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Lo storico Fabio Alberti (Bevagna 1719- 1803) nel suo libro “Notizie antiche e moderne riguardanti Bevagna cittร  dellโ€™Umbria”, cosรฌ scriveva nel 1786: ยซEd ecco quanto ho saputo porre insieme a memoria deโ€™ posteri rapporto allโ€™antica, e moderna Bevagna. Ne lascierรฒ la cura, ed il pensiero a quei veri, ed illuminati Cittadini, che verranno dopo di me; sperando, che sullโ€™esempio altrui, si animeranno ad impiegare gloriosamente qualche parte dellโ€™anno nel rintracciare, e pubblicare le memorie, ed i fasti della comune Patria.ยป

Nonna Iside di Bevagna ha raccolto lโ€™invito. Bevanate DOC – cosรฌ si definisce – nata nel 1939 nel paese del Mercato delle Gaite, casalinga appassionata di cucina (passione trasmessa da sua mamma Ida), dei piatti della tradizione, del suo orto e delle sue galline.

Nonna Iside con le sue preparazioni

Grazie a suo figlio Aristide (in realtร  di nome Osiride, ma Bevagna รจ famosa anche per i suoi nomi che raccontano la storia) e a sua nipote Sara รจ diventata una star dei social con la sua pagina Facebook La cucina di nonna Iside, raggiungendo in pochissimi anni (tutto รจ iniziato il 1 aprile 2021, con la prima diretta) 49.000 follower; 101.000 follower sono invece quelli di Instagram e Sara, con i suoi reel รจ arrivata a coinvolgere circa 15 milioni di persone di tutte le etร , giovani e meno giovani.

La sua storia รจ bellissima. Dopo la morte dell’amato marito Marzio, avvenuta nel 2020 in tempo di Covid, Aristide decise di non lasciare sua madre in preda alla depressione e iniziรฒ a riprenderla mentre preparava e cucinava i piatti tipici della tradizione culinaria bevanate. Nacque cosรฌ il primo video su Facebook, che mostrava nonna Iside, la figlia Luisa e la nipote Benedetta intente a preparare le tipiche pizze di Pasqua al formaggio fatte rigorosamente a mano e senza lโ€™aiuto di tecnologie moderne. Il video fu un successo. Raggiunse ben 1.029.797 persone, con 619.183 visualizzazioni e 5051 commenti e condivisioni. A distanza di una settimana (il 7 aprile 2021), arrivรฒ la seconda video-ricetta di un altro piatto tipico, la pizza sotto la brace, ricetta bizzarra che solo nonna Iside sa realizzare: anche in questo caso i numeri furono altissimi, ben 1.847.466 persone raggiunte, con 953.615 visualizzazioni e 10.943 reazioni, condivisioni e commenti.

La nipote Sara, studentessa di Scienze della Comunicazione allโ€™Universitร  di Perugia nel corso di Laurea in Comunicazione pubblica, digitale e dโ€™impresa, decide โ€“ visto il successo – di prendere in mano la situazione e gestire i social della nonna. Si laurea anche con una tesi magistrale dal titolo: Analisi del fenomeno di Granfluencer: il caso โ€œLa cucina di Nonna Isideโ€, nellโ€™anno accademico 2020/2021. Nel giro di pochi giorni arrivano richieste di collaborazione con i ristoranti e le botteghe del paese; con due giovani cuochi bevanati, Monir Eddardary e Francesco Paccoi, realizza un video che spiega come si fa la polenta. Il 13 aprile 2021 viene aperto il canale YouTube La Cucina di Nonna Iside dove sono inseriti alcuni dei video relativi alle dirette della pagina Facebook.

 

Nonna Iside con le nipoti

 

Dopo essere arrivata sulle reti nazionali (Rai2 e Rai3 Umbria), nel 2022 – nel giorno del Pasta Day – viene eletta come la nonna delle Tagliatelle fatte in casa (il reel realizza 15.000.000 di visualizzazioni). Oggi viene chiamata per cooking show in paesi vicini (come La Sagrantina) e nel cassetto cโ€™รจ anche la richiesta di Antonella Clerici per la partecipazione al suo programma. Intanto viene raccontata nei quotidiani regionali e riceve telefonate da bambini e da tantissime persone. Il 23 novembre sarร  a Firenze, alla Leopolda, tra i semifinalisti degli Italy Ambassador Awards, (premio italiano dedicato ai migliori influencer e content creator di tutto il mondo), in nomination nella categoria Food&Beverage, unica umbra.

Sottolinea, con orgoglio, che lo scopo di tutto รจ quello di promuovere i piatti della tradizione locale (le ricette sono scritte sui fogli di un ricettario, naturalmente a mano) e della cucina anti-spreco; ma anche di raccontare e dimostrare come si possono ridurre i passaggi che vanno dalla terra alla tavola e di trasmettere alle nuove generazioni le antiche ricette.
Nelle sue dirette racconta e mostra, in dialetto bevanate come preparare i facioli con erba campagnola, i frascarelli con gli asparagi, le roccette di San Niccolรฒ, il pane casareccio o il pancaciato. Il tutto dalla cucina di casa, circondata dalla sua famiglia (tre figli: Aristide, Roberto, Maria Luisa; cinque nipoti: Daniele, Sara, Camilla, Benedetta, Edoardo) e accogliendo talvolta ospiti famosi e non, divulgando loro – senza prepotenza – il suo sapere e diffondendo positivitร  e buonumore. Nel paese del Medioevo e del Mercato delle Gaite sorge spontanea la riflessione su quanto scritto in un suo libro da Massimo Montanari, professore di Storia Medievale e Storia dellโ€™alimentazione allโ€™Universitร  di Bologna e piรน volte presente a Bevagna: ยซIl cibo รจ cultura perchรฉ ha inventato e trasformato il mondo. รˆ cultura quando si produce, quando si prepara, quando si consuma. รˆ il frutto della nostra identitร  e uno strumento per esprimerla e comunicarla.ยป

 

Nonna Iside che scrive nel suo ricettario

 

Nardi Cesira, poetessa dialettale beanata, le ha dedicato una poesia.

 

Evviva Nonna Iside!

Ha passato li confini der Fossatรฌllo

e… manco a dรฌllo,

รจ rinomata in tutt’er Mรณnno!

La cara, semprice e umile Nonna Iside

รจ ormai diventata la piรน famosa Beanata!

Ma va’!

Nonna Iside, se sveja la matina quannochรฉ canta er gallo,

lรฌa a tutto penza, como la Pruรฌdenza!

Stรฉte tranquilli che Iside ghjร  ha preparato l’occorrente

pe’ fa’ dรน ova de tajatรจlle

e ‘n sughetto co ‘lle pummitorรฉlle.

Con arte e semprice fantasia,sforna ghjornalmente

pane, biscotti, pizze e roccette varie!

Ma… ha parlato con Sanniccolรฒ?

Poรจsse ‘nco’!

‘Stu Santo gh’javrร  lasciato la farina e la ricetta de ‘lle famose pastarรจlle!

E ‘ntanto la TV c’jha piato spizzico a faje le Dirette!

รˆ proprio vero che a Beagne se bรฉe e se magna!

Fra fregnร cce e frittรจlle

gnocchi, frascarรฉlli, quadrucci e martajati

la pizza ‘ncรฉnnerata sott’ar foco

nรณantre beanati

con Nonna Iside non tremร mo piรน!

Sรฉmo nati furtunati!

Volendo scrivere un articolo sulle tradizioni natalizie umbre di una volta, non si trova nulla che non abbia a che fare con il cibo. Avrei dovuto aspettarmelo, considerato quanta importanza diamo alle occasioni di festa: per lo scambio di auguri, certo, ma anche per poter finalmente mangiare delle golositร  attese tutto lโ€™anno.

Ho pensato allora di riportarvi la mia esperienza, incuriosita dalle piccole discrepanze nei rituali, nelle preparazioni e nelle modalitร  di accoglienza di quella che forse รจ la festa piรน amata e attesa. Lo spunto proviene dallโ€™osservazione della mia famiglia, nemmeno troppo conservatrice nรฉ attaccata alle tradizioni, che pure ha incamerato delle usanze di provenienza sconosciuta che, ripetute nel tempo, hanno finito per cancellare tutte le domande possibili sulla loro origine. Insomma, si seguono certi rituali senza nemmeno chiedersi il perchรฉ. Eppure giร  tra i miei genitori cโ€™era un abisso in fatto di abitudini: mia madre proveniva da una famiglia che aveva vissuto lโ€™incontro epifanico e abbagliante con il progresso tecnico in un periodo in cui lei e le sue sorelle ancora si lavavano in tre dentro un bacile per i vestiti, mentre mio padre, nato in una famiglia di campagna di stampo ottocentesco, conosceva soltanto la fatica della terra e del duro lavoro nei campi. Forse ad accomunarli cโ€™era solo il fatto che cโ€™era poco da mangiare.

 

Cappelletti in brodo

 

Forse รจ per questo che mia nonna โ€“ la mamma di mia madre โ€“ quando ci invitava a pranzo per Natale sembrava avesse conservato la crรจme de la crรจme delle sue scorte solo per noi, come se tutte le privazioni dellโ€™anno appena trascorso avessero portato a quellโ€™unico momento. Erano finiti da un pezzo i tempi di magra, come cโ€™erano giร  stati il boom economico degli anni Ottanta e il progresso, ma certe modalitร  erano rimaste le stesse. Certe cose si trovavano solo a Natale, non si era abituati a soddisfare ogni voglia che si aveva semplicemente mettendo piede in un supermercato: richiederle fuori periodo era impensabile. Da noi la cosa era talmente radicata che il menu natalizio era sempre lo stesso e, se da adolescente confesso di essere diventata irrequieta di fronte a quella proposta sempre uguale, ora non so che darei per riassaggiare il pollo disossato di mia nonna.

Ma andiamo con ordine. La tavola si presentava giร  apparecchiata, con la tovaglia rossa delle feste e i piattini con gli antipasti giร  pronti per essere saccheggiati: cโ€™era sempre un crostino con patรฉ di fegatini, una fetta di torta di Pasqua con il prosciutto crudo, una fettina di capocollo e un triangolino di pane da tramezzini con salsa alla maionese e sottaceti, piccolo strappo alla tradizione umbra che, inconsapevolmente, veniva servita ogni anno su quella tavola imbandita.

Dopodichรฉ arrivava lei, la zuppiera fumante ripiena di cappelletti, arrivati lรฌ al termine di una lavorazione dai connotati quasi rituali. Mia nonna e le sue amiche, infatti, durante le due settimane prima di Natale si radunavano ora a casa di una, ora a casa dellโ€™altra per fare i cappelletti, senza i quali la festa non sarebbe stata tale. รˆ vero, ogni anno quelle povere donne dalle mani piegate dallโ€™artrite faticavano sempre di piรน, borbottando a gran voce e minacciando di smettere con quellโ€™impegnativa pratica, eppure le ritrovavi sempre lรฌ, riunite intorno al tavolo a spettegolare mentre, con una manualitร  invidiabile acquisita in oltre mezzo secolo di attivitร , creavano senza sosta tanti piccoli cappelli della stessa misura e dimensione. Il lavoro andava avanti per ore e spesso serviva piรน di un appuntamento per assicurare alle famiglie delle cinque signore una scorta accettabile. Scorta che poi sarebbe durata fino a Pasqua.

Dopo i cappelletti era il turno del famigerato pollo disossato. La lavorazione era lunga e certosina: nonna disossava un pollo ruspante comprato dal suo amico allevatore con una maestria che a noi nipoti faceva rabbrividire – per le sorti del pollo, รจ chiaro โ€“ e poi lo riempiva con macinato, salsiccia, mortadella, Parmigiano, uovo e pan grattato. Una volta tagliato a fette, veniva ripassato in padella e servito. Inutile dire che facevamo a gara per aggiudicarci le fette piรน ricche di ripieno. Oggi sono convinta che il pollo disossato di mia nonna fosse una variante della classica galantina umbra, dove perรฒ le uova che entrano nel ripieno vengono lessate e il preparato ottenuto va servito freddo, previa cottura in acqua salata in un involucro di alluminio.

Qualche volta aveva fatto la sua comparsa anche la parmigiana di gobbi, altra preparazione tradizionale umbra che aveva affiancato la piรน tranquilla e imperitura erba cotta โ€“ solitamente spinaci โ€“ ma la prima regola da seguire durante questi ricchi pranzi di famiglia era lasciare sempre uno spazietto per il dolce, per cui spesso il contorno lo saltavamo a piedi pari.

 

dolci natalizi umbri

Le pinoccate bianche e nere

 

Il dessert era composito come lโ€™antipasto: cโ€™erano il pandoro e il panettone, ma anche i tozzetti fatti a mano dalla nonna, il torciglione e il panpepato. Non mancava niente a parte le pinoccate, con cui mi ero giร  deliziata nei giorni precedenti grazie a mio padre, grande appassionato di questi dolcetti dalla lunghissima storia. Oggi sempre piรน rare, per me le pinoccate sancivano lโ€™inizio delle feste, con quella forma da dolcetto stregato, quegli incarti pieni di ghirigori e quellโ€™inconfondibile sapore di pinoli e zucchero.

Dopo il brindisi di auguri, ci si scambiavano i doni e non era insolito sentirsi chiedere: ยซChe ti ha portato il Bambino?ยป. Sรฌ, perchรฉ non tanto tempo fa โ€“ parliamo degli anni Sessanta-Settanta del secolo scorso โ€“ non era Babbo Natale a portare i doni ai miei genitori, ma Gesรน Bambino.

Erano piรน che altro i parenti di mio padre a rivolgerci questa domanda, perchรฉ loro stessi, da piccoli, erano soliti addobbare un ramo reciso con mandarini e frutta secca per propiziare la venuta del Bambino. รˆ curiosa la crasi fatta, almeno dai miei parenti, tra il Christkind che porta i doni di Natale nel sud della Germania, nella Repubblica Ceca, in Svizzera, in Austria, in Liechtenstein, in Slovenia e in Croazia con San Nicola e Santa Lucia, festeggiati rispettivamente il 5-6 dicembre e il 12-13 dicembre, in Italia come in alcuni Paesi dโ€™Europa. La tipologia dei doni, in particolare gli agrumi, richiama infatti sia le tradizionali offerte che i bambini di alcune regioni del nord Italia lasciano a Santa Lucia (appunto arance, biscotti, caffรจ, mezzo bicchiere di vino rosso e il fieno per lโ€™asino) sia la storia di caritร  di San Nicola, che donรฒ tre palle dโ€™oro (molto simili, in effetti, alle piรน umili arance o ai mandarini) a tre povere fanciulle che rischiavano di essere vendute come schiave.
Non so se questa crasi sia stata fatta consapevolmente, probabilmente vi sono confluiti echi diversi, i cui percorsi si sono smarriti nel tempo. La mia opinione รจ che i mandarini fossero considerati dei frutti esotici pregiati, adatti a unโ€™occasione speciale o addirittura come regalo. Spesso, infatti, gli stessi agrumi che avevano decorato lโ€™albero erano i regali per i bambini, da sbucciare (e mangiare!) la mattina di Natale.

 


Fonti

www.umbriatourism.it
www.corriere.it
https://www.rivistastudio.com/arance-natale-storia/

ยซPrendete un pugno di noci mondate, un pugno di acini di uva cotta, un pugno di formaggio pecorino tagliato a piccoli dadi, un pizzico dello stesso formaggio grattato, un pizzico di pepe, un po’ di sale, cinque o sei chiodi di garofano, mezzo bicchiere di vino rosso, strutto e olio quanto basta,e formate del tutto un insieme che lascerete riposare per circa dieci ore.Unitevi un chilo e mezzo di pasta del pane, formando un composto che dividerete in tre parti a guisa di pagnotte separate. Su queste praticherete un profondo taglio in croce. Quando il composto sarร  lievitato, lo cuocerete nel forno in muratura; questo pan nociato deve essere ben cottoยป.

Cosรฌ lโ€™Annuario della cittร  di Todi, datato 1927, riporta il procedimento per la preparazione del pan nociato, un pane arricchito di gustose noci – ย a volte anche di uvetta – che le genti di quei luoghi erano solite consumare nel periodo autunnale, soprattutto durante i lavori nei campi.

Essendo il pane – cosรฌ come le noci e lโ€™uvetta essiccata โ€“ estremamente energetico e corroborante, non sorprende che la saggezza contadina lโ€™avesse eletto a spuntino prediletto di coloro che, durante le fredde giornate di novembre, si affannavano lungo i crinali erbosi per la raccolta delle olive. Le piccole dimensioni del pan nociato, infatti, erano perfette per mettere qualcosa sotto i denti senza appesantirsi.

Una versione sublimata

Sebbene esistano diverse versioni, sia dolci sia salate, la ricetta originale รจ quella tuderte, che trae beneficio non solo dalla morbidezza dello strutto, ma anche dal contrasto dolce-salato dellโ€™uvetta abbinata al pecorino. Sembra che questa preparazione fosse giร  stata codificata in un trattato del 1500, ma fin nel mondo classico erano diffuse preparazioni similari. Il patriarca di Gerusalemme Sofrone (siamo nel VI secolo), parla infatti di un pane al formaggio per bambini, senza contare le innumerevoli preparazioni diffuse nellโ€™antica Roma e poi raffinate nel corso dei secoli successivi.

Antipasti letterari

รˆ indubbio, poi, che il pan nociato โ€“ o pan caciato che dir si voglia โ€“ sia una vera e propria prelibatezza, servita ancora oggi sulle tavole umbre come antipasto. Una delizia che da Todi si รจ diffusa in tutta la regione, tanto da meritarsi un posto dโ€™onore nella poesiaย Novembre di Guido Discepoli, con tenuta nel Saggio di poesie e canti popolari religiosi di alcuni paesi umbri, curato da Oreste Grifoni โ€“ purtroppo, oggi, fuori catalogo.

Cosรฌ lโ€™Annuario della cittร  di Todi, datato 1927, riporta il procedimento per la preparazione del pan nociato, un pane arricchito di gustose noci – ย a volte anche di uvetta – che le genti di quei luoghi erano solite consumare nel periodo autunnale, soprattutto durante i lavori nei campi.

Essendo il pane – cosรฌ come le noci e lโ€™uvetta essiccata โ€“ estremamente energetico e corroborante, non sorprende che la saggezza contadina lโ€™avesse eletto a spuntino prediletto di coloro che, durante le fredde giornate di novembre, si affannavano lungo i crinali erbosi per la raccolta delle olive. Le piccole dimensioni del pan nociato, infatti, erano perfette per mettere qualcosa sotto i denti senza appesantirsi.

 

Una versione sublimata

Sebbene esistano diverse versioni, sia dolci sia salate, la ricetta originale รจ quella tuderte, che trae beneficio non solo dalla morbidezza dello strutto, ma anche dal contrasto dolce-salato dellโ€™uvetta abbinata al pecorino. Sembra che questa preparazione fosse giร  stata codificata in un trattato del 1500, ma fin nel mondo classico erano diffuse preparazioni similari. Il patriarca di Gerusalemme Sofrone (siamo nel VI secolo), parla infatti di un pane al formaggio per bambini, senza contare le innumerevoli preparazioni diffuse nellโ€™antica Roma e poi raffinate nel corso dei secoli successivi.

Antipasti letterari

รˆ indubbio, poi, che il pan nociato โ€“ o pan caciato che dir si voglia โ€“ sia una vera e propria prelibatezza, servita ancora oggi sulle tavole umbre come antipasto. Una delizia che da Todi si รจ diffusa in tutta la regione, tanto da meritarsi un posto dโ€™onore nella poesiaย Novembre di Guido Discepoli, con tenuta nel Saggio di poesie e canti popolari religiosi di alcuni paesi umbri, curato da Oreste Grifoni โ€“ purtroppo, oggi, fuori catalogo.

Cosรฌ lโ€™Annuario della cittร  di Todi, datato 1927, riporta il procedimento per la preparazione del pan nociato, un pane arricchito di gustose noci – ย a volte anche di uvetta – che le genti di quei luoghi erano solite consumare nel periodo autunnale, soprattutto durante i lavori nei campi.

Essendo il pane – cosรฌ come le noci e lโ€™uvetta essiccata โ€“ estremamente energetico e corroborante, non sorprende che la saggezza contadina lโ€™avesse eletto a spuntino prediletto di coloro che, durante le fredde giornate di novembre, si affannavano lungo i crinali erbosi per la raccolta delle olive. Le piccole dimensioni del pan nociato, infatti, erano perfette per mettere qualcosa sotto i denti senza appesantirsi.

 

Una versione sublimata

Sebbene esistano diverse versioni, sia dolci sia salate, la ricetta originale รจ quella tuderte, che trae beneficio non solo dalla morbidezza dello strutto, ma anche dal contrasto dolce-salato dellโ€™uvetta abbinata al pecorino. Sembra che questa preparazione fosse giร  stata codificata in un trattato del 1500, ma fin nel mondo classico erano diffuse preparazioni similari. Il patriarca di Gerusalemme Sofrone (siamo nel VI secolo), parla infatti di un pane al formaggio per bambini, senza contare le innumerevoli preparazioni diffuse nellโ€™antica Roma e poi raffinate nel corso dei secoli successivi.

Antipasti letterari

รˆ indubbio, poi, che il pan nociato โ€“ o pan caciato che dir si voglia โ€“ sia una vera e propria prelibatezza, servita ancora oggi sulle tavole umbre come antipasto. Una delizia che da Todi si รจ diffusa in tutta la regione, tanto da meritarsi un posto dโ€™onore nella poesiaย Novembre di Guido Discepoli, con tenuta nel Saggio di poesie e canti popolari religiosi di alcuni paesi umbri, curato da Oreste Grifoni โ€“ purtroppo, oggi, fuori catalogo.