ยซI monti sono maestri muti e fanno discepoli silenziosiยป scriveva Goethe. Maestri inflessibili che evocano nellโanimo di chi li ascolta i misteri e i tormenti del silenzio. Luoghi ancestrali in cui si realizza lโunione di terra e cielo, in cui la verticalitร si fonde con la massa, con la pesantezza della terra. Cattedrali di pietra e di ricordi dove la caducitร del terreno si eleva a contatto con il celeste.

Pian di Chiavano
LโAltopiano di Chiavano non รจ altro che il ponte di roccia che conserva ancora saldo il rapporto tra terra e cielo, palcoscenico di un antico anfiteatro le cui platee si perdono tra mosaici di nubi. ร come se il pennello di un pittore avesse indugiato su questa parte della Valnerina disegnando la skyline di paesi e campagne in cui lโessere umano si รจ prontamente insinuato. Ma mai la natura si รจ prestata docile allโintervento dellโuomo: piccoli fondi ricavati dalla montagna, pascoli improvvisati e tratturi acerbi che, perdendosi nel cuore dellโaltopiano, sembrano ricordare a chi li osserva che qui la Natura sempre si manifesta secondo lโideale leopardiano: madre e matrigna, doppia faccia della stessa medaglia. Modellata dalle fatiche umane fino ad assumere un profilo quasi umano, la campagna appare composta, quasi assopita, in un vortice di colori pastello e giochi dโombra, in un incedere cromatico molto piรน simile ai paesaggi dellโantica Scozia che al tipico ambiente collinare umbro.
Scenografie naturali
In tempi di rovinosa perdita dellโidentitร culturale, lโAltopiano di Chiavano conserva gelosamente reminiscenze polverose di una tradizione popolare ancora viva, che resiste stoicamente alla scomparsa dei suoi piรน antichi tesorieri. Una tradizione popolare considerabile come il riassunto di molte vite, capace di compenetrare in modo misterioso il senso delle cose, anche di quelle apparentemente piรน comuni. In prossimitร del punto di snodo dellโantico sistema viario romano sorge Coronella, localitร che deve il suo nome alla colonna di marmo utilizzata dai romani come riferimento nella realizzazione di un qualunque sistema viario[1]. Un paese fantasma, che appare e scompare dietro alberi cresciuti in orti abbandonati; un paese che vive solamente il 15 di agosto, giorno in cui si riaprono gli scuri della chiesa, in una festivitร tanto semplice quanto sentita. Il mistero della fede che rivive in processioni improvvisate, in edicole sacre che indicano la strada da seguire al pastore e al gregge per la via di montagna, in quelle scalate che sono soprattutto esperienze di vita.
Sulla quinta scenografica di queste vette si proiettano composte e ordinate le ombre degli abitati vuoti e silenziosi, inermi di fronte al trascorrere inesorabile del tempo. Ma รจ proprio questo silenzio che lascia spazio allโintrospezione, un silenzio vuoto di parole, ma non di emozioni. Eppure di silenzi ce ne sono unโinfinitร e coglierne le differenze non รจ cosa semplice. Alcuni sono atroci: silenzi di morte e di agghiacciante solitudine, mentre altri sono desiderati, lungamente attesi o sorprendentemente inaspettati. Silenzi eloquenti in cui anche il principio di non-contraddizione viene meno. Silenzi in cui convergono paura e coraggio, lacrime e sorrisi, domande e risposte, coincidentia oppositorum.

Altipiano di Chiavano da Coronella
Il rapporto dell'uomo con la terra
Cime tempestose, ma per ciรฒ che evocano nellโanimo di chi le scruta. E allora, lโatteggiamento migliore da mettere in atto รจ quello dellโattenzione, quello di fermarsi a contemplare. Perchรฉ non sempre si รจ in grado di comprendere con immediatezza il messaggio nascosto dietro il silenzio della natura. Figure antiche, quasi sinistre, abitano questo silenzioso altopiano. Mani nodose e volti scavati dal sudore, un sudore amaro che trova il suo perchรฉ nei generosi frutti della terra. Gente abituata alla faticosa vita di montagna, che rifiuta i facili idoli del cosiddetto progresso. Ed รจ proprio in quelle mani nodose che va ricercato il significato piรน intimo di questo morboso attaccamento alla terra, di questa forte devozione alla fatica e al lavoro, che sรฌ nobilita, ma che rende lโuomo simile alle bestie. Eppure sembra quasi che tra i contadini e la natura intercorra un rapporto quasi mistico, capace di infrangere il legame con il sacro e di mescolarsi con il profano fino a confluire come un unico corso dโacqua nel vasto oceano della tradizione popolare. Un territorio complesso che neanche il suo piรน antico abitante conosce nel profondo, un calderone di tradizioni, cultura e di storie le cui origini sembrano perdersi nella notte dei tempi.
Una terra che trasuda saggezza popolare, in cui si sovrappongono i fantasmi e memorie di un passato lontano, ma mai dimenticato. Un passato glorioso, che affonda le sue radici nei fasti dellโantica Roma e nelle campagne circostanti il piccolo borgo di Villa San Silvestro, paese di appena venti anime divenuto celebre per la presenza di un tempio romano probabilmente dedicato a Ercole. La genesi dellโeroe a cui il tempio รจ dedicato, risultato dellโunione carnale tra la terrestre Alcmena e Giove, sembra rafforzare ulteriormente il rapporto che intercorre tra questa terra e il cielo, tra la materia e il celeste, tra ciรฒ che รจ umano e il divino. Proprio sul podio del tempio romano sorge la chiesa del paese, nel punto in cui, in un passato neanche troppo lontano, si innalzavano cori votivi rivolti alle divinitร del pantheon romano, in un luogo in cui dimora un profondo timore del divino.
Ed รจ proprio da Chiavano che inizia il nostro viaggio, dalla terrazza che domina questa terra selvaggia i cui figli, sia nelle grandi gesta che in quelle quotidiane, sono riusciti a esprimere un valore e un ardore in alcuni casi quasi eroici, che solo chi abita a un passo dal cielo riesce a sfoggiare nelle battaglie piรน dure, in quei sovraumani silenzi che fanno rumore.
[1] Si tratta della cosiddetta pietra miliare vedi http://www.treccani.it/vocabolario/miliare1/.โ