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Per essere precisi non si tratta di un piccolo rospo e in realtร  non immaginatevi un ululato come quello del lupo: stiamo parlando dellโ€™ululone appenninico (Bombina pachypus), un piccolo anfibio anuro, quindi privo di coda allo stadio adulto, dalla struttura generale simile a quella delle rane, dei rospi e delle raganelle.

Come dicevamo perรฒ non si tratta di un rospo di piccole dimensioni ma di una specie molto particolare appartenente ad una famiglia di anfibi che prende il nome di Bombinatoridi.
Il nome la dice lungaโ€ฆ ululone appunto. Questo termine curioso deriva dal verso emesso dal maschio durante il periodo riproduttivo per attirare la femmina e avviare il rituale che porterร  i due ad accoppiarsi con un tipico amplesso lombare e la conseguente deposizione delle uova.

 

Ululoni in accoppiamento – Foto di Cristiano Spilinga

 

Questo piccolo anfibio, che non supera i 6 cm di lunghezza, รจ presente in Italia dalla Liguria allโ€™Aspromonte, mentre sulle Alpi si trova una specie molto simile, lโ€™ululone dal ventre giallo (Bombina variegata). Questa distribuzione apparentemente molto ampia non deve trarre in inganno perchรฉ lโ€™ululone, cosรฌ come molte altre specie di anfibi, non se la passa affatto bene.
La scomparsa degli habitat riproduttivi, nella stragrande maggioranza dei casi particolarmente effimeri ed esposti a forte rischio di alterazione, รจ certamente una delle principali minacce per la specie, a questo si aggiunge la chitridiomicosi, una patologia derivante dallโ€™attacco di un fungo che sta mietendo vittime tra molte specie di anfibi in tutto il pianeta.
In molte aree dellโ€™appennino la specie riesce a riprodursi quasi esclusivamente grazie alla presenza sul territorio di vasche per la raccolta dellโ€™acqua ad uso agricolo e per lโ€™abbeveraggio del bestiame.

 

Ululone appenninico (Bombina pachypus) all’interno di un abbeveratoio – Foto di Cristiano Spilinga

 

Lโ€™Umbria non fa eccezione: le piccole popolazioni note risultano strettamente legate alla presenza di questi vecchi manufatti molti dei quali in stato di abbandono a causa dello spopolamento della montagna.
Se da una parte lโ€™abbandono si รจ tradotto in un minor disturbo per gli ululoni che hanno cosรฌ potuto sfruttare queste piccole zone umide artificiali per riprodursi, dallโ€™altra ha comportato una mancata gestione di questi siti che nel tempo sono andati persi perchรจ completamente interrati o non piรน in grado di trattenere acqua in quanto profondamente lesionati.
Per sviluppare una proficua sinergia tra i pochi allevatori rimasti e chi si occupa di conservazione di questo importante endemismo appenninico, da alcuni anni in Umbria sono stati sviluppati alcuni progetti che hanno visto protagonisti la Regione Umbria, il Comune di Spoleto e lโ€™Agenzia Forestale Regionale.
Dal primo progetto pilota in cui รจ stato ripristinato un abbeveratoio completamente diruto, si รจ arrivati a recuperare circa 20 vasche che sono state progettate con rampe di ingresso e di uscita per i piccoli anfibi per favorire lโ€™entrata in acqua e lโ€™uscita, soprattutto in caso di drastici abbassamenti del livello idrico.
Da queste prime iniziative hanno preso il via altre azioni di conservazione della specie supportate anche da The Mohamed bin Zayed Species Conservation Fund, una Fondazione internazionale che si occupa di conservazione della natura su scala globale.
Nellโ€™ottobre del 2020 ha preso il via il Progetto Life Integrato IMAGINE Umbria (Integrated MAnagement and Grant Investments for the N2000 NEtwork in Umbria) che tra le altre azioni prevede la realizzazione di un centro di riproduzione dellโ€™ululone appenninico in Umbria per poter poi procedere con il ripopolamento della specie in alcuni siti che verranno ripristinati nellโ€™ambito del progetto.
Le azioni in campo sono molte perchรฉ abbiamo il dovere di non far scomparire dal nostro pianeta un altro prezioso ed insostituibile frammento di biodiversitร 

 


BIBLIOGRAFIA

  • Ragni B., Di Muro G., Spilinga C., Mandrici A., Ghetti L. (2006). Anfibi e Rettili dellโ€™Umbria. Distribuzione geografica ed ecologica, Petruzzi Editore, Cittร  di Castello, pp. 111.

La natura calcarea dellโ€™Umbria ha determinato nel corso di milioni di anni la formazione di numerose cavitร  sotterranee.

La distribuzione delle grotte nella regione ricalca quella dei massicci carbonatici che, sottoposti al fenomeno del carsismo, hanno originato uno spazio, in buona parte ancora inesplorato, dove sono presenti organismi perfettamente adattati alle particolari condizioni di vita determinate dalla scarsitร  o dalla completa assenza di luce.
A oggi sono state censite oltre 800 cavitร  naturali, catalogate e georeferenziate allโ€™interno del Catasto Speleologico dell’Umbria gestito dalla Federazione Umbra Gruppi Speleologici. Le grotte hanno da sempre suscitato nellโ€™uomo moderno interesse e curiositร , la possibilitร  concreta di esplorare un mondo parallelo senza necessariamente dover spostare il proprio orizzonte geografico.
Senza il perfezionamento delle tecniche di progressione speleologica non saremmo mai arrivati a scoprire un numero cosรฌ elevato di grotte e proprio grazie a una branca della speleologia che si occupa di indagare le forme di vita presenti negli ambienti ipogei – la biospeleologia per lโ€™appunto – abbiamo avuto la possibilitร  di descrivere per la prima volta specie animali del tutto peculiari.

 

Ferro di cavallo maggiore (Rhinolophus ferrumequinum). Foto di Cristiano Spilinga

 

Peculiari proprio perchรฉ le particolari condizioni di vita degli ambienti sotterranei hanno determinato una spinta evolutiva che, nel corso di migliaia di anni, ha portato a forme altamente specializzate e perfettamente adattate a quel particolare ambiente.
Tradizionalmente gli studiosi della vita ipogea dividono gli organismi legati alle grotte in tre categorie: i Troglobi, considerati cavernicoli obbligati, cioรจ perfettamente adattati alla vita ipogea e non piรน capaci di svincolarsene, i Troglofili, specie che sono presenti con maggiore regolaritร  nellโ€™ambiente ipogeo e i Troglosseni, specie che si trovano in ambiente ipogeo solo accidentalmente, come quelli che cadono allโ€™interno dei pozzi verticali o vengono trasportati dalle acque.
Le cavitร  umbre – da quelle piรน piccole fino ad arrivare allโ€™imponente grotta di Monte Cucco che, con i suoi circa 35 km di sviluppo e una profonditร  verticale di oltre 900 metri, rappresenta uno dei complessi carsici piรน importanti dโ€™Italia – costituiscono un importante ecosistema da preservare e qualunque tipo di fruizione, da quella legata allโ€™esplorazione e alla ricerca, passando per quella tipicamente ad appannaggio degli speleologi, fino ad arrivare allโ€™utilizzo turistico, deve prevedere un profondo rispetto per lโ€™ambiente che si va a visitare.
Lโ€™estrema specializzazione delle forme di vita adattate alle grotte รจ direttamente proporzionale alla loro sensibilitร  rispetto alle perturbazioni provenienti dallโ€™esterno, che, andando ad alterare, in alcuni casi in maniera irreversibile, quelle particolari condizioni microclimatiche possono determinare la scomparsa di forme di vita del tutto uniche e peculiari.

La primavera sta arrivando: giร  si sente nellโ€™aria un accenno di nuovi profumi e si vedono i primi fiori, tutto torna alla vita uscendo dal proprio letargo. Compresi noi, che abbiamo passato lโ€™inverno a spostarci da una casa ad unโ€™altra, a un locale o un cinema, finalmente usciamo. E perchรฉ non andare a vedere uno spettacolo che ricomincia allโ€™aperto?
Nel cuore della Valnerina ci aspetta la Cascata delle Marmore.

 

Cascata delle Marmore | foto di Giovanni Bicerna

Un'antica opera di ingegneria

Forse non tutti sanno che essa รจ frutto di un disegno ingegneristico risalente al 290 a.C., quando il console Manio Curio Dentato ordinรฒ lo scavo di un canale che facesse defluire le acque del fiume Velino nella valle reatina, convogliandole fino alla rupe di Marmore, da dove le fece precipitare ed unire al corso del fiume Nera, con un salto di 165 metri. Questo lavoro fu fatto proprio per bonificare il Velino, che allโ€™epoca formava una palude stagnante e perciรฒ possibilmente pericolosa per la popolazione per via della malaria.

La Cascata oggi

La Cascata viene oggi utilizzata per la produzione di energia elettrica da parte della centrale di Galleto ed รจ per questo che il rilascio dellโ€™acqua viene controllato; ci sono precisi giorni e momenti dellโ€™anno in cui si puรฒ ammirare nella sua piena bellezza, che vanno soprattutto da marzo a ottobre, insieme a giorni di festivitร  negli altri mesi. Interessante scoprire che il luogo ospita uno dei Centri di Educazione Ambientale che sono dislocati da qui alla valle del Nera e di Piediluco, territori che rientrano nella Rete Ecologica Europea Natura 2000 del Progetto Bioitaly, il cui obiettivo รจ lavorare per diffonde un turismo ecosostenibile, attraverso la conoscenza, la tutela e la promozione del territorio per favorirne al meglio lo sviluppo.

Una curiositร : il nome Marmore deriva dai sali di carbonato di calcio che si vanno a sedimentare sulle rocce della montagna che protegge le acque e il cui riflesso alla luce del sole li fa assomigliare a cristalli di marmo. Ad aggiungere magia, oltre al paesaggio incantevole, cโ€™รจ il folletto della Cascata, Gnefro, che racconta la leggenda di Marmore ai bambini che intraprenderanno con lui la Fantapasseggiata.

I Percorsi

Ma da passeggiare, nel parco, ce nโ€™รจ anche per i grandi, che possono scegliere tra sei percorsi diversi per nome, per ambiente e per intensitร . Lโ€™Antico Passaggio รจ il primo percorso che รจ stato fatto, che collega le due vie di accesso alla Cascata, il Belvedere Inferiore con il Belvedere superiore e non รจ molto facile da percorrere, ma รจ da qui che si accede al Balcone degli Innamorati, quindi mettersi buone scarpe da trekking e gambe in spalla!

 

Cascata delle Marmore | Foto di Enrico Mezzasoma

 

Lโ€™anello della Ninfa รจ il percorso piรน semplice, permette di avvicinarsi il piรน possibile alla cascata grazie alle scalette e ai ponticelli di legno da cui รจ composto e in piรน si puรฒ ammirare una delle 300 grotte naturali che sono dislocate nellโ€™area.

Lโ€™Incontro delle Acque รจ il sentiero che viaggia a ridosso dei canyon che il Nera ha scavato nella roccia fino all’incontro con il Velino, ed รจ il percorso usato per la Fantapasseggiata. In piรน, รจ la zona migliore per vedere gli appassionati di canoa e rafting che sfidano le acque.

La Maestositร  รจ lโ€™unica via che permette di ammirare per intero i tre salti di cui la Cascata รจ composta, per questo รจ definito come percorso turistico per eccellenza. Cโ€™รจ una visione completa dello spettacolo.

La Rupe e lโ€™Uomo รจ tra tutti il percorso piรน lungo, che parte dal belvedere superiore e si sviluppa lungo ciglio della rupe di Marmore, mostrando vari panorami tra cui la Conca ternana, fino alle gole di Ferentillo. Con le guide, da qui si possono visitare alcune delle grotte naturali piรน suggestive.

Infine I Lecci Sapienti, pensato per esperti perchรฉ va dal basso in alto e viceversa attraverso parti molto ripide e sconnesse ed รจ lโ€™unico percorso in cui non si vede la cascata, ma le condotte delle vecchie centrali idroelettriche.

Un consiglio su quando andarci? Dโ€™estate, nei periodi piรน caldi. Rimarrete sbalorditi dal microclima che lโ€™unione tra fitta natura ed acqua ha creato. Crederete veramente alla magia…e anche a Gnefro!

 

Per saperne di piรน su Terni