionale sia regionale. Il problema cโรจ ed รจ inutile nascondersi: il DPCM che ha ufficializzato la chiusura dei ristoranti ci ha lasciato un poโ amareggiati; avevamo fatto tanto: distanziato i tavoli e istallato le varie protezioni per scaglionare la gente. Questa chiusura andava gestita in maniera diversa, magari con la prenotazione e unโautocertificazione avremmo potuto continuare a lavorare come prima. I bar e i ristornati sono due realtร distinte e si potevano gestire in modo diverso: nel ristorante gira meno gente, lโapertura รจ ridotta โ non piรน di tre ore โ e tutto si controlla piรน facilmente.
Ci racconti la sua Umbria a tavolaโฆ
ร una regione genuina. La sua cucina รจ molto radicata nel territorio e fonda tutto il suo gusto sui prodotti del bosco, sia a livello vegetale sia animale. Un giornalista una volta mi disse: ยซLโautunno รจ la primavera umbraยป, in effetti questo periodo รจ il piรน bello, per lโUmbria. Abbiamo funghi, tartufi, castagneโฆ
Se lโUmbria fosse un piatto, quale sarebbe?
Senza dubbio il Bosco umbro. ร una mia specialitร vegetale che si rinnova con le stagioni, ma sempre inconfondibilmente legata al cuore dellโUmbria. Oppure, se vogliamo pensare alla tradizione, il piatto che piรน ci rappresenta รจ il piccione, uno dei piรน ambiti nei ristoranti gourmet di tutto il mondo. Ho un aneddoto legato a questa cucina: ancora oggi non sono riuscito a cucinare un piccione in salmรฌ buono come quello che fa mio padre. Il piccione in salmรฌ rappresenta proprio lโUmbria, in tutto e per tutto.
La nostra regione non รจ molto famosa per il cibo: come mai?
ร vero. In pochi sanno che in Umbria si mangia bene. Al di fuori non viene mani riconosciuta per questa peculiaritร ; ad esclusione dei romani, che vengono qui per mangiar bene. Inoltre, ci sono tanti chef famosi e stellati che comprano nelle aziende umbre che garantiscono prodotti eccellenti, ma anche questo รจ poco conosciuto. ร un vero peccato: a volte non abbiamo la consapevolezza del potenziale che cโรจ qui, dobbiamo presentarci al di fuori con il vestito migliore. Questo รจ un mio obiettivo da ambasciatore.
Nella sua cucina non manca maiโฆ
Come ingrediente, nella mia cucina, non manca mai la ricotta. Come status, non deve mancare mai il rispetto e la voglia di scoprire e conoscere.
Cโรจ un piatto o un ingrediente che odia cucinare o mangiare?
Uno in particolare no, cerco di assaggiare tutto e mangio di tutto, ma direi che i cachi non mi danno nessun gusto quando li mangio. ร un frutto che non utilizzo nemmeno in cucina. Non mi dร soddisfazione.
Facciamo un gioco: panpepato o pinoccate?
Panpepato.
Norcina o umbricelli al tartufo?
Norcina.
Rocciata o ciaramicola?
Rocciata.
Castagnole o torcolo di San Costanzo?
Castagnole.
Lenticchie o cicerchiata?
Cicerchiata.
Per finire, come descriverebbe lโUmbria con tre prodotti locali?
Legumi, ricotta, piccione.
La prima cosa che le viene in mente pensando a questa regione?
La palomba alla ghiotta รจ unโantica specialitร di Todi, che nei ristoranti si trova in autunno e neanche sempre, mentre fuori stagione รจ quasi introvabile.
La ghiotta, quella della palomba, รจ solo la leccarda dove si raccoglie il sugo di cottura degli uccelli, che girano adagio sullo spiedo senza essere lambiti dalla fiamma e, mentre sono spennellati di olio, i loro umori scendono nella ghiotta. Gustare la palomba alla ghiotta รจ, scusate la ripetizione, una vera ghiottoneria!
Io lโho mangiata per la prima volta questโestate, cotta in maniera raffinata dalla mia amica Pina. Pina ha imparato a cucinare prima ancora di camminare e nel forno dei genitori ha preparato pane, dolci e ogni genere di squisitezze: delicatessen per gli stranieri della zona. Adesso che si รจ ritirata, solo poche persone fortunate possono gustare i suoi piatti speciali.
Tornando alla palomba, dopo una cottura di due giorni si presenta a pezzi, immersa in un sughetto denso da mettere sul pane bruscato. Ci sono varie scuole di pensiero disposte a scannarsi per affermare che il loro sughetto sia il solo valido. Cosa contiene quel sughetto cosรฌ denso e saporito: olive nere o verdi, fegatelli, vino rosso e chissร quali altre prelibatezze.
Regina delle tavole umbre
Queste palombe sono uccelli migratori che, volando dallโUngheria allโAfrica, passavano sopra i boschi di Todi e di Amelia. Lรฌ erano attese dai cacciatori che, fra capanni, richiami e uccelli addestrati (i palombini), studiarono ogni genere dโinganno per far scendere le palombe verso le pentole che le aspettavano. La caccia alla palomba era unโattivitร tipicamente umbra, anche se ora che i boschi sono stati sostituiti dai seminativi le palombe hanno modificato il loro percorso migratorio. Certi piatti, che oggi sono diventati prelibate raritร , qualche decennio fa erano invece piatti di sussistenza per i poveri, che mangiavano una palomba di tanto in tanto, di nascosto dai proprietari terrieri.
I signori, proprietari dei latifondi, ne cacciavano invece a centinaia, ma mai da soli, sempre con amici. La caccia alla palomba piaceva inoltre ai laici e ai religiosi; anzi i religiosi erano molto attenti che la caccia si svolgesse secondo le regole.
Con un editto del 1815 rivolto ai tuderti, il Cardinal Bartolomeo Pacca, Camerlengo di Santa Romana Chiesa, proibรฌ a ยซciascuna persona, secolare o ecclesiasticaยป di ยซtagliare legna, far chiassi, e qualsiano altri rumori nei siti, ove sono i palchi deโ cacciatoriยป nella stagione della caccia ai palombacci, ยซsotto pena di scudi cinquanta per ciascheduno, ed altre pene anche corporaliยป. Multa e botte per i disturbatori della caccia alla palomba: se lo dice un cardinale vuol dire che era un rito della massima importanza. Fino a pochi anni fa sulla tavola delle famiglie benestanti di Todi il pranzo di Natale prevedeva lapalomba alla ghiotta che, prima dellโentrata in uso dei frigoriferi, veniva conservata nelle neviere (o ghiacciaie) dallโautunno al Natale: tradizioni che sarebbero scomparse se non ci fosse il Clubdella palomba. Cecanibbi di Todi รจ la sede dellโUniversitร della Palomba, ovvero dellโassociazione venatoria da dove provenivano i migliori capocaccia e che รจ fondamentale per la promozione di eventi dove la palomba รจ la regina e i commensali sono i suoi adoratori.
Un metodo senza dubbio primordiale, capace di sfruttare anche lโultima briciola del prezioso fuoco: oggi molti chef stanno rivalutando la cottura sotto la cenere, lenta e da assaporare anche per chi ha la fortuna di avere un bel caminetto in casa.
Torta al testo. Foto by PreTesto
La torta al testo
La cottura tradizionale della torta al testo, in particolare nella parte della regione a sud di Todi, si fa sotto la brace. Se qualcuno volesse sperimentare la versione sotto lu focu, basterร stendere lโimpasto sul focolare preriscaldato con le braci e poi spazzato; dopo qualche minuto il disco andrร girato e ricoperto di cenere e carboni ardenti fino a che non assumerร la caratteristica colorazione bruna. Da provare anche la versione con i ciccioli: questi piccoli residui di carne e grasso diventeranno delle pepite croccanti e succulente.
Patata Rossa di Colfiorito
Le patate al cartoccio sono una delle preparazioni piรน diffuse da cuocere sotto la cenere, ma noi vi proponiamo quelle Rosse di Colfiorito, dalla polpa piuttosto compatta e con caratteristiche gustative uniche, dovute ai terreni in cui crescono. Dovranno restare unโora abbondante sotto la cenere, proprio perchรฉ la caratteristica polpa determina una certa tenuta in fase di cottura. Per capire se sono pronte, bucarle con uno stecchino senza aprire il cartoccio: dovranno risultare morbide. Se non le amate al naturale, prima di avvolgerle nella carta stagnola potete scavarle e riempirle con formaggio โ un buon pecorino di Norcia o una caciotta โ altre verdure o salsicce.
Patata Rossa di Colfiorito. Foto by Officine Creative Italiane
Cipolla di Cannara
Che sia la rossa, la dorata o la borettana, la varietร nostrana di cipolla risulterร proverbialmente delicata e digeribile. Cotta sotto la cenere sprigionerร una fragranza inconfondibile, specie se tagliata a metร e condita con un poโ di olio dโoliva e origano. Si possono mettere nel cartoccio anche intere, persino insieme alle patate, affinchรฉ si insaporiscano meglio. Per verificarne la cottura, procedere come per le patate.
Salsicce e mazzafegati
Se tagliate a pezzetti, le salsicce cuoceranno in un battibaleno: in una quindicina di minuti sarete seduti al tavolo a gustarle. A palati piรน tenaci consigliamo la versione salata dei mazzafegati, arricchiti con fegato, cuore, polmone, cotenna e carni avanzate dalle altre lavorazioni. Si tratta di un Presidio Slow Food dellโAlta Valle del Tevere ma, come accennato, solo per stomaci forti.
Salsicce di Norcia. Foto by Officine Creative Italiane
Agnello
Se avete molto tempo e pazienza, anche un cosciotto dโagnello, aromatizzato con alloro e rosmarino, puรฒ prestarsi alla cottura sotto la cenere. Si consiglia di tenere perรฒ il fuoco acceso in modo da rinsaldare la cottura con delle braci sempre calde.
Carpa o altri pesci di fiume
ร vero, qualsiasi pesce dโacqua dolce puรฒ essere cotto in questa maniera, ma la preparazione piรน tipica รจ senza dubbio quella della regina in porchetta, la carpa insaporita con un battuto di lardo di maiale, salvia, rosmarino, finocchietto, sale e pepe. Una volta legata con uno spago, invece di cuocerla alla brace, si puรฒ provare a farla al cartoccio.
Olive
Non sarร cosรฌ difficile, in una regione tappezzata di olivi, reperire alcune olive fresche e crude, meglio se piuttosto grosse. Una volta oleato il cartoccio, basta chiuderlo e attendere una mezzโoretta: il risultato รจ assicurato.
200 g di formaggio misto, possibilmente pecorino e romanesco, di cui metร grattugiato e metร a pezzetti
50 g di strutto
50 g di olio extravergine dโoliva
60 g di lievito di birra
7-8 grani di pepe
Sale
Olio o strutto per ungere la tortiera
Procedimento
Ponete i grani di pepe in un pentolino assieme a un poโ dโacqua e fate bollire per un quarto dโora, quindi lasciate raffreddare e filtrate. Lavorate assieme la farina, le uova, lo strutto, lโolio, i formaggi, lโacqua aromatizzata al pepe, un bel pizzico di sale e il lievito, sciolto in poca acqua tiepida. Ungete una tortiera alta, con la base piรน stretta della parte superiore e riempitela a metร con lโimpasto. Fate lievitare fino a quando la torta non avrร raggiunto i bordi della tortiera (sarร necessaria all’incirca unโora โ unโora e mezza) quindi infornate a 160ยฐ circa. Fate cuocere per circa unโora, alzando a 180ยฐ verso fine cottura. Sfornate e lasciate raffreddare prima di gustare la torta, che si conserva per molti giorni.
Questa versione della torta di Pasqua con il formaggio, pur essendo moderna perchรฉ prevede la cottura nel forno, rispetta negli ingredienti e nella forma la torta tradizionale. La devo alla signora Carla Onoriniย di Magione, che tra lโaltro, invece di mettere il pepe in grani previsto dalla ricetta originale e non a tutti gradito, aromatizzava la torta con acqua bollita al pepe. La torta โ pizza nellโUmbriadel sud, crescia a Gubbio โ con il formaggio, oggi si trova tutto lโanno nelle panetterie, ma un tempo compariva sulle mense degli umbri solo nel periodo pasquale e anche il 6 gennaio, giorno di Pasqua Epifania, che per la tradizione popolare รจ la prima Pasqua dellโanno.
Per gentile concessione di Calzetti&Mariucci editore.