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La parola selfie รจ entrata a pieno titolo nel nostro vocabolario. Quotidianamente sentiamo molte persone pronunciarla e ne abbiamo visto altrettante rivolgere verso di sรฉ uno smartphone per scattare una foto.

Nel corso degli anni i selfie non hanno certo rallentato la loro crescita. Viviamo nellโ€™era dellโ€™immagine, in un mondo sempre connesso: in un mondo sempre piรน frenetico, gli autoscatti sono diventati uno strumento di comunicazione visiva istantanea. Nel corso della storia, specchi, autoritratti e fotografie si intrecciano, descrivendo come muta il rapporto dellโ€™uomo con la sua immagine.
Anticamente lo specchio aveva un ruolo chiave nella societร : raccontava il bisogno dellโ€™uomo di specchiarsi, di vedere la propria immagine, fondamentale per sviluppare al meglio lโ€™idea della propria identitร .
I primissimi metodi sfruttati dallโ€™uomo furono quelli di vedere riflessa la propria immagine o il proprio corpo in specchi dโ€™acqua, corsi o laghetti: Narciso, personaggio della mitologia greca, รจ identificato come lโ€™amore, spesso esagerato, che una persona prova per la propria immagine e per se stesso.

 

Presunto ritratto di Simone Martini. Cappella di San Martino. Basilica inferiore Assisi

Il primo autoritratto

La prima comparsa dellโ€™autoritratto avvenne nel Medioevo, durante il quale si svilupparono nuove esigenze rappresentative. Si pensava infatti che lโ€™immagine, riflessa in uno specchio dโ€™acqua, fosse semplicemente lโ€™immagine materiale; lโ€™immagine artistica invece, compreso il ritratto, era lโ€™immagine che dimorava nellโ€™anima di ogni uomo. Non a caso nel Medioevo si diffuse la credenza che Cristo fosse stato pittore della propria immagine.
Lโ€™autoritratto acquistรฒ dignitร  artistica a partire dal Rinascimento: in questo periodo nuove tecniche di pittura iniziano a diffondersi, aiutando i pittori a realizzare ottimi chiaroscuri e a rendere i colori piรน naturalistici. Certamente significativa fu la visione antropocentrica, che si stava ampiamente diffondendo: tanti artisti si interessarono alla rappresentazione di volti umani.
Giorgio Vasari, nelle Vite, attribuisce la pratica del ritratto a due grandi maestri: Cimabue e Giotto. Cimabue infatti si sarebbe raffigurato nella Crocifissione dipinta nella Basilica superiore di San Francesco ad Assisi.[1]
Si pensa invece che il ritratto di Giotto sia presente nella raffigurazione del Fanciullo di Suessa. Nella cappella di San Martino, la prima cappella a sinistra della basilica inferiore di San Francesco dโ€™Assisi, invece รจ raffigurato il presunto autoritratto di Simone Martini nella Resurrezione di un fanciullo. La cappella, voluta e finanziata dal cardinale Gentile Partino da Montefiore, fu interamente affrescata dallโ€™artista nel 1313-1318.

 

Il Perugino. Collegio del Cambio. Perugia

I selfie del Perugino e Pinturicchio

Nel Quattrocento, in Umbria, celebri sono gli autoritratti di Pietro Vannucci, detto il Perugino, e del suo allievo Bernardino di Betto Betti, noto come il Pinturicchio, entrambi inquadrati in una cornice che pone lโ€™artista in una posizione di rilievo. Il primo si ritrae allโ€™interno di una cornice nella Sala dellโ€™Udienza del Collegio del Cambio a Perugia. Lโ€™ambiente รจ interamente affrescato con un programma iconografico in cui sono inserite figure mitologiche, Sibille, Profeti e personaggi illustri sia della storia greca che romana.[2]
Su un pilastro intermedio della parete sinistra, inserito in un quadro appeso tra nastri e collane di corallo con effetto trompe-lโ€™oeil, รจ visibile il ritratto dellโ€™artista e un’iscrizione che testimonia il compiacimento per la fama raggiunta.
Lโ€™iscrizione in italiano recita: ยซPietro perugino, pittore insigne. Se era stata smarrita l’arte della pittura, egli la ritrovรฒ. Se non era ancora stata inventata egli la portรฒ fino a questo puntoยป.
I dettagli fisici e psicologici dell’autoritratto sono molto curati: il volto รจ tondeggiante, gli occhi sono sicuri, fieri e guardano senza esitazione davanti a sรฉ, le guance arrossate, le labbra sono sottili, i capelli fluenti e il mento ha una fossetta. La veste nera e il cappello rosso, su uno sfondo blu monocromo, conferiscono al pittore un tono di severa nobiltร .
Il ritratto del Pinturicchio si trova allโ€™interno di un suo ciclo di affreschi, databili tra il 1500 e il 1501, presso la cappella Baglioni, nella collegiata di Santa Maria Maggiore a Spello.
In un ambiente contornato da un maestoso loggiato rinascimentale, รจ dipinta lโ€™Annunciazione: Maria leggente รจ sorpresa dallโ€™angelo che si avvicina benedicendola e recando in mano il giglio bianco, simbolo della sua purezza. In alto appare lโ€™Eterno in una mandorla di angioletti che invia, tramite un raggio luminoso, la colomba dello Spirito Santo.[3]
In lontananza, oltre lโ€™hortus conclusus, si apre un paesaggio ricco di dettagli. Posta sulla destra dellโ€™Annunciazione, si apre una finestrella con una grata su cui รจ appoggiata un’anfora e una mensola di libri, al di sotto della quale รจ presente lโ€™autoritratto del pittore e unโ€™iscrizione dedicatoria.
Questi accorgimenti sono la prova tangibile che lโ€™autore non ha piรน bisogno di celarsi tra i personaggi raffigurati, ma assume il vero ruolo di protagonista, distinguendosi in maniera netta allโ€™interno dellโ€™opera.

 

Luca Signorelli. Cappella di San Brizio. Duomo di Orvieto

Signorelli e Beato Angelico in mezzo all’opera

Tra le tante personalitร  della pittura rinascimentale spicca Luca Signorelli, artista che lavorรฒ in Umbria, soprattutto a Cittร  di Castello e Orvieto presso la Cattedrale di Santa Maria Assunta. Il suo selfie รจ presente nella scena piรน evocativa dell’intero ciclo, almeno in termini di originalitร  narrativa e di evocazione fantastica: la Predica e i fatti dellโ€™Anticristo.
Lโ€™artista, presente allโ€™estrema sinistra, vitale e di bella presenza – come lo descrisse Vasari che lโ€™aveva conosciuto personalmente in tenera etร  – indossa un copricapo e un mantello nero.
Accanto a Signorelli รจ presente un altro personaggio con il classico abito domenicano: รจ Beato Angelico. Lโ€™artista aveva iniziato il ciclo pittorico nel 1447, poi completato dal Signorelli. Scalpellini scrisse che la sua presenza a margine della scena assomiglia a quella di un regista compiaciuto per la riuscita del suo spettacolo e si presenta alla platea per ricevere lโ€™applauso. [4]

 


[1] Enio Sindona, Cimabue e il momento figurativo pregiottesco, Rizzoli Editore, Milano, 1975.
[2] Umbria, Touring Club Editore, Milano, 1999.
[3] Cristina Acidini, Pinturicchio, in Pittori del Rinascimento, Scala, Firenze 2004.
[4] Antonio Paolucci, Luca Signorelli, in Pittori del Rinascimento, Scala, Firenze 2004.

ยซArte bella e ingegnosa, ma fallace che di cento pezzi sei ne vengono buoniยป.

Cosรฌ scriveva Cipriano Piccolpasso, intorno al 1560, della maiolica, antico nome del lustro con cui i vasai del Rinascimento riuscirono, quasi con misteriose alchimie, a colorare le ceramiche di riflessi d’oro e di un sanguigno rosso rubino; Piccolpasso infatti fu un architetto, storico, ceramista e pittore di maioliche. Non vi รจ museo importante al mondo che non conservi nelle sale alcune preziose maioliche italiane a lustro e tra i maggiori figurano il Metropolitan Museum of Art di New York, il Victoria and Albert Museum di Londra e il Museo del Louvre a Parigi, dal quale provengono alcune delle piรน importanti opere esposte nella mostra Maiolica. Lustri oro e rubino della ceramica dal Rinascimento a oggi, visibile fino al 13 ottobre 2019 presso il Palazzo Buonacquisti di Assisi.
La mostra, voluta dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia e organizzata dalla Fondazione CariPerugia Arte, รจ curata da due massimi esperti di maiolica: Franco Cocchi e Giulio Busti.

 

Come ha sottolineato il presidente della Fondazione CariPerugia Arte, Giuliano Masciarri, il progetto espositivo si inserisce nellโ€™ambito di un percorso che ยซanche in una fase critica come quella che stiamo vivendo, intende contribuire alla valorizzazione dellโ€™arte e della cultura, attraverso iniziative di qualitร  che richiamino appassionati e visitatori contribuendo cosรฌ alla crescita economica e culturale del nostro territorioยป.

Una collezione di capolavori

Percorrendo le sale del palazzo, il visitatore puรฒ ammirare circa centocinquanta capolavori provenienti da collezioni pubbliche e private, conservate non solo in Umbria, ma anche in territori limitrofi come Bologna, Firenze, Faenza, Ravenna, Pesaro, Arezzo e Viterbo. In questo modo, attraverso sei sezioni tematiche, si noteranno gli sviluppi della maiolica dalle origini fino alle ultime manifestazioni nel Seicento e alla ripresa nellโ€™Ottocento, quando gli oggetti ceramici tornarono a essere di vasto interesse. รˆ possibile apprezzare anche creazioni in maiolica postmoderne e attuali, nelle quali gli artisti, oltre alla tecnica, uniscono anche design e creativitร .
In pochi riuscirono nellโ€™impresa di produrre oggetti in maiolica di cosรฌ alto valore artistico e tra i maggiori creatori spiccarono i derutesi e gli eugubini, cosรฌ da creare una sorta di monopolio. Le maioliche divennero di gran moda fra il Quattrocento e Cinquecento: prima quelle importate dalla Spagna e poi quelle di Deruta e di Gubbio, che diventarono cosรฌ parte dei corredi domestici e degli arredi delle case reali e delle piรน importanti famiglie d’Europa.

 

Maiolica. Ratto di Elena 1540. Francesco Xanto Avelli. Parigi. Museo del Louvre

 

Le maioliche a lustro di Deruta coinvolgono il visitatore con i bellissimi ritratti di dame elegantemente vestite, Madonne, Santi e cavalieri; quelle di Gubbio invece, raffigurano i miti antichi, cogliendo in pieno lo spirito del tempo.
Molti oggetti di uso quotidiano, come vasi e albarelli famosi per il loro uso farmaceutico, diventarono, grazie a una decorazione ricca ed esuberante, oggetti da ammirare. Ne sono un esempio i piatti da pompa destinati non a essere ammirati al centro di una tavola imbandita, ma a essere esposti come vere opere dโ€™arte, con le loro raffigurazioni di immagini sacre, profane e scene di combattimenti.
La mostra quindi accompagnerร  il visitatore alla scoperta della storia di una delle tecniche piรน affascinati, ma anche piรน complicate della produzione ceramica umbra.

Un ritorno da non perdere, quello delle ventiquattro maioliche rinascimentali, che dopo cinquecento anni tornano a Deruta.

Vaso con un asino sdraiato. Deruta 1500

 

Presentata alla Frieze Masters di Londra del 2017, la piรน importante fiera di arte antica e moderna del Regno Unito, lโ€™edizione italiana dellaย mostra Sacred and Profane Beauty Deruta Renaissance Maiolica รจ curata dal Museo della Ceramica di Deruta ed รจ visibile fino al 30 giugno. Provenienti da collezioni private, le opere sono state selezionate da Camille Leprince e Justin Raccanello con la consulenza di Elisa Paola Sani, collaboratrice del Victoria & Albert Museum ad oggi tra i massimi esperti di ceramica rinascimentale.

Un percorso tra le maioliche

Attraversando le sale del museo si entra in luogo affascinante dove le opere esposte rappresentano la bellezza sacra e profana, come ricorda anche il titolo della mostra. La pittura umbra, in particolare quella di Pinturicchio e Perugino, viene resa immortale grazie allโ€™abilitร  dei maestri vasai derutesi che fabbricarono maioliche policrome tra Quattrocento e Cinquecento.
La cittร  di Deruta, fin dal Medioevo, รจ stata il palcoscenico per lโ€™arte dei maestri vasai; la massiccia presenza degli artigiani รจ dovuta alla facile reperibilitร  nel territorio dellโ€™argilla, presente in grande quantitร  nelle colline derutesi e nei depositi alluvionali del Tevere. Questa nobile arte si รจ sviluppata grazie alle notevoli vie di comunicazione presenti nel territorio. La cittร  รจ stata il centro di un intenso movimento artistico e commerciale, anche perchรฉ molti maestri vasai da tutta Italia si sono stabiliti a Deruta, spinti dallโ€™esenzioni fiscali concesse per favorire il ripopolamento della cittร , dopo lโ€™epidemia di peste del 1456.

 

Piatto da pompa con eroe con elmo da parata. Probabilmente di Nicola Francioli

La regina della ceramica

รˆ proprio in questo periodo che lโ€™arte umbra, dipinta nelle grandi pale dโ€™altare dagli artisti del Quattrocento, viene impressa sulla ceramica. In questo ambito la produzione derutese รจ quanto mai variegata sia per le qualitร  che per le tecniche. Un tripudio di forme, colori, motivi decorativi e repertori iconografici, sono impressi nella ceramica. Tra le opere piรน affascinanti esposte ci sono i grandi piatti da pompa (alcuni superano i 40 cm di diametro). La presenza di fori testimonia che essi potevano essere appesi a scopo decorativo e pronti per essere usati per occasioni speciali. Lo schema decorativo tradizionale prevede un motivo ornamentale sul bordo che incornicia la scena principale, dove possiamo vedere: Giuditta con la testa di Oloferne, San Francesco che riceve le stimmate, David con la testa di Golia, una crocifissione, e la nascita di Adone. Alcuni sono decorati con nobildonne e dame, vestite con eleganti abiti esaltati dalla preziosa lustratura, le quali stringono tra le mani lunghi cartigli con iscrizioni complesse, proverbi, scritte moraleggianti e persino una poesia di Petrarca. Le dame ricordano quelle dipinte dal Perugino e da Pinturicchio, in particolare una di queste richiama alla mente la Sibilla delfica del Pinturicchio dipinta nel soffitto della Sala delle Sibille negli appartamenti Borgia in Vaticano, ed una Madonna con il bambino ricorda la Madonna di Foligno di Raffaello, ora conservata alla Pinacoteca Vaticana.
Altri piatti da pompa invece recano gli stemmi di nobili famiglie umbre; come quello dei Baglioni, signori di Perugia, o quello con lo stemma della famiglia Crispolti. Inesauribili furono quindi le fonti di ispirazione per i maestri vasai.

 

Piatto da pompa con David con la testa di Golia. Deruta 1560

Il Co di Deruta

A seguito di recenti scoperte archivistiche รจ stato possibile ricostruire il lavoro di Nicola Francioli, conosciuto come il Co o Il Co di Deruta, maestro vasaio attivo dal 1513 al 1565.
Il piatto da pompa piรน illustre รจ proprio quello del maestro Francioli: la Nativitร . Rappresentazione cara al Perugino, che in Umbria realizzรฒ tre versioni di questo soggetto e a Pinturicchio che ne dipinse una a Spello nella Cappella Baglioni. La scena sacra รจ stata dipinta con piรน tonalitร  di blu e arancio, la sacra famiglia al centro della composizione รจ in preghiera; la Vergine รจ inginocchiata e San Giuseppe, in piedi, sembra proteggere il Bambino adagiato sopra un cuscino. Alcuni pastori arrivano a rendere omaggio al Re dei Giudei e tre angeli nel cielo recano in mano un cartiglio. Sullo sfondo si nota la cittร  di Gerusalemme.
ยซSono molto amati i vasi di terra cotta quivi fatti, per essere talmente lavorati, che paiono dorati. Et anche tanto sottilmente sono condotti, che insino ad hora non si ritrova alcun artefice nellโ€™Italia.ยป
รˆ con queste parole che Leandro Alberti nellโ€™opera Descrittione di tutta Italia (1550) ย fa conoscere lโ€™eccellenza della ceramica prodotta dai maestri vasai in tutta Italia.

 

Piatto da pompa con la Nativitร . Nicola Francioli detto Co di Deruta. Deruta 1520-1530

Lโ€™estate a Firenze รจ torrida, laggiรน in basso, sotto lโ€™Appennino e lontano dal mare. Anche Perugia รจ lontana dal mare, ma almeno รจ in cima a una collina e cโ€™รจ sempre una bavetta di vento che rinfresca.

Sicuramente in quel caldo luglio del 1503 Pietro Vannucci stava rimpiangendo la sua cittร . Lavoro e famiglia lo avevano portato a Firenze e lรฌ era costretto a sopportare il caldo. Ci sono dei momenti in cui il caldo toglie anche la forza di pensare, nemmeno sapere che a settembre lโ€™estate se ne va, riesce ad alleviare la sensazione di essere dentro un forno e di cuocere a fuoco lento.
Perรฒ lui doveva lavorare anche con il gran caldo e, mentre lavorava, succhiava i suoi confetti.ย  Il suo pusher di fiducia era Di Giovanni che gli procurava, a caro prezzo, quelle piccole delizie che rallegravano le lunghe ore da passare seduto davanti alle tele. Di Giovanni era lo speziale della farmacia Al Giglio, ed era abituato ad ascoltare le richieste degli artisti, e non stiamo parlando dโ€™imbianchini o spaccapietre, ma dellโ€™Olimpo dellโ€™arte italiana del Rinascimento.

Il pittore in nero

Nelle sfere piรน alte dellโ€™Olimpo cโ€™era lui, il pittore dal viso tondo e grassottello, fronte alta, capelli lunghi sul collo, berretto in testa, guance e naso rubizzi, e unโ€™elegante giacca di velluto nero. Il Perugino si รจ ritratto cosรฌ, nella Sala del Cambio a Perugia, si รจ ritratto come un uomo non giovane e sempliciotto. Sembra affetto da couperose, quella malattia che dilata i capillari facendo venire le guance rosse, ma forse soffriva di fragilitร  capillare oppure era stato molto allโ€™aria aperta. Questa seconda ipotesi รจ poco probabile, dato che allora i pittori lavoravano perlopiรน dentro lo studio oppure in chiesa.
Pietro Vannucci da Cittร  della Pieve, detto il Perugino, era stato uno dei piรน influenti pittori della sua epoca, e come tutti i migliori, aveva lavorato a Roma per il Papa e per le grandi committenze. Il Perugino e i suoi colleghi – i pittori del Rinascimento – non usavano molto il nero perchรฉ colore del lutto. Preferivano i colori delicati che si sposano meglio con la serenitร  annunciata da ยซquantโ€™รจ bella giovinezza… chi vuol esser lieto siaยป. Pietro Vannucci usa il nero nel Compianto del Cristo morto e nelle Deposizioni perchรฉ il dolore richiedeva anche tratti di nero. Invece nei suoi ritratti indossa sempre una giacca nera, forse perchรฉ era alla moda tra gli artisti. Anche nel ritratto fatto dal suo allievo, indossa una giacca nera molto elegante e in testa ha un berretto nero abbinato alla giacca. Quellโ€™allievo, che era Raffaello, ha dipinto con affetto il grande maestro mentre guarda lo spettatore con aria seria, con lo sguardo intenso di una persona intelligente. Raffaello e Perugino, allievo e maestro.

Il Perugino in un ritratto di Raffaello e Lorenzo di Credi, Galleria degli Uffizi

Confetti con un cuore

Nel luglio 1503 lโ€™artista lavorava e mentre lavorava succhiava i confetti con lโ€™anima di semi di coriandolo. I confetti si succhiano e in bocca il piacere dura a lungo. Dโ€™altronde il Perugino era un signore benestante che poteva permettersi i confetti e mantenere con larghezza la famiglia. I coriandoli confetti, che a lui piacevano, erano noti fin dai tempi dei romani perchรฉ ritenuti digestivi, tanto che li aveva fatti servire anche Lorenzo de’ Medici alla fine del suo pranzo di nozze.
Lo speziale Di Giovanni registra che in luglio i garzoni del pittore, una volta Donato unโ€™altra volta Jacopo, sono andati a prendere tre once di confetti, in tutto circa due etti, ma hanno portato a casa anche altre specialitร  medicinali: zuccheri rosati e violati, cotognate e altre squisitezze erano le preparazioni medicinali del tempo.
Se Mary Poppins cantava: ยซbasta un poco di zucchero e la pillola va giรนยป, allโ€™inizio del Cinquecento lo zucchero lavorato costituiva la pillola. Zucchero e mele cotogne erano la base da elaborare con spezie e sughi di piante, fino a formare dei solidi a forma di dattero, di manina, di tondino anche di morselletto.
Perugino si trattava come un ricco petroliere e non badava certo a spese per soddisfare il suo piacere e curare la sua grande famiglia, perchรฉ i prodotti che lui acquistava erano, come scritto nel Ricettario Farmaceutico Fiorentino del 1498: ยซsolo per ricchi e potentiยป.

I malanni della famiglia Vannucci

Purtroppo non tutto era roseo. Nel 1503 la sua fama di Vannucci vacillava perchรฉ avanzavano le nuove tendenze che volevano piรน forza e piรน tormento nella pittura e nella scultura. La serenitร  dellโ€™Umanesimo non era piรน di moda e non corrispondeva alla durezza dei tempi. Vedere di non essere apprezzato e addirittura criticato, comโ€™era accaduto alla corte dei Gonzaga, aveva lasciato il segno, e lui dormiva male. Di Giovanni gli prepara delle pilloline di Diacodio e altre di Fumosterno, che contenevano papavero per schiare lโ€™umor nero e conciliare il sonno. Cosรฌ almeno si credeva.
I registri dello speziale sono preziosi, perchรฉ lui ha annotato tutti gli acquisti dei suoi clienti permettendoci di conoscere, negli anni, le malattie che circolavano nella famiglia Vannucci. Apprendiamo cosรฌ che stomaco e intestino erano i suoi punti deboli e anche quelli della moglie. Mandavano spesso a prendere la polvere di Cassia e di Agarico agarico che sono piante lassative, e si permettono anche la Trifera persica.
Questo rimedio di antica origine persiana, da cui il nome Persica, era una preparazione molto complicata e conteneva tutte le piante che svolgono unโ€™azione lassativa: prugne e agarico, ma anche rose rosse, olio di viole e viole secche. Allora non si guardava alla ricerca o alla modernitร , allora si pensava che un rimedio antico fosse garanzia di efficacia. Infatti si usavano anche pezzetti di mummia, perchรฉ se la mummia aveva passato tanti millenni senza distruggersi voleva dire che era sicuramente efficace. Punti di vista.
Tante volte il maestro mandava a prendere ยซcose stomachicheยป cioรจ dei rimedi buoni per il curare lo stomaco della moglie. Di Giovanni consegna tante volte ai garzoni queste ยซcose stomachicheยป e prepara anche un ยซsacheto di erbe a lo stomacho della donnaยป. Chiara Fancelli, figlia di un famoso architetto fiorentino, era la moglie e la madre dei cinque figli del Perugino. Lui aveva dipinto decine di volte la Madonna. Lโ€™aveva dipinta al momento dellโ€™Annunciazione, lโ€™aveva dipinta mentre adorava il Bambino e con il Bambino in braccio. Per dipingere la Madonna si era servito sempre di modelle giovani e belle e forse, la piรน bella, รจ stata proprio Chiara Fancelli, che sembra essere stata di fragile costituzione. Forse erano stati i parti a debilitare la salute della donna.
I prodotti che uscivano dalle spezierie antiche erano dei rimedi con indicazioni varie, e molti erano considerati una panacea, cioรจ erano dei rimedi che curavano tutto – dalla peste al mal di testa, alle pulci del cane. A casa Vannucci entrano due preparati che sono quasi delle panacee, ma che potrebbero aver a che fare con il parto. Infatti la pomata Infrigidante di Galeno era considerata anche un aiuto per le doglie, mentre lโ€™acqua di capelvenere era ritenuta utile nel dopo parto. Sarร  vero? Non lo sapremo mai.
Perรฒ lo speziale Di Giovanni ha fatto scendere dallโ€™Olimpo il Perugino, lo ha portato vicino a noi che soffriamo di mal di stomaco, che prendiamo lโ€™influenza, che facciamo fatica a dormire e che amiamo succhiare delle cose buone. Quando vi troverete tra le mani dei confetti al coriandolo ricordatevi che hanno attraversato i secoli e che sicuramente piacevano al Divin Pittore dalla giacca nera.


  1. A. Covi, New sources for the study of italian Renaissance art., 1969.
  2. Covi, Tacuinum de’ spezierie, Perugia, ali&no, 2017.

Conosciuta dai piรน come cittร  dellโ€™acciaio, come cittร  operaia, quasi totalmente rasa al suolo dai bombardamenti, Terni nasconde ancora una in sรฉ un piccolo tesoro. Alla devastazione della Seconda Guerra Mondiale, il Giudizio universale di Bartolomeo di Tommaso, pittore folignate precursore del Rinascimento umbro, รจ sopravvissuto. A custodirlo gelosamente sono le mura della cappella Paradisi che si apre in fondo alla navata destra della chiesa di San Francesco.

 

Il ciclo attualmente visibile รจ forse la testimonianza pittorica piรน importante del XV secolo, eppure la sua storia critica cominciรฒ tardi. Gli storici locali, infatti, non ne poterono parlare fino al XIX secolo perchรฉ i frati conventuali, ai quali apparteneva la chiesa, usarono quel vano come magazzino per la legna del convento, murandone lโ€™arco dโ€™accesso. Gli affreschi tornarono alla luce solo nel 1861, grazie allโ€™opera dellโ€™architetto Benedetto Faustini.

Unโ€™attribuzione controversa

Prima del problema dellโ€™attribuzione, i critici affrontarono quello della controversa iconografia. In un primo momento tutti parlarono di illustrazione della Divina Commedia. Mariano Guardabassi nel 1872, infatti, vi lesse ยซi profondi concetti dellโ€™Alighieriยป e questa lettura sembrรฒ confortata anche dallโ€™attribuzione a Bartolomeo di Tommaso, perchรฉ la prima produzione a stampa del poema dantesco fu fatta proprio nella cittร  di Foligno.
A occuparsi dello studio iconografico tra 1977 e 1978 furono Bruno Toscano e Pietro Adorno che, non avendo trovato corrispondenze puntuali con le terzine dantesche, indirizzarono le loro ricerche verso unโ€™altra strada, facendo riferimento al clima sociale e religioso che la cittร  viveva a metร  del Quattrocento e ai legami del pittore con lโ€™ordine francescano e con Giacomo della Marca, predicatore itinerante. San Giacomo fu certamente a Terni nel 1444 e predicava spesso nella chiesa di San Francesco contro i vizi che aveva osservato nella cittร . Terni viveva quindi sotto la guida spirituale di questo frate, che un anno piรน tardi portรฒ la sua oratoria anche a Foligno influenzando profondamente lโ€™artista. Bisogna anche considerare che a commissionargli lโ€™opera, nel 1449 fu Monaldo Paradisi, figura particolarmente legata allโ€™Osservanza e agli statuti di riforma voluti da San Giacomo. Il Giudizio finale, infatti, รจ una costante della predicazione del frate e uno dei Sermones Dominicales, il De Judicio extremo, sembra corrispondere passo dopo passo ai dipinti di Bartolomeo di Tommaso, quasi che il pittore lo abbia seguito fedelmente trasformando in immagini le parole. Giacomo della Marca si rivela quindi come fonte ispiratrice principale del pittore.

 

Giudizio Universale

La decorazione della cappella Paradisi consiste in un imponente e terribile Giudizio universale. Inizia nel sottarco di ingresso con sei cornici quadrilobate che incorniciano i busti dei profeti che hanno annunciato il ritorno di Cristo: Geremia, Daniele, Malachia, Isaia, Giona e Abdia. Allโ€™interno della cappella, sopra lโ€™arco di accesso, si trovano altre due figure di profeti semigiacenti inseriti in un paesaggio boscoso e roccioso, unica nota naturalistica dellโ€™affresco. Le altre pareti sono percorse orizzontalmente da una cornice dipinta che le divide a metร .
Lโ€™azione si snoda da sinistra verso destra a partire dal registro inferiore, dove lo spazio รจ diviso in caverne a ciascuna delle quali รจ assegnato un peccato capitale. Di queste spelonche ne rimangono solo cinque e in ognuna cโ€™รจ un angelo che protende le braccia verso le anime per sollevarle e indirizzarle in alto. Nel registro superiore invece troviamo la figura di Cristo con il vessillo rosso, verso il quale si slanciano figure saettanti. Anche nella parete centrale torna la figura del figlio di Dio rappresentato come Cristo giudice nella mandorla, circondato dal Battista, da una Vergine dai tratti curiosamente orientaleggianti e da tre gruppi di angeli e patriarchi. Nel registro inferiore della stessa parete San Pietro apre la porta del Paradiso circondato dai dodici apostoli, Paolo e Barnaba. Al di sotto, lโ€™arcangelo Michele attorno al quale si accalcano le figure degli eletti, tra i quali si riconosce un magistrato con il tocco rosso, concordemente identificato come Giovanni Paradisi, capostipite dei committenti il cui stemma si vede ai piedi dellโ€™arcangelo.
La parete di destra, invece, รจ piรน danneggiata per la caduta di intonaco. Vi รจ rappresentata la cacciata allโ€™inferno delle anime peccatrici trainate in basso da catene al collo e colpite violentemente dagli angeli che le ricacciano nelle spelonche. Nel registro inferiore campeggia un gigantesco Satana inquadrato da unโ€™ogiva di fuoco. Alcuni demoni accanto a lui gli porgono le anime che egli afferra e maciulla. Ovunque piovono lingue di fuoco.

 


Bibliografia: P. Mostarda in Arte e territorio. Interventi di restauro, Terni, Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni, 200

 

 

Per saperne di piรน su Terni 1