La chiesa, da cui prese il nome una delle quattro gaite e che quindi lega le gaite del XII secolo a quelle di oggi, si trova in condizioni di completo degrado dovuto allโusura del tempo e allโabbandono da parte del proprietario e dellโamministrazione.
Eppure la sua storia รจ antichissima e travagliata. La Chiesa di Santa Maria Filiorum Comitis, edificata da Rainaldo I conte di Antignano, figlio di Monaldo e capitano di Federico I Barbarossa, oggi sconsacrata, รจ la piรน antica tra quelle conservate: se ne hanno notizie fin dal 1198.
Chiesa di Santa Maria Filiorum Comitis
Lo storico Fabio Alberti in Notizie antiche e moderne riguardanti Bevagna cittร dellโUmbria, 1786 scrive: ยซTrovo memoria di quella chiesa fin dallโanno 1198. Fu edificata da Ranaldo, padre del Conte Napoleone, e quindi fu sempre nominata Sancta Maria Filiorum Comitis. Tanto per la situazione, quanto per la struttura รจ una delle chiese inferiori di Bevagna, ne somministra cose speciali da riferirsiยป. Carlo Pietrangeli nella sua Guida di Bevagna, 1959 aggiunge: ยซLa chiesetta di S. Maria Filiorum Comitis edificata da Rainaldo padre di Napoleone Rainaldi, nota fin dal 1198, attualmente รจ ridotta a bottegaยป. Mentre, lo storico bevanate Giulio Spetia nel suo libro Studio su Bevagna, 1972 scrive: ยซRainaldo volse il pensiero e il passo verso Bevagna, che ormai dotata di un regime comunale autonomo, fin dal 1187 eleggeva liberamente i propri consoli. Sullโesempio dei suoi predecessori volle dedicarsi ad opere di cristiana pietร . Fondรฒ prima in Bevagna la chiesa di Santa Maria, che i posteri chiamarono, in omaggio al fondatore, santa Maria dei figli del conte, e venerarono per molti secoli, fino a quando il cattivo gusto dei nostri contemporanei non permise che il piccolo oratorio, dal quale aveva preso il nome una delle quattro GAITE della cittร , fosse tolto al culto per venir trasformato ora in una stalla ora in un’officinaยป.
Le quattro gaite, quindi, prendono il nome dal nome delle chiese presenti nel proprio quartiere. Lo ribadisce Giulio Spetia, sempre nel suo libro: ยซRiguardo ai quartieri di Bevagna, essi erano quattro: li dividevano, in un verso, la via Flaminia e, in senso contrario, le due strade che allacciano la piazza principale con Porta Guelfa e Porta Molini. Essi conservarono lungamente lโantica denominazione di gaite, parola che lโuso aveva corrotto in guayte. Scendendo da Porta San Vincenzo a quella del Salvatore, si trovavano, prima della piazza, a sinistra la Gaita San Giorgio (dal nome dellโantica chiesa che fu, poi, sostituita da quella di San Domenico) e a destra a Gaita San Giovanni, dal nome della chiesa, cui doveva succedere San Francesco. Dal 1500, data la maggiore importanza assunta dallโattuale Collegiata, questo quartiere fu detto anche Gaita SantโAngelo. Oltre la piazza, a sinistra della Flaminia, era la Gaita Santa Maria e a destra quella di San Pietro, dal nome dellโantica chiesa (oggi, forse, di S. Agostino)ยป.
Affreschi interni
La chiesa di Santa Maria in contemporanea alle due chiese romaniche di Bevagna, quella di San Silvestro e quella di San Michele Arcangelo, ha acquistato un certo valore artistico e storico grazie allโaffresco presente al suo interno quale preziosa testimonianza del suo passato religioso. Fu distrutta nel 1249 e in seguito riedificata grazie ad Astorello nipote di Orzellino dei Conti di Antignano, il quale aveva il padronato su di essa. Nel 1455, in seguito a una permuta, passรฒ a Pietro Rainaldi. Sin dal XVI secolo la chiesa si trovava in condizioni di disagio documentate dalle visite a Bevagna di Silvio Orsini e Pietro De Lunello, rispettivamente nel 1563 e 1571. In tale periodo la chiesa non possedeva i parametri per ufficiare la santa messa e si trovava in una condizione di indecenza. Giulio Urbini, nella sua opera Bevagna illustrata del 1913, neanche la nomina, testimoniando cosรฌ che la chiesa era ormai sconsacrata e dimenticata. Lโaffresco presenteallโinterno, incorniciato a mattoni sporgenti e raffigurante la Madonna del soccorso e della misericordia – riconducibile alla prima metร del 1500, ma ritoccato in varie epoche – risulta notevolmente danneggiato. Un ingresso che si affaccia sullโorto e murato in un secondo tempo racchiude, dipinto sotto lโarco, un agnello con bandiera crocisignata. Oggi tutta la struttura รจ in uno stato di degrado avanzato, con il tetto interamente crollato e transennata da venti anni.
Si รจ parlato spesso di ยซleggenda del filo dโoroยป, tanto รจ avventurosa e sconcertante la storia della seta, materia di lusso, simbolo di bellezza e di potere, che unisce e, al tempo stesso divide Asia ed Europa, fattore primario di commercio, ma anche di scambi culturali.
La sericoltura: dalle origini al tardo Medioevo
ยซโฆVerso quel tempo alcuni monaci vennero dallโIndia, i quali avendo saputo che Giustiniano imperatore aveva a cuore di fare che i Romani non avessero piรน a comprare seta dai Persiani, presentatisi allโimperatore gli promisero che circa la seta farebbero in modo che i Romani non avrebbero piรน a procurarsi questa merce dai loro nemici Persiani nรฉ da altra nazione, poichรฉ avendo essi passato lungo tempo nel paese chiamato Serinda aldilร di assai genti indiane, ivi aveano ben appreso con quale mezzo sarebbe possibile che la seta si producesse sul suolo romano. Allโimperatore che insistentemente li interrogava e chiedeva loro se davvero cosรฌ fosse, risposero i monaci che la seta รจ prodotta da certi bachi ai quali la natura รจ maestra e li obbliga costantemente a tal lavoro: che saria bensรฌ impossibile trasportar costร viventi quei bachi, ma facile e spedito trasportare la loro semenza; da ciascun seme nascere uova innumerevoli; le quali uova molto tempo dopo la loro nascita gli uomini ricoprono di stabbio e cosรฌ riscaldate per tempo bastevole producono animali. Coloro recatisi nuovamente in Serinda portaron poi le uova a Bisanzio e fattele, nel modo che abbiam detto, tramutare in bachi, questi nutrirono con foglie di gelso, e quindi per opera loro cominciรฒ nellโimpero romano la produzione della setaโฆยป. Procopio di Cesarea. La guerra gotica, lib IV.
Sulla base di questo testo di Procopio di Cesarea รจ sorta la certezza che lโallevamento del baco da seta domestico (Bombyx mori, quello che si ciba esclusivamente della foglia del gelso) sia stato introdotto a Bisanzio allโepoca di Giustiniano, intorno al 552 e che esso probabilmente vi sia giunto dalla Cina.
La ricerca archeologica ha documentato come lโallevamento domestico del Bombyx mori e lโutilizzo dei suoi bozzoli con la trattura, per poi farne filati e tessuti, fosse praticato in Cina almeno millecinquecento anni prima della nostra era. Nonostante la gelosa custodia da parte dei cinesi dei segreti dellโallevamento del baco e della seta ottenuta per trattura, le pratiche si diffusero gradualmente verso Occidente, specie lungo quella via terrestre che il geografo tedesco F. von Richthofen chiamerร nellโOttocento con il nome pretenzioso di Via della Seta. Fonti iconografiche e archeologiche paiono infatti confermare il racconto della principessa cinese che andรฒ sposa al re di Khotan (grande oasi nella regione desertica del Takla Makan) intorno al 450 d. C., con sacchettini di uova di baco nascosti trai capelli. Diviene cosรฌ molto piรน plausibile lโintroduzione nel bacino del Mediterraneo, dopo il VI secolo, di altre razze di Bombyx mori, poichรฉ probabilmente esse erano giร presenti in Paesi relativamente piรน vicini come la Persia e lโIndia.
Tutti gli storici dellโindustria serica italiana del tardo Medioevo attribuiscono lโavvio di questโarte alla cittร di Lucca, che si afferma come la maggior produttrice europea di tessuti di seta pregiata. Molteplici le cause di questa fioritura: lโabilitร creativa dei suoi artigiani, le loro capacitร imprenditoriali, la presenza, nella cittร , di abili filatori e tessitori ebrei, fuggiti dalla Sicilia al momento della conquista angioina e, da ultimo, la sua ubicazione, che la rende meta costante di pellegrini che dall’Europa raggiungono Roma. Quando perรฒ nel 1314 la cittร รจ conquistata dalla fazione ghibellina, si assiste ad un vero e proprio esodo dei setaioli ebrei, che diffondono le loro conoscenze e le loro tecniche di produzione (mulini per la filatura e la torcitura) in altre cittร italiane, come Bologna, Venezia e Firenze, dove fin dal XIII secolo era giร nota l’arte della seta.
Il ciclo produttivo della seta secondo le antiche tecniche medievali
Nellโambito della manifestazione del Mercato delle Gaite, la Gaita Santa Maria si รจ sempre distinta nella rappresentazione delle fasi di lavorazioni dei filati poveri pover o cascami pesanti, ricreando strumenti e utilizzando tecniche riproduttive dโepoca, nel rispetto della tradizione umbra, dal Medioevo allโetร contemporanea. Sin dallโinizio, la Gaita si รจ dedicata alla riproduzione delle fasi di lavorazione dellโarte della seta, dallโallevamento del baco alla trattura del suo prezioso filo, nella consapevolezza dellโimportanza che tale arte assunse nellโItalia del Medioevo, che, dal XII secolo divenne la principale regione dellโindustria serica in Europa.
Il ciclo di produzione della seta si compone essenzialmente di cinque fasi: gelsobachicoltura, trattura, torcitura, tintura e tessitura. La seta รจ il filamento del bozzolo di molte specie di farfalle, la piรน importante delle quali รจ la Bombyx mori, il cui bruco o baco da seta si alleva sulle foglie di gelso bianco, Morus alba. La meravigliosa storia della seta, dal baco al suo prezioso filo, dura circa un mese. Una costante cura deve essere riservata alle uova che, per schiudersi, hanno bisogno di una temperatura di circa 22-24 gradi. In tempi remoti erano le donne a farle schiudere con il calore del loro seno. I piccoli bachi, appena nati, sono alimentati con foglie di gelso finemente triturate. Lโaccrescimento รจ rapido, dopo qualche giorno essi cadono in letargo, che dura ventiquattro ore circa, mutando la pelle, gli intestini e la trachea. Allorchรฉ si risvegliano (inizio della seconda etร ), vengono trasportati su graticci ben areati e alimentati con foglie di gelso. Il baco si ciba infatti unicamente di foglia fresca di gelso, che consuma in grandissima quantitร aumentando, nellโarco di un mese, di decine di volte la sua lunghezza. In questo periodo il baco subisce cinque mute e solo quando cessa di nutrirsi, perchรฉ รจ giunto al termine del suo ciclo vitale, viene posto in un bosco di ramaglie, dove trova il punto piรน adatto per costruire in tre giorni la sua ultima dimora, il bozzolo, nel quale si racchiude. Trascorsi cinque – sei giorni, da quando gli ultimi bachi sono saliti al bosco, si esegue la sbozzolatura e cioรจ la raccolta dei bozzoli. I bozzoli raccolti sono posti a essiccare al sole per ottenere la morte della crisalide ed evitare, quindi, che la crisalide diventi farfalla, la quale, fuoriuscendo dal bozzolo, lo buca e ne spezza il filo. Dopo essere stati selezionati e privati della spelaia, i bozzoli destinati alla trattura vengono quindi immersi in acqua molto calda, affinchรฉ la sostanza gommosa (sericina), che tiene saldati tra loro i filamenti, si ammorbidisca. Le donne con una apposita scopetta liberano allora il capofilo e dipanano il bozzolo, essendo costituito da un filamento unico che, nelle razze selezionate puรฒ raggiungere anche i duemila metri di lunghezza. In questa operazione le filatrici possono unire insieme da un minimo di dieci filamenti (bave) a un massimo di trentacinque, provenienti da altrettanti bozzoli, al fine di ottenere un filo resistente, che va ad avvolgersi su di un aspo rotante. Dal numero delle bave unite al momento della trattura deriva lo spessore del filo espresso in denari o titoli. Il filo che si avvolge sullโaspo, anche se formato da filamenti di piรน bozzoli, appare come un filo unico, perchรฉ la sericina che ricopre la bavella di seta diventa gelatinosa in acqua calda e incolla, una volta asciugati e raffreddati, i vari filamenti, dando origine a quel filo unico che si vede dopo la trattura. La diversitร dei filati รจ giร decisa in sede di trattura: la galletta migliore diventa filo, successivamente torto per ottenere lโordito dei tessuti, mentre quella di qualitร inferiore diventa filo per trama. Le matasse di seta greggia tolte dall’aspo vengono quindi sottoposte allโincannatura: il filo passa dalla matassa al rocchetto per essere trasferito al torcitoio, al fine di ottenere una maggiore resistenza accanto ad altre caratteristiche qualitative. Il torcitoio รจ infatti lo strumento che ha lo scopo di attorcigliare su sรฉ stessi centinaia di fili; esso pur avendo un concetto funzionale molto semplice, risulta assai complesso per la sua struttura fortemente ripetitiva. Le matasse di filo di seta ritorto sono cosรฌ pronte per essere lavate e tinte. Esse vengono dunque collocate in sacchetti a trama larga e fatte bollire in acqua saponata per eliminare la gomma naturale, vengono poi sciacquate in acqua pura e messe ad asciugare. quelle di colore perlaceo vengono successivamente sbiancate con vapori di zolfo e quindi sottoposte ai cosiddetti ยซbagni di coloreยป. Si giunge cosรฌ allโoperazione conclusiva della tessitura, che consiste nell’intrecciare i fili che costituiscono lโordito con unโaltra serie di fili orizzontali, chiamata trama. Qualsiasi dispositivo in grado di tenere teso l’ordito durante la tessitura, si chiama telaio. La sua invenzione nelle forme piรน semplici, risale almeno a quattromila anni fa, anche se in Europa, come strumento perfetto a struttura orizzontale, appare solo nel XIII secolo. Nel telaio, l’ordito รจ avvolto su di un rullo, il subbio di ordito, ciascun filo che lo costituisce viene fatto passare nelle maglie dei licci in modo ordinato, con una sequenza preparata in precedenza, a seconda del disegno da ottenere. Alzando i licci, alcuni fili si alzano mentre altri si abbassano e nello spazio che ne risulta viene fatta passare la navetta con la spoletta di trama all’interno. Il filo che essa lascia, durante il tragitto, viene compattato dal pettine. Pazientemente, filo dopo filo, il tessuto cresce. Con la tessitura si esaurisce il ciclo di produzione della seta.
Organizzazione produttiva della manodopera serica nel Medioevo
Circa il sistema organizzativo delle cittร italiane del XIII- XIV secolo, esperte nella manifattura di filati di seta, si puรฒ giร evidenziare la presenza di quello che, in epoca moderna, รจ definito un distretto industriale e cioรจ un sistema economico-sociale caratterizzato dalla presenza di imprese medie, piccole, o piccolissime, impegnate in diversi stadi e in modi diversi nella produzione di un prodotto omogeneo, grazie ad una cooperazione verticale e orizzontale. Questโultima si sviluppa con lโorganizzazione dellโopificio decentrato e si concretizza con la nascita di tutta una serie di attivitร che sono dโausilio alla produzione stessa: attivitร mercantili, bancarie, di trasporto, di produzione degli strumenti di lavoro, di scelte relative alla tipologia del prodotto, in base alle quali si definiscono anche rapporti professionali con i rappresentanti di altri arti come quella dellโoreficeria per la manifattura di tessuti preziosi, auroserici. Lโorganizzazione produttiva, secondo il modello dellโopificio decentrato, che nel XIV secolo, da Lucca si diffonde nellโItalia centro-settentrionale, vede dunque il ruolo determinante del mercante-imprenditore o setaiolo, che collega e coordina lโattivitร dei numerosi artigiani che spesso svolgono le varie fasi di lavorazione nelle proprie botteghe o abitazioni, con i propri strumenti di lavoro, oppure, come njel caso del filatore prestano opera nella bottega del seaterius. Grazie al setaiolo le varie tappe del processo produttivo della lavorazione della seta acquistano omogeneitร e indipendenza organizzativa; spetta infatti al mercante-imprenditore lโacquisto della materia prima, bozzolo o seta greggia, che poi egli distribuisce ai singoli produttori, secondo il susseguirsi del processo di lavorazione: filatura, incannatura, torcitura, tintura, orditura e tessitura. La maggior parte delle corporazioni o arti della seta, presenti nelle varie cittร della penisola, raggruppano sia i mercanti, sia i singoli gruppi specialistici e talora gli stessi fabbricanti di strumenti, insieme ai tecnici della lavorazione di filati dโoro. Il modello organizzativo rimane omogeneo, fin dal โ300, a Lucca come a Bologna, Firenze e Perugia, come pure rimane costante il conflitto fra i setaioli (mercanti-imprenditori) e gli altri gruppi di mestiere. Unโorganizzazione manifatturiera dunque solida e ben strutturata, in cui il fattore economico assume unโimportanza preponderante e regole inderogabili fissano lo svolgimento della produzione in tutte le sue fasi.
DALMATICA DEL PARATO DI BENEDETTO XI. PERUGIA, CHIESA DI SAN DOMENICO. Tessuto principale: manifattura dell’Iran ilkhanide o dell’Asia centrale, seconda metร del XIII secolo.
CALZARE IN DIASPRO DEL PARATO DI BENEDETTO XI. PERUGIA, CHIESA DI SAN DOMENICO. Manifattura lucchese, fine del XIII inizio del XIV secolo.
ยซVillard de Honnecourt vi salutaโฆยป. Nel nostro XXI secolo possiamo apprezzare un simile esordio: non รจ certo quello che troveremmo allโinizio di un manuale di tecnologia applicata e neppure del resto in qualsiasi altro manuale.
Di colpo, con questo saluto, entriamo in un altro mondo, quello del XIII secolo con tutto il suo splendore. Un secolo prima, lโumile monacoTeofilo apriva anchโegli, con un saluto, il suo Trattato di arti diverse: ยซDio Onnipotente sa che non ho scritto le mie osservazioni nรฉ per amore di una lode umana, nรฉ per il desiderio di una ricompensa temporale, che non ho nascosto nulla di prezioso o di raro per malizia o gelosia, che non ho passato sotto silenzio nessuna cosa, riservandola per me solo, ma che per accrescere lโonore e la gloria del suo nome ho voluto venire incontro alle necessitร e aiutare il progresso di un gran numero di uominiยป. Villard รจ piรน sobrio e piรน efficace al tempo stesso, ma lo spirito รจ il medesimo: ยซVillard de Honnecourt vi saluta, e prega tutti coloro che lavoreranno con gli strumenti che troveranno in questo libro, di pregare per la sua anima e di ricordarsi di lui, perchรฉ in questo libro si puรฒ trovare grande aiuto per la saldezza della muratura e per gli strumenti di carpenteria; vi troverete anche il modo per rappresentare le figure, i disegni, secondo quanto comanda e insegna lโarte della geometriaยป. ยซLe treiziรจme siรจcle est le temps oรน triomphe le nombre, oรน le quantitatif sโimpose. Ratio en latin cโest raison mais aussi compte, calcul. Des trois grand domaines oรน le Moyen Age affirme sa crรฉativitรฉ le moulin et ses applications, le textile et sens instruments, le batiment et ses machines, cโest dans ce dernier que se situent les dessins de Villard de Honnecourtยป. (Jacques Le Goff). ยซLes moulins hydrauliques destinรฉs ร different usages-moudre le grain, fouler le tissu, marteler le mรฉtal, etc.- existaient dรฉjร du tems de Villard.ย Ma les moulins actionnant des scies nโavoir รฉtรฉ mis au point quโau cours du XIII siรจcle e nโ รจtre devenus opรจrationnels quโau cours de la deuxiรจme moitiรฉ de ce siรจcle. Le scie hidraulique, dessinรจe par Villard de Honnecourt, qui peut รจtre datรจe de la premiรจre moitiรจ du XIII siรจcle, presente donc un interรฉt particulier parce que cela semble etre la premiรจre raprรฉsentazion dโune telle machineยป. (Roland Bechmann).
Il disegno della sega idraulica di Villard de Honnecourt
Un’invenzione fondamentale
Lโenergia idraulica ha avuto nel Medioevo la stessa importanza del vapore nel XIX secolo e del petrolio nel XX. Veniva utilizzata al massimo per meccanizzare tutta una serie di operazioni: vi si macinava il grano, vi si setacciava la farina, vi si follava il panno, vi si conciavano le pelli e vi si forgiava il ferro grazie allโalbero a camme che Villard ha rappresentato nel suo disegno. La prima menzione medievale di una sega idraulica si trova in un documento normanno del 1204. Ma la prima raffigurazione รจ quella di Villard.
Sotto il suo disegno Villard scrive: ยซIn questo modo si costruisce una sega che sega da solaยป. La sega meccanica รจ la prima macchinaautomatica in due tempi: al movimento circolare delle ruote, che dร luogo a un moto alternativo capace di segare, sโaggiunge un avanzamento automatico del legno verso la sega. Lassus descrive cosรฌ il suo meccanismo: ยซUn ruscello, le cui onde sono indicate in alto a sinistra, fa muovere una ruota a pale oblique attorno ad un asse che porta una seconda ruota dentata e quattro camme. La ruota dentata fa avanzare il tronco da segare, tenuto in posizione da quattro guide che gli impediscono di deviare. Le camme poggiano su uno dei bracci articolati fissati alla parte inferiore della sega verticale, la cui parte superiore รจ fissata a sua volta allโestremitร di una pertica flessibile. Appoggiandosi sul braccio dellโarticolazione, la camma fa scendere la sega, che piega la pertica e comincia a risalire in virtรน della flessibilitร di questโultima, dal momento in cui la camma ha esaurito la sua azioneยป.
Le corporazioni umbre
Nel 2001 la Gaita Santa Maria, nella ricostruzione delle antiche attivitร produttive, ha riprodotto tutte le fasi lavorative dellโArs magistrorum lignaminis (Arte dei legnaioli). Sebbene lโordine gerarchico la ponesse negli ultimi posti delle Arti minori, lโArte dei legnaioli era tuttโaltro che di trascurabile importanza economica. I suoi iscritti, pur non essendo eccessivamente numerosi rispetto a quelli delle altre corporazioni, erano pur sempre molto importanti per la vita della cittร . Infatti, oltre a partecipare alla costruzione degli edifici, ne rendevano abitabili gli interni con mobili e masserizie. A Firenze, giร dal XIII secolo, erano suddivisi in quattro membra, secondo il particolare lavoro eseguito e cioรจ, come affermava lo statuto (1342):
facienti e vendenti botti, tina e bigonce
facienti e vendenti cofani, forzieri e casse
altri maestri purchรฉ non siano segatori o bobulici (conduttori di carri trainati da buoi)
segatori
A Gubbio, nello Statutum Comunis et Populi, Civitatis, Comitatus et Districtus Eugubii la Rubrica 53 del 1ยฐ libro, elenca le Arti, tra cui lโArte dei Falegnami, ne conferma la legalitร associativa, ne approva i loro Brevi o Matricole o Statuti (1334): cioรจ le raccolte di norme di etica professionale miste a disposizioni di carattere protezionistico per lโassociazione o a disposizioni preventive atte ad evitare la concorrenza fra soci. In essi si scrive che il legname ridotto in tavole dai segatori raggiungeva i vari specialisti dellโArte, tramite la collaborazione dei trasportatori e cioรจ:
i bottai che facevano le botti, i tini, le bigonce
i carpentieri che facevano i travetti, vergoli, impalcature
i bastari che facevano le selle, i basti
i carradori che facevano i carri, barrocci, ruote
i balestrari che facevano balestre
i tornitori che tornivano paletti per una infinitร di usi civili, militari, religiosi.
Vi erano poi altre categorie di lavoratori che esercitavano la parte piรน nobile dellโArte. Erano coloro che esercitavano LโArte della scultura lignea, dellโintaglio, dellโintarsio, della pittura del legno, dei mobili. A Todi, giร dal 1282, viene ricondotto il primo elenco delle sedici corporazioni o Universitร con i nomi di ognuna di esse e dei consoli loro rappresentanti e tra esse i magistri lignaminis (maestri del legno e carpentieri): a essa vi facevano parte non solo il semplice artigiano, ma anche il disegnatore e il realizzatore di mobili e attrezzeria, lโintagliatore e lโintarsiatore, il carpentiere. In questa specifica attivitร gli si richiedevano conoscenze particolari di ingegneria e matematica, nozioni sulla distribuzione dei pesi e dei carichi indispensabili per innalzare le ardite impalcature necessarie a costruire gli edifici pubblici e religiosi della fine del Duecento. A Foligno, tra le ventisette corporazioni medievali, era presente anche quella del Legname. Lo statuto dellโArte (1404) riguardava tutti i lavoratori del legno, tutti coloro che, nelle diverse specializzazioni, usavano questa materia prima per produrre manufatti di qualsiasi genere. ร il tempo di carpentieri, tornitori, begonzari, zoccholari, carratari, bastari, fabbricatori di molini e di archiโฆ artigiani che immettono sul mercato oggetti da destinare ora agli uomini, ora agli animali. A Perugia fin dal 1291 รจ documentata la presenza dellโArs magistri lignaminis et lapidum. LโArte, i cui statuti risalgono al 1385 comprendeva scalpellini, falegnami e carpentieri, categorie che intervenivano congiuntamente nel campo dellโedilizia religiosa e civile della cittร . La ricchezza della corporazione รจ testimoniata dallโentitร delle contribuzioni imposte dal Comune; la frequente presenza dei suoi iscritti nel Consiglio priorale riflette il ruolo importante da essa rivestito nel contesto cittadino. A Bevagna, nei Libri Statutorum Antique Terre Mevanee sono menzionati i magistri lignaminis etlapidum. La loro importanza nella Bevagna medievale era indubbiamente notevole in quanto si prevedeva lโintervento del podestร qualora il loro lavoro non fosse adeguatamente retribuito e che la difesa dei loro interessi, in eventuali cause, fosse assunta dallo stesso Comune. (CXXXII. De mercede magistrorum lignaminis et lapidum cum irent ad aliquam executionem faciendum). ยซSi aliquo tempore magistri lapidum vel vignorum ad executionem aliquam faciendam contra aliqua malefactorem, potestas faciat eis satisfieri pro eorum labore de bonis illius malefactoris vel de bonis comunis, dum tamen illa solutio fiat per camerarium comunis et quod dicti magistri pro predictis in qualibet curia defendantur per comune Mevaneeยป.
La sega idraulica
La sega idraulica di Villard nel Mercato delle Gaite
Sulla base di tali conoscenze storiche, nel ricostruire lโArte dei legnaioli e lโArte dei maestri del legname e della pietra, la Gaita decise di ricostruire la sega idraulica disegnata da Villard di Honnecourt nel suo taccuino. Il taccuino scritto da Villard e risalente al XIII secolo รจ il primo esempio di trattato di ingegneria e il disegno della sega ad azionamento idraulico per ricavare tavole dai tronchi dโalbero รจ uno dei disegni piรน interessanti. La progettazione e la sua realizzazione hanno richiesto tempo e fatica, ma il risultato ottenuto ripaga delle difficoltร incontrate. La macchina viene mossa da una ruota ad acqua come quella dei mulini (in alto a sinistra nel disegno); lโasse che parte dal centro della ruota aziona sia lโavanzamento del tronco sia il movimento della lama. Il tronco da tagliare viene tenuto a contatto della lama da una ruota raffigurata con sei denti (al centro del disegno); i quattro bastoni (camme) allโestremitร dellโasse servono invece per trascinare verso il basso la lama che una pertica (un grosso ramo in diagonale da destra a sinistra), flessibile come una molla, riporta verso lโalto. La lama, quindi, a ogni giro dellโasse, la lama รจ trainata quattro volte verso il basso.
La bottega dei segatori ricostruita risponde a tre criteri: collocazione in prossimitร del fiume per la disponibilitร di energia spazio per lโaccumulo e la preparazione dei tronchi, area per la preparazione ed essicazione delle tavole. Una volta abbattuti e sfrondati, con corteccia integra, i tronchi vengono trasportati su zattere; arrivati in prossimitร della segheria, una gru manuale a carrucole multiple, solleva i tronchi e li accumula sul piazzale; prima del taglio vengono scortecciati e viene scelta la posizione che il tronco deve avere sulla sega, in modo da tagliare subito il lato piรน nodoso; il tronco viene posizionato sulla sega, durante il taglio il tronco non deve poter ruotare nรฉ andare fuori asse, lo spessore delle tavole va da 5 cm in su, ogni tavola tagliata viene tolta e poste nel posto di essiccazione. Grazie a Flavio, Gianluigi, Alfredo, Marco, Gianpaolo, Paolo e Gianni la Gaita รจ riuscita a dar vita a questa macchina e con essa, di nuovo, alle idee di Villard.
Che non ci resti, ora, che pregare per lui?
Riferimenti bibliografici:
Bechmann R.ย Villard de Honnecourt. La pensรจe tecnique au XIII siecle et sa communication, Picard 1993
L’arte della torcitura ha attraversato secoli e continenti. Oggi รจ visibile durante il Mercato delle Gaite di Bevagna.
Perchรฉ torcere la seta?
In natura esistono migliaia di filamenti vegetali e animali piรน o meno lunghi e resistenti. In genere, i filamenti di origine naturale hanno una lunghezza inferiore al metro: da qui la necessitร di costruire un filo continuo partendo da elementi piรน corti. La filatura, intesa come creazione del filo, nasce dall’unione per torcitura delle fibre. La tessitura, con tutte le fasi di preparatorie dei filati che essa richiede, era giร una tecnologia consolidata quando in Oriente si scoprรฌ che esistevano fili naturalidi centinaia di metri. Erano i fili di seta dei bozzoli di alcuni insetti. Tra gli insetti vi sono centinaia di specie serigene, tuttavia una in particolare fu oggetto di interesse, per diverse ragioni: facile dipanabilitร del filo, filo molto lungo e sottile, possibilitร di allevamento domestico. La pratica allevatoria del Bombyx mori, del baco da seta, continua da oltre quattromila anni. Dall’Oriente, molto lentamente, essa arrivรฒ in Europa assieme alla tecnica della trattura, cioรจ all’arte di togliere la bava dei bozzoli per farne un filo utilizzabile. Durante la trattura, la sericina viene sciolta immergendo i bozzoli in acqua calda; individuati poi i capofilo con una spazzola, se ne fa un mazzetto proveniente da piรน bozzoli (la rosa di trattura) e si inizia a tirare (da cui trattura), avendo cura di tener ben unito il mazzetto delle bave e di mantenere l’acqua calda. Il filo cosรฌ ottenuto, reso compatto dal reindurimento della sericina, viene avvolto su di un aspo, dove va a formare le matasse di seta greggia.
Per millenni la seta greggia ottenuta dalla filatura รจ passata direttamente al telaio per essere tessuta. Se si analizzano i rari frammenti di tessuti antichi, ritrovati per lo piรน in tombe cinesi, oppure di provenienza sassanide e bizantina, si osserva come i fili di ordito e di trama siano in genere privi di torsione o ne abbiano una debolissima (pochi giri per metro).
Tuttavia, dal X secolo d.C. in poi, compaiono tessuti con fili decisamente torti, decine o centinaia di spire per metro. L’esigenza di produrre tessuti sempre piรน fini e con disegni sempre piรน complessi, uniti alla necessitร della tintura in filo, fu quasi sicuramente la causa determinante dell’introduzione della torcitura della seta. Ove e come ciรฒ avvenne per la prima volta non รจ noto. Da semplice esigenza operativa, la torcitura divenne col tempo un settore molto importante nel processo di lavorazione, con imponenti edifici, macchinari, maestranze, normative e capitali dedicati allo scopo.
Torcitoio circolare da seta
La torcitura antica e il torcitoio tondo a energia umana
La produzione di seta torta a mano era lenta e dispendiosa; il filo torto dava luogo a evidenti irregolaritร della pezza finita, attribuibili alla disuniforme distribuzione della torsione lungo il filo. La ruota a filare semplice permise di risolvere in parte i limiti produttivi dei filati per tessitura. Di probabile provenienza orientale, essa compare in Europa dopo il 1000; la prima raffigurazione รจ visibile in una delle vetrate della cattedrale di Chartres e risale al 1150 circa. Nel corso del XIII secolo compare in quel di Lucca anche il torcitoio tondo, mosso dall’uomo. La loro origine finora รจ ignota, forse arrivavano dal Medio Oriente, all’epoca delle prime quattro crociate, dal 1098 al 1204.
Hanno forma cilindrica e torcono contemporaneamente la seta di circa 80 rocchetti completandoli in 6-10 ore con soli due addetti. Se si pensa che a mano una persona torce un rocchetto in 30-40 ore, si ha un salto quantitativo di produzione di circa 300 volte, con una qualitร di filato migliore e a un costo inferiore. La fonte di energia erano le braccia dellโuomo. Una persona allenata poteva muovere fino a 150 rocchetti per 8-10 ore con qualche sosta. A causa di guerre civili in Lucca, giร nel Trecento la conoscenza del torcitoio si diffonde a Firenze, Bologna, Venezia, nel sud della Francia. Nella seconda metร del Quattrocento il giovane Leonardo da Vinci, a Firenze dove era a bottega del Verrocchio, conosce il torcitoio circolare da seta ormai consolidato da piรน di due secoli di attivitร . Ne rimane affascinato, lo studia nei dettagli, vi scrive sopra persino degli indovinelli e lo migliora: inventa il distributore automatico del filo; inventa le rocchelle per avvolgere la seta lavorata e le bacchette per inserirle, in sostituzione dei piรน ingombranti aspi; inventa un nuovo tipo di movimentazione dei fusi, allo scopo utilizza una ruota suddivisa in settori (strofinacci) per migliorare l’aderenza. Tutte invenzioni che accrescono di molto la qualitร dei filati di seta e la produttivitร della macchina.
A partire dal Trecento, inoltre, esigenze produttive avevano obbligato a ricorrere all’energia idraulica per muovere i torcitoi da seta, diventati ormai grandi macchinari alti 5-6 metri. I nuovi dispositivi leonardiani che li migliorano si diffondono presto. La cittร di Bologna, con centinaia di torcitoi impiantati, ne รจ il centro piรน imponente fino al XVII secolo. Ma la stessa macchina รจ ormai diffusa in Italia, Francia, Spagna, Olanda Belgio, Austria, Ungheria.
Il torcitoio circolare da seta a energia umana e la sua storia nel Mercato delle Gaite
Il torcitoio da seta รจ la prima macchina operativa complessa che lโuomo abbia mai ricostruito: รจ tale perchรฉ รจ densa e ripetitiva. Ha circa due metri di diametro ed รจ alta poco di piรน. I suoi elementi operativi sono ripetuti parecchie decine di volte, consentendo di torcere in modo regolare 80-150 fili contemporaneamente. Un uomo-motore collocato allโinterno la muove, mentre un operatore allโesterno provvede alle varie esigenze della torcitura. Si tratta di una delle macchine piรน interessanti del Medioevo, certamente quella piรน produttiva. Un torcitoio da 100 fusi richiede due operai contro i cento di prima, e il tempo per torcere un rocchetto รจ cento volte minore di quello che si impiegherebbe per torcere a mano. Complessivamente, quindi, lโinvenzione accorcia di 10.000 volte il tempo di torcitura per una produzione media artigianale. Raramente nella storia della tecnica ci si imbatte in simili risultati. Questa invenzione svolge in un giorno il lavoro prima compiuto da due-tre mila persone: si puรฒ sicuramente affermare che la civiltร industriale nasce con i torcitoi da seta.
La prima documentazione iconografica che si conosca si trova negli Statuti dell’Arte della Seta di Firenze del 1487, copia di un manoscritto del secolo precedente e conservato alla Biblioteca Laurenziana di Firenze. Nel disegno appare un ordine di fusi, disposti lungo una circonferenza (valico), raggruppati tre a tre, per un totale di 24 fusi e 8 aspi per valico. Una descrizione degli elementi costitutivi la si trova nell’Archivio di Stato di Lucca, Archivio notari, n.117, notaio Bartolomeo Buonmese, 1335.
Il documento lucchese indica che la macchina consta di due incastellature di legno concentriche di 3 metri di diametro per poco piรน di due metri di altezza e porta due serie di dodici aspi con dieci alberini per ogni aspo. La struttura interna ruota intorno a un asse verticale, un cilindro ruotante, azionato da una persona che lo spinge con il proprio corpo, a ritroso; contemporaneamente la struttura esterna sfrega sugli alberini e i meccanismi di trattura per farli ruotare. Su ogni alberino รจ fissata rigidamente la bobina, sopra la quale gira rapidamente su un coperchio a calotta (coronelle) un filo a S. Il filo di seta non ritorto passa dalla bobina sullโaspo sovrastante attraverso due fori. Quando lโalberino gira e con esso la bobina, il filo viene ritorto man mano che viene tirato dallโaspo. Durante questo processo, la seta si torce, acquistando caratteristiche fisiche diverse dal filo di partenza e piรน adatte a conferire al tessuto finito lโaspetto che gli รจ piรน peculiare.
Sulla base del Trattato e con le conoscenze storiche acquisite nel settore, la Gaita Santa Mariaha ricostruito il torcitoio circolare a energia umana facendone lโunico esemplare funzionante al mondo.
Esso consta di due ordini di 12 aspi ciascuno, cui corrispondono due ordini di tre bobine per ogni aspo, disposte lungo la circonferenza (valico) per un totale di 72 bobine. Sulla parte mobile del torcitoio trovano sistemazione, sia i dispositivi che fanno ruotare i fusi (strofinacci) sia gli elementi inclinati (principi) di unโampia vite senza fine, tradizionalmente chiamati serpi. Gli aspi che raccolgono il filo torto in matasse sono mossi dai serpi, grazie a una ruota a raggi, la bozzoniera.
Durante la manifestazione, il torcitoio รจ certamente, fra gli strumenti dโepoca presenti, il piรน prestigioso per il suo valore storico e culturale e inoltre, nellโambito di una riproduzione il piรน fedele possibile di mestieri medievali, รจ sicuramente la macchina riprodotta nel modo piรน corretto per quanto riguarda le fonti di energia, immune dalla contaminazione con le tecnologie moderne (corrente elettrica, metano): utilizza solo la forza delle braccia.
La progettazione e la sua realizzazione hanno richiesto tempo e fatica, ma il risultato ottenuto ripaga delle difficoltร incontrate. E allora come non ricordare chi, negli anni 1996 e 1997, ha desiderato e voluto ricostruire la macchina: Anacleto, Alfredo, Anna, Pia, Attilio, Gianluigi, Marco M (il costruttore), Gianpaolo (il disegnatore), Marco T.M, Francesca, Luigi, Natale; e chi negli anni successivi vi ha dedicato il suo tempo: Mario, Rita, Gianmarco. E come non ricordare i luoghi visitati: Firenze (Lโantico setificio toscano), Gorizia (Il museo della Seta), Garlate (Civico Museo della Seta Abegg), Abbadia Lariana (Civico Museo Setificio Monti), Como (Museo Didattico della Seta), San Leucio e il suo setificio (Caserta).
Un ringraziamento particolare a Flavio Crippa, esperto di archeotecnologia industriale, che ci ha fornito disegni e informazioni indispensabili. E infine, come non ricordare che il torcitoio รจ stato esposto a Strasburgo, nellโambito di una mostra su Leonardo da Vinci e le sue macchine.
Il torcitoio da seta negli Statuti Comunali Umbri
A Perugia la lavorazione della seta inizia nella prima metร del Quattrocento. Nel 1529 lโarte dei bambacari chiese e ottenne di unirsi con i setaioli. I bambacari e i setaioli costituirono il Collegio della seta e della bambagia(mantenendo tuttavia separati i propri statuti) nel 1529.ย In seguito, la necessitร di raggiungere un piรน razionale impiego delle risorse economiche convinse dellโopportunitร di riunire le due arti. La nuova istituzione assunta la denominazione di Arte della Seta e della Bambagia, redasse gli statuti nel 1531. Nel 1543 vennero elaborati gli statuti definitivi dellโarte. Redatte in volgare, le le disposizioni sono comprese in sessantadue capitoli, di cui quarantotto riguardano lโarte della seta e quattordici quella della bambagia.
Capitolo 7.ย Che niuno filatoiaio o torcetore possa filare ne torcere seta a frostiere nรฉ a chi non ha botigha.
Capitolo X.ย Che quilli che pigliaranno sete a torcere sieno obligate a torcerle bene a iuditio de li uffitiali.
A Foligno, giร negli anni 1471-1472, due mercanti imprenditori forestieri manifestano il desiderio di introdurre lโarte della seta. Ma solo nel 1540 vengono elaborate tre bozze degli statuti dellโarte, due delle quali abbastanza simili e composte da 15 capitoli e 17 capitoli.
Capitolo 8. Item che nessun filatutaro, ne tintore, possano torcere, ne filare, ne tignere in alcuno modo, alcuna generatione de seta ad nessuno foristero, ne ad alcuno altro che non sia matriculato et scritto ad larte sotto pena.
NellโASF รจ presente un documento datato 18.2.1528, in cui Girolamo di Marsilio di Giovanni Taccori e Giovanni Battista di Vincenzo dello stesso Giovanni Taccori vendono a Matteo Gentili e Feliciano di Girolamo Seggi di Foligno unum filatorium ligneum aptum ad filandum ettorcendum siricum al prezzo di 26 fiorini. Un documento datato 14 luglio 1556 afferma che a Cicco qm. Giovanni Antonio,ย filatoraio di Foligno, Prospero qm. Andrea Merganti affitta unum atterratum cum filatorio apto ad filandum et torcendum sericeum ad duas valcas sito nel rione Ammanniti, per tre anni e per sette fiorini lโanno.
Dal 1559 lโarte subisce una svolta decisiva: viene introdotto a Foligno il filatoio idraulico, uno dei primi dellโItalia centrale, ad opera del nobile Francesco Orfini; viene ubicato nel rione Spada, presso i mulini a grano e a olio della comunitร .
Conclusioni
Si รจ parlato spesso di leggenda del filo dโoro, tanto รจ avventurosa e sconcertante la storia della seta, materia di lusso, simbolo di bellezza e di potere, che unisce e al tempo stesso divide, Asia ed Europa; fattore primario di commercio, ma anche di scambi culturali.
ย La machina
ร maraveja, รจ ordegno celeste. Mille e mille rigagnoli de filo, torce et incanna come cento mani, anzi dugento. Ne lo suo ventre scoperto una femmina spigne et Ella gira e con Ella gira lo mondo universo. Li mille e mille bachi non truovan lo tempo de filare, le femmine de levare la colla e mannellare, chรจ giร tutto ritorto. Indulgenzia me vรฉne dal Segnore perchรฉ non vโha persone che possan prendere suo loco. La machina cum grande fatica sโadopra a vantaggio e satisfatione de tucti, perรฒ che cresce il filo, e giร tutta Mevania: homini et femine et pulzelle et pargoli involti sono da esso per tignere et per tessere, et panni assai vi sono da tagliare. De jorno e de nocte battono li telari e laqua de lโ Attone pare nun essere bastanzia peโ lavaggi e tenture de lo panno che co lo filo de lo torcitoio sโappresta.
Da un Anonimo umbro del XX secolo.
Bibliografia
F. Crippa, Il torcitoio circolare da seta, estratto da: Quaderni storici73/a. XXV, n.1ยฐ aprile 1990 La Gaita Santa Maria riscopre lโarte della seta, La Tipografica Bevagna, 2007
Gioco, competizione e rigore storico. Questa la ricetta vincente del Mercato delle Gaite di Bevagna.
Mercato delle Gaite, foto di Francesco Mancini per gentile concessione del Mercato delle Gaite
Nato nel 1989 per vivacizzare la vita del borgo medievale, ispirandosi allo Statuto cittadino che regolava la vita del comune dividendolo in quattro quartieri o gaite, il Mercato delle Gaite comunemente noto come le Gaite รจ diventato in pochissimi anni un appuntamento irrinunciabile sia per gli abitanti sia per chiunque desideri gustare al meglio questa splendida cittadina medievale โ uno dei Borghi piรน Belli dโItalia.
La rigorosa ricetta
La formula รจ stata assolutamente intelligente e con un grandissimo riscontro di pubblico. Le Gaite vanno oltre la buona organizzazione di una competizione avvincente, infatti, per tutta la durata dellโevento, Bevagna si trasforma completamente e regala al visitatore lโillusione di un viaggio indietro nel tempo, fino al comune medievale che la cittadina รจ stata negli anni 1250-1350 nel periodo festoso della pace di fiera. Grazie allโarticolazione in una gara (il tiro con lโarco) e in tre specifiche sfide scenografiche (la ricostruzione sceneggiata di due antichi mestieri per rione, la creazione di un ambiente conviviale nel quale viene servito il cibo dellโepoca e una giornata di mercato) Bevagna ricostruisce, rione per rione, in toto, un mondo ormai perduto e incredibilmente affascinante. Consulenze di alto profilo di anno in anno hanno fatto sรฌ che ogni singolo aspetto, ogni singolo dettaglio della manifestazione migliorasse: dagli abiti, alle scenografie, alle tecniche, in modo che vi fosse maggior aderenza possibile alla realtร storica. La magia si ripete ogni estate, quando nellโultima decade di giugno per le strade e nelle botteghe illuminate dalla luce fioca delle candele si sentono le voci di mercanti e di popolani, si vedono artigiani intenti al lavoro secondo tecniche ormai desuete e perlopiรน dimenticate, nelle piazze si assiste a discussioni politiche e a scene tipiche della vita quotidianaโฆ di molti secoli addietro! Referente scientifico del Mercato delle Gaite รจ Franco Franceschi, docente di storia medievale allโUniversitร di Siena. Una giuria composta da accademici di prestigio che insegnano o hanno pubblicato su materie attinenti al Medioevo assegna punteggi sugli aspetti storici e tecnici delle rappresentazioni che, fino alla proclamazione finale i punteggi delle singole gare, sono tenuti segreti, chiusi allโinterno di buste gelosamente custodite dai carabinieri, cosicchรฉ la tensione e le attese restino vive per tutto il periodo.
Le antiche botteghe, foto di Giacinto Bona per gentile concessione del Mercato delle Gaite
Le specializzazioni
Ma perchรฉ la manifestazione si chiama il Mercato delle Gaite? Il termine gaita che deriva dal longobardo watha ovvero guardia, si trova nello Statuto medievale – come accennato – giunto fino a noi in una redazione del XVI secolo, che suddivide appunto in guaite o gaite, ovvero in rioni, il comune medievale. Le quattro gaite che si sfidano ogni anno per vincere il palio sono: San Giorgio, San Pietro, Santa Maria e San Giovanni. Ciascuna di esse si รจ caratterizzata negli anni per dei punti di forza e di eccellenza: la gaita San Giorgio vanta al suo interno i Novus Ignis – un gruppo di giovani che hanno riportato alla luce le musiche dei secoli XIII e XIV – un coro e un gruppo di danzatrici medievali e propone tra i mestieri la lavorazione del ferro, la zecca e la liuteria; la gaita San Giovanni, quella che piรน volte ha vinto il palio, ha tra i mestieri che lโhanno resa celebre la lavorazione della carta partendo dagli stracci e la produzione del vetro partendo dalla sabbia e dai ciottoli di fiume; nella gaita San Pietro si puรฒ vedere la bottega del fornaio e quella dello speziale, cosรฌ come assistere alla realizzazione delle candele di cera, scoprire i segreti dellโars tinctoria e rimanere incantati dai monaci intenti a miniare allโinterno di uno scriptorium; infine la gaita Santa Maria รจ specializzata in tutte le lavorazioni della lana e della canapa dalla filanda alla tessitura a telaio.
Nato dalla volontร di vivacizzare un borgo, il Mercato delle Gaite ha avuto perรฒ anche lโindiscusso pregio di creare la ricetta vincente per riuscire a ritrovare e ricreare lavorazioni artigiane scomparse e di trasmetterle con lโentusiasmo di una gara e di un gioco alle nuove generazioni, preservandone la memoria.