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Il Commissario straordinario, Gioacchino Napoleone Pepoli, il 15 dicembre 1860 con il decreto n. 197 istituiva la Provincia dellโ€™Umbria: venivano in tal modo riunite le preesistenti quattro delegazioni pontificie di Orvieto, Perugia, Spoleto e Rieti e a esse veniva accorpato anche il mandamento di Gubbio, sottratto alla delegazione di Urbino e Pesaro, in cambio del mandamento di Visso che veniva invece ceduto a Camerino. La Provincia dellโ€™Umbria si trovรฒ dunque articolata in 6 circondari, suddivisi in 176 comuni e 143 appodiati per una superficie complessiva di 9702 km2.

 

La Provincia dellโ€™Umbria nacque in mezzo a grandi polemiche e scontenti che il marchese Pepoli cercรฒ di sedare sia con la parola, richiamando le popolazioni a dare prova di abnegazione ยซsacrificando al bene della patria le tradizioni e gli interessi municipaliยป[1], sia con la forza, sedando sul nascere possibili reazioni armate. Il Palazzo della Provincia, fin dalla scelta strategica del luogo della sua edificazione, ossia dove un tempo sorgeva la Rocca Paolina, odioso simbolo del potere papale, ha una forte valenza simbolica. La scelta di affidare a Domenico Bruschi lโ€™impresa decorativa del Palazzo non risulta in questโ€™ottica certo casuale e, se da un lato deve essere stata favorita dallโ€™aver egli lavorato in piรน occasioni a fianco dellโ€™architetto Antonio Cipolla, a cui era stata affidata la perizia del nuovo palazzo, di sicuro essere stato il figlio di Carlo che aveva partecipato alla prima guerra di indipendenza diventa garanzia di adesione profonda alla modernitร  e di fedeltร  allโ€™Italia unita con le proprie istituzioni. Il ciclo degli affreschi del Bruschi, iniziato nellโ€™estate del 1873 e terminato in occasione del primo Consiglio provinciale tenutosi il 10 settembre di quellโ€™anno, ha pertanto un fortissimo valore simbolico volto a sancire lโ€™ufficialitร  della nuova istituzione. Nella Sala del Consiglio il Bruschi rappresenta 8 figure allegoriche, personificazioni delle entitร  politiche di recente creazione. Colloca lโ€™Italia e la Provincia dellโ€™Umbria lโ€™una di fronte allโ€™altra, affiancate dalle cittร  di Foligno, Orvieto, Perugia, Rieti, Spoleto e Terni ยซin una disposizione radiale e sostanzialmente agerarchica che sottolinea lโ€™armonico concorso delle parti allโ€™unitร ยป[2]. La Provincia dellโ€™Umbria viene collocata, e non a caso, in corrispondenza dello scranno del Presidente ed รจ rappresentata seduta su un trono di pietra che reca gli stemmi delle cittร  di Perugia, Foligno, Terni, Spoleto, Rieti e Orvieto ed รจ sormontato dal gonfalone della Provincia dellโ€™Umbria (un grifo azzurro passante su sfondo rosso).

 

Domenico Bruschi, Provincia dell’Umbria, 1873 (Perugia, Palazzo della Provincia)

 

Sullo sfondo un paesaggio collinare che, insieme ai rami di ulivo e di quercia che la donna sorregge con la mano destra e al grano e ai frutti che escono dalla cornucopia sulla sinistra, suggeriscono la vocazione agricola e al contempo la feconditร  del territorio della Provincia dellโ€™Umbria. La donna รจ vestita con un ricco abito di broccato azzurro e oro. I colori ribadiscono ancora, con la loro simbologia, lโ€™immagine che si vuole trasmettere e, mentre il blu prefigura la lealtร  e la pietร , lโ€™oro garantisce la legittimitร  del potere, la gloria e la potenza. Non a caso lโ€™aquila, che da sempre simboleggia la potenza cosmica e che viene scelta come animale per reggere il cartiglio con il nome Provincia dellโ€™Umbria nella Camera n. 10 dello stesso Palazzo, รจ immersa in un cielo stellato eseguito con gli stessi identici colori.

 


[1] Citazione tratta da G.B. Furiozzi, La Provincia dellโ€™Umbria dal 1861 al 1870, Perugia, Provincia di Perugia, 1987, p. 7 e n. 10.

[2] S. Petrillo, La decorazione pittorica tra nuovi simboli, storia e politica per immagini, in F.F. Mancini (a cura di), Il Palazzo della Provincia di Perugia, Perugia, Quattroemme, 2009, p. 218.

ยซUn curioso personaggio รจ imprigionato nel teatro, per respirare ancora la polvere del palcoscenico, il profumo della cipria, per ascoltare romantiche melodieโ€ฆ e per rimuovere un sipario, quando lo spettacolo non รจ di suo gradimento. Angelino, il fantasma del teatro, ha preso sul serio la sua parte e la sua recita non รจ finitaยป (Igea Frezza, Pagine dellโ€™Umbria)

Interno del teatro di Amelia

 

Ogni teatro, o quasi, ha il suo Fantasma dellโ€™Opera. Il Teatro Sociale di Amelia non sarร  certo il Teatro Massimo di Palermo, dove si aggira lโ€™anima di una misteriosa suora, ma puรฒ comunque vantare la presenza di un simpatico fantasma che scorrazza tranquillo tra un palchetto e lโ€™altro. รˆ Angelino, o almeno cosรฌ รจ stato ribattezzato dal custode del teatro, che ha sempre un gran da fare: quando spegne le luci il fantasma si diverte a riaccenderle e quando le accende Angelino le rispegne. La leggenda narra perรฒ che lo spettro tema il pubblico e che quindi si dilegui a ogni spettacolo. Ma non ha paura degli artisti. ยซAnzi, pare che gli piaccia molto assistere alle prove e che le segua nascosto nellโ€™ombra nel secondo ordine di palchi. Qualche attore sostiene di averlo visto passare, avvolto nel mantello fino al naso e con un cappello a larghe tese, dietro lโ€™ingresso di platea per salire ai piani superiori, e qualcun altro dice che, quando Angelino si accomoda su questo o quel palco, si libera del mantello con un gesto maestoso, facendolo fluttuare nellโ€™aria e buttandoselo dietro alle spalleยป.

La fondazione

Il Teatro Sociale di Amelia nacque dallo sforzo di un gruppo di nobili e di borghesi della cittร , allora fiorente centro dello Stato della Chiesa, che nel 1780 si riunรฌ e decise di costruire un nuovo teatro. Il 23 febbraio del 1782 si tenne la congregazione di fondazione, presieduta dal marchese Orso Orsini, alla quale parteciparono i primi ventisette soci che poi furono presto portati a trentasei. Il progetto, cosรฌ come la direzione dei lavori, furono affidati al conte Stefano Cansacchi, architetto molto stimato anche oltre i confini dello Stato ed esponente dellโ€™Accademia perugina del disegno. Della stessa Accademia faceva parte anche il giovanissimo Gian Antonio Selva che dieci anni dopo realizzรฒ il Gran Teatro la Fenice di Venezia straordinariamente simile al modello amerino. Non solo nellโ€™architettura, ma anche nellโ€™impostazione e nella decorazione.

I restauri

Negli anni sono stati numerosi gli interventi di restauro e di ammodernamento. Nel 1823 fu aperta la fossa orchestrale o golfo mistico, per rispondere alle esigenze imposte dal nuovo modello di opera lirica. Poiย nel 1866 furono eliminate le due grandi statue che il Cansacchi aveva messo a ornamento dei due lati del proscenio e furono realizzati sei palchi di proscenio, che, in aggiunta ai quarantaquattro preesistenti, portarono il numero totale dei palchi ai cinquanta attuali, distribuiti su tre ordini (diciassette per ognuno, con lo spazio centrale del primo ordine occupato dalla porta d’ingresso) oltre allโ€™ampio loggione.

 

sipario

Il sipario

Gli affreschi

Tra il 1880 e il 1886 Domenico Bruschi, artista celebre per numerosi interventi in altri teatri, tra cui il Caio Melisso di Spoleto, fu chiamato a decorare e affrescare la sala. A lui si deve anche il telone raffigurante il leggendario assedio di Amelia da parte del Barbarossa, affiancato all’altro di fattura settecentesca, e il vivace affresco che decora la volta della sala principale. Lโ€™ultimo restauro, terminato nel 2006, ha consentito il recupero dello spazio esterno adattato a teatro allโ€™aperto (duecentoventi posti circa) che comprende anche il belvedere sottostante che si apre sulla vallata. Il sotterraneo invece รจ stato adibito a una sala attrezzata di tutti i comfort.

I meccanismi

Il teatro amerino รจ uno dei rari esemplari di teatro settecentesco realizzato interamente in legno, dalle strutture ai meccanismi scenici tuttora perfettamente funzionanti. Il teatro, tuttโ€™oggi di proprietร  della stessa societร  sorta per la sua realizzazione, ha ospitato tutte le maggiori opere liriche del repertorio italiano settecentesco e ottocentesco, con la partecipazione dei piรน grandi artisti italiani e stranieri, nonchรฉ spettacoli di musica sinfonica e cameristica. Inoltre lโ€™ampioย  palcoscenico (di notevole altezza) รจ stato utilizzato come scenografia per quarantadue film tra i quali Il Marchese del Grillo con Alberto Sordi e Le avventure di Pinocchio di Luigi Comencini, con Nino Manfredi.ย Il Ministero dei Beni Culturali ha dichiarato il Teatro di Amelia monumento di particolare interesse storico e artistico.

 


Bibliografia

  1. Frezza, Pagine dellโ€™Umbria, Perugia, Morlacchi editore, 2009
  2. Petrignani, Care presenze, Neri Pozza, 2004
  3. Ghedina, Guida ai fantasmi dโ€™Italia. Dove cercarli e trovarli, Odoya, 2017

Sitografia

http://www.teatrostabile.umbria.it

 

Per saperne di piรน su Amelia