Fino agli anni Sessanta del secolo scorso, le donne provenienti dal reatino, ternano e ascolano, salivano fino a Castelluccio di Norcia per raccogliere a mano la celebre lenticchia nella fase della carpitura. Da qui il nome dato a queste lavoratrici: le Carpirine.
Per la prima volta ho sentito parlare delle Carpirine dallโattuale vicesindaco di Monteleone di Spoleto,Federica Agabiti, mentre mi narrava della strada che corre nei pressi dellโantico borgo, che partiva dalla conca ternana fino a giungere a Castelluccio. Questo sentiero, fino al secolo scorso, era percorso a piedi dalle Carpirine. Per queste donne, andare a raccogliere la lenticchia, aveva molti significati: riportare un importante contributo economico a casa, uscire dalla consueta quotidianitร e per le piรน giovani, conoscere dei bei giovanotti.
lenticchia
Le Carpirine erano suddivise in vari in gruppi ed erano accompagnate nellโultimo tratto da un musico, che con il suo strumento preannunciava lโarrivo e sosteneva il loro canto fatto soprattutto da stornelli. Lavoravano sempre in piccole compagini e quando avevano terminato di raccogliere la lenticchia su un campo, le tipiche note dellโorganetto erano il segnale di avviso che avevano finito il lavoro e potevano iniziarne un altro. A questo punto le donne aspettavano il successivo committente che le avesse ingaggiate per prime. Le lavoratrici raccoglievano la lenticchia in mucchietti che lasciavano sul campo a essiccare. Fare questo lavoro era una gran fatica: cogliere la lenticchia dallโalba al tramonto, piante basse, tutto il giorno sotto il sole.
Ci sono anche dei racconti di chi ha vissuto queste esperienze che ricorda come le giovani Carpirine, durante la fase della battitura, ballavano sopra la lenticchia essiccata, accompagnate dalle note del solito organetto. Era un momento di grande festa!
Il sentiero delle Carpirine, che transita anche nei pressi di Monteleone di Spoleto, andrebbe ripercorso e rivalutato e potrebbe essere dโinteresse turistico, magari affiancato da qualche reperto storico (fotografie, lettere di corrispondenza, attrezzi). Un recupero che vada ad alimentare una sede storica di rimembranza e che testimoni, soprattutto ai piรน giovani, quello che hanno vissuto queste fantastiche donne nel segno dellโemancipazione femminile e della tradizione contadina dei luoghi.
Ogni anno, tra giugno e la prima metร di luglio, migliaia di turisti si riversano nel piccolo paese di Castelluccio di Norcia, per assistere alla famosa โFioritaโ, cioรจ la fioritura di lenticchie e di โpiante infestantiโ che si sviluppano durante la crescita del legume.
Il costante aumento di turisti rappresenta certamente una grande opportunitร per lโeconomia del territorio, ma deve contemplare anche il concetto di sostenibilitร ambientale, in modo tale che gli ingenti flussi di visitatori non vadano a incidere negativamente sui delicati equilibri ecosistemici che caratterizzano il contesto ambientale.
Un turismo consapevole per uno sviluppo sostenibile che รจ lโobiettivo del Parco Nazionale dei Monti Sibillini e del suo Presidente, il professore Andrea Spaterna.
Buongiorno professore, innanzitutto, secondo lei, che cosa รจ che spinge migliaia di persone, da ogni parte del mondo, a venire ad ammirare la fioritura di Castelluccio?
I Piani di Castelluccio di Norcia sono un contesto naturalistico di assoluto pregio, Sito di Interesse Comunitario, uno scenario di unica bellezza durante tutto lโarco dellโanno, che si esalta nei mesi di giugno e luglio con il ripetersi del suggestivo spettacolo della fioritura, che โcoloraโ tale contesto, come una tavolozza di un pittore, regalando ai visitatori unโesperienza memorabile. Il segreto sono le cosiddette โpiante infestantiโ, che, grazie alla totale assenza di pesticidi nella coltivazione delle lenticchie, nascono e fioriscono in momenti differenti, andando a creare un grande mosaico colorato: dal giallo della senape selvatica al rosso del papavero e al blu del fiordaliso. I campi non seminati a lenticchia aggiungono poi ulteriori colori, come il verde del grano e il viola tenue della lupinella. Il risultato รจ un suggestivo scenario policromo.
Piana di Castelluccio di Norcia, foto di Enrico Mezzasoma
Questโanno si sono prese iniziative riguardo la gestione dei flussi turistici, bloccando lโaccesso agli autoveicoli, esclusi i residenti, e favorendo un servizio di navette. ย Qual รจ stata la ragione principale di questa decisione?
Innanzitutto, questโanno รจ intervenuto un fattore di discontinuitร con il passato, una sentenza della Corte di Appello di Roma per gli usi civici che, nel marzo scorso, ha confermato quanto giร stabilito dalla sentenza del Commissario agli usi civici di Lazio, Umbria e Toscana e cioรจ il divieto di realizzare parcheggi per autoveicoli, anche solo temporanei, sul Pian Grande di Castelluccio. Questo ha indotto a ritenere che, con la fioritura di questโanno, si sarebbe potuta aggravare la giร critica situazione del flusso veicolare registrata negli anni precedenti, soprattutto nei fine settimana. Si รจ aperto pertanto un lungo confronto tra i diversi attori istituzionali dei due versanti, umbro e marchigiano, che ha visto lโEnte Parco svolgere un ruolo di mediazione per cercare di contemperare le diverse istanze. Purtroppo, malgrado i tanti incontri e lโimpegno di tutte le Istituzioni, lโintento non รจ andato, almeno per il momento, a buon fine, in quanto non si รจ riusciti a fare sintesi delle diverse esigenze e aspettative, peraltro tutte piรน che comprensibili e legittime.
Quello che รจ seguito รจ lโormai nota iniziativa, assunta dal versante umbro, di chiudere ad auto e camper lโaccesso nei primi due fine settimana di luglio, lasciando libero transito solo ai mezzi a due ruote, alle auto di residenti e autorizzati, cosรฌ come a navette e bus turistici, organizzando per gli altri mezzi un servizio di prenotazione on line presso i parcheggi di corona, con la possibilitร di arrivare poi a Castelluccio attraverso un sistema di navette.
Certamente รจ di tutti la consapevolezza che la fioritura rappresenta unโopportunitร straordinaria e attesa per lโeconomia locale, messa in ginocchio da tutta una serie di eventi avversi (tra gli ultimi, il terremoto del 2016 e lโemergenza pandemica), e quindi non solo riferita alla frazione di Castelluccio e dei tre Comuni porte di ingresso ai piani (Norcia, Castelsantangelo sul Nera, Arquata del Tronto), ma anche ai numerosi altri comuni che, ad anelli concentrici, beneficiano dellโimpennata turistica che si registra in questo periodo.
Cresta del Monte Sibilla, Parco dei Monti Sibillini, foto di Eleonora Cesaretti
Un turismo sostenibile non si puรฒ scindere da una consapevolezza e responsabilitร dei turisti. Come si puรฒ promuovere un turismo piรน consapevole e sostenibile?
Faggeta nei pressi dell’Eremo di San Leonardo, Parco dei Monti Sibillini, foto di Eleonora Cesaretti
Il Parco รจ ricco di siti bellissimi ma altrettanto fragili, che vanno pertanto tutelati e protetti. Uno scrigno di straordinaria biodiversitร , con un inestimabile patrimonio naturalistico che impone rispetto e attenzione: รจ questa la consapevolezza che lโEnte Parco cerca di trasmettere ai turisti, attraverso le campagne di sensibilizzazione, le guide del Parco, gli addetti ai tanti centri di Educazione ambientale e di Informazione, ma anche attraverso accordi di collaborazione, come quello con il Club Alpino Italiano, finalizzato a trasmettere, soprattutto alle nuove generazioni, la cultura per la montagna e per lโambiente. Tutto improntato a un turismo inteso non come una mera fruizione del territorio, ma come unโesperienza di intima connessione con il contesto naturale.
Tra le iniziative piรน recenti in ambito di sostenibilitร vi sono quelle riferite alla mobilitร dolce e a forme di fruizione alternativa.
Sulla mobilitร dolce il Parco sta investendo, di comune accordo con le amministrazioni locali, risorse importanti, con la realizzazione di piste ciclabili, stazioni di scambio e di ricarica per e-bike, auto e navette elettriche: una modalitร di fruizione in grado di non impattare negativamente sullโambiente in termini di inquinamento e che consenta unโesperienza rispettosa e al contempo piacevole e suggestiva.
Vi รจ poi la fruizione alternativa, che coniuga lโamore per la natura e la montagna con aspetti salutari e culturali. Un esempio รจ lโiniziativa denominata โbagno di forestaโ, camminate emozionali allโinterno dei boschi del Parco, che, oltre a permettere di godere di sentieri di rara bellezza e di una straordinaria biodiversitร animale e vegetale, possono avere un riscontro positivo sia a livello psichico, sia a livello fisico, grazie alla possibilitร di respirare delle sostanze prodotte dalle piante, i terpeni, con acclarati effetti benefici sullo stato di salute. Altra iniziativa รจ la connessione tra la rete sentieristica e quella museale, che permette di trasformare unโesperienza naturalistica in una che sia anche culturale, facendo scoprire, ad esempio, come dei pregevoli manoscritti leopardiani, tra cui una delle due versioni originali della poesia lโInfinito, siano custoditi nel Museo di Visso.
In conclusione, qual รจ quindi lโobiettivo da raggiungere in ambito turistico?
Sicuramente quello di promuovere sempre piรน e sempre meglio il Parco dei Monti Sibillini, per raccontare le sue straordinarie bellezze, naturalistiche, paesaggistiche, architettoniche e culturali, al fine di incrementare, in un contesto di sicurezza e di sostenibilitร ambientale, quel turismo lento, responsabile e consapevole, in grado anche di contribuire a rigenerare il tessuto socioeconomico del territorio di riferimento.
5 filetti dโacciuga sottโolio, piรน altri per decorare
2 spicchi dโaglio
olio EVO q.b.
Preparazione:
Mettete sul fuoco la pentola con lโacqua salata. Appena lโacqua arriva a ebollizione, versatevi la farina di roveja a pioggia e mescolate energicamente con una frusta per evitare che si formino grumi. Mantenendo un fuoco lento, continuate a girare la polenta con un mestolo di legno per circa 40 minuti. Mentre la Farecchiata cuoce, in una padella antiaderente scaldate lโolio extravergine con gli specchi di aglio interi; quando saranno dorati rimuoveteli e inserite i filetti di acciughe, lasciandoli sciogliere lentamente a fuoco lento. Raggiunta la cottura della polenta rimuovetela dal fuoco, versatela nei piatti e condite con lโolio insaporito che avete preparato; fatela riposare un minuto, poi servitela con un filetto di acciuga arrotolato al centro del piatto. La vostra Farecchiata di Roveja รจ finalmente pronta per essere gustata. Una variante stuzzicante: per rendere piรน croccante la vostra Farecchiata, tagliatela a fette, friggetela e servitela con un filetto di acciuga.
La Farecchiata, (o polenta con farina di Roveja), รจ una polenta tipica dal gusto delicato e lievemente amarognolo che viene preparata in diverse zone delle Marche, ma soprattutto nella zona di Castelluccio di Norcia, in Umbria. Si tratta di un piatto antichissimo della tradizione pastorale castellucciana: un’importante fonte di sostentamentoย per le famiglie di pastori e contadini dei Monti Sibillini. Un piatto molto povero ma che si mantiene nel tempo, ragion per cui in passato fungeva da colazione proprio per i pastori della zona. L’ingrediente principale รจ la Roveja, un piccolo e saporito legume di colore marroncino, simile ai ceci ma dal sapore piรน forte. Conosciuta anche come pisello dei campi, robiglio o corbello, la roveja รจ un legume antico, che rischia di scomparire a causa delle difficoltร legate alle condizioni impervie del territorio e alla morfologia della pianta. Ad oggi, infatti, sopravvive soltanto in una zona circoscritta della Valnerina grazie all’impegno di alcuni agricoltori che operano nella localitร di Preci (Cascia), dove si trova anche un’antica fonte chiamata dei rovegliari. Estremamente nutriente, con un elevato apporto di proteine, fosforo, carboidrati e un ridotto contenuto di grassi, la roveja รจ oggi Presidio Slow Food.
Tra i cibi che fanno bene allโuomo, c’รจ la lenticchia, coltura in grado di risollevare le sorti della Terra oltre che fiore allโocchiello dellโUmbria.
Lenticchia di Castelluccio
Vendersi per un piatto di lenticchie รจ ciรฒ che fa Esaรน quando rinuncia alla sua ereditร [1] per rifocillarsi con un piatto di ยซminestra rossaยป[2]; ma perchรฉ Esaรน cede proprio a un piatto di lenticchie? Forse perchรฉ anche lui sa che sono in grado di ยซsaziare, infondere serenitร ยป[3], ed essere ยซnutrienti per chi non puรฒ permettersi carneยป[4]. La lenticchia รจ infatti ricca di carboidrati, proteine, minerali[5], vitamine[6] e ferro, รจ povera di grassi, adatta ai soggetti celiaci poichรฉ priva di glutine e ha elevate capacitร salutistiche dovute allโalto contenuto di polifenoli[7]– di cui รจ ricco anche lโolio EVO – come sostiene uno studio riportato dallโAIRAS. Ma gli autori del passato lโhanno esaltata riconoscendole lโulteriore merito di rendere fertile il terreno[8] grazie alla sua capacitร di fissare lโazoto[9], motivo per cui la FAO[10] lโha collocata tra le colture alla base della storia dellโuomo[11] e inserita nei sistemi di coltivazione per i paesi in via di sviluppo. La Lens Culinaris, resistente alla siccitร , ha trovato in quello umbro territorio favorevole, riuscendo addirittura, grazie allโagricoltura biologica di Norcia che permette il verificarsi della Fioritura di Castelluccio[12], a ottenere il vanto del bollino europeoIGP.
[1] Guida del popolo ebraico.โ [2] Libro della Genesi 25, 27-35.โ [3]Naturalis Historia, Plinio il Vecchio.โ [4]Lenticchie, tradizione e cultura in un piatto <www.stile.it> – La Stampa.โ [5] Potassio, fosforo, magnesio, calcio, ferro, zinco, sodio e selenio.โ [6] Vitamina A, gruppo B e C.โ [7] Sostanze antiossidanti capaci di prevenire le malattie degenerative dellโuomo.โ [8]I legumi dellโUmbria, Renzo Torricelli, Francesco Damiani <www.studiumbri.it>โ [9] Diffuso in natura: nei 4/5 dellโaria e in numerosi composti inorganici e organici.โ [10]FAO: Anno internazionale dei legumi, Francesco Damiani <www.studiumbri.it>โ [11]I legumi dellโUmbria, Renzo Torricelli, Francesco Damiani <www.studiumbri.it>โ [12]Lenticchie, tradizione e cultura in un piatto <www.stile.it> – La Stampa.โ
ยซDallโalto si contemplano paesaggi come patinati, conche di un verde argenteo, colline che scendono lentamente a valle recando torri, campanili, basiliche, monasteri. Tramonti limpidi, di un rosso privo di eccesso, sfumano sulle rocche e sugli oliveti, tra suoni di campane e rondini. Lโaria leggera dร un senso di euforia fisica. Umbria, cuore verde dโItaliaยป.
(Guido Piovene)
Cinque segreti da scoprire, cinque idee di viaggio per un weekend alla scoperta della Valnerina.
Vallo di Nera
Vallo di Nera
Una lunga storia umana e naturale, che sopravvive da secoli in un delicato equilibrio, ha modellato un territorio dal fascino medioevale:ย Vallo di Nera,ย un antico castello fondato nel 1217. Se da un lato il fiume Nera, che scorre tra ripidi versanti coperti di boschi, ha creato uno degli angoli piรน belli dโItalia; dallโaltro lโuomo, con le sue esigenze di sopravvivenza e difesa, ha arricchito questo angolo diย Valnerinaย creando uno dei piรน limpidi esempi di borgo umbro. Non a caso,ย Vallo di Neraย รจ riconosciuto come uno deiย Borghi piรน Belli dโItalia. Dal castello si sviluppa una fitta rete di sentieri a quote diverse da percorrere a piedi, in bicicletta o a cavallo. Un luogo in cui il tempo sembra essersi fermato, un castello che custodisce al suo interno percorsi gastronomici dai sapori antichi,ย fra tutti il formaggio, principe della tavola locale.
Abbazia dei Santi Felice e Mauro
Abbazia dei Santi Felice e Mauro
LโAbbazia dei Santi Felice e Mauro, sfiorata dallo scorrere armonioso del fiume Nera, narraย le epiche gesta dei due monaci sirianiย a cui รจ consacrata. LโAbbazia, mirabile esempio di architettura romanica umbra, sorge in un luogo intriso di fascino: secondo la tradizione, la Valle del Nera che oggi appare come un dipinto di borghi medioevali e antichi vigneti, in antichitร era una selva paludosa, dimora di unโoscura creatura:ย un drago. La leggenda narra che i due monaci siriani, il cui coraggio รจ narrato dal fregio finemente scolpito che sorregge il rosone, uccisero il drago ed evangelizzarono laย Valle del Nera.ย Gli affreschi del 1100, la facciata meravigliosamente scolpita, la grotta in cui si credeva abitasse il drago e la natura rigogliosa in cui รจ immersa fanno dellโAbbazia dei Santi Felice e Mauroย uno dei gioielli piรน preziosiย dellaย Valnerina.
Eremo della Madonna della Stella
Eremo della Madonna della Stella
LโEremo della Madonna della Stella,scolpito nella rocciaย dalla sapiente mano di monaci benedettini, รจ uno dei luoghi piรน suggestivi della verde Umbria. Era il VII secolo quando i primi eremi si insediarono in questo angolo diย Valnerina.ย Tra i silenzi del vento e della natura, in un luogo in cui non si vedono altro che due palmi di cielo, al canto della preghiera si unรฌ quello dellโarte:ย lโEremo, infatti,ย prende il nome da una suggestiva opera dโarte che raffigura la Madonna vestita di stelle, rinvenuta casualmente in un dirupo. A incorniciare il sentiero che porta fino allโEremo della Madonna della Stella, un limpido ruscello che nasce sui versanti orientali dellaย Valnerina, formando una piccola cascata a poca distanza dal Santuario.
Altipiano di Castelluccio
Lโaltipiano di Castelluccio
Il ยซluogo piรน simile al Tibet che esista in Europaยป, cosรฌ un celebre viaggiatore definรฌย lโaltopiano di Castelluccio,ย una terra antica dai colori pastelloย custodita allโombra deiย Monti Sibillini. Un angolo di Umbria dai mille volti:ย regno della naturaย eย terra di antiche leggende, di fate dai piedi di capra e di mistici oracoli, fra tutti la Sibilla, che dร il nome alla catena montuosa che oggi รจย Parco Nazionale. Tra le mille esperienze che si possono fare sullโaltopiano di Castelluccioย ce nโรจ una che non delude mai:ย unโescursione a piedi o a cavalloย tra i mille sentieri che costituiscono il cuore del luogo, uno scivolare quasi involontario tra le braccia di Madre Natura. E poi sapori inconfondibili che sembravano perduti, ma che provengono dal cuore di una terra generosa:ย dalla lenticchia ai cerealiย questo รจ un angolo di paradiso che parla una lingua comune, quella della tradizione.
Lo zafferano
Lo zafferano
Lโarcano mistero che avvolge lโetimologia della parola Crocus Sativus, denominazione scientifica con cui viene comunemente indicato lo zafferano, si perde nella leggenda di Croco, che si innamorรฒ mortalmente della ninfa Smilaceย per poi essere tramutato in un biondo fiore di zafferano. La coltivazione delloย zafferano, elemento identitario della storia e dei costumi umbri, attinge alle esperienze di un passato importante inteso come patrimonio prezioso dal quale trarre ispirazione.ย Un lavoro in cui lโelemento umano รจ esclusivo:ย dalla preparazione delย terreno alla scelta dei bulbi, passando per il momento della sfioratura fino al confezionamento del prodotto finale.
Henry James, visitando lโUmbria, scriveva: ยซLa sua [del visitatore] prima cura sarร di non aver fretta nel camminare dappertutto molto lentamente e senza meta conservando tutto quel che i suoi occhi incontrerannoยป.
Un pugno di parole quello che ha ispirato questo itinerario tra i sapori e gli aromi della Valnerina, tasselli di un mosaico antico, quello della tradizione umbra, che vuole raccontare la sua storia. Un viaggio per riappropiarsi del proprio tempo, nel cuore di unโUmbria che non conosce fast food. Ci sono passato, presente e futuro racchiusi nei sapori della Valnerina, terra in cui gli antichi Romani prima e i Longobardi poi hanno innalzato torri e santuari e dove, per secoli, la vita laica e quella religiosa hanno dipinto tele di borghi e cittร medioevali. ย Sapori e tradizioni autentiche che riprendono vita in un gioco di valli e altopiani, luoghi in cui รจ custodito il genio dellโuomo; luoghi in cui tradizione, sapienza e ruralitร si intrecciano con intense passioni, ispirazione pura e stupefacente grandezza. Percepire tutto lo stupore del viaggiatore racchiuso in un solo luogo, sentirsi avvolgere dalle meraviglie del Creato in un solo sguardo, scoprire il mistero dellโispirazione piรน pura, conoscere il desiderio delle genti umbre di riflettere, a tavola, la ricchezza della loro terra: ecco perchรฉ compiere questo viaggio nei sapori della Valnerina.
La trota del Nera
Affidare il percorso dei propri passi ai sussurri del Nera significa aggiungere allโatlante che ispira questo viaggio nellโUmbria sacra pagine di una geografia lontana dal tempo, in cui la genialitร dellโuomo ha saputo inchinarsi al cospetto del fiume sacro, traย i canti e le preghiere di eremi e santi che, tra le rocce dellโAppennino piรน selvaggio, hanno consegnato allโeternitร degli altari ceneri di esperienze straordinarie. Uno scorrere primitivo, che da millenni tormentaย il sonno di questi antichi ponti di pietra e che ha modellato, al ritmo che scandisce la contesa tra il sole e la luna,ย un paesaggio superbo, unendo il suo nome a territorio divenuto icona impareggiabile dellโUmbria fluviale. Valnerina, luogo in cui la biodiversitร resiste ai colpi dโascia delle catene agroalimentari che seppelliscono nei cimiteri della tradizione storie di lenze pescatori, uomini dai volti consunti dal Nera e della sua brezza, ultimo respiro di un fiume che rivendica la sua libertร . Ed รจ proprio nei silenzi armonici che il fiume trascina a valle che dimora la trota della Valnerina, ambito trofeo di pescatori provenienti da ogni dove.
Il miele
In Valnerina, il viaggio nelle terre del sapore puรฒ iniziare da uno dei tanti valichi e confini e proseguire secondo un filo logico, o semplicemente lasciare alla casualitร quale borgo o scorcio toccare di volta in volta, trovando anime diverse e aromi inaspettati. Andare per le aziende produttrici di antichi sapori, quale il miele, permette di incontrare persone, volti e storie. Acquistare direttamente dai produttori, a km zero, non garantisce soltanto la sicurezza della qualitร , ma anche il confronto con chi, dallโamara fatica del quotidiano, ricava quanto di piรน dolce possa offrire la tavola umbra. Significa percorrere un itinerario lungo i sentieri di un paesaggio spesso incontaminato, in un presente che sa rispettare il suo passato, nelle piccole storie e, attraverso esse, nella grande Storia. Una vocazione, quella della terra umbra per questo nobile nettare, tanto prezioso quanto apprezzato, che รจ rifiorita, con rinnovato e vivace entusiasmo, attingendo alla fonte di una tradizione antica, come fosse una visione dalla quale trarre ispirazione. Il miele: essenza di un territorio dal passato antico, eccellenza gastronomica ricca di fascino che piรน di nessunโaltra sa esaltare il concetto di una tradizione in cui รจ la qualitร a prevalere sulla quantitร . Una sfida delicata e appassionante, quella dellโapicoltore, il cui lavoro diventa attenta e costante premura e dove le mani si fanno lievi, quasi impalpabili.
La lenticchia IGP di Castelluccio
Se esistesse una notte degliย Oscarย gastronomica, sul red carpet del gusto e della tradizione le eccellenze umbre si aggiudicherebbero piรน di una nomination: dallโaroma piรน intenso alla piรน antica ricetta non protagonista, fino ai migliori effetti speciali. Ma se cโรจ unaย nominationย che di certo non puรฒ mancare รจ quella per la scenografia:ย Castelluccio di Norcia, palcoscenico in cui a esibirsi sono sapori arcaici, dal fascino straordinariamente attuale. La ricerca delle genuinitร , come nel caso della lenticchia DOP, puรฒ essere condotta solamente percorrendo lo stesso set in cui รจ la regia della tradizione umbra a girare le riprese: un sipario che si apre sul cuore verde dโItalia, in cui la sapienza e la creativitร delle genti umbre hanno saputo mettere in scena il migliore tra i copioni. Castelluccio di Norcia, una terra povera dai prodotti sani, sarebbe forse questo il titolo di coda migliore con cui chiudere questo cortometraggio nellโUmbria della genuinitร . Nel casting della tradizione il ruolo di protagonista spetta proprio alla celebre lenticchia, leguminosa che nel freddo dellโinverno appenninico riesce a custodire una qualitร ineguagliabile. Un alimento orgogliosamente made in Valnerinaย che, nella timidezza di un seme straordinariamente piccolo, nasconde un sapore infinitamente grande. Tenacia, creativitร e sapienza hanno scritto la sceneggiatura di una terra che resiste: tenacia e sapienza perchรฉ, nonostante un territorio selvaggio per condizioni climatiche, hanno saputo conservare incorrotte le attivitร agricole tradizionali; la creativitร perchรฉ ha dato un tocco di genialitร alla reinterpretazione culinaria di questi sapori.
ยซEsistono cammini senza viaggiatori. Ma vi sono ancor piรน viaggiatori che non hanno i loro sentieriยป, scriveva Gustav Flaubert tra quelle pagine ingiallite dalle polveriere della Francia post-rivoluzionaria. ย
Homo viator, espressione piรน compiuta del peregrinare umano e di quella genealogia di antichi viandanti che, sin dalle origini, hanno guardato e ambito lโorizzonte in quelle esperienze che si manifestano secondo moti circolari, in quella perfezione geometrica che si riflette nellโanimo umano attraverso le armoniche e disarmoniche combinazioni della mente. E allora viene quasi spontaneo svestire gli abiti del turista e indossare quelli del viaggiatore, di quello spirito errante eternamente insoddisfatto, capace di viaggiare nella memoria come in un attimo sfuggente, in un universo chiuso eppure senza confini. Viaggi che si rinnovano in strade e sentieri tortuosi che diventano santuari di pellegrini e viandanti, luoghi ancestrali che trascendono tempo e spazio capaci di restituire allโerrare umano quellโintima accezione assopita nellโinconscio collettivo, quello spirito arcaico che traduce nel peregrinare terreno il senso piรน stretto dellโesistenza umana. ย
Ed รจ proprio da una strada, la Provinciale 477, che ha inizio lโascesa allโAltopiano di Castelluccio: una vasta depressione originata da una distensione tettonica verificatasi circa un milione di anni or sono, ha tracciato il profilo di una terra che sa rivelarsi tanto umana quanto selvaggia.
Lโidea di una natura primitiva che rimanda verosimilmente allโinaccessibile foresta pluviale amazzonica sembra quasi rivivere nel cantico marmoreo di quei massicci rocciosi, in quei silenzi sovraumani che suggeriscono allโanimo umano la direzione da intraprendere per elevare lo spirito a fuoco fatuo, a spirito errante capace di librarsi oltre le perentorie correnti ascensionali che incatenano il corpo allโeffimero. Una terra i cui luoghi sembrano custodire una doppia memoria. Una visibile a tutti, e una silenziosa, impenetrabile, segreta quasi occulta.
รย il caso del Lago di Pilato, situato a 1940 metri sopra il livello del mare presso il Monte Vettore, da sempre teatro di una duplice esistenza. Una che sembra quasi identificarsi nel battito cardiaco di un crostaceo funambolo, il Chirocefalo del Marchesoni, che vive in equilibrio precario tra il rischio di estinzione e la speranza di sopravvivenza. E una misteriosa, quasi mistica, animata dalle ombre di sinistre figure ritratte dalla tradizione popolare nelle vesti di fate e sibille. Il fascino arcaico esercitato dal lago maledetto ha origine nei meandri della psiche umana, laddove albergano le paure e le superstizioni che sono il fondamento della magia e dellโocculto. Uno specchio dโacqua che, dal 1200, assiste a un continuo via vai di maghi e negromanti. Cornici inquiete di scenari dolomitici inquadrano scorci lapidei, dominati da un borgo che appare sidereo nel gelo innevato del poggio su cui sorge, Castelluccio, avamposto lunare di una civiltร contadina di cui ancora oggi si respira la presenza. Luoghi dellโinfinito e dellโignoto, di inghiottitoi naturali che conducono al centro della terra e scalinate di marmo che portano al cielo.ย
Se allโinfinito si addice il monocromo, lโAltipiano di Castelluccio si sottrae a questa crudele legge cromatica. Tonalitร pastello che stupiscono per la leggerezza con cui si manifestano sembrano quasi sciogliersi sotto la pioggia primaverile che annuncia lโarrivo della Fioritura, trionfo di colori e risultato ultimo dellโisolamento e della selezione naturale a cui la flora locale รจ stata sottoposta attraverso le annuali attivitร agricole. Una natura che differisce da quella titanica tanto cara ai romantici e da quella sognante dellโArcadia, una natura che รจ sorella dellโuomo, una natura francescana, custodita nel flebile canto del vento. Natura Naturans, perpetua azione generatrice di Dio che rende il creato perfetto dettandone costantemente il fluire secondo le leggi della sua propria necessitร razionale.ย
Fonti:
Gustav Flaubert, Lettere a Louise Colet, 1846-48, Milano, Feltrinelli, 1984.