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Venerdรฌ 10 giugno 2022 dalle ore 10:00, presso Villa Livia – Lerchi, Cittร  di Castello โ€“ porte aperte per tutti coloro che vorranno ammirare la bellissima ed elegante dimora immersa nella campagna umbra a pochi minuti da Cittร  di Castello.

Lโ€™evento, organizzato da Maria Grazia Saberogi con Saberogi Property e curato dallโ€™architetto Simona Bonini, nasce con lโ€™obiettivo di consentire agli ospiti la conoscenza diretta dellโ€™immobile e di confrontarsi direttamente con i tecnici per acquisire tutte le informazioni desiderate.

La tecnica dellโ€™open house nasce negli USA, dove rappresenta ormai una consuetudine, ma negli ultimi anni sta prendendo piede in Italia. Una novitร  che riserva vantaggi sia per il venditore sia per lโ€™agente che possono ottimizzare tempi e costi, ma che risulta interessante anche per il potenziale acquirente, che puรฒ visitare lโ€™immobile senza lo stress di un appuntamento dai tempi serrati, nonchรฉ coglierne tutte le potenzialitร , godendo al tempo stesso di un evento accogliente durante il quale incontrare persone e instaurare relazioni. Quando poi lโ€™evento open house riesce a valorizzare, oltre alle caratteristiche dellโ€™immobile, anche il contesto territoriale in cui esso รจ immerso trasmettendone al visitatore fascino e potenzialitร , lโ€™iniziativa di marketing immobiliare diventa unโ€™operazione di marketing territoriale perchรฉ insieme allโ€™immobile si promuove, e si vende, un intero territorio.

รˆ questo il caso di Open House Villa Livia, durante il quale sarร  possibile visitare una bellissima villa immersa nel cuore dellโ€™Alta Valle del Tevere. La villa offre uno stile di vita giovane, dinamico e comodo. Disposta su 2 livelli con 4 camere da letto e una zona living articolata e impreziosita dal luminoso patio, รจ dotata di unโ€™ampia cucina e zona pranzo con camino, per ricevere comodamente familiari e amici.
Il tutto รจ impreziosito da un giardino di 2500 mq con una bellissima piscina.

Lโ€™evento sarร  allietato da musica e accompagnato da prelibatezze del territorio umbro.

Media partner dellโ€™evento: Corebook Multimedia & Editoria.

 

Indirizzo: Strada provinciale 102 (Bivio per Celle), Lerchi, Cittร  di Castello, Perugia.

Maria Grazia Saberogi con “Saberogi Property” presenta allโ€™esclusivo Open House VILLA LIVIA.
Venerdรฌ 10 giugno 2022 dalle ore 10, si apriranno le porte di questa elegante dimora di campagna, sebbene solo a qualche minuto da Cittร  di Castello. Lโ€™evento sarร  allietato da musica ed accompagnato da prelibatezze del territorio umbro.
Lโ€™open House รจ un evento del settore immobiliare con il quale si aprono le porte di una casa e lโ€™ospite puรฒ percorrerla e visitarla in tutti i suoi dettagli.
Villa Livia รจ una bellissima villa che offre uno stile di vita giovane, dinamico e comodo. La sua disposizione รจ su 2 livelli con una zona living articolata ed impreziosita dal luminoso patio; unโ€™ampia cucina e zona pranzo con camino, vi permetterร  di ricevere comodamente familiari e amici. La villa ha 4 camere da letto. Il giardino si estende su 2500mq con una bellissima piscina.

I due calciatori lasciano le rispettive squadre โ€“ Inter e Sassuolo โ€“ dopo decenni. Ora pensano al futuro e, perchรฉ no, a un ritorno in Umbria.

Dicono che le bandiere nel calcio non ci sono piรน, che le ultime si sono ammainate con lโ€™addio di Maldini, Zanetti e Totti. Ma ci sono bandiere e giocatori simbolo piรน silenziosi, meno da copertina e piรน da spogliatoio. Domenica due di loro hanno lasciato le loro squadre dopo esserne stati capitani per anni. Sono Francesco Magnanelli da Cittร  di Castello e Andrea Ranocchia da Bastia Umbra che non hanno solo questo in comune, ma anche il fatto di essere entrambi due umbri DOC.

Magnanelli lascia il Sassuolo dopo 17 anni con 520 partite giocate, partendo dalla serie C fino allโ€™Europa League, sempre con la maglia neroverde. ยซSono orgoglioso di essere rimasto a Sassuolo per 17 anni. Qui sono diventato uomo. Nessuno mi ha dato la serie A. Sono io che me la sono presa. Eppure allโ€™inizio mi sbagliavano il cognome: mi chiamavano Massimo Manganelli. Sia tecnicamente sia fisicamente non ero baciato dalla sorte e poi venivo dal Gubbio, ero l’ultimo arrivato e non ero certo di continuare col calcioยป. Ma le cose nella vita cambiano decisamente.

 

Francesco Magnanelli, foto by Facebook

 

Noi di AboutUmbria lo avevamo intervistato qualche anno fa e, oltre ad averci svelato il suo amore per lโ€™Umbria: ยซรˆ la mia terra, la mia famiglia dโ€™origine, gli amici di sempre. Ho un legame molto forte con questa terra e, per questo, torno appena posso. Ci passo le vacanze, รจ un luogo molto particolare e affascinante. In piรน, quando vivi fuori lo apprezzi maggiormente, vedi i suoi pregi ma anche i suoi difettiยป, aveva accennato al suo futuro incerto una volta lasciato il calcio: ยซNon so bene cosa farรฒ. Per ora vivo alla giornataยป. Futuro che oggi vede con piรน chiarezza: ยซSi chiude un capitolo e se ne apre un altro, spero altrettanto bello, in un mondo in cui non so minimamente niente. La societร  mi ha proposto qualcosa di bello, per me questo รจ una grandissima soddisfazioneยป.

 

Andrea Ranocchia, foto by Facebook

 

Cโ€™รจ poi Andrea Ranocchia, partito dalle giovanili del Bastia e del Perugia e arrivato a essere per alcuni anni capitano dellโ€™Inter e poi uomo spogliatoio, vincere trofei e vestire la maglia azzurra. Dopo 11 stagioni, 226 partite e 14 gol si toglie la maglia nerazzurra. In un veloce scambio di battute di due anni fa ci aveva confessato che voleva sicuramente tornare a vivere in Umbria una volta lasciata la squadra milanese e: ยซSe un giorno andrรฒ via dallโ€™Inter mi piacerebbe finire la carriera a Perugia, ma non so quanto sia fattibile. Vedremo!ยป. Non ci resta che aspettare il calciomercato! Ranocchia salutato dai tifosi di San Siro con lo striscione: Andrea Ranocchia orgoglio della Nord, ha ringraziato tutti: ยซRingrazio i tifosi, chi mi รจ stato vicino, i miei compagni, la mia famiglia, i miei figli. Personalmente sono contento e appagato di tutto quello che ho fatto e che ho dato. Quando sono arrivato allโ€™Inter ero un ragazzo giovane con tante ambizioni, speranze e voglia di divertirsi. Ora sono diventato un poโ€™ piรน vecchio, ma la voglia di divertirsi c’รจ ancora. Adesso mi riposerรฒ un poโ€™ e poi penseremo al futuroยป.

Tra San Giustino (PG) e Sansepolcro (AR), cโ€™รจ una zona di terreno che per secoli, tra il 1441 e il 1826, ha goduto di un’indipendenza dovuta a un errore dei cartografi vaticani e toscani. Cosรฌ รจ potuta nascere la libera Repubblica di Cospaia.

I delegati cartografi dello Stato Pontificio e del Granducato di Toscana, che dovevano tracciare i confini in quella zona di territorio, sbagliarono la delimitazione del luogo nei loro termini mappali, lasciando cosรฌ fuori dalle rispettive giurisdizioni quella minuscola area nellโ€™Alta Valtiberina, che si trova tra i torrenti Riascone e Rio di Gorgaccia.

 

Repubblica di Cospaia, foto via La storia di Cospaia

 

La zona, rimasta fuori dalle mappe dei cartografi, era una piccolissima striscia di terra, larga cinquecento metri e lunga due chilometri. Gli abitanti di Cospaia, il borgo appoggiato su quella piccolissima porzione di territorio, accorgendosi dellโ€™errore, si dichiararono fin da subito indipendenti e liberi da altre sovranitร ; tale condizione rimase immutata per secoli. E cosรฌ Cospaia visse dimenticata per quasi quattrocento anni, senza appartenere a nessuno se non a sรฉ stessa. Non esisteva un codice, una legge o imposte e in questa situazione, prese vita il contrabbando con gli Stati confinanti. In tal modo la Repubblica di Cospaia ha rappresentato per diversi secoli, un territorio franco e spesso i contrabbandieri vi trovarono accoglienza per i loro traffici che avvenivano tra Umbria, Toscana e Marche, attraverso la percorrenza di sentieri ben definiti da parte dei contrabbandieri/trasportatori che venivano chiamati spalloni.

 

 

I principali prodotti agroalimentari, oggetto di questi traffici illeciti, erano il tabacco e il grano. La Valtiberina, ancora oggi, รจ una terra di vocazione per la coltivazione del tabacco, una delle tipicitร  del territorio e rappresenta una fonte economica importante per gli abitanti della zona. La Repubblica di Cospaia ebbe la sua fine nel 1826 con la restaurazione post Napoleonica e il suo territorio venne poi suddiviso tra il comune umbro di San Giustino e quello toscano di Sansepolcro.
La Repubblica di Cospaia non ha riconoscimento giuridico corrente, ma il suo originario motto, scritto sul portale della chiesa parrocchiale della cittadina, รจ sempre attuale: Perpetua et firma libertas (Perpetua e sicura libertร )โ€ฆ e nei tempi correnti questo antico detto assume un significato di immenso valore e rimane sempre ร  la page.

ยซIo non penso in italiano, penso in dialetto perchรฉ sono un popolanoยป (Gianni Brera).

Con il Castelรจno ci spostiamo allโ€™estremo nord dellโ€™Umbria per scoprire โ€“ in questa terza puntata (dopo il perugino e l’eugubino) โ€“ un dialetto che potremmo definire un vero e proprio insieme di varietร  proprie dalle zone limitrofe: da un lato lโ€™influenza marchigiana, dallโ€™altro quella della Toscana orientale. Ma lo stesso tifernate si differenzia, per intonazioni fonetiche e lessicali, in quello parlato drรจnto i muri – Cittร  di Castello centro – e in quello della periferia e delle campagne.
ยซA sud verso Umbertide si dice ta me, ta teโ€ฆ come nella zona perugina, che diventa ma te, ma me a Castello. Il dialetto comunque si รจ molto italianizzato – o andacquรจto – in quanto le nuove generazioni ne stanno perdendo lโ€™uso: parole e modi di dire tipici della cultura dialettale vengono utilizzati in prevalenza solo dalle persone piรน anziane. Ma il difficile del dialetto non รจ tanto parlarlo, quanto scriverlo e soprattutto leggerloยป spiega Fabio Mariotti, componente del gruppo folkloristico Paguro Bernardo e appassionato di dialetto.
Il gruppo – formato da Massimo, Marcello, Fabio, Stefano, Matteo e Diego – รจ molto famoso nella zona dellโ€™Alto Tevere e vanta venti anni di attivitร , con allโ€™attivo cinque CD, un libro e un DVD. Giocano con i testi delle canzoni famose traducendoli e reinterpretandoli in dialetto castelรจno cosรฌ da raccontare storie della tradizione popolare e non solo.

 

Il gruppo Paguro Bernardo

Lโ€™Accademia de la Sรจmbola

ยซDiversi anni fa, proprio per insegnare a scrivere e a leggere correttamente il castellano, era stata creata lโ€™Accademia de la Sรจmbola (crusca, cereali) in cui si tenevano lezioni ed esercitazioni mirate. Ci eravamo ispirati allโ€™Accademia del Donca e agli insegnamenti del dialetto peruginoยป prosegue Mariotti.

La caratteristica principale del tifernate sono le vocali (A, E, O) che vengono aperte o chiuse in modo quasi opposto rispetto allโ€™italiano: bachรจtto (aperta), melรฉ (chiusa).
Ci sono poi parole che vanno ricordate, perchรฉ fanno parte della vita di un castellano, ma il tempo sta facendo piano piano scomparire: galรฒpola (caviglia), razi (animali da cortile), โ€˜n vรจlle (da nessuna parte: Quรจllo รจ uno che nโ€™ vร  nvรจle, si dice di un uomo presuntuoso o di scarsa intelligenza), ghiottirรณla (imbuto), sinรฒ (sennรฒ, altrimenti) e bompรณco (grossa quantitร ).
A Cittร  di Castello se vi dovessero dire che siete un tontolomรฉo, non offendetevi! รˆ una parola che si usa in tono familiare, non offensiva, come lo stesso tรฒnto. Puรฒ assumere diversi significati a seconda delle situazioni, quindi si hanno le varianti: tontolรณne, tontolino, tontolacio, tontolerรฌa, tontolร gine.
Tra le chicche dialettali ci sono: mรจnadritta (mano destra) e mรจnmancina (mano sinistra). Con lo stesso termine si danno anche le indicazioni stradali (Per gi a Umbรฉrtide girรจte a mรจndritta dรฒppo che lโ€™albero) e si indicano le parti del corpo: ochio a mรจnmancina (occhio sinistro), piede a mรจndritta (piede destro). Una menzione va fatta per i giorni de la sitimรจna: Lonedรฉ, Martedรฉ, Mercรฒldรฉ, Giรณvedรฉ, Venardรฉ, Sabito e Dรณmรจnnica; e i mรฉsi de lโ€™ร no: Genรจio, Febrรจio, Marzo, Aprile, Mร gio, Giรฒgno, Lรฒjjo, Agรฒsto, Setรฉmbre, Otรณbre, Novรฉmbre e Dicรฉmbre.

Filosofia popolare

Si sa, il dialetto spesso parla con i proverbi e i modi di dire, e il castellano non รจ da meno. Ne conserva tantissimi che ancora oggi vengono utilizzati nel parlato comune: una filosofia popolare spontanea e veritiera, che racconta un tempo passato ma sempre e comunque attuale e reale. ยซIl modo di dire che piรน spesso si dice nellโ€™Alta Valle del Tevere รจ: La Montesca cโ€™ha l capรจlo, castelan porta lโ€™ombrelo (Se sopra La Montesca ci sono le nuvole, sicuramene pioverร ). Ma non posso non ricordare anche: A โ€˜na cรฉrta etร  โ€˜gni acqua trร pia (a una certa etร  i dolori vengono fuori tutti); E armannรฉte โ€˜n pochino che sโ€™รจ tรฒtto sbudelรจto (ricomponiti che sei tutto in disordine – relativo al modo di vestirsi); Te caciarรฌbbono la rรฒba da magnรจ pโ€™ i รฒchi (quando sei ospite in casa di qualcuno e ti vogliono offrire qualcosa da mangiare a ogni costo. Lo si dice di solito per indicare le brave persone); Cโ€™รจ la tรจsta cรณme โ€˜na bachjรนccรณla (si riferisce a una persona poco intelligente); โ€˜L chรจne, la mojji e lu schiรฒpo โ€˜n se prรจstono ma nisuno (il cane, la moglie e il fucile non si prestano mai) e Per gnenta โ€˜nnu sdringรณla manco la coda โ€˜l chรจne (nessuno fa niente per niente)ยป conclude Mariotti.

 

Terme di Fontecchio

Tutti a… el bagno

I castellani le terme di Fontรจcchio le chiamano affettuosamente el bagno: raramente usano il vero nome. Questo dimostra lโ€™attaccamento che hanno con le vecchie terme, dove nel corso dei secoli hanno curato i loro mali e dato refrigerio durane il caldo estivo. Al bagno ci sโ€™amparea anche a notรจ (“Al bagno” ci si imparata anche a nuotare) visto che cโ€™era lโ€™unica piscina (a parte le dighe) e quelli con piรฒ guadrini se poteon permรจtte de paghรจ amparรจono anche a giochรจ a tennisโ€ฆย (quelli con i soldi si potevano permettere di pagare per imparare a giocare a tennis). Inoltre, liberamente si poteva attingere la famosa acqua sรฒlfa che faceva e, fa ancora, guarรฌ e rinfreschi lu stombico.

 


Paguro Bernardo

Per saperne di piรน cโ€™รจ il Vocabolario del dialetto castellano di Francesco Grilli.

La musica post-romantica di Rachmaninov, il simbolismo di Skrjabin e Medtner, il modernismo di Prokof’ev. Sono solo alcune delle proposte musicali del cinquantatreesimo Festival delle Nazioni: un omaggio alla Russia, che si svolgerร  a Cittร  di Castello e nellโ€™Alta Valle del Tevere dal 22 al 29 agosto 2020.

Dmitry Shishkin

Forte di un management rinnovato ai suoi vertici โ€“ con Leonardo Salcerini neoeletto presidente e Pier Giorgio Lignani vicepresidente โ€“ lโ€™associazione tifernate conferma la sua presenza e la sua vitalitร  e propone una programmazione di alto livello, seppur limitata a una settimana di eventi (otto spettacoli spalmati su altrettanti giorni piรน diversi eventi collaterali) e nel pieno rispetto delle norme anti-Covid.

A inaugurare la rassegna sarร  Dmitry Shishkin, uno dei pianisti piรน apprezzati della sua generazione: lโ€™artista ci farร  immergere subito nelle sonoritร  e negli stili musicali che caratterizzeranno questa edizione del Festival (sabato 22 agosto ore 21.00, Cittร  di Castello, Teatro degli Illuminati).

Un progetto speciale vedrร  poi lโ€™esecuzione del famoso Pierino e il lupo di Prokofโ€™ev: la fiaba popolare per voce recitante e orchestra sarร  raccontata dallโ€™attore Silvio Orlando e accostata al Carnevale degli animali di Saint-Saรซns; il tutto nellโ€™esecuzione musicale della Filarmonica Gioachino Rossini di Pesaro diretta dalla giovane Alicia Galli (domenica 23 agosto ore 21.00, Cittร  di Castello, Teatro degli Illuminati).

Un cuore irrequieto batte รจ lโ€™eloquente titolo del recital lirico che vedrร  protagoniste il soprano Maria Komarova e la pianista Svetlana Makedon: un concerto di liriche e arie dโ€™opera russe che proporrร  pagine di Rachmaninov, Cezar’ Kjui, Anton Arenskij, con estratti dalle opere Iolanta di ฤŒajkovskij e Fanciulla di neve di Rimskij-Korsakov (lunedรฌ 24 agosto ore 18.00 e ore 21.00, Cittร  di Castello, Teatro degli Illuminati). Cโ€™รจ grande attesa anche per il ritorno a Cittร  di Castello del Quartetto Werther, il gruppo vincitore del Concorso nazionale Alberto Burri 2019.

Makedon e Komarova

Come di consueto, il Festival non dimenticherร  di omaggiare i giganti della musica di tutti i tempi โ€“ e di tutti Paesi โ€“ celebrando gli anniversari piรน significativi. Questโ€™anno sarร  la volta di Ludwig van Beethoven, di cui nel 2020 ricorre il duecentocinquantesimo anniversario della nascita: al grande musicista di Bonn sarร  dedicato un originale concerto dal titolo …e nel salottino di Beethoven apparve un oboe! (mercoledรฌ 26 agosto ore 18.00, Citerna, Chiesa di San Francesco).

Forti del successo della scorsa edizione, continua la collaborazione con lโ€™Associazione Culturale Laboratori Permanenti di Sansepolcro nella produzione di uno spettacolo di teatro musicale. Il lavoro di questโ€™anno si intitola Realtร , sogno e delirio nella letteratura russa: รจ un progetto artistico basato su testi di vari autori e autrici russi โ€“ da Majakovskij a Charms, dalla Viลกneveckaja a Tarkovskij, da Puลกkin a Teffi e alla Cvetaeva โ€“ elaborati da Caterina Casini con le musiche in prima esecuzione assoluta commissionate dal Festival delle Nazioni a Daniele Furlati, compositore particolarmente versato per la musica per il teatro e il cinema (venerdรฌ 28 agosto ore 21.00, Sansepolcro, Cortile del Teatro della Misericordia).

 

Daniele Furlati

 

A chiudere la 53a edizione sarร  il duo composto dalla giovane stella del violinismo russo Kirill Troussov e dalla pianista Alexandra Troussova. (sabato 29 agosto ore 21.00, Cittร  di Castello, Teatro degli Illuminati).

Tra gli eventi collaterali del Festival vi segnaliamo il concerto di Vinicio Capossela. Il geniale cantautore porterร  a Cittร  di Castello il suo progetto Pandemonium. Narrazioni, piano voce e strumenti pandemoniali in trio con Vincenzo Vasi a theremin, vibrafono, percussioni e altre diavolerie e Andrea Lamacchia al contrabbasso (venerdรฌ 18 settembre 2020 alle ore 21.00, nel Teatro degli Illuminati).

 


Per ulteriori informazioni, 075 8521142, ticket@festivalnazioni.com, www.festivalnazioni.com.

Da maggio a ottobre lโ€™Italia รจ tutta una sagra. Si celebrano santi, cibi e avvenimenti storici.

Sono feste che spesso ricordano eventi remotissimi, conosciuti solo attraverso leggende e tradizioni orali, o rievocati in nome di un passato glorioso che poi cosรฌ glorioso non รจ stato mai. Una sagra che mi ha incuriosito รจ quella che si festeggiava a Gualdo Tadino: La Notte Blu – ย il Medioevo nella cittร  della cuccagna.

Qui appaiono subito due parole chiave: cuccagna e blu, ma dietro tutto questo cโ€™รจ il guado. Quante parole sono state in auge e hanno caratterizzato unโ€™epoca ma quante parole abbiamo dimenticate e di quante parole non conosciamo piรน il significato. Una di queste รจ Cuccagna, lโ€™altra Guado e aggiungiamo anche il Blu ma per altri motivi.

 

Il Paese della cuccagna

Che cos’รจ la cuccagna?

La cuccagna per secoli ha significato benessere; anzi dicendo il paese di cuccagna si indicava semplicemente il luogo dove ci si poteva sfinire di mangiare e bere. รˆ un termine strettamente legato alla fame, quella che ha torturato i nostri antenati. ย Tutte le favole e i racconti che, partendo dal medioevo arrivano allโ€™800, narravano del mitico paese di cuccagna.

Boccaccio ne parla nel Decamerone e lo chiama Paese di Bengodi; ne parla anche Manzoni nei Promessi Sposi.

 

“Ma Renzo non ardiva creder cosรฌ presto a’ suoi occhi; โ€ฆera veramente pan tondo, bianchissimo, di quelli che Renzo non era solito mangiarne che nelle solennitร . โ€” รˆ pane davvero! โ€” disse ad alta voce; tanta era la sua maraviglia: โ€” cosรฌ lo seminano in questo paese? In quest’anno? e non si scomodano neppure per raccoglierlo, quando cade? che sia il paese di cuccagna questo?” (Alessandro Manzoni โ€“ Promessi Sposi- cap. X).

 

Se il paese di cuccagna รจ una favola, il pays de cocagne รจ esistito davvero e non era uno solo. Il principale era in Francia vicino a Tolosa, poi ce ne sono stati altri anche in Italia: in Lombardia, a Sansepolcro, a Cittร  di Castello e anche a Gualdo Tadino. Sono luoghi che per qualche secolo hanno goduto di un notevole benessere dovuto alle coque da cui cocagne e in italiano cuccagna. Tutta questa cuccagna รจ legata alla coltivazione della pianta Isatis Tinctoria detta GUADO, una pianta che forniva il colore blu per tingere i tessuti, le lane e anche le ceramiche. La coltivazione della pianta e lโ€™estrazione del colore erano operazioni complesse ma alla fine si ottenevano dei pani di pigmento azzurro che in francese si chiamavano coque.

I tanti colori

Il colore guado era bello, era un azzurro tendente al verde ma, come per tutti i coloranti naturali, lโ€™intensitร  del colore variava a ogni raccolta, in funzione delle condizioni climatiche e dellโ€™ora della raccolta, fattori ai quali si doveva aggiungere il problema legato ai colori naturali: lโ€™instabilitร  e la fotosensibilitร .

 

Colore guado

 

La terza parola chiave รจ blu, anzi azzurro, che deve il suo grande successo alla religiositร  medievale. In epoca romana il blu non veniva usato perchรฉ era un colore barbaro. I barbari con cui si scontravano nella selvaggia Europa si tingevano il viso di blu. Per i Romani, invece, il colore regale era il rosso porpora. Infatti, nelle prime rappresentazioni musive cristiane, quelle del IV secolo, gli apostoli vestono la toga dei senatori romani orlata di porpora. Il cristianesimo ha cambiato il colore, perchรฉ ha alzato lo sguardo in alto dove ha visto la Fede; la prima delle virtรน teologali, poi ha visto che il cielo รจ azzurro e trasparente e lo ha preso come simbolo di purezza e trasparenza dellโ€™anima.

Lโ€™azzurro in seguito ha acquistato sempre piรน prestigio ed รจ diventato un colore regale. Tutti volevano qualcosa azzurro come il manto della Madonna. Se il mercato vuole cose azzurre va accontentato. Allora via con lโ€™Isatis Tinctoria, coltivata da tutti e voluta da tutti. Passata perรฒ la mania dellโ€™azzurro le coques sono decadute. Poi con lโ€™arrivo dei coloranti sintetici ci si รจ liberati da molti problemi e anche dellโ€™Isatis Tinctoria.

Oggi, grazie al revival di ricerca sui prodotti naturali e sulle piante che sono state usate per secoli e che poi sono state abbandonate, allโ€™Universitร  di Perugia si studia anche la pianta del guado. Mentre tra le poche tradizioni legate allโ€™azzurro che ancora sono rimaste vive una รจ quella inglese che vuole che le spose, al momento delle nozze, indossino qualcosa di azzurro come simbolo di purezza e sinceritร .

L’Umbria conserva e custodisce la memoria della straordinaria vicenda artistica di Raffaello; in tutta la regione infatti, il maestro urbinate ha lasciato tracce, dirette o indirette, della sua arte.

Stendardo. Recto, La Crocifissione. Olio su Tela. Pinacoteca Comunale di Cittร  di Castello

Fu un pittore e un architetto tra i piรน celebri del Rinascimento. Considerato uno dei piรน grandi artisti di ogni tempo, le sue opere segnarono un tracciato imprescindibile per tutti i pittori successivi, tanto che fu di vitale importanza per lo sviluppo del linguaggio artistico dei secoli a venire. Raffaello nacque a Urbino ยซl’anno 1483, in venerdรฌ santo, alle tre di notte, da un tale Giovanni deโ€™ Santi, pittore non meno eccellente, ma sรฌ bene uomo di buono ingegno, e atto a indirizzare i figli per quella buona via, che a lui, per mala fortuna sua, non era stata mostrata nella sua bellissima gioventรนยป.[1] Una seconda versione identifica il giorno di nascita dellโ€™artista il 6 aprile.

A scuola dal Perugino

La cittร  di Urbino fu determinante per la formazione del giovane: Raffaello infatti, fin da giovanissimo, aveva accesso alle sale di Palazzo Ducale, e potรฉ ammirare le opere diย Piero della Francesca, Francesco di Giorgio Martini e Melozzo da Forlรฌ. Ma il vero e proprio apprendistato ebbe luogo nella bottega del Perugino, dove ebbe modo di riscoprire, attraverso le raffinate variazioni del maestro, la rigorosa articolazione spaziale e il monumentale ordine compositivo.
Raffaello intervenรฌ negli affreschi del Collegio del Cambio a Perugia: la sua pittura รจ riconoscibile dove le masse di colore assumono quasi un valore plastico. รˆ proprio in questo contesto che Raffaello vide per la prima volta leย grottesche, dipinte sul soffitto del Collegio, che entrarono in seguito nel suo repertorio iconografico.[2]
Nel 1499 un sedicenne Raffaello si trasferรฌ a Cittร  di Castello, dove ricevette la sua prima commissione indipendente: loย Stendardo della Santissima Trinitร , commissionato da una confraternita locale che voleva offrire un’opera devozionale in segno di ringraziamento per la fine di una pestilenza – oggi conservato nella Pinacoteca Comunale di Cittร  di Castello. Si tratta di una delle primissime opere attribuite all’artista, nonchรฉ l’unico dipinto dellโ€™urbinate rimasto nella cittร  tifernate. Lo stendardo raffigura nel recto la Trinitร  con i santi Rocco e Sebastiano e nel verso la Creazione di Eva. Evidenti sono ancora i precetti dellโ€™arte del Perugino, sia nel dolce paesaggio sia negli angeli simmetrici con nastri svolazzanti.

 

Sposalizio della Vergine. Olio su Tela, realizzata per la Chiesa di San Francesco a Cittร  di Castello, ora conservata alla Pinacoteca di Brera

 

A Cittร  di Castello l’artista lasciรฒ almeno altre due opere: laย Crocifissione Gavari e lo Sposalizio della Vergine per la chiesa di San Francesco. Nella prima รจ facile notare una piena assimilazione dei modi del Perugino, anche se sono evidenti i primi sviluppi verso uno stile proprio. Oggi รจ conservata alla National Gallery di Londra. La secondaย  invece รจ una delle piรน celebri opere dell’artista, che chiude il periodo giovanile e segna l’inizio della fase della maturitร  artistica. L’opera s’ispira alla pala analoga realizzata dal Perugino per il Duomo di Perugia, ma il confronto tra i due dipinti rivela profonde e significative differenze. Entrando nella piccola ma deliziosa chiesa di San Francesco, accanto alla cappella Vitelli costruita nella metร  del 1500 su disegno di Giorgio Vasari, รจ presente l’altare di San Giuseppe, che custodisce una copia dello Sposalizio della Vergine, poichรฉ l’originale, rubata dalle truppe napoleoniche nel 1798, รจ conservata nella Pinacoteca di Brera.

Le opere realizzate a Perugia

Intanto la fama dell’artista iniziรฒ ben presto a diffondersi in tutta l’Umbria; giunse cosรฌ nel capoluogo umbro: Perugia. In cittร  gli venne commissionata la Pala Colonna, per la chiesa delle monache di Sant’Antonio e nel 1502-1503 la Pala degli Oddi, commissionata dalla famosa famiglia perugina per la chiesa di San Francesco al Prato. Nel 1503 l’artista intraprese molti viaggi che lo introdussero nelle piรน importanti cittร  italiane quali Firenze, Roma e Siena. Ma le commissioni dall’Umbria non tardarono ad arrivare: nel 1504 venne commissionata la Madonna con il Bambino e i santi Giovanni Battista e Nicola, definita Pala Ansidei.
Nello stesso anno firmรฒ a Perugia l’affresco con laย Trinitร  e Santi per la chiesa del monastero di San Severo, che anni dopo Perugino completรฒ nella fascia inferiore. Opera di cruciale importanza fu la Pala Baglioni (1507) commissionata da Atalanta Baglioni per commemorale i fatti di sangue che portarono alla morte di Grifonetto, suo figlio. L’opera fu realizzata per la chiesa di San Francesco al Prato a Perugia. Nella pala l’urbinate rappresentรฒ l’indescrivibile dolore di una madre per la perdita del figlio e il vitale slancio di turbamento, attraverso una composizione monumentale, equilibrata e studiata nei minimi dettagli.

Trinitร  e Santi. Affresco

Trinitร  e Santi. Affresco. Cappella di San Severo, Perugia

 

Raffaello divenne il pittore di riferimento per le piรน grandi e importanti famiglie perugine come i degli Oddi, gli Ansidei e i Baglioni, affermandosi come un grande artista di rilievo; nel contratto della sua opera, lโ€™Incoronazione della Vergine, per la chiesa delle monache di Monteluce, venne citato come il miglior maestro presente in cittร .
Raffaello morรฌ il 6 aprile del 1520 di febbre ,provocata, come precisa Vasari, ยซda eccessi amorosiยป. Questo anno ricorre il cinquecentesimoย anniversario dalla morte. Raffaello fu al vertice della stagione artistica del Rinascimento, portando la sua pittura ai massimi livelli di bellezza e armonia. Giovanni Paolo Lomazzo scrisse: ยซRaffaello aveva nel volto quella dolcezza e quella bellezza dei tratti che tradizionalmente si attribuiscono a nostro Signoreยป.
Visse la sua vita con grande impegno e continuitร , donando alle generazioni future il suo incredibile talento e la sua preziosa arte, tanto da meritarsi giร  in vita lโ€™appellativo di divino.

 


[1] Giorgio Vasari,ย Le vite de’ piรน eccellenti pittori, scultori e architetti,ย Vita di Raffaello da Urbino,ย Firenzeย 1568.โ‡‘
[2] Paolo Franzese,ย Raffaello, Mondadori Arte, Milano 2008, p. 13.โ‡‘

Ingredienti:
150 g di cioccolato dolce
100 g di cioccolato amaro
150 g di mandorle dolci
120 g di rum
120 g di alchermes
3 tazzine di caffรจ
6 fette di pane raffermo

Preparazione:
Togliere al pane la crosta e dividere in due ogni fetta. Versare in una casseruola il caffรจ, quindi unite metร  della cioccolata e fatela sciogliere a fuoco basso, quindi aggiungere 70 grammi di alchermes e 70 grammi di rum. Immergete le fette di pane nella casseruola, bagnatele, toglietele e disponetele sul un piatto da portata. Pelate le mandorle, tostatele in forno e tritatele., quindi mescolate con la cioccolata rimasta, che avete grattugiato e impastate il tutto con lโ€™alchermes e il rum e stendete il composto ottenuto sulle fette di pane. Fate riposate prima di servire.


Questo รจ un dolce di Carnevale tipico di Cittร  di Castello. Ogni sabato, durante il periodo di Carnevale, un rione della cittร  organizza un veglione. Le famiglie portano son sรฉ piatti di vario tipo, tra i quali non mancano mai i crostini ubriachi. Nellโ€™intervallo tra mezzanotte e lโ€™una si tirano fuori le cibarie e si gustano questi dolci con parenti e amici. Il segreto per preparare dei buoni crostini, che a volte vengono serviti anche in occasione di feste come i battesimi, รจ usare pane leggermente raffermo ma di buona qualitร  e cotto in forno a legna. Qualcuno, รจ un uso recente, preferisce al pane delle fettine di torcolo, ma gli intenditori guardano con sospetto questa usanza.

 

Per gentile concessione di Calzetti & Mariucci Editore

Ingredienti:

  • 2 carciofi
  • 600 g di pomodoro passato
  • 1 spicchio dโ€™aglio
  • 1 ciuffo di prezzemolo
  • 4-5 cucchiai d’olio extravergine d’oliva
  • sale
  • pepe

 

Preparazione:

Mondate i carciofi, lavateli e tagliateli a spicchi non troppo grossi, quindi poneteli in un tegame con lโ€™olio, lโ€™aglio a fettine e il prezzemolo tritato. Fate cuocere per una decina di minuti, salate, pepate e aggiungete il pomodoro passato, quindi portate a termine la cottura.

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Questo sugo si usava per le tagliatelle allโ€™uovo e piรน tardi con spaghetti e rigatoni. Ne esisteva anche una versione โ€œbiancaโ€, cioรจ senza pomodoro โ€“ e quindi con parecchio olio โ€“ diffusa soprattutto nella zona di Orvieto e in quella di Cittร  di Castello.

 


Per gentile concessione di Calzetti&Mariucci editore.

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