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Strangozzi, stringozzi, strozzapreti, bringoli, umbricelli, bigoli, umbrichelle, lombrichelli, ciriole, anguillette, manfricoli: se mai vi capitasse di fare un giro nelle osterie umbre, sedendovi in quelle sale dalle rustiche atmosfere e addentrandovi nella lettura dei prelibati menu, vi accorgereste che nella sezione dedicata ai primi piatti campeggiano portate dai nomi evocativi quanto ambigui.

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Farina e acqua

Non รจ facile ricostruire la storia di un piatto dalle antiche origini, soprattutto nel caso in cui regni ancora indisturbata la confusione persino sul nome da attribuirgli, contaminato com’รจ dall’imprecisione propria della lingua parlata e dall’uso consuetudinario di alcuni termini piuttosto che di altri.

Ma andiamo per ordine: stiamo innanzi tutto parlando di un tipo di pasta fresca, rustica in quanto fatta a mano e dunque imprecisa, grossolana, la cui bontร  sta proprio nella ruvidezza della sua composizione. Le fonti concordano sulle origini povere di questo piatto, realizzato con acqua e farina di grano tenero. Ciรฒ che fa la differenza รจ perรฒ la forma che assume: ecco dunque che dallo stesso impasto nascono molti tipi di pasta, i cui nomi sono spessi confusi a causa di una somiglianza etimologica.

A Spoleto, ยซErti de stinarello e fini de cortelloยป

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Gli stringozzi di Spoletoโ€“ chiamati strangozzi a Terni, manfricoli a Orvieto, anguillette nella zona del lago Trasimeno, umbricelli a Perugia per la loro somiglianza con i lombrichi, o ancora brigoli, lombrichelli o ciriole โ€“ sono degli spaghetti piuttosto tozzi e grossolani, con una circonferenza di 3-4 millimetri e una lunghezza di circa 25 centimetri, arrotolati a mano sulla spianatoia. Come afferma il detto, nel momento in cuiย si stende la sfoglia, non bisogna assottigliarla in maniera eccessiva; si starร  attenti allo spessore solo in un secondo momento, quando col coltello la si taglierร  nel senso della lunghezza.
La cottura degli strangozzi deve avvenire in abbondante acqua, e bisogna star pronti a ripescarli nel momento esatto in cui vengono a galla.Vengono conditi con sughi al ragรน, con tartufo, con parmigiano o con le verdure.ย 
Senza dubbio, la preparazione piรน caratteristica รจ quella che tiene alto il nome di Spoleto – โ€œalla spoletinaโ€ appunto – in cui vengono esaltati dal gusto del pomodoro, del prezzemolo e dal peperoncino piccante.

Una bagarre linguistica

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Ciรฒ che รจ curioso, รจ che gli strangozziย per questa loro assonanza col verbo โ€œstrangolareโ€-vengano spesso confusi con gli strozzapreti, altra preparazione ottenuta dallo stesso semplice impasto di acqua e farina.

Sebbene i nomi vengano spesso usati in maniera intercambiabile, gli strozzapreti hanno una formato ben diverso dagli strangozzi (e dai loro omologhi): sono piรน corti e si presentano come delle listarelle di sfoglia arrotolate su sรฉ stesse, la cui forma assomiglia alle stringhe delle scarpe, un tempo fatte di tenace cuoio arricciato.

Qualcuno doveva pur finire per strozzarsi

La leggenda vuole che i rivoltosi anticlericali usassero le suddette stringhe per strangolare, ai tempi del dominio dello Stato Pontificio, gli ecclesiastici di passaggio. Non sembra un’ipotesi troppo remota, se consideriamo la continua lotta dei perugini contro l’ingerenza dello Stato Pontificio: episodi come la Guerra del Sale del 1540 o l’acceso anticlericalismo ottocentesco sfociato nelle Stragi di Perugia, ci fanno ben comprendere lo scarso amore della popolazione verso i prelati. Questi ultimi, infatti, oltre a riscuotere i tributi, erano notoriamente dei golosoni, sempre pronti a scroccare pasti alla povera gente.ย 

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Un’altra interpretazione vuole che gli strozzapreti fossero cosรฌ chiamati perchรฉ le massaie, costrette a dimezzare le porzioni ai loro cari per fare quella dei prelati, augurassero loro di strozzarsi con quello che mangiavano. Una variante รจ quella che vede le donne di casa maledire i preti per aver loro sottratto le uova come tributo, costringendole a fare una pasta โ€œpoveraโ€, composta solo di acqua e farina.
Un’ulteriore interpretazione โ€“ e conferma dello spropositato appetito della Curia – ci รจ data dal poeta Giuseppe Gioacchino Belli, maestro del vernacolo romanesco:

 

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Nun pรฒi crede che ppranzo che cciร  ffatto ย 
Quelโ€™accidente de Padron Cammillo. ย 
Un pranzo, chโ€™รจ impossibbile de dรญllo: ย 
Ma un pranzo, un pranzo da restacce matto. ย 
Quello perantro cโ€™ha mmesso er ziggillo ย 
A ttutto er rimanente de lo ssciatto, ย 
รˆ stato, guarda a mmรฉ, ttanto de piatto ย 
De strozzapreti cotti cor zughillo. ย 
Ma a pproposito cqui de strozzapreti: ย 
Io nun pozzo capรญ ppe cche rraggione ย 
Sโ€™abbi da dรญ cche strozzino li preti: ย 
Quanno oggni prete รจ un sscioto de cristiano ย 
Da iggnottisse magara in un boccone ย 
Er zor Pavolo Bbionni sano sano.ย 

(G.G. Belli, La Scampaggnata)ย 

 

 

 

Sembra dunque che l’eco degli stomaci affamati dei prelati si fosse propagata fino a Roma: il loro appetito era talmente smisurato da superare persino la difficoltร  che la particolare forma degli strozzapreti donava all’atto di mangiarli. Altro che strozzarsi: ci vuole ben altro che una zuppiera di strozzapreti per far passare l’appetito ad un religioso!

Un piatto sostanzioso

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Oggi, sebbene gli strozzapreti vengano prodotti a livello industriale, la lavorazione attuata con una trafila in bronzo li rende ruvidi come quelli fatti in casa, permettendo il completo assorbimento dei condimenti con cui vengono serviti. Tra le sinuositร  del suo profilo, infatti, i sughi si depositano e lรฌ restano, donando al palato una piacevole sensazione di consistenza e corpositร , cosรฌ come sono tutte le paste dal sapore antico.