La stregoneria medievale si manifestรฒ in Umbria anche con Filippa di Cittร della Pieve, accusata di utilizzare pratiche magiche per oltraggiare la comunitร .
Il Medioevo
Oltre alla visione positiva che ricorda lo spirito cavalleresco, principi, principesse e immaginari fiabeschi, quelli del Medioevo sono stati marchiati come secoli di barbarie e assolutismo dove la tortura e la caccia alle streghe erano allโordine del giorno. La superstizione, il misticismo, lo ius primae noctis e la cintura di castitร ci hanno fatto immaginare una societร in continua decadenza. Si tratta solamente di luoghi comuni di marginale interesse, oppure vi sono nascoste delle veritร incontrovertibili? A me piace pensare piรน a un Medioevo come terreno fertile per le successive idee di libertร comunale, ma per quei lettori incuriositi e sedotti da storie di magia e di stregoneria parlerรฒ oggi della strega umbra Filippa, della quale in realtร sappiamo ben poco.
Il ritratto di una strega
Al di lร delle leggende esiste una veritร storica: le streghe erano persone maligne che praticavano magia nera e rituali simbolici. Generalmente si trattava di donne sole, vedove o forestiere e di tutte quelle che godevano di cattiva fama. Alcune di loro avevano conoscenze in erboristeria, ma tutte vivevano ai margini della societร e in totale indigenza. Le streghe erano accusate di avere patti con il diavolo e di adorarlo, di avere poteri per danneggiare la comunitร e di partecipare a raduni (denominati sabba) dove venivano compiute orge diaboliche e riti blasfemi. Nel Medioevo il potere attribuito alle streghe era usato per spiegare le disgrazie che si abbattevano sugli uomini.
Le streghe nella storia
ร nel tardo Medioevo che la Chiesa Cattolica individua nelle streghe dei personaggi eretici, dediti al culto di Satana e per questo un fenomeno da estirpare. Nasce cosรฌ la caccia alle streghe, una specie di persecuzione e sopraffazione contro le donne accusate di eresia, divenendo ciรฒ anche una questione di diritto pubblico. Giร con la bolla pontificia Quod Super Nunnullis, emanata da Papa Alessandro IV nel 1257, s’intravedono le prime tracce della caccia alle streghe. Sarร lโInquisizione poi a condannare e uccidere migliaia di persone con lโaccusa di stregoneria ed eresia, e fra queste anche molte fattucchiere. Fra le streghe piรน famose della storia ricordiamo: Ursula Kemp (giustiziato in Inghilterra nel 1582), Merga Bien (giustiziata all’inizio del 1600 in Germania dopo il processo di Fulda), la scozzese Agnes Sampson strangolata e poi bruciata per aver partecipato a un rito in cui si evocava Satana.
Il processo
Il processo si divideva in diverse fasi. Innanzitutto la denuncia poteva avvenire sia da parte di un accusatore che aveva delle prove, sia da parte di un accusatore senza prove, ma che godeva di buona fama e di fede. Dopo aver ricevuto le accuse il giudice avviava la procedura composta da un iniziale giuramento e delle domande al denunciante. Il resto del processo si sviluppava attraverso lโinterrogatorio, le testimonianze e la confessione. Sรฌ, proprio la confessione perchรฉ lโimputata quasi sempre confessava dopo essere stata sottoposta a torture. Lโobiettivo del processo era uno solo: confermare le accuse. Dopo la tortura e la confessione, si decideva come la strega doveva essere uccisa in base al fatto compiuto (stregoneria, eresia, satanismo). Le modalitร di esecuzione erano tre: il rogo, lโimpiccagione e lo schiacciamento da pietre.
In Umbria
Sappiamo, da molti autori di trattati di magia, antichi e moderni, che lโUmbria, รจ stata sempre una zona rinomata per le leggende demoniache e arti magiche, scaturite dalla fantasia popolare di tutta la regione. Non stupiscono i molti processi di stregoneria avvenuti in questa zona dโItalia fin dal Medioevo, essendo questa unโarea geografica di santi e di mistici aventi anche lo scopo di preservare lโortodossia religiosa. I processi umbri per stregoneria hanno incuriosito molto e ci hanno dato la possibilitร di conoscere alcune note streghe come Matteuccia da Todi, Santuccia da Nocera, Luminuccia di Bonisegna e Katerina di Modrus, ma oggi vi parlerรฒ della strega Filippa.
Disegno della strega Filippa
Filippa di Cittร della Pieve
Di Filippa non conosciamo lโanno di nascita, ma solo lโanno di morte – il 1455 – e un evento del 1434. Tutto ha inizio proprio in quellโanno, il 1434, quanto Filippa si recรฒ da una certa Claruzia per farsi insegnare attivitร scellerate. Claruzia: “visa eius voluntate pexima, infrascripta scelera et diabolicas compoxitiones docuit” (vedendo che la sua volontร era cattiva, insegnรฒ i delitti sottoscritti e le composizioni diaboliche). Inizia cosรฌ, da questo incontro, una ventennale attivitร di stregoneria che la porterร a essere giudicata, nel 1455, dal Capitano del Popolo di Perugia. Il fatto piรน grave che le sarร contestato fu proprio la scelta e la volontร precisa di farsi strega, e lโaver cercato un legame con Claruzia (altra strega) e fra loro e il demonio. I riti che celebra Filippa sono estremi come quando si spoglia completamente (capudque suum atque capillos extra omnem ordinem posuit) (si mise in disordine la testa e i capelli), invocando il demonio e al demonio tutta si dona per acquisire potere. Filippa si confronta continuamente con il demonio e nella dinamica dellโappartenenza a lui รจ solita girare nuda di notte parlando e farneticando con il viso rivolto verso la luna. Filippa di Cittร della Pieve รจ strega fra le streghe e la sua scelta di vivere per il Male la trasformarono in una donna maledetta e indifendibile. Il suo peccato fu di una gravitร eccezionale, non esisteva alternativa: doveva essere processata per stregoneria e il prima possibile! Anche alla strega di Cittร della Pieve fu estorta, con la tortura, la confessione, fra le altre cose, di โaver cercato deliberatamente il diavoloโ. Nellโaprile del 1455 fu condannata a morte e la sua esecuzione ebbe luogo a Perugia, dove le fiamme del rogo posero fine a questa storia. Non sappiamo se Filippa fu lasciata a digiuno, come era la regola per queste sentenze, ma di sicuro la condanna fu eseguita su pubblica piazza in modo che lo spettacolo venisse visto dalla maggior parte delle persone e che la popolazione venisse cosรฌ colpita dal terrore. Era un modo per distruggere contemporaneamente anima e corpo.
Filo conduttore di questo 2023 โStorie dallโacqua e dalla terraโ. Narni torna indietro nel tempo con quattro giornate tra eventi ludico-culturali, mercato di arti e mestieri, seminari, ambientazioni animate, spettacoli e momenti musicali. Per lโoccasione saranno riaperte le taverne e i forni dei tre Terzieri di Mezule, Fraporta e Santa Maria.
Al via dal 31 agosto al 3 settembre a Narni lโedizione 2023 del Festival delle Arti del Medioevo che arriverร ad animare il centro storico sotto il filo conduttore Storie dall’acqua e dalla terra con un programma ricco tra conferenze, mercato di arti e mestieri, spettacoli, musica, workshop di sartoria storica, teatro medievale, danza medievale e cornamusa (iscrizioni a partire dal fine settimana sul sito della Corsa allโAnello), scene trecentesche per rivivere spaccati di vita animati dell’epoca. Queste solo alcune delle proposte in calendario. Prevista anche la riapertura delle tipiche osterie dei Terzieri per deliziare i palati, banchetti medievali e degustazioni a tema.
I workshop, che prenderanno il via durante la quattro giorni, sono frutto del percorso intrapreso dallโUniversitร del Medioevo Ricostruito nel 2022 e saranno diretti da Sara Piccolo Paci (lab di sartoria medievale), Andrea Mengaroni (lab di teatro medievale), Matteo Nardella (lab di cornamusa) e Maria Cristina Esposito (lab di danza medievale).
IL PROGRAMMA
Giovedรฌ 31 agosto
alle 17.30 in piazza dei Priori Chiamata alla Festa, spettacolo itinerante nei Terzieri fra teatro dellโarte e teatro di strada, di e con Stefano de Majo. Un mirabolante menestrello, accompagnato dallโEnsemble Histriones Carbij, condurrร il pubblico lungo le vie della cittร narrando amori, poesie e gesta cavalleresche senza tempo
alle 18 nella sala ex Refettorio di palazzo dei Priori โTra uomini e acque: la wetland archaeology tra i laghi reatini e la conca ternana. Fattori ambientali e ragioni storiche sulle dinamiche del popolamento protostorico velino e nerinoโ, conferenza con Carlo Virili, archeologo del dipartimento di Scienze dellโantichitร di Sapienza Universitร di Roma, che dialogherร con Eleonora Mancini, archeologa e specialista Beni demoetnoantropologici
alle 21.30 alla Loggia di piazza dei Priori Fabio Ronci presenta Sanktus Gambrinus e il dono della birra, degustazione guidata di birra a cura del produttore Federico Varazi e Giovanni Ridolfi. Progetto Grani Antichi, Molino Spilaceto dal 1927
Venerdรฌ 1 settembre
Eventi in occasione della Giornata mondiale per la cura del Creato (che segna lโinizio del Tempo del Creato e si conclude il 4 ottobre con la festa liturgica di San Francesco)
alle 17 alla Loggia dei Priori Io, Francesco e Giotto, spettacolo per bambine e bambini di Andrea Mengaroni , con Giullare Silvestro
alle 17.15 e alle 18.15 visite guidate alla chiesa di San Francesco a cura dellโassociazione Paideia
alle 17.30 alla sala ex Refettorio di palazzo dei Priori Nel seno della mia candida Neraโฆ il ruolo identitario del fiume nella cultura letteraria. Maria Lusi dellโUniversitร di Bologna – Campus di Ravenna dialoga con Eleonora Mancini, archeologa e specialista Beni demoetnoantropologici
alle 18 allโauditorium Bortolotti del complesso di San Domenico Inaugurazione di Misteri del cosmo, mostra di opere sullโuniverso di Tonino Scacciafratte, โEclissiโ, installazione dโarte di Stefano Sevegnani e โGrande immensa vitaโ, installazione dโarte di Carmine Leta. Evento nellโambito della terza edizione del Festival dellโecologia integrale e dellโastronomia
alle 18.30 alla chiesa di San Francesco Laudato siโ, mi Signore per sora nostra madre terraโฆ, conferenza con la dottoressa Delfina Ducci, ricercatrice e autrice di saggi di carattere storico, letterario, artistico e con Padre Pietro Messa della Pontificia Universitร Antonianum, che dialogheranno con Don Sergio Rossini, parroco di Narni
alle 19.30 alla chiesa di San Francesco monologo di Delfina Ducci Io Francesco Giullare di Dio con Andrea Mengaroni. A seguire, proiezione del video sul Cantico delle Creature di Giorgio Sebastiani, a cura di associazione Paideia
alle 20 allโOrto di poca considerazione di palazzo dei Priori degustazione di vini dellโazienda Castello Patrizi di Montoro
alle 21.30 in piazza Galeotto Marzio Cantica Nova, concerto dellโEnsemble Musicanti Potestatis: Benedetta Bocchini (mezzosoprano), Federica Bocchini (mezzosoprano), Danilo Tamburo (tenore, oud, symphonia, trombone), Lorenzo Lolli (baritono, salterio, percussioni), Mario Lolli (liuto, oud), Ilaria Lolli (mezzosoprano), Matteo Nardella (cennamella, flauto doppio, flauto con il tamburino), Giacomo Silvestri (cennamella, gaita)
Sabato 2 settembre
A partire dalle 10 al parcheggio del Suffragio, al Chiostro di SantโAgostino, in via Cairoli, via San Giuseppe, Orto di Poca Considerazione, Loggia dei Priori e piazza dei Priori Viaggio nel Tempoโฆ passeggiando nel Medioevo, ricostruzione di un accampamento e di un ambiente medievale a cura della Compagnia de la Fiera del Terziere Santa Maria. Allestimento di banchi, artigiani, artisti, workshop, guerriglie, danze, giochi medievali, viandanti di ogni tipo tra i quali giullari, attori, menestrelli, poeti, giocolieri e pittori.
dalle 10.30 alle 13 allโAla diruta del chiostro di SantโAgostino … Quae vulgo dicitur Barbara, laboratorio di cornamusa aperto al pubblico a cura di Matteo Nardella
dalle 10 alle 18 a palazzo dei Priori Dalla terra al cielo – cuffie, cappucci, veli e cappelli: copricapo tardo trecenteschi da uomo e da donna, laboratorio di sartoria storica a cura di Sara Piccolo Paci. Programma: dalle 10 alle 13 alla sala Ex-Refettorio introduzione allโargomento; dalle 13 alle 14 pausa; dalle 14 alle 18 nella sede dellโAssociazione Corsa allโAnello workshop sartoriale
dalle 10.30 alle 23 alla Loggia dei Priori e in piazza dei Priori La Fucina delle Arti e dei Mestieri, seminari di Arti Meccaniche, didattica sulle arti medievali e antichi mestieri e mercato medievale
dalle 11 alle 20 allโOrto di poca considerazione di palazzo dei Priori Ad Ludum Descendo, giochi per bambine e bambini dallโEtร di Mezzo ad oggi, a cura di IoGiocoOvunque Ludobus
dalle 11 alle 23 in piazza dei Priori Cโerano una volta due giostrine di legnoโฆ a cura di Mastri nel tempo
alle 11.30 lungo le vie e le piazze dei Terzieri spettacolo itinerante Sonambulos con Claudia & Pablo (tre le repliche durante la giornata)
dalle 16 alle 19 al chiostro di SantโAgostino e alla Loggia dei Priori (biglietteria) Ambienti medievali animati nei tre Terzieri: Mezule Ospedale e Lanaiolo, Fraporta Ceraiolo e Falegname, Santa Maria Armaiolo e Speziale. Ingresso libero fino ai 12 anni, contributo minimo euro 6 per le successive fasce d’etร . Il contributo raccolto verrร interamente devoluto alla manutenzione e conservazione degli ambienti dei terzieri
alle 16.30 al chiostro di SantโAgostino spettacolo itinerante di danza a cura della Compagnia Medievale di Todi
alle 17.00 lungo le vie e le piazze della cittร spettacolo musicale itinerante dellโensemble Histriones Carbij
alle 17.30 al chiostro di SantโAgostino Lโarte della guerra, spettacolo della Compagnia de la Fiera del Terziere di Santa Maria: dai racconti del mestiere delle armi con duelli messi in atto con spade, scudi, coltelli, picche, lance, vestizione dei cavalieri, spade infuocate e vessilli fino a raccontare miti e leggende medievali animando le piazze con particolari e mai viste coreografie che evocano le antiche moresche con bandieroni e lance
alle 18.30 alla sala ex Refettorio di palazzo dei Priori Ippocrasso: storia di una bevanda speziata, conferenza a cura della dottoressa Sandra Ianni, storica della gastronomia e saggista, e del dottor Marco Sarandrea, erborista, fitopreparatore e socio fondatore e docente dellโAccademia delle Arti Erboristiche: origini e curiositร sulla bevanda, preparazione e degustazione dellโHypoclas con pasticceria medievale secca
alle 21.30 in piazza Galeotto Marzio Alchimia, spettacolo a cura della Compagnia Materiaviva Performance, ispirato al mistero delle ricerche alchemiche medioevali
Domenica 3 settembre
A partire dalle 10 al parcheggio del Suffragio, al Chiostro di SantโAgostino, in via Cairoli, via San Giuseppe, Orto di Poca Considerazione, Loggia dei Priori e piazza dei Priori Viaggio nel Tempoโฆ passeggiando nel Medioevo, ricostruzione di un accampamento e di un ambiente medievale a cura della Compagnia de la Fiera del Terziere Santa Maria. Allestimento di banchi, artigiani, artisti, workshop, guerriglie, danze, giochi medievali, viandanti di ogni tipo tra i quali giullari, attori, menestrelli, poeti, giocolieri e pittori
dalle 10.30 alle 23 alla Loggia dei Priori La Fucina delle Arti e dei Mestieri, seminari di Arti Meccaniche, didattica sulle arti medievali e antichi mestieri e mercato medievale
dalle 11 alle 13 in centro storico Ambienti medievali animati nei tre Terzieri: Mezule Ospedale e Lanaiolo, Fraporta Ceraiolo e Falegname, Santa Maria Armaiolo e Speziale. Ingresso libero fino ai 12 anni, contributo minimo euro 6 per le successive fasce d’etร . Il contributo raccolto verrร interamente devoluto alla manutenzione e conservazione degli ambienti dei terzieri
dalle 11 alle 20 allโOrto di poca considerazione di palazzo dei Priori Ad Ludum Descendo, giochi per bambine e bambini dallโEtร di Mezzo ad oggi, a cura di IoGiocoOvunque Ludobus
alle 11.15 lungo le vie e le piazze della cittร spettacolo musicale itinerante dellโensemble Histriones Carbij
alle 11.15 alla sala ex Refettorio di palazzo dei Priori Proprietร , circolazione e sfruttamento della terra nella Narni tardomedievale, conferenza a cura di Paolo Pellegrini, vicepresidente Centro Studi Storici di Narni, introduce Eleonora Mancini, archeologa e specialista Beni demoetnoantropologici
alle 11.30 lungo le vie e le piazze dei Terzieri spettacolo itinerante Sonambulos con Claudia & Pablo (tre le repliche durante la giornata)
dalle 11.30 alle 16.30 in piazza San Francesco e al chiostro di SantโAgostino (Ala diruta) Con festevole & onesto danzare, laboratorio di danza antica a cura di Maria Cristina Esposito. Programma: dalle 11.30 alle 13.30 Danze antiche in piazza San Francesco; dalle 13.30 alle 14.30 pausa; dalle 14.30 alle 16.30 – Danze antiche in costume al chiostro di SantโAgostino (Ala diruta)
dalle 16 alle 19 Sora nostra Matre Terra, laboratorio aperto di teatro medievale a cura di Andrea Mengaroni. Programma: dalle 16 alle 17 nellโatrio di palazzo Comunale e dalle 17.15 alle 19 allโAla diruta del chiostro di SantโAgostino
alle 16 spettacolo itinerante di danza a cura della Compagnia Medievale di Todi
alle 17 in piazza Galeotto Marzio Musicorum spectaculum, spettacolo dei musici dei Terzieri della Corsa allโAnello di Narni e di alcuni dei piรน importanti gruppi musici delle rievocazioni storiche dellโUmbria
alle 21.30 al chiostro SantโAgostino Spettacolo di lame infuocate e danze medievali combattimenti scenici a cura della Compagnia de la Fiera del Terziere di Santa Maria e danze della Compagnia Medievale di Todi
alle 23 in contemporanea tra piazza dei Priori, chiostro di SantโAgostino e le piazze dei tre Terzieri Rito di chiusura. Volo delle lanterne alle quali saranno affidati i ricordi, la meraviglia e le suggestioni di questa edizione, nonchรฉ lโauspicio di realizzarne una altrettanto emozionante nel 2024
I WORKSHOP
Laboratorio di Sartoria Storica a cura di Sara Piccolo Paci (max 60 partecipanti) – Il Trecento รจ il grande secolo del cappuccio: declinato in mille varianti รจ indossato perรฒ con sfumature e significati molto diversi, di cui non sempre siamo oggi consapevoli. Il Trecento vede anche moltissimi altri modi di ornare la testa, sia per gli uomini come per le donne, che includono cappelli, berrette e velami di vario genere. Il copricapo, nelle sue diverse accezioni di cappello e acconciatura, costituisce uno dei piรน caratteristici e distintivi elementi dellโabbigliamento umano, in ogni epoca e luogo. Forse per questo risulta difficile tracciarne con precisione varianti, limiti e significati. Inoltre, esso risponde a regole tanto globali e generali quanto specifiche e particolari. Tra 13esimo e 16esimo secolo, il copricapo diventa unโespressione molto specifica dello status sociale di ciascuno. Nel workshop si cercherร di capire chi indossasse cosa e si proverร a realizzare uno o piรน copricapi, facendo attenzione alle forme, ai materiali, ai significati di ciascuno.
Laboratorio di teatro medievale a cura di Andrea Mengaroni (massimo 20 partecipanti) – Il lab sarร diviso in due parti. Una parte teorica, durante cui si affronterร la figura dellโattore, soffermandosi sul verso, la metrica, il corpo come โfoglio biancoโ, la voce (lโimportanza della maschera e la respirazione diaframmatica), la fantasia (il โgioco del far Fintaโ) per arrivare all’atto della recitazione. Una parte pratica legata al testo โde Aqua loquendoโ, che porterร poi alla realizzazione di uno spettacolo finale.
Laboratorio di cornamusa a cura di Matteo Nardella (massimo 8 partecipanti) – Il corso di cornamusa sarร basato sullo studio della tecnica dello strumento, in base alle necessitร e al livello degli studenti. Le danze monodiche del repertorio medievale europeo, dai saltarelli ai balli di Domenico da Piacenza, i conductus ed i brani processionali di musica spagnola, verranno affrontati durante le lezioni, che saranno articolate tra momenti di pratica individuale per perfezionare il controllo dello strumento e di musica di insieme, cercando di sperimentare in gruppo tra eterofonia e forme di polifonia โrusticaโ.
Laboratorio di danza medievale a cura di Maria Cristina Esposito (massimo 60 partecipanti) – Coreografie originali e in stile con riferimento al tema dellโacqua bene comune, come definito nelle Metamorfosi di Ovidio โUsus communis aquarum estโ (Metam. VI, 349), in attinenza al tema generale del progetto teatrale 2022/2023. Pratica delle tecniche e degli stili di danza di epoca tardo medievale, con particolare riguardo alle danze di repertorio italiano e francese, ricostruite sulla base delle fonti dellโepoca e riproposte in funzione teatrale in collaborazione con i laboratori di teatro, costumi e musica.
TAVERNE E FORNI
Mezule: Osteria del pozzo (piazza Pozzo della Comunitร ) sia allโesterno che allโinterno con i piatti tipici della tradizione arnese. Apertura dal 31 agosto al 3 settembre a partire dalle 18, sabato e domenica anche a pranzo. Info e prenotazioni: Simone 329 068 0889 – Giulio 348 335 3190.
Forno (vicolo Aspromonte) aperto dal 31 agosto al 3 settembre dal pomeriggio in poi con la vendita della tradizionale focaccia e del pane. Nei vicoli delle Stranezze sarร possibile mangiare la focaccia farcita. Info e prenotazioni: Vittoria 328 714 8859
Fraporta: Il Banchetto di Medeluccia (chiostro di San Francesco) sabato 2 settembre a partire dalle 20.30 fedele riproposizione di un banchetto medievale con pietanze dai ricettari originali e animazione a tema. Prenotazione obbligatoria entro il 29 agosto al numero: 348.3418989. Costo banchetto euro 40, disponibilitร massima 40 posti. Per informazioni: info@fraporta.it
Santa Maria: Taberna degli anelli (piazza XIII Giugno) immersa nel cuore del terziere offre piatti dal gusto ricercato, specialitร locali e ottimi vini. Ampio spazio allโaperto, orari di apertura: venerdรฌ primo settembre a cena, sabato 2 settembre pranzo e cena, domenica 3 pranzo. Info e prenotazioni: 334.9487756
Forno e arrosticini (via Mazzini) con tradizionale pizza bianca e variamente farcita, arrosticini e bevande. Apertura dal 31 agosto al 3 settembre a partire dalle 18, sabato e domenica anche a pranzo.
Appuntamento con ยซSabato in Augusta: i libri come non li avete mai vistiยป.
Unโoccasione unica – sabato 7 maggio ore 10 – alla scoperta del patrimonio raro e misconosciuto dell’Augusta, dove esperti ci accompagnano tra i tesori della biblioteca piรน importante dell’Umbria. Tema dell’incontro รจ: A scuola nel Medioevo, a cura di Francesca Grauso,Ufficio Fondo Antico Biblioteca Augusta.
Manoscritti del XIV e XV secolo utilizzati da studenti e insegnanti, quale migliore testimonianza del sistema scolastico medievale? Quale era lโiter di studio, quali erano i programmi e quali gli autori studiati? Un libro dโabaco, annotazioni marginali in libri di letteratura, esercitazioni scolastiche, una tesi. Unโoccasione per vedere insieme questi libri, come non li abbiamo mai visti. Come sempre, saranno i libri stessi a parlare.
Evento gratuito. Iscrizione obbligatoria.
L’incontro si svolge nel rispetto delle misure di sicurezza Covid19. Obbligo di mascherina
Info e prenotazioni: Biblioteca Augusta, via delle Prome 15 tel 0755772516
ยซโฆPer questo, nei programmi delle feste, le proposte culinarie tendono allโattualizzazione. Gustosi piatti a tema medievale con lโutilizzo di ingredienti semplici e genuini potranno essere serviti da locandieri in costume dโepoca ma questa cucina calata nel passato, come per darle piรน sapore, sarร disegnata secondo i parametri dโoggi. Il Medioevo che si rievoca รจ sospeso tra realtร e fantasia, ma la fantasia fatica ad entrare in cucina: il Medioevo fantastico si esaurisce nei costumi e nelle scene; le ricette sono, nella maggior parte dei casi, quelle di oggi, appena mascherate da un ingrediente insolito o da un nome curioso, ma ben riconoscibili, cosรฌ da suggerire un viaggio nel passato, perรฒ tranquillizzando i commensali che questo viaggio non li porterร troppo distanti da casaยป. Massimo Montanari, โGusti del Medioevo. II prodotti, la cucina, la tavolaโ. Editori Laterza 2012.
Massimo Montanari insegna Storia Medievale allโUniversitร di Bologna, dove รจ anche direttore del Master in Storia e cultura dellโalimentazione. ร considerato uno dei maggiori specialisti di storia dellโalimentazione a livello internazionale. ร stato giudice delle nostre gare (Gastronomica e Mercato) e ha partecipato a numerose conferenze organizzate dallโAssociazione Mercato delle Gaite. La cucina medievale, nella festa, ricopre un ruolo notevole e negli anni ha appassionato alcuni volontari delle gaite, facendone bravi cuochi ed esperti importanti. E si estrinseca in:
La gara gastronomica
Una delle quattro gare in cui le gaite si sfidano รจ la gara gastronomica, che impone alle quattro gaite la preparazione di un piatto di carne o pesce (il nostro secondo). Il regolamento prevede, infatti, la preparazione di una vivanda di epoca medievale (periodo 1250-1350) appartenente al territorio europeo. Oggi conosciamo oltre un centinaio di manoscritti di cucina tre-quattrocenteschi, una decina di questi appartengono allโarea culturale francese, e altrettanti allโarea italiana. Il Liber de coquina di Anonimo trecentesco alla corte angioina, il Libro della cocina di Anonimo trecentesco toscano, il Libro per cuoco di Anonimo trecentesco veneziano, il Libro della cucina del secolo XIV e il Libro de arte coquinaria di Maestro Martino sono i testi a cui abbiamo attinto per affrontare il nostro percorso gastronomico non sempre facile perchรฉ le ricette trascurano gran parte della procedura, dando scontato che il lettore giร le conosca. Da qui la necessitร di provare e riprovare, poichรฉ la cucina medievale รจ sรฌ una cucina semplice, ma i suoi ingredienti devono essere sapientemente combinati e dosati.ย In realtร non รจ affatto detto che la fedeltร filologica al testo sia il modo migliore per ricostruire la sensazione di un tempo: gli ingredienti non sono piรน quelli di un tempo e anche noi siamo profondamente diversi dagli uomini e dalle donne di settecento anni fa. Ricostruire la ricetta autentica sarebbe un controsenso, contrario non solo allโarte della cucina che รจ innanzitutto arte dellโinvenzione, ma contrario anche allo spirito piรน autentico del Medioevo a cui stiamo cercando di dare forma. La quantitร incredibile di varianti che si trovano nei ricettari medievali per vivande del medesimo titolo rappresenta la metafora del principio base che ogni bravo cuoco dovrebbe osservare: un testo italiano del Trecento afferma ยซil discreto cuoco potrร in tutte le cose essere dotto, secondo le diversitร dei regni, e potrร i mangiari variare o colorare secondo che a lui parrร ยป. Ogni gaita presenta, dunque, un piatto che verrร a essere giudicato da tre esperti di cucina medievale e di storia dellโalimentazione secondo questi criteri: aderenza del piatto alla ricetta storicamente documentata: ingredienti, tecniche di esecuzione ed eventuale mise en place; la ricetta e la sua fonte; attinenza storica dellโanimazione scenica e della scenografia complessive. Questi alcuni piatti gara: Per far pavoni vestiti con tutte le sue penne che cocto parrร vivo, sardamone di carne, daino arrosto in sapore, farinata con carne di cinghiale, spalle de castron implite, Del coppo di castrone, manza e agliata, a empire una gallina, del pastello di capretti.
Questi alcuni giudici: Massimo Montanari, Allen Grieco, Alex Revelli, Rosella Omicciolo Valentini, Maria Salemi, Irma Naso, Galoppini Laura, Isabelle Chabot, Antonella Salvatico, Maria Giuseppina Muzzarelli, Antonella Campanini.
Il banchetto medievale
Rappresenta lโevento di apertura del Mercato delle Gaite ed รจ allestito, dal 2010, nello splendido scenario della piazza medievale, la platea comunis, delimitata dalle chiese romaniche di San Silvestro, San Michele, San Domenico e dal gotico Palazzo dei Consoli. Dal 1989 al 2009 il banchetto veniva allestito nel bellissimo Chiostro di San Domenico. Ogni anno, una gaita รจ addetta alla preparazione dei piatti, allโallestimento della tavola e allโanimazione, seguendo regole precise.
Nella grande abbondanza della cucina medievale cโerano alcune assenze che oggi considereremmo clamorose e che la scoperta dellโAmerica avrebbe colmato. Non esisteva il tacchino, non esisteva il mais, nรฉ le patate, nรฉ i pomodori, nรฉ il peperoncino.
Il servizio della tavola inizia a prendere forma alla seconda metร del Trecento. ร a quel punto che si fissano e si codificano alcuni comportamenti che regolano gli atti del personale di servizio. Regista di questo complesso cerimoniale รจ lo scalco, al quale รจ affidata la responsabilitร dellโorganizzazione generale: cura lโandamento della cucina, il servizio, lโallestimento del banchetto; presente pure un trincianteper tagliare la carne e un coppiereche si occupa del rito di lavare le mani allโinizio e alla fine del banchetto e di servire acqua e vino. Il pasto si articola in numerosi servizi successivi, ognuno composto da piรน vivande, presentate sopra semplici taglieri di legno calcolato per due persone. Presentato il primo servizio sulla tavola i commensali attingono dai piatti di portata posti dinanzi a loro direttamente con le dita, selezionando i bocconi preferiti e posandoli sopra il proprio tagliere e cosรฌ di seguito servizio dopo servizio. Il pasto si doveva aprire con insalata di erbe, lattuga e frutta dal potere lassativo come mele, ciliegie, prugne. Seguivano minestre e zuppe classificate calde e umide, per la loro funzione di aprire lo stomaco; quindi le carni leggere (polli, capretti); le carni pesanti (manzo, maiale); i pasticci che con la loro crosta temperano gli alimenti che racchiudono; il formaggio; la frutta astringente come castagne, mele cotogne, melograni acerbi; vino speziato e spezie confette, in un percorso alimentare ideale dove lo stomaco deve presentarsi allโinizio libero di accogliere il cibo e alla fine del pasto venir sigillato da sostanze costipanti affinchรฉ la digestione si svolga in ambiente perfettamente chiuso. La caratteristica saliente della cucina trecentesca รจ rappresentata dallโuso costante di spezie: pepe, cannella, chiodi di garofano, noce moscata, coriandolo, zenzero, galanga, zafferano, cumino. Infatti uno dei caratterizzanti รจ lโagro sposato al dolce in un connubio espressamente voluto dai cuochi del tempo. Sempre nellโintento di stupire e meravigliare i commensali il cuoco inventa preparazioni multicolori nel tentativo di promuovere lโimmagine di una cucina attenta anche alla presentazione e non solo al contenuto: cosรฌ dal giallo di zafferano e tuorli dโuovo, al blu di more e mirtilli; dal verde scuro del prezzemolo al rosso delle fragole; e poi, ancora, oro, argento, nero (di spezie). Cosรฌ i cuochi medievali facevano della tavola un vero acquerello di sapori da gustare con gli occhi e il palato. Alcuni dei piatti proposti: fructa fresca et vinum dolci, porrata, raffioli di carne, rosto de castrone cum salsa viridis, Cormary, fritatem de pomeranciis, nucato, ypocras, brodo de ciceri rossi, raffioli gialli, insaleggiata di cipolle, chireseye, gnocchi de cascio fresco, manza e agliata, fava franta, frustello, mostaccioli, chiarea.
Le Taverne
Ogni Gaita possiede una taverna dove i visitatori possono gustare i tradizionali cibi medievali, alla luce delle fiaccole e al suono di liuti e vielle. Tratte dagli antichi ricettari del Trecento, gustose immissioni sono servite, profumate di spezie e innaffiate con i vini della piรน antica tradizione umbra. Le taverne frequentate, ogni sera, da 300, 600, 800 avventori rappresentano lโunica fonte di guadagno che permette alle gaite di affrontare le spese con cui finanziare i loro numerosi progetti, una sorta quindi di autofinanziamento.
Come nel Medioevo, le taverne delle gaite sono un vero e proprio centro di vita sociale, dove gli scambi avvengono sia tra le persone del posto, sia con i forestieri che portano notizie da lontano. Come nel Medioevo ci si ritrova con viaggiatori diversi, mercanti, pellegrini, clerici vagantes, e magari donne di malaffare. Come nel Medioevo lโimperativo รจ dimenticare le incertezze del mondo e lasciarsi andare al divertimento.ย Il poeta Cecco Angiolieri, famoso per la sua vita dissoluta, scrisse in un sonetto: ยซTre cose solamente mi soโ in gradoโฆciรฒ รจ la donna, la taverna e โl dado/ queste mi fanno โl cuor lieto sentireยป. Ogni taverna รจ gestita dai volontari della gaita: cuochi e cuoche, camerieri e cameriere. La scelta del menu รจ chiaramente circoscritta a prodotti da taverna, a eccezione del fatto che, come da regolamento, รจ obbligatorio servire il piatto gara della manifestazione in corso. Alcuni piatti identificano la gaita: cosรฌ si possono trovare antipasti e dolcetti de Sancto Giorgio, de Sancto Pietro, de Santo Giovanni e de Sancta Maria; e poi: torta de herbe e cacio, crema di fave e cacio, coratella, zuppa di ceci, zuppa di farro e ortiche, torta bianca con salsicce, lasagne, limonia di pollo, strozzapreti dello speziale, porcona de mastro luca, acqua, vino e cervogia.
Cene medievali a tema. Incontri gastronomico-culturali
Nellโambito della manifestazione, la Gaita Santa Maria si รจ impegnata fin dallโinizio a conoscere a fondo le abitudini alimentari del Medioevo cosรฌ da presentare, ogni anno, pietanze che fossero espressione non solo del gusto ma anche della cultura della civiltร medievale: il tutto frutto di una accurata ricerca storico-bibliografica e di una scrupolosa sperimentazione pratica. In questi ultimi anni si sono moltiplicate anche in Italia, le ricerche in chiave antropologica e storica, psicologica e sociologica sul significato della cultura della tavola. Basti pensare a ciรฒ che offre il mercato dellโeditoria e quello televisivo in materia di pratica culinaria; una offerta che trova sempre un suo posto in edicola, in libreria e in una trasmissione televisiva. Nella prospettiva, quindi, del fruitore del ventunesimo secolo, attratto dalle cose riguardanti la tavola – e in chiave pratica e in chiave di gusto e comprensione della storia e delle curiositร della cucina – la Gaita organizza dal 2005 delle cene a tema, nel corso delle quali vengono fornite ai fruitori informazioni in merito e che fungono da sfondo a manifestazioni quali conversazioni e seminari. Alle cene, organizzate con il patrocinio dellโAccademia Italiana della Gastronomia Storica e animate da musici e giullari, gli avventori indossano i nostri abiti medievali.
Il Tacuinum sanitatis di Bevagna
Il Tacuinum sanitatis รจ un manoscritto di medicina medievale che ebbe un grande successo in Italia e in Europa a partire dal XIII secolo. Il testo รจ la traduzione latina dellโoriginale arabo redatto intorno alla fine del XI secolo da Ibn Butlan, filosofo e medico di Bagdad. A oggi sono rimasti 16 manoscritti non miniati in Italia (4 a Roma, 1 a Venezia, Bevagna, Pisa, Firenze). Il Tacuinum di Bevagna si presenta come volume di ottima fattura. Sono 40 fogli in carta pergamena, con chiara scrittura italica del XIV secolo, lettere capitali rubricate rosso e azzurro e arricchite di fregi filiformi. Ci appare come unโopera molto moderna per il suo tempo, un testo medico pratico che ha in sรฉ anche uno scopo sociale, quello di comunicare a un pubblico vasto le buone pratiche mediche attraverso dettami semplici e campi di applicazione comuni: dagli alimenti, alle bevande, allโigiene, al riposo e al tempo libero, ai sentimenti, allโarte, alla musica. La trascrizione e la traduzione di questo manoscritto si presenta quindi, per questa sua ampiezza di trattazione, come unโapprofondita conoscenza della dietetica e della alimentazione medievale e al contempo come un grande affresco sulle abitudini e stili di vita del tempo.
ย ยซEsiste un problema chiave nel fare cucina storica ed รจ quello di individuare il corretto confine tra comprensione del passato e adattamento dellโoggi, ricostruzione e rielaborazione, studio filologico (per i libri di ricette) e restituzione pratica (in cucina). Se la cultura gastronomica di una data epoca si puรฒ studiare e decodificare con sufficiente esattezza e credibilitร , il passaggio a livello sperimentale rimane in larga misura velleitaria. Il fatto รจ che il soggetto e lโoggetto non sono piรน gli stessi e la loro educazione sensoriale รจ diversa; i prodotti sono anchโessi certamente cambiati anche se portano lo stesso nome. Avviciniamoci alle culture, ai personaggi, e agli eventi del passato con impegno e curiositร , ricordando sempre di documentarci in modo preciso e senza presunzione di superioritร . Solo in questo modo ci sarร possibile capire e al tempo stesso divertirciยป. Massimo Montanari
Nella seconda parte dello studio, realizzato da una nostra lettrice sulla condizione della donna nel 1500 a Bevagna, si analizzano quattro capitoli che regolano lโattivitร lavorativa esercitata dalle donne, le quali venivano sottoposte dal podestร al vincolo del giuramento.
Il capitolo XVIII fornisce disposizioni, compensi e sanzioni relativi ai fornarii et fornarie Terre Mevanie, il capitolo XLI stabilisce le norme di comportamento per le panettiere e per chi vende il pane, si prosegue al capitolo XLII con il settore delle pizzicarole e infine il capitolo CLXXVIII tratta dello stipendio delle tessitrici.
Il lavoro della donna era dunque indirizzato alla produzione e al commercio di cibi e tessuti, tra i pochi ad essere retribuiti. La fornaria, la panifocula, la piรงicarella e la textrix rappresentavano il prolungamento dellโattivitร domestica, riservata unicamente alle donne, le quali riuscivano cosรฌ, sebbene in una posizione subalterna, a inserirsi nella vita economica. Inoltre sembra abbastanza evidente che in questi settori lavorativi gli obblighi e le pene tra esercenti uomini e donne erano le stesse, ma a questโultime non venivano riconosciuti, in linea di massima, gli stessi livelli salariali e le stesse opportunitร di associazione. Inoltre, un dato che ricorre spesso per queste categorie di lavoratrici era il divieto di esercitare lโattivitร lavorativa con la rocca alla cintura, di filare con essa, tenere bambini in braccio o nella culla accanto a sรฉ.ย Risulta probabile che il filare era, come sostengono le storiche Casagrande e Nico Ottaviani, ยซuna sorta di sfondo lavorativo costanteยป a queste attivitร .
Statuto di Bevagna del 1500
Direttive sulla prostituzione
Tra i lavori femminili presi in considerazione dallo statuto, cโรจ anche quello della prostituzione, considerato tra tutti il meno decoroso, regolamentato al capitolo CXCIII, dove viene fissato il luogo di esercizio del mestiere. In esso veniva stabilito che alle pubbliche meretrici non era consentito stare nella via che si trova tra la vigna Nicole Antelutii e la proprietร della chiesa di San Vincenzo e nel distretto di Bevagna, se non verso Foligno fuori dai confini stabiliti. Colei che avesse trasgredito sarebbe stata punita, dal podestร o dai suoi collaboratori, per direttissima con una multa di 10 soldi e fustigata per tutta Bevagna. Nei confronti dellโattivitร del meretricio, lโatteggiamento della societร medievale era abbastanza ambiguo; infatti, anche se il fenomeno non fu mai visto di buon occhio, come si poteva desumere dalle numerose leggi che tentavano di contrastarlo per tutelare il decoro cittadino e la salvaguardia delle donne di buona fama, restava comunque sempre tollerato. A testimoniare la loro emarginazione, non solo urbanistica ma anche sociale, per le prostitute facevano eccezione alcune leggi suntuarie; infatti i divieti che in genere venivano imposti alle donne di buona fama potevano essere da esse disattesi. Era concesso loro di truccarsi, di indossare abiti e gioielli, in particolare gli orecchini, senza alcun limite o regole e senza rispettare quel che si imponeva invece alle donne di buon costume. In realtร queste libertร erano un segno distintivo del loro status e dunque uno strumento di emarginazione; รจ noto come in alcune cittร , potevano farsi vedere solo di sabato, giorno in cui si svolgeva il mercato, con lโobbligo di indossare un cappello con un sonaglio che desse una connotazione immediata alla loro identitร .
Si cambia decisamente argomento nel capitolo XXXIII del terzo libro dove si stabiliscono le norme di tutela a favore delle donne povere. In esso si dichiara che nessuna donna che non abiti con un maschio di almeno quattordici anni e che possiede beni per un valore di 100 libbre di denaro, sia costretta a partecipare alle spese per i lavori del comune o alla custodia della Terra di Bevagna, o ad andare nellโesercito, nรฉ sia soggetta ad alcunโaltra incombenza. Nel capitolo C si prosegue con una norma di ordine pubblico che negava il permesso di uscire di notte dal primo maggio al primo novembre nรฉ, in qualsiasi altro periodo dellโanno, dopo il terzo suono della campana, fino al suono che annuncia il giorno. Fanno eccezione le donne che portano il pane al forno o che vanno a visitare i malati, le fornaie o le levatrici, chi va a spegnere incendi o tutte coloro che si recano alla vendemmia. Chi trasgredisce deve essere condannato a pagare ogni volta al comune una multa di 10 soldi di denaro, da sottrarre alla propria dote.
Mercato delle Gaite, foto by Facebook
La dote
Il capitolo CLVII interessa nuovamente i beni dati in dote alla donna. Si stabilisce il principio secondo cui i poderi ceduti in dote alle donne sposate fuori Bevagna, debbono essere conservati integri e il comune potrร ricevere da essi giovamento nelle imposte e nelle collette; per questo si ordina che i beni, cioรจ le case, le terre, i possedimenti non potranno essere venduti, alienati o pignorati senza avere lโespressa licenza ed il consenso di sei consanguinei o di chi ha un vincolo di parentela con le donne, fino al terzo grado. Chiudono questa analisi dei capitoli del terzo libro riguardanti la condizione femminile due rubriche che si inseriscono nellโambito delle norme suntuarie.
Il primo capitolo a cui si fa riferimento รจ il CLII dove si danno disposizioni su ciรฒ che la donna in lutto deve indossare. Viene dichiarato che nessuna donna, in occasione della morte di qualcuno potrร dismettere i propri panni e gli ornamenti nรฉ dopo un mese, nรฉ dopo quindici giorni dalla stessa, sotto pena di 100 soldi per ogni infrazione, a eccezione della madre, moglie, sorella, nipote carnale o cognato. Nel CLXXXIX si dispone che nessuna donna, sposata a Bevagna o nel suo distretto, di qualsiasi condizione sociale, potrร portare il corredo in pezze tessute in testa o sul dorso.
Non potrร avere il corredo infilato nelle stesse pezze tessute, cucito o tessuto insieme, andando oltre la quantitร o il valore di 100 soldi e oltre, nรฉ abbia la presunzione di farlo, sotto pena di 25 libbre di denari da detrarre dalla propria dote a ogni trasgressione. Vari furono i governi cittadini che si diedero, soprattutto nel tardo medioevo, una legislazione suntuaria per disciplinare le spese e i lussi, ma il piรน delle volte, non attenuarono la passione di donne e uomini per vesti e ornamenti ricercati. Una delle maggiori occasioni che richiedeva lโobbligo di esibire il lusso quanto piรน possibile era la cerimonia del matrimonio, rito sociale di rilevanza sempre piรน centrale, dove lโattenzione collettiva era ai massimi livelli. Se il corredo esibito dalla sposa in occasione delle nozze era il simbolo di quanto fosse distinta e decorosa la propria casata dโorigine, non da meno erano gli abiti elargiti dal marito che rappresentavano un pegno della rispettabilitร che avrebbe ricevuto nella sua nuova famiglia. Inoltre era tradizione che le due parti si scambiassero doni reciproci e ovviamente ciascuna di esse voleva prevalere sullโaltra per far risaltare il proprio stato sociale. La sposa entrava nella casa del marito portandosi dietro tuniche, sopravvesti, maniche, separate dagli abiti per essere cambiate a proprio piacimento, veli, cappelli, scarpe, pantofole, gioielli, borse ed altri piccoli accessori. Quando il corredo cominciรฒ sempre piรน ad assumere un ruolo di prestigio sociale per la famiglia, crebbe in dimensioni e complessitร fino a sostituire il denaro liquido della dote, causando oltre a numerose disapprovazioni, lโintervento di una normativa volta a frenare la nuova tendenza. Infatti, mentre il denaro avrebbe potuto essere utile per le spese affrontate per il matrimonio o per la futura famiglia, le stoffe del corredo sarebbero state soggette alla volubilitร e allโesasperata mutevolezza della moda che faceva diventare il corredo prematuramente obsoleto e gli abiti, beni non durevoli, non sarebbero stati utili neanche per essere donati alle figlie. Se dunque la moglie avesse seguito la moda che diveniva sempre piรน variabile, avrebbe potuto distruggere in brevissimo tempo il patrimonio spettante agli eredi, trascinando la famiglia alla rovina economica. Anche la Chiesa aveva affrontato la polemica contro le donne che usavano trucchi e abiti troppo sfarzosi in molti testi della letteratura didattica e pastorale dalla fine del secolo XII fino a tutto il XV. La donna truccata e vestita sfarzosamente privilegiava lโesterioritร e dunque la cura del corpo a quella dellโanima virtuosa, andando contro quello che era lโequilibrio richiesto da Dio. Lโeccessiva cura esteriore andava dunque necessariamente ridotta con una dura e tenace opera di controllo e repressione, in certi casi vietando il trucco e raccomandando alle donne un adeguato abbigliamento.
Quello che vi proponiamo oggi รจ la prima parte – ne seguiranno altre – di uno studio fatto da una nostra lettrice sulla condizione della donna nel 1500 a Bevagna.
A dieci anni dalla mia laurea, ricordo ancora quanto fui incuriosita dalla pubblicazione dello Statuto del Comune di Bevagna e ciรฒ che mi spinse a intraprenderne la lettura. Sapere e immaginare come potesse essere la vita bevanate nel lontano Medioevo, nei luoghi dove, figlia del Mercato delle gaite, sono nata, cresciuta e ancora vivo, mi colpรฌ particolarmente. Quello che ho avvertito mentre mi addentravo nella lettura รจ stata lโattenzione estrema, regolata dal buon senso, che i governanti ponevano verso i singoli aspetti della vita cittadina. Man mano che la lettura procedeva, il mio interesse si รจ concentrato soprattutto sui capitoli dedicati alla categoria delle donne, e ho deciso di farne materia di approfondimento e studio per la mia tesi di laurea.
Il testo originale dello statuto risale alla prima metร del Trecento circa e a noi รจ pervenuto in due copie, entrambe conservate presso lโArchivio storico comunale di Bevagna. La prima รจ un codice membranaceo manoscritto che comprende una trascrizione datata 1500, redatta durante il pontificato di papa Alessandro VI ed emendata dal giureconsulto Giovanni Pantaleoni che contiene tre redazioni precedenti: la prima, antecedente il pontificato di Martino V; la seconda, rinnovata grazie a Tommaso Matteucci; la terza, ricompilata al tempo di Martino V.
La seconda copia, inserita in un codice cartaceo manoscritto e commissionata allโabate Rinaldo Santoloni dalla Congregazione del Buon Governo, risale al 1794 ed รจ il risultato della ricostruzione e rilettura della copia cinquecentesca su cui lo statuto edito nel 2005 si basa.
Il testo รจ suddiviso in cinque libri (uffici, cause civili, cause straordinarie, cause criminali, danni dati), per un totale di 431 capitoli e i capitoli relativi alle donne sono racchiusi precisamente nel secondo, nel terzo e nel quarto libro.
Le donne nel libro delle cause civili
Nel secondo libro, quello delle cause civili, sono quattro i capitoli dello statuto riguardanti alcuni aspetti della sfera femminile: si parla di dote e testamenti. La dote rappresentava lโunico modo con cui veniva conferita alle donne una parte del patrimonio della famiglia dโorigine, parte che era comunque destinata a essere amministrata dai mariti per tutta la durata del matrimonio. Inoltre, come stabilito nel capitoloXVIII, qualora sopraggiunga la morte prematura di una donna sposata senza figli, la terza parte della dote della moglie deceduta dovrร rimanere al marito come compensazione alle spese affrontate per il matrimonio. Il capitolo XIX dello statuto definisce il modello di comportamento da rispettare da parte di tutte quelle donne a cui รจ stata elargita una dote e che decidono di entrare in monastero. La norma da seguire dichiara che dal momento in cui esse entrano in monastero, qualora non dovesse esserci il consenso del padre, automaticamente saranno costrette a rinunciare a ogni diritto sulla dote.
Si prosegue sulla stessa linea anche nel capitolo XX dove si evidenzia lโobbligo e la riconoscenza che la figlia deve avere nei confronti della famiglia, proprio perchรฉ allโepoca la dote veniva riconosciuta come un privilegio per la donna che, nella maggior parte dei casi, non godeva di alcun diritto. Viene infatti sottolineato che, qualora fossero ancora in vita figli maschi, fratelli o nipoti carnali, alla donna dotata non รจ concesso chiedere altro, se non ciรฒ che le veniva lasciato nel testamento. Il capitolo XXI notifica la norma secondo cui i testamenti delle donne sono sotto la tutela paterna. Il contesto familiare pone dunque limiti allโazione femminile anche in materia giuridica; infatti viene stabilito che la donna che ha ricevuto la sua dote dal padre, dovrร avere il consenso di questโultimo nel caso in cui decidesse di delegare, lasciare o sostituire il suo erede nel testamento.
Continua…
Bibliografia:
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In ogni vicolo e in ogni piazza di Bevagna si respira aria di Medioevo. Su questo sfondo ho immaginato le vicende di un giovane che voleva diventare un famoso pittore.
Vanni era un ragazzotto vivace, abitava in unโumile casa assieme alla madre, al padre e a sei fratelli. Aveva i capelli a tega e vestito con abiti passati e ripassati dai fratelli maggiori, andava sempre di corsa. Le scarpe erano un lusso e cosรฌ in estate scorrazzava per i vicoli di Mevania a piedi scalzi. Caterina, sua mamma, era una donna gentile e molto religiosa, Ruggiero, il padre era anchโegli un bravโuomo ma quando beveva diventava spesso violento e aggressivo.
Vanni Da Mevania disegnato da Francesca Marchetti
Le botte che prendeva, Vanni se le ricordava tutte. La decisione presa dai genitori di mandarlo a imparare un mestiere gli era sembrata quasi una grazia di Dio. Finalmente se ne sarebbe andato da quella casa affollata e soprattutto non avrebbe piรน subito le percosse del padre.
Solamente sua madre lo chiamava con il suo vero nome, Giovanni. ยซGiovanni ricordati di ossequiare Maestro Pietro, non lo contraddire, sii umile e impara bene il mestiereยป. E ancora ยซGiovanni non menare gli altri tuoi compagni apprendisti, sii onesto e condividi la felicitร che la vita ti ha donatoยป. Vanni era stufo di questi consigli cosรฌ come presto divenne stufo di sgobbare nella bottega di Maestro Pietro. Era un tipo ribelle ma non sedizioso, non rispettava mai gli orari ed era distratto da altre faccende. Non legava con i suoi compagni di lavoro, li vedeva troppo remissivi. Le sue aspettative di vita nel borgo di Mevania del 1477 erano ben diverse da quelle che gli si prospettavano. Mevania si sviluppava lungo il fiume Clitunno ed era caratterizzata da innumerevoli vicoli lastricati in pietra. La piazza principale era luogo di scambi commerciali. Vanni aveva la passione per la pittura, voleva trasferirsi a Pisa per perfezionare la sua arte acquisita con semplici tecniche da autodidatta. Aveva sentito parlare del Maestro Gianni Matto, รจ lรฌ che voleva andare, sui lungarni pisani. Si immaginava un futuro da famoso pittore stimato e rispettato. Per realizzare questo suo sogno avrebbe avuto bisogno di tanti denari, ma lui certo non li aveva e di sicuro non li avrebbe accumulati lavorando in quella bottega del taccagno Maestro Pietro. Questi sรฌ che i soldi sapeva farli e tenerli solo per sรฉ. Li custodiva ben nascosti ma quello scaltro di Vanni aveva scoperto il nascondiglio e ogni volta che vi passava vicino gli ritornava alla mente la voce di sua mamma: ยซGiovanni comportati bene, sii onestoยป e le sue tentazioni sfumavano immediatamente. Una sera come tante altre volte, finito di lavorare se ne andรฒ alla locanda per dimenticare la brutta giornata tuffandosi nel solito bicchiere di acqua e vino. ยซGaspare cosa cโรจ di nuovo? Niente come al solito?ยป. ยซRagazzo mio a dire il vero oggi abbiamo un ospite particolare. Non ti voltare, lo vedrai dopo. ร seduto in fondo vicino al caminetto. ร un mercante di stoffe, non so bene da dove provenga ma so per certo, me lo ha detto lui, che รจ diretto a Pisa. Pernotterร qui in locanda per qualche giornoยป. ยซAh Pisaยป esclama Vanni voltandosi verso il forestiero. ยซMolto interessanteยป.
Il forestiero si chiama Ugolotto Anghieri ed รจ di bell’aspetto, alto e longilineo. I suoi occhi marroni riflettono sinceritร e onestร , caratteri non sempre comuni ai mercanti di quel periodo. ร seduto a una tavola assieme ad altri commensali che non conosce e alla stessa tavola va a sedersi Vanni. Erano divisi da un tale che la faceva da padrone in quella tavolata e non si guardarono neppure, ma Vanni decise che lo avrebbe incontrato di nuovo la sera successiva. Lโidea di un mercante che era di transito per Pisa gli aveva stuzzicato il progetto di farsi accompagnare in quella cittร dove, magari, lo avrebbe introdotto nelle migliori botteghe d’arte dando inizio alla sua passione. Fu cosรฌ che il giorno seguente Vanni e Ugolotto si ritrovarono seduti fianco a fianco e iniziarono a scambiare quattro chiacchiere mentre mangiavano una zuppa di verdure. ยซMessere il mio nome รจ Vanni e sono un povero garzone di bottega. I miei genitori hanno desiderio che impari il mestiere di calzolaio ma a me non piaceยป.
ยซChiamami pure Ugolotto, sono un semplice mercante di stoffe!ยป. ยซAllora Vi chiamerรฒ Ugolotto e per questo Vi ringrazio. A me piacciono le tele, i colori e i pennelli. Sento di avere la stoffa per diventare un pittore ma questo mio desiderio mi รจ ostacolatoยป. ยซVanni, cosa posso fare io per te? Non mi chiedere soldi perchรฉ quelli che ho sono appena sufficienti per me e per mantenere la mia famiglia. Al di lร delle apparenze faccio una vita di sacrificio. Ci siamo appena incontrati e di solito sono molto cauto con le nuove conoscenze. Il mestiere di mercante mi ha fatto conoscere anche molti villani e non sempre ne sono uscito indenneยป. ยซUgolotto, capisco le Vostre perplessitร ma io non sono qui per chiederVi del denaroยป. ยซAllora cosa vuoi da me?ยป.
ยซVorrei sapere, se fosse possibile venire a Pisa con Voiยป.
ยซA fare cosa?ยป.
ยซDi sicuro Voi conoscerete molte persone in quella cittร e per me potrebbe essere l’opportunitร di entrare a far parte di una bottega dโarteยป. ยซIn effetti conosco tanta gente, questo รจ vero e ho intrattenuto rapporti di lavoro anche con tanti artisti. Alcuni di loro hanno acquistato in passato i prodotti che vendo e uno in particolare, Maestro Strappino di Vallecupa, รจ un mio conoscente, e oltre a essere un rinomato scultore credo che faccia affari anche con i suoi dipintiยป. ยซBeh, questo potrebbe rappresentare per me un’occasione da non perdere. Come posso fare? Quanti denari mi occorrono per andare a Pisa con Voi e per rimanere lร fin tanto che non ho trovato sistemazione degna per iniziare una nuova vita?ยป. ยซCaro ragazzo di denari ce ne vogliono molti e mi dispiace dirtelo ma questo tuo progetto รจ destinato a morire ancor prima di nascere. Il consiglio che ti do รจ quello di continuare a imparare il mestiere di calzolaio, qualcosa dovrai pur fare per vivereยป.
La mattina seguente Vanni non andรฒ al lavoro ma trascorse la mattinata in compagnia di Ugolotto a ripetergli la solita storia. Rientrรฒ in bottega nelle prime ore del pomeriggio e il Maestro Pietro, appena lo vide, gli andรฒ incontro aggredendolo verbalmente: ยซDisgraziato, dove diavolo sei stato tutto questo tempo? Lo sai che non ti devi assentare dal lavoro, tanto meno senza chiedermi il permesso?ยป. ยซMa io, Signore…ยป. ยซMa tu niente, devi stare in silenzio e lavorare. Io sono qua per insegnarti un mestiere. Ficcatelo bene in testa! Ciรฒ comporta anche un percorso educativo che ho lโobbligo di perseguire come da accordi con i tuoi genitori. Ricordati che ti ho preso in questa bottega perchรฉ ho stima e rispetto per tua madre Caterina, quella povera donnaยป. ยซMaestro, avevo un impegno, mi sono peritato a chiedervi il permesso perchรฉ ero certo che non me lo avreste accordatoยป. ยซCosa? Ora ti accordo ioยป.
Dicendo cosรฌ con la stecca che aveva in mano iniziรฒ a menarlo talmente forte da fargli sanguinare le mani con le quali Vanni si stava proteggendo il viso.
ยซBasta Maestro, mi fate male, basta!ยป. ยซVai immediatamente a lavarti le ferite e mettiti subito a lavorare. Guarda i tuoi compagni come sono diligenti, cerca di imparare qualcosa anche da loroยป. ยซVa bene Maestroยป disse Vanni con il volto chino e le lacrime che gli scendevano lungo il viso. Non erano lacrime di dolore ma di rabbia e rassegnazione. La sua anima ribelle e il suo progetto di andare a Pisa si rinvigorirono e si fecero sempre piรน forti. Lavorรฒ il resto della giornata con il magone alla gola. Quella stessa sera ritornรฒ alla locanda con l’auspicio di rivedere Ugolotto. Si trattenne a lungo ma del mercante nessuna traccia. ยซGaspare, ma quel tipo, Ugolotto, non cโรจ stasera?ยป. ยซร da questa mattina che non lo vedo, la sua stanza รจ vuota e in ordine e delle sue stoffe neanche lโombra. Di certo se ne รจ andato senza neppure pagarmi il contoยป.
Il volto di Vanni si rabbuiรฒ e dopo aver bevuto, questa volta un bicchiere di vino schietto, salutรฒ Gaspare e si diresse verso il suo alloggio per dormire. Con i fumi dellโalcol e la temperatura torrida di quella sera Vanni non sembrava particolarmente lucido. Rientrรฒ in bottega come al solito dal retro e passando davanti al nascondiglio, dove Maestro Pietro teneva i soldi, stavolta non esitรฒ. Facendo piano piano, sollevรฒ il mattone e prese la scatola contenente denari e preziosi. La svuotรฒ e nel mentre che stava sistemando il malloppo nelle sue tasche ecco arrivare Maestro Pietro. Con un grosso candelabro in mano face luce su Vanni e cominciรฒ a inveirgli contro: ยซMaledetto! Ladro! Non ti รจ bastata la lezione di stamani? Ora ti faccio vedere io!ยป. Dicendo cosรฌ fece per picchiarlo ma Vanni gli bloccรฒ la mano e con uno scatto fulmineo lo colpรฌ con il candelabro. Non si rese conto di ciรฒ che aveva fatto, imbambolato e disorientato rimase immobile per qualche minuto con lo sguardo perso nel vuoto.
Il maestro Pietro era steso sul pavimento, Vanni, disorientato, salรฌ velocemente le scale, prese il suo fagotto e ridiscese in bottega. Il maestro Pietro aveva ormai quel respiro affannoso che annuncia lโarrivo dellโultima ora, Vanni in preda al panico uscรฌ sul vicolo e fuori dai propri sensi ebbe la visione della cattedrale di Santa Maria Assunta. Il suo destino era lร : Pisa.
La parola selfie รจ entrata a pieno titolo nel nostro vocabolario. Quotidianamente sentiamo molte persone pronunciarla e ne abbiamo visto altrettante rivolgere verso di sรฉ uno smartphone per scattare una foto.
Nel corso degli anni i selfie non hanno certo rallentato la loro crescita. Viviamo nellโera dellโimmagine, in un mondo sempre connesso: in un mondo sempre piรน frenetico, gli autoscatti sono diventati uno strumento di comunicazione visiva istantanea. Nel corso della storia, specchi, autoritratti e fotografie si intrecciano, descrivendo come muta il rapporto dellโuomo con la sua immagine.
Anticamente lo specchio aveva un ruolo chiave nella societร : raccontava il bisogno dellโuomo di specchiarsi, di vedere la propria immagine, fondamentale per sviluppare al meglio lโidea della propria identitร .
I primissimi metodi sfruttati dallโuomo furono quelli di vedere riflessa la propria immagine o il proprio corpo in specchi dโacqua, corsi o laghetti: Narciso, personaggio della mitologia greca, รจ identificato come lโamore, spesso esagerato, che una persona prova per la propria immagine e per se stesso.
Presunto ritratto di Simone Martini. Cappella di San Martino. Basilica inferiore Assisi
Il primo autoritratto
La prima comparsa dellโautoritratto avvenne nel Medioevo, durante il quale si svilupparono nuove esigenze rappresentative. Si pensava infatti che lโimmagine, riflessa in uno specchio dโacqua, fosse semplicemente lโimmagine materiale; lโimmagine artistica invece, compreso il ritratto, era lโimmagine che dimorava nellโanima di ogni uomo. Non a caso nel Medioevo si diffuse la credenza che Cristo fosse stato pittore della propria immagine.
Lโautoritratto acquistรฒ dignitร artistica a partire dal Rinascimento: in questo periodo nuove tecniche di pittura iniziano a diffondersi, aiutando i pittori a realizzare ottimi chiaroscuri e a rendere i colori piรน naturalistici. Certamente significativa fu la visione antropocentrica, che si stava ampiamente diffondendo: tanti artisti si interessarono alla rappresentazione di volti umani. Giorgio Vasari, nelle Vite, attribuisce la pratica del ritratto a due grandi maestri: Cimabue e Giotto. Cimabue infatti si sarebbe raffigurato nella Crocifissione dipinta nella Basilica superiore di San Francesco ad Assisi.[1]
Si pensa invece che il ritratto di Giotto sia presente nella raffigurazione del Fanciullo di Suessa. Nella cappella di San Martino, la prima cappella a sinistra della basilica inferiore di San Francesco dโAssisi, invece รจ raffigurato il presunto autoritratto di Simone Martini nella Resurrezione di un fanciullo. La cappella, voluta e finanziata dal cardinale Gentile Partino da Montefiore, fu interamente affrescata dallโartista nel 1313-1318.
Il Perugino. Collegio del Cambio. Perugia
I selfie del Perugino e Pinturicchio
Nel Quattrocento, in Umbria, celebri sono gli autoritratti di Pietro Vannucci, detto il Perugino, e del suo allievo Bernardino di BettoBetti, noto come il Pinturicchio, entrambi inquadrati in una cornice che pone lโartista in una posizione di rilievo. Il primo si ritrae allโinterno di una cornice nella Sala dellโUdienzadel Collegio del Cambio a Perugia. Lโambiente รจ interamente affrescato con un programma iconografico in cui sono inserite figure mitologiche, Sibille, Profeti e personaggi illustri sia della storia greca che romana.[2]
Su un pilastro intermedio della parete sinistra, inserito in un quadro appeso tra nastri e collane di corallo con effetto trompe-lโoeil, รจ visibile il ritratto dellโartista e un’iscrizione che testimonia il compiacimento per la fama raggiunta.
Lโiscrizione in italiano recita: ยซPietro perugino, pittore insigne. Se era stata smarrita l’arte della pittura, egli la ritrovรฒ. Se non era ancora stata inventata egli la portรฒ fino a questo puntoยป.
I dettagli fisici e psicologici dell’autoritratto sono molto curati: il volto รจ tondeggiante, gli occhi sono sicuri, fieri e guardano senza esitazione davanti a sรฉ, le guance arrossate, le labbra sono sottili, i capelli fluenti e il mento ha una fossetta. La veste nera e il cappello rosso, su uno sfondo blu monocromo, conferiscono al pittore un tono di severa nobiltร .
Il ritratto del Pinturicchio si trova allโinterno di un suo ciclo di affreschi, databili tra il 1500 e il 1501, presso la cappella Baglioni, nella collegiata di Santa Maria Maggiore a Spello.
In un ambiente contornato da un maestoso loggiato rinascimentale, รจ dipinta lโAnnunciazione: Maria leggente รจ sorpresa dallโangelo che si avvicina benedicendola e recando in mano il giglio bianco, simbolo della sua purezza. In alto appare lโEterno in una mandorla di angioletti che invia, tramite un raggio luminoso, la colomba dello Spirito Santo.[3]
In lontananza, oltre lโhortus conclusus, si apre un paesaggio ricco di dettagli. Posta sulla destra dellโAnnunciazione, si apre una finestrella con una grata su cui รจ appoggiata un’anfora e una mensola di libri, al di sotto della quale รจ presente lโautoritratto del pittore e unโiscrizione dedicatoria.
Questi accorgimenti sono la prova tangibile che lโautore non ha piรน bisogno di celarsi tra i personaggi raffigurati, ma assume il vero ruolo di protagonista, distinguendosi in maniera netta allโinterno dellโopera.
Luca Signorelli. Cappella di San Brizio. Duomo di Orvieto
Signorelli e Beato Angelico in mezzo all’opera
Tra le tante personalitร della pittura rinascimentale spicca Luca Signorelli, artista che lavorรฒ in Umbria, soprattutto a Cittร di Castello e Orvieto presso la Cattedrale di Santa Maria Assunta. Il suo selfie รจ presente nella scena piรน evocativa dell’intero ciclo, almeno in termini di originalitร narrativa e di evocazione fantastica: la Predica e i fatti dellโAnticristo.
Lโartista, presente allโestrema sinistra, vitale e di bella presenza – come lo descrisse Vasari che lโaveva conosciuto personalmente in tenera etร – indossa un copricapo e un mantello nero.
Accanto a Signorelli รจ presente un altro personaggio con il classico abito domenicano: รจ Beato Angelico. Lโartista aveva iniziato il ciclo pittorico nel 1447, poi completato dal Signorelli. Scalpellini scrisse che la sua presenza a margine della scena assomiglia a quella di un regista compiaciuto per la riuscita del suo spettacolo e si presenta alla platea per ricevere lโapplauso. [4]
[1] Enio Sindona, Cimabue e il momento figurativo pregiottesco, Rizzoli Editore, Milano, 1975. [2]Umbria, Touring Club Editore, Milano, 1999. [3] Cristina Acidini, Pinturicchio, in Pittori del Rinascimento, Scala, Firenze 2004. [4] Antonio Paolucci, Luca Signorelli, in Pittori del Rinascimento, Scala, Firenze 2004.
LโUmbria รจ una regione lontana dal mare: a sinistra ci vogliono 138 km per arrivare allโAdriatico e a destra 335 km per raggiungere il Tirreno. Eppure in questa regione, che ha conosciuto il mare solo qualche milione dโanni fa, la collana di corallo รจ stata un oggetto a cui non si poteva rinunciare.
Era il regalo della suocera alla nuora e, nel caso la suocera non avesse avuto disponibilitร , ci pensava la mamma della sposa. La collana non poteva assolutamente mancare: ogni figlia che andava sposa doveva essere protetta da fatture e malefici.
La collana aveva perle rigorosamente digradanti ed era quella centrale a conferirle il vero valore. La perla centrale doveva essere grande, addirittura esagerata per meglio esibire la ricchezza della famiglia. Una tradizione tramandata fino agli anni Cinquanta-Sessanta del secolo scorso, quando in ogni circostanza importante si doveva sfoggiare la collana di corallo. Ormai il suo valore scaramantico รจ stato dimenticato: la collana col suo colore sanguigno non protegge piรน dalle influenze maligne, รจ semplicemente bella da portare e piรน si รจ distanti dal mare piรน la si apprezza.
Chi oggi tratta ancora coralli in Umbria afferma che la collana rossa รจ tornata di moda e che se ne vendono tante. La lavorazione perรฒ non si fa qui e gli artigiani capaci di ricavare perle e altri manufatti dalle colonne coralline sono sempre piรน rari.
Un monile antico
In Umbria, anche quando i collegamenti erano difficili e rischiosi, come nel Medioevo, i coralli si trovavano sempre. Li avevano gli speziali, che li macinavano per farne medicine per i ricchi, li dipingevano i pittori, caricandoli di tutti i simboli religiosi e magici allora conosciuti ed erano portati dalle donne che potevano permetterseli.
I pittori del Quattrocento e del Cinquecento hanno amato molto il corallo, tanto che Piero della Francesca, Pinturicchio, Bronzino e diversi pittori umbri hanno spesso raffigurato Gesรน Bambino con una collanina da cui ne pende un rametto. Il colore rosso ricorda il sangue, la forma articolata dei rami del corallo ricorda la circolazione sangue e il tutto preannuncia il futuro martirio. Il Bambino con collanina piรน famoso รจ certamente quello in braccio alla Madonna di Senigallia di Piero della Francesca.
Ormai il corallo viene da mari lontani perchรฉ il Mediterraneo lo ha quasi tutto esaurito. Sembra incredibile, ma solo 50 – 60 anni fa a Torre del Greco (Napoli) si lavorava solo il corallo di prima qualitร mentre il resto veniva usato per costruire le case o come materiale di riempimento sotto lโasfalto. Oggi, girando per Torre del Greco, si possono ancora vedere muri fatti con pietre e corallo. Adesso che il mondo si รจ ristretto, il commercio del corallo si รจ allargato anche se il materiale da gioielleria รจ sempre piรน difficile da reperire.
Ci รจ stato spiegato che il corallo rosa e quello pelle dโangelo vengono dal Pacifico, quello rosso scuro (detto moro) proviene dal Giappone, mentre la qualitร migliore รจ ancora quella del Mediterraneo e in particolare quella di Alghero dove perรฒ, per trovare una bella barriera, si deve scendere fino a 120 metri di profonditร .
Dal 23 al 27 settembre si terrร a Gubbio la sesta edizione del Festival del Medioevo, che questโanno ha scelto un tema di grande appeal: Mediterraneo. Il mare della storia.
Ecco dunque che, allโinterno di un ricco a articolato programma, non potevano mancare i racconti e le descrizioni attraverso le fonti di quel complesso fenomeno che furono le crociate (Franco Cardini), del sacco di Costantinopoli del 1204 (Marina Montesano), dei viaggi fra Cipro e lโOccidente Latino di Jacques de Molay, ultimo gran maestro dellโOrdine del Tempio (Sonia Merli) e della epocale battaglia di Lepanto del 1571 (Alessandro Barbero).
Ma non รจ tutto. A introduzione dei temi trattati nelle varie conferenze, il 19 settembre sarร infatti proposto un itinerario tematico, dal titolo Il Medioevo infinito dei Templari, che sarร guidato per lโoccasione da Sonia Merli. Partendo dunque dalla Sala 1 della Galleria Nazionale dellโUmbria, sarร possibile ripercorrere le vicende dellโOrdine del Tempio e dellโOrdine dellโOspedale di San Giovanni di Gerusalemme, poi di Rodi e di Malta, tra i luoghi della Terrasanta e le Terre della Chiesa. In particolare, รจ grazie allโautorizzazione gentilmente accordata dal Sovrano Militare Ordine di Malta che sarร possibile visitare la Commenda di San Giustino, in origine monastero benedettino, poi concesso alla Milizia del Tempio nel 1237 per volontร di papa Gregorio IX.
Desiderosi di disporre di una sede piรน vicina alla cittร di Perugia, di lรฌ a una ventina dโanni i Templari si insediarono nel contado di Porta Sole, dove edificarono ex novo una chiesa in onore dellโeremita locale Bevignate, oggi nota in tutto il mondo per il ciclo di affreschi della controfacciata con cui si vollero celebrare le gesta in Terrasanta del piรน potente e controverso ordine religioso-militare del Medioevo. Basti pensare allโarresto di massa cui furono sottoposti i templari di Francia il 13 ottobre 1307 per volontร di Filippo IV il Bello, al processo per eresia, idolatria e sodomia che ne seguรฌ, alla morte sul rogo di molti membri dellโOrdine (tra i quali il gran maestro Jacques de Molay) e alla soppressione della Milizia del Tempio, avvenuta nel 1312 per volontร di papa Clemente V, che dispose inoltre il passaggio del cospicuo patrimonio immobiliare templare nelle mani degli Ospitalieri.
Grazie al suo glorioso passato e alla eccezionalitร delle sue vestigia monumentali, dal 2017 la precettoria di San Bevignate รจ entrata a far parte della Templars Route European Federation, nata per iniziativa delle cittร di Troyes e Tomar.