A circa 10 chilometri dalla cittร di Spoleto, sorge il piccolo borgo di Campello sul Clitunno. Il comune comprende tredici piccole frazioni, anche se con il toponimo Campello sul Clitunno si identificano soltanto due di esse, Campello Alto e Campello Basso.
Il nome deriverebbe dal barone di Borgogna, Rovero di Champeaux che, attorno al X secolo, governรฒ il feudo e fece erigere un castello, attorno al quale si sviluppa il borgo fortificato oggi denominato Campello Alto e abitato da poco piรน di cinquanta persone. Dellโantico castello rimangono le mura esterne e la porta dโingresso, di fronte alla quale รจ situata la Chiesa di San Donato. Originaria del XVI secolo, venne ristrutturata piรน volte nel corso dei secoli e attualmente ospita un bellโaltare ligneo di epoca barocca. Il campanile della chiesa รจ stato ricavato da una torre medievale dellโantico castello. Allโinterno di Campello Alto sono anche presenti il Palazzo Comunale e il complesso monastico dei Barnabiti, nel quale รจ custodito anche un affresco giottesco che raffigura la Crocifissione e i Santi.
Foto di Enrico Mezzasoma
La parte bassa di Campello, nella quale ha sede lโamministrazione comunale, รจ denominata La Bianca a causa della presenza di unโedicola votiva rappresentante una Madonna col Bambino, talmente chiara e bionda da essere soprannominata appunto la bianca. Il luogo piรน importante della frazione รจ il Santuario della Madonna della Bianca. Il progetto di costruzione venne avviato nel 1516 e aveva lo scopo di ospitare lโomonima edicola. La chiesa a croce latina, affiancata nel 1638 da una torre campanaria, presenta una facciata a spioventi divisa da quattro lesene verticali al cui centro sorge un semplice portale sormontato da una finestra circolare. Lโinterno, a una sola navata con copertura a cupola, รจ decorato con importanti affreschi e tele di artisti cinquecenteschi.
Nei dintorni vi รจ il Castello di Pissignano, che sorge nellโomonima frazione comunale. Il nome, che deriva dal latino Pissinianium ovvero piscina di Giano, testimonia lโantico dominio romano sulla zona. A causa della particolare morfologia del territorio, il castello si presenta con mura perimetrali a forma triangolare e con case disposte a terrazzamento. Tra le numerose torri medievali, una, a forma pentagonale, รจ stata trasformata nel campanile della chiesa di San Benedetto. Attualmente sconsacrata e di proprietร privata, era originariamente parte di un complesso architettonico benedettino. Lโinterno รจ decorato con numerosi affreschi, alcuni attribuiti a Fabio Angelucci da Mevale.
Tempietto sul Clitunno
Da non perdere assolutamente le Fonti del fiume Clitunno. Le sorgenti sono senza dubbio il luogo piรน suggestivo e rinomato di Campello sul Clitunno, alle quali numerosi poeti, come Virgilio e Giosuรจ Carducci, hanno dedicato delle magnifiche composizioni. Dalle fonti, create da sorgenti sotterranee che fuoriescono dalle rocce, si รจ formato uno splendido laghetto con limpide acque di colore smeraldo, nel quale sono presenti numerose specie e piante acquatiche. La struttura del parco oggi visibile, risale al XIX secolo, e venne costruita in seguito alla volontร di Paolo Campello della Spina di ridonare alla fonte lโantico splendore. Attualmente il parco si presenta come un luogo perfetto per gli amanti della natura che possono immergersi in sentieri tra salici piangenti e pioppi cipressini che donano allโarea una sensazione di pace e tranquillitร . Nei pressi delle fonti vi รจ il Tempietto sul Clitunno. Edificato nel V secolo sopra un preesistente santuario dedicato alla divinitร fluviale Clitunno, รจ, in realtร , una piccola chiesa a forma di tempietto dedicata al culto di San Salvatore. La struttura rimanda allo stile classico di un tempio prostilo, tetrastilo, in antis, costruito su di un basamento e con colonne corinzie tutte diverse lโuna dallโaltra. Allโinterno vi รจ la cella, coperta da una volta a botte, che culmina con unโabside affrescata. Gli affreschi, risalenti al VII secolo, raffigurano San Salvatore, benedicente a mezzo busto con un libro gemmato, e, ai lati, i Santi Pietro e Paolo. Dal 2011 il Tempietto sul Clitunno fa parte del sito seriale inserito nella lista dei patrimoni dellโumanitร dellโUnesco I Longobardi in Italia: i luoghi del potere (568-744 d.C.) che comprende sette localitร in cui sono custoditi beni artistico-monumentali di epoca longobarda.
Curiositร : Campello sul Clitunno fa parte dellโAssociazione Nazionale Cittร dellโolio ed รจ tra i migliori comuni italiani per la qualitร della produzione di olio extravergine dโoliva.
Un itinerario turistico fuori dagli schemi, tra suggestivi borghi medievali: si parte dal territorio perugino e si attraversa un lungo tratto della Valle Umbra per arrivare in terra marchigiana.
Ho scritto questo lungo articolo non nascondendo il mio amore per l’Umbria. Ho percorso questo itinerario in estate e ne ho tratto un giro turistico-leggendario che forse potrร piacere anche ad altri. Il resoconto, con notizie anche note – ma non sempre e non a tutti – mette insiemeย un vero e proprio viaggio di oltre 130 chilometri da Casa del Diavolo (PG) ad Acquasanta Terme (AP). Il testo รจ molto lungo e cosรฌ potete decidere di leggerlo a pezzi, scegliendo le localitร che piรน vi interessano, o per intero, compiendo intanto questo viaggio virtuale per poi, perchรฉ no, programmarne uno reale, che difficilmente vi deluderร . E quindi chi lo ha detto che non si puรฒ unire il Diavolo con l’Acquasanta?
In viaggio
Per chi vuol fare un giro turistico attraverso borghi e localitร conosciute e non e piene d’incanto, per chi ha un budget ristretto e poco tempo a disposizione propongo questo itinerario che certamente vi sorprenderร dal punto di vista paesaggistico, storico ma soprattutto leggendario.
Casa del Diavolo
Si parte da Casa del Diavolo, che รจ una frazione del comune di Perugia a 237 metri sul livello del mare. Il suo nome รจ intriso di mistero e di segreto tale da farne il luogo piรน inquietante di tutta la regione e tale da stuzzicare la curiositร del viaggiatore e del turista. ร proprio il caso di dire: ยซPerchรฉ diavolo si chiama cosรฌ questo posto?ยป. Le origini del nome non sono certe e per questo si sono moltiplicate le leggende. Secondo alcuni storici l’origine รจ legata al passaggio di Annibale (216 a.C.) che causรฒ cosรฌ tanta distruzione e tanta morte che portรฒ il luogo a essere considerato come la dimora del male e quindi del Diavolo.
Un’altra tesi, basata anche su reperti archeologici, fa risalire questo nome all’etร medievale, quando molti bambini nascevano morti o morivano prematuramente. Non essendo stati battezzati in tempo, i bambini non potevano cosรฌ accedere al Paradiso e il loro destino era l’Inferno. Secondo un’altra leggenda, d’ispirazione medievale, questo luogo era sede di una locanda dove solitamente vi soggiornavano banditi, assassini e briganti delle zone vicine. Queste frequentazioni attirarono l’attenzione del Diavolo stesso, che non esitรฒ ad intrattenersi e a stringere patti con questi loschi figuri, per poi aprire una profondissima buca e tornare all’Inferno.
Uscendo da Casa del Diavolo si percorre la E45 e poi la strada provinciale 174 e dopo circa 19 km si arriva a Perugia.
Perugia
Perugia
Nota per le mura difensive, il Palazzo dei Priori e la Fontana Maggiore, Perugia รจ il capoluogo di Regione. La leggenda che caratterizza maggiormente questa cittร รจ quella che vede coinvolta anche Narni. Si narra infatti che, in epoca medievale, un Grifo, creatura dal corpo di leone e testa di aquila, tormentava gli abitanti e faceva razzia di animali dei due centri cittadini e delle campagne circostanti. Perugini e narnesi allora unirono le forze, mettendo da parte la loro rivalitร , per eliminare questa bestia che alla fine, dopo dure battaglie, fu catturata. Come trofeo Perugia prese la pelle e Narni il corpo scuoiato. Da qui l’origine degli stemmi: Perugia, Grifo bianco (la pelle) in campo rosso e, Narni, Grifo rosso (il corpo scuoiato) in campo bianco.
La tappa successiva, dopo circa 20 minuti di auto, รจ Assisi.
Assisi
ร qui che, nel 1180, nacque Francesco divenuto Santo e fondatore dell’Ordine dei Francescani. Intorno a San Francesco si mescola storia e leggenda, cosรฌ agli oltre 40 miracoli riconosciuti dalla Chiesa, si aggiungono altrettante leggende che lo vedono protagonista. Vediamone una tra le piรน rappresentative: quella del pesce.
Si narra che un pescatore, vedendo passare Francesco, lo avesse fermato e gli avesse regalato una tinca appena pescata. Francesco accettรฒ il regalo, ma rigettรฒ la tinca in acqua ed iniziรฒ a cantare le lodi di Dio. La leggenda racconta che il pesce rimase vicino al Santo a giocare e ad ascoltare le lodi e che, appena gli fu dato il permesso, tornรฒ libero tra gli altri pesci. Ad Assisi non ho resistito a comprare i Baci, morbidi pasticcini con pasta di mandorle e granella di pistacchio e il Bocconcello, focaccia biscottata arricchita da formaggio. Continuando sempre in direzione sud, dopo circa 15 minuti arriviamo a Spello.
Spello
Spello
Spello รจ un borgo ricchissimo di storia e di arte, carico di tradizioni ma anche di leggende. La piรน famosa รจ quella legata alla figura del paladino Orlando, il celebre compagno dell’Imperatore Carlo Magno. La leggenda vuole che Orlando passasse per Spello e, nonostante la sua fama fosse grandissima, non fosse riconosciuto dagli abitanti del luogo e cosรฌ rinchiuso dalle guardie in una specie di prigione. Una volta accortisi chi veramente era, gli spellani lo liberarono e lo nominarono protettore della cittร .
Un segno del leggendario passaggio di Orlando a Spello lo troviamo nelle mura, dove c’รจ unโepigrafe che allude all’eroe. A Spello ho fatto acquisti in una salumeria; palle del nonno e ciauscolo. Le avrei provate in serata, terminato il viaggio, anche se dall’aspetto mi era venuta voglia di provarle subito.
Neanche 10 minuti di auto e giungiamo a Foligno.
Foligno
Terra mistica l’Umbria, dove molti racconti, tramandati anche per via orale, hanno origini che si perdono nella memoria. Foligno per la sua posizione รจ considerata, fin dai tempi antichi, lu centru de lu munnu e i suoi abitanti, oltre a chiamarsi folignati si chiamano pure Cuccugnau, cioรจ civetta. Ci sono tre leggende che spiegano questo appellativo. La prima fa riferimento alle monete d’oro fabbricate nella zecca di Foligno e chiamate occhi di civetta. La seconda narra di una colomba di cartapesta fatta calare dal campanile della cattedrale durante la festa di Pentecoste, ma piรน che una colomba assomigliava a una civetta. La terza leggenda ci parla invece di come i folignati fossero degli esperti nella caccia alla civetta.
Dopo appena 12 km arriviamo a Trevi.
Trevi
Continua cosรฌ il nostro viaggio attraverso le meraviglie e le leggende dell’Umbria. Nel Comune di Trevi, ma non semplicissima da trovare e tra l’altro completamente immersa nella vegetazione, si trova un luogo di culto affascinante ma anche dimenticato: l’Abbazia di SantoStefano in Manciano. Quasi totalmente divelta, di essa oggi rimangono parte delle mura, una parte della cripta e dell’abside. Attorno a questa chiesa aleggia una leggenda che la vorrebbe come sede di un tesoro nascosto. Si narra che i monaci ivi residenti fossero talmente ricchi e pieni d’argento da poter ferrare con questo metallo i propri cavalli. La leggenda continua a narrare che i lupi, mentre attaccavano i cavalli, spaventati per la luminositร dell’argento, scapparono via senza colpo ferire. Si dice che questo tesoro รจ ancora sepolto sotto l’Abbazia.
Passeggiando tra gli oliveti รจ obbligo visitare anche il Santuario della Madonna delle Lacrime e, a proposito di oliveti, non puรฒ mancare l’acquisto di una bottiglia d’olio extravergine, il piรน rinomato dei prodotti tipici trevani. Con una bottiglia di Trebbiano e con del sedano nero ho terminato i miei acquisti enogastronomici.
Dieci minuti di macchina e siamo a Campello sul Clitunno.
Trevi
Campello sul Clitunno
Principale caratteristica del luogo sono le Fonti del Clitunno, parco naturale con un laghetto di acque limpide e calme, polle sorgive e salici piangenti. Si racconta che le acque del Clitunno fossero una fonte di purificazione dell’anima: chiunque s’immergeva nel fiume ne usciva migliorato. La leggenda sul Clitunno ci dice che i buoi che si fermavano ad abbeverarsi al fiume ne uscivano con un manto piรน pulito. Siamo in orario sulla tabella di marcia e lo stomaco comincia a dare segni inequivocabili; abbiamo fame. ร ora di trovare un’osteria o locanda e assaggiare i piatti tipici di questa zona. Da queste parti non riesco a rinunciare alla strapazzata con il tartufo, agli strangozzie alle lumache. Per finire un’ottima porzione di rocciata, dolce che assomiglia un po’ allo strudel. Da bere? Un calice di Sagrantino e uno di Montefalco.
Spoleto
Soddisfatti del pranzo arriviamo a Spoleto, famosa soprattutto per il Festival dei Due Mondi. La leggenda di Spoleto รจ legata al Ponte Sanguinario. Il Ponte Sanguinario รจ situato nel sottosuolo, a pochi metri dalla Basilica di San Gregorio Maggiore, l’ingresso รจ possibile grazie ad una breve scala che si interra sotto il piano stradale.
La leggenda narra che, intorno al II secolo d.C., viveva a Spoleto un giovane nobile di nome Ponziano che iniziรฒ a predicare la religione dei cristiani. Le politiche anticristiane dell’epoca erano implacabili e anche Ponziano non fu risparmiato dalle persecuzioni. Condotto sul ponte che al tempo conduceva allla via Flaminia oltre il fiume Tessini, venne decapitato. La testa mozzata raggiunse il luogo dove poi รจ sorta la chiesa e prese a zampillare una fonte di acqua purissima.
Percorrendo la strada statale 685 in 50 minuti arriviamo a Norcia.
Norcia
Norcia
Norcia รจ posta a 600 metri s.l.m. ed รจ inserita nel comprensorio del Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Sappiamo quanto รจ stata colpita dal terremoto del 2016 ma il carattere tenace dei suoi abitanti la riporterร a nuovi splendori. Norcia รจ soprattutto famosa per le sue norcinerie piene di prosciutti, salsicce e ogni ben di Dio. Famosa altrettanto per il tartufo, le lenticchie, la pasta alla norcina, la birra dei monaci benedettini e i coglioni di mulo, il salume irriverente. La birra me la sono comprata direttamente dai monaci presso il Monastero. La Guida alle birre d’Italia l’ha definita imperdibile!
La leggenda che avvolge il Parco Naturale รจ la leggenda della Sibilla. Secondo la comune credenza, lungo le pareti dei monti si troverebbe la grotta, luogo ora incantato ora stregato in cui una fata o una megera riceveva la visita dei piรน coraggiosi che volevano conoscere il proprio futuro. Dopo secoli di favole tramandate della grotta non resta che un cumulo di macerie e un’infinitร di teorie si sono sviluppate intorno a questa favola magica. Da notare che la leggenda si รจ diffusa in tutta Europa grazie al romanzo cavalleresco Il Guerin Meschino.
Uscendo da Norcia s’imbocca la strada provinciale 477 e dopo 18 km si arriva a Forca Canapine.
Forca Canapine
Innanzitutto c’รจ da specificare bene che Forca Canapine non ha niente da condividere con la Foce di Canapino. I nomi sono simili ma i luoghi sono distanti. La Foce di Canapino non รจ altro che un impegnativo fuoripista dell’appennino tosco-emiliano, sconosciuto a molti. Forca Canapine invece รจ un valico stradale dell’appennino umbro-marchigiano situato sui monti Sibillini, ad un’altezza di 1541 metri s.l.m.; siamo quindi sul confine tra Umbria e Marche. Il toponimo deriva da due termini: Forca che vuol dire valico, mentre Canapine fa riferimento alla coltivazione e alla raccolta della canapa. Interessante notare che la localitร fa parte dell’itinerario del Sentiero E1 che congiunge Capo Nord a Capo Passero, in provincia di Siracusa.
Con un passo siamo nelle Marche.
Forca Canapine
Arquata del Tronto
Percorrendo la strada provinciale 64, poi la strada statale 685 e ancora le strade provinciali 230 e 129, in circa 25 minuti arriviamo ad Arquata del Tronto, provincia di Ascoli Piceno.
ร un piccolo Comune di poco piรน di mille abitanti ed anche questo รจ stato gravemente danneggiato dal terremoto del 2016. Anche Arquata ha la sua leggenda. Si narra infatti che il locale castello sia infestata da fantasmi, o meglio, da un fantasma femminile. La leggenda racconta che il re Giacome di Borbone rinchiuse la moglie e regina Giovanna II d’Angiรฒ nella torre piรน alta del maniero dopo averla dichiarata pazza perchรฉ piรน volte macchiatasi del peccato di lussuria. Si dice che, in base alla qualitร della prestazione, la regina aveva il potere di dare in pasto ai lupi i pastori che non raggiungevano la sufficienza sotto le lenzuola. Povero Giacomo di Borbone! Giovanna II D’Angiรฒ abiterebbe ancora dentro quelle mura sotto forma di fantasma; qualcuno dice ancora di sentire dei rumori sinistri riecheggiare dalla rocca.
Dopo circa 12 km, percorrendo la provinciale 129 e la statale 4, arriviamo alla nostra ultima tappa: Acquasanta Terme.
Acquasanta Terme
Acquasanta Terme
Acquasanta Terme รจ un comune di 2600 abitanti in provincia di Ascoli Piceno e si trova nel comprensorio del Parco Nazionale del GranSasso. Giร il nome della localitร รจ un programma: dal sottosuolo infatti sgorga un’acqua termale sulfurea alla temperatura di 38 gradi. Il territorio poi รจ ricco di tesori artistici e di principale interesse sono il Castel di Luco e il monastero di San Benedetto in Valledacqua. La piccola leggenda di questo paese vuole che le sue terme abbiano dato sollievo, nel 712, a un console romano, tanto che da quel momento vennero segnate sulla mappa per curare i feriti dopo le battaglie.
Con questo itinerario, che consiglio veramente a tutti ma specialmente ai forestieri, sono riuscito a unire il Diavolo (Casa del Diavolo) con l’Acquasanta (Acquasanta Terme). Buon Viaggio!
Un sentito addio al professor Valerio Di Carlo, presidente della Fondazione Loreti, con la quale โ in passato – abbiamo collaborato nel progetto โFoodyland, la cittadella del ciboโ. Grande affetto e profonda stima ci legava al professore e lui stesso apprezzava il nostro lavoro e la rivista AboutUmbria Collection, che collezionava con passione.
Si รจ spento ieri sera allโetร di 81 anni nellโospedale San Raffaele di Milano il prof. Valerio Di Carlo: il coronavirus (Covid-19), aggiunto a patologie concomitanti pregresse, non gli ha lasciato scampo. Unโimmensa perdita per la Fondazione Loreti e per tutti i suoi collaboratori. Tante in queste ore le dimostrazioni di affetto e di stima pubblicate sui social network e sul suo profilo Facebook, tanti i riconoscimenti verso la persona e il medico che รจ riuscito ad essere per i suoi pazienti e per i suoi allievi, unico e insostituibile.
Professor Valerio Di Carlo
La Fondazione e i tanti progetti
Intitolata al dottor Giulio Loreti, la Fondazione nata nel 2000 si prodiga e offre assistenza medica gratuita a chiunque non sia in grado di sostenere i costi per visite specialistiche o strumentali, progetta e realizza iniziative sociosanitarie, di prevenzione ed educazione alla salute. Con una grande carriera medica e specialistica alle spalle come lโaver fondato il reparto di chirurgia allโospedale San Raffaele di Milano, nella cui Universitร Vita-Salute era Professore Emerito in chirurgia generale, nel 2011 il prof. Di Carlo era stato nominato dal fratello di Giulio, Sandro Loreti, Presidente della Fondazione impegnandosi in prima linea nel portare avanti progetti di alto valore, due a cui teneva particolarmente dedicati alla prevenzione dellโobesitร e del diabete di tipo 2.
I progetti avviati sotto la sua presidenza sono vari e tutti hanno una connotazione comune: prendersi cura della persona oltrechรฉ del paziente. Ricordiamo a tal proposito lโorganizzazione di convegni scientifici; di eventi sullโeducazione alimentare (Foodylandla cittadella del cibo); lโinserimento lavorativo di utenti provenienti dal Ceis di Spoleto; il Progetto Case autonome i cuiย beneficiari sono utenti del Centro di Salute Mentale di Spoleto;ย i Cineforum tematici presso la Fondazione;ย il progetto di promozione della lettura denominato Crossing Book Process con lโinstallazione di due biblioteche, una presso la Fondazione e una nella piazza principale del Comune di Campello sul Clitunno; il progetto intergenerazionale per contrastare la solitudine degli anziani denominato Diamoci una mano; e lโultimo progetto a cui ha lavorato e che รจ in fase di attuazione, dedicato alla prevenzione precoce del tumore della mammella.
Autore di oltre 400 pubblicazioni, aprendo la strada della chirurgia a piรน ampi orizzonti ha concentrato parte della sua attivitร scientifica sul trapianto di rene, di pancreas e sulle isole pancreatiche nei pazienti diabetici; ciรฒ gli valse nel 1998 dallโallora Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro il conferimento del titolo di Cavaliere di Gran Croce al merito della Repubblica. Inoltre, รจ stato proprio grazie al prof. Di Carlo che per questo tipo di patologie oggi lโIstituto Scientifico San Raffaele รจ considerato un centro di eccellenza e di riferimento in Italia ed in Europa.
Tradusse la sua umanitร e generositร verso il prossimo nel libro Lโanima del medico dove impartรฌ lโinsegnamento piรน importante che va oltre la scienza e la tecnica: saper guardare oltre, amare.
Nonostante la stanchezza degli ultimi anni ai pazienti oncologici non ha mai sottratto la presenza, ma anzi fino allโultimo si รจ preso cura di loro offrendo consulenze e speranza.
Non potendo celebrare il funerale, secondo le disposizioni del decreto 8 marzo 2020 e successive integrazioni, la Fondazione auspica di poter celebrare una commemorazione in un futuro prossimo per poter accogliere il dolore ed elaborarlo, un sentimento che รจ ora accentuato dallo stato di vulnerabilitร a cui lโemergenza sanitaria in atto ci sottopone.
ยซIl (vero) paesaggio รจ esteso e armonioso, tranquillo, colorato, grande, variato e bello. ร un fenomeno principalmente estetico, piรน vicino allโocchio che alla ragione, piรน apparentato al cuore, allโanima, alla sensibilitร e alle sue disposizioni che allo spirito e allโintelletto, piรน vicino al principio femminile che a quello maschile. Il vero paesaggio รจ il risultato di un divenire, qualche cosa di organico e vivente. Ci รจ piรน familiare che estraneo, ma piรน distante che vicino, manifesta piรน nostalgia che presenza; ci eleva al di sopra del quotidiano e confina con la poesia. Ma anche se ci rimanda allโillimitato, allโinfinito, il paesaggio materno offre sempre allโuomo anche la patria, il calore e il riparo. ร un tesoro del passato, della storia, della cultura e della tradizione, della pace e della libertร , della felicitร e dellโamore, del riposo in campagna, della solitudine e della salute ritrovata in rapporto alla frenesia del quotidiano e ai rumori della cittร ; deve essere attraversato e vissuto a piedi, non rivelerร il suo segreto al turista o allโintelletto nudo.ยป (Gerhardt Hard)[1]
Foto di Bernardino Sperandio, Sindaco di Trevi
Considerato daย Simmelย come ยซunโopera dโarteย in statuย nascendiยป,[2] il paesaggio esiste sulla base di tre condizioniย sineย qua non:ย non puรฒ realizzarsiย senza unย soggetto, senza laย natura, e senza ilย contattoย tra i primi due. La relazione, in particolar modo, si esprime attraverso i segni, le costruzioni create dallโuomo sul territorio e poi attraverso lโagricoltura,[3] cartina tornasole della felicitร di tale unione.ย Ma la relazione puรฒ essere anche quella data dalย visitatoreย che,ย con il suo sguardo curioso,ย caratterizza una zona,ย legandone i tratti significativi con il concetto di tipicitร .ย
La pianta della civiltร
Traย Spoletoย eย Assisi, doveย milioni diย oliviย si susseguono per circaย trentacinque chilometri,ย questa duplice tipologia di relazione trova la sua forma piรน alta.ย Nellaย Fascia Olivata, tesa a settecento metri dโaltitudine, la storia dellโolivicoltura inizia infatti molto tempo fa. Lโolivo รจ, perย Fernandย Braudel, laย ยซpianta della civiltร ยป, perchรฉ delimita lo spazio del Mediterraneo antico;ย lโolio era utilizzato come condimento, per i riti religiosi, ma anche nella farmacopea e per lโilluminazione. NellโEditto diย Rotariย (643 d.C.), invece, per chi avesse abbattuto un olivo spettava una pena di tre volte superiore rispetto a quella comminata a chi avesse abbattuto un qualsiasi altro albero da frutto. Infine, secondo Castor Durante daย Gualdoย Tadinoย (1586), qualche oliva a fine pasto favoriva la digestione.[4]
Ma senza spendere troppo tempo tra i libri, basta fare una visita aย Bovara, nei pressi di Trevi, e ammirare il retaggio di tale tradizione con i propri occhi. Il maestosoย Olivo di SantโEmiliano, con i suoiย nove metri di circonferenza e cinque di altezza,ย รจ un esemplareย vecchio di benย diciassette secoli. Tralasciando per un attimo la storia della decapitazione di SantโEmiliano,ย Vescovo di Treviย โlegato, almeno secondo un codice del IX secolo, alla pianta e poi decapitato โ gli studi hanno infatti dimostrato che si tratta di unย genotipo particolare, molto resistente che, come tutti i suoi simili, dopo i primi ottocento anni di vita ha visto la parte interna del suo fusto marcire e le parti esterne dividersi, ruotando in senso antiorario.[5]
Un paesaggio unico
Gli olivicoltori sanno che queste zone dellโUmbria, infatti, richiedono una cultivar piuttosto resistente, capace di aggrapparsi a terreni asciutti, poco adatti a mantenere lโumiditร .ย Ilย Muraioloย รจ stato dunque designato come la pianta ideale perย scongiurare ilย rischio idrogeologicoย della zona e, al tempo stesso, per donare quellโolioย tipicoย dal saporeย piccante e amaro, ingentilito da note diย erbe aromatiche.[6]
La sua coltivazione ha altresรฌ modificato il territorio, rimodellandolo, formando una fascia continua verso lโalto a spese del bosco. Lโha caratterizzatoย conย ciglioni, lunette e terrazzamenti, rendendoloย riconoscibile al punto da permetterne lโiscrizione nel catalogo deiย Paesaggi Rurali Storici, insieme agli Altopianiย plestini, i campi di Farro diย Monteleoneย di Spoleto, le colline diย Montefalco, la rupe di Orvieto, il Poggio di Baschi e i Piani diย Castelluccioย di Norcia.[7]
Obiettivo che segue lโiscrizione allโAssociazione Nazionaleย Cittร dellโOlioย โ cheย riunisce tutti iย Comuni, le Province, le Camere di Commercio e i GAL che producono seguendo dei valori ambientali, storici, culturali o incentrati sulle DOP โ e prelude al riconoscimento della zona comeย Paesaggio Alimentare FAOย (sarebbe il primo in Europa) e poi comeย sito UNESCO.ย ย
Il pericolo maggiore in cui il paesaggio puรฒ incorrere โ non venireย iscritto nella memoria collettivaย edย nonย essere quindi riconosciuto come caratteristico di una determinata zona del Pianeta โ รจย dunque scongiurato: non cโรจ persona, sia essa nata in quel luogo o proveniente da lontano,ย che possa prescindere ora la Fascia Olivata dalle cittร di Assisi, Spello, Foligno, Trevi,ย Campelloย sulย Clitunnoย e Spoleto.ย ย
Foto di Bernardino Sperandio, Sindaco di Trevi
Garanzie
Lโobiettivo non รจย tuttaviaย quello di ridurre il territorio a museo, ma di metterlo in relazione con il suo retaggio culturale e comunitario,ย ancheย perย preservarloย dai cambiamenti che potrebbero distruggerlo. Non sono infatti cosรฌ lontani gli anni della Prima Guerra Mondiale, quando gli olivi venivano tagliati per supplire allaย mancanza del carboneย nelle fabbriche del Nord; o le terribiliย gelateย del 1929 o del 1956, che portarono ad una significativa contrazione della produzione. Non sono lontani nemmeno gli anni Sessanta, quando la moda vessava lโolio dโoliva in favore di quello di semi, come pure non sono scomparse le difficoltร aย reperire manodoperaย per ogni raccolta autunnale. Tanto piรน che i dettami stabiliti dallaย Cooperativa di Olivicoltori di Trevi, nata nel 1968 per superare la dimensione familiare, sono molto severi: tutte le olive devono provenire dal territorio in questione, devono essere raccolte a meno e consegnate al frantoio dopo poche ore dalla raccolta, per essere poi molite nel giro di dodici ore per mantenere i giusti livelli di aciditร e ossidazione.ย ย
Non cโรจ spazio per lโindustrializzazione e la produzione di massa: questa Fascia si mantiene aderente allaย genuinitร ย delle cose antiche nello stesso modo in cui avvolge i versanti collinari, anche quelli piรน aspri. In questo modo anche il visitatore potrร goderne, magari passeggiando lungo ilย Sentiero degli Oliviย tra Assisi e Spello, o lungoย quelloย di Francesco di cui lโolivo stesso รจ simbolo. Potrร ricollegareย senza indugio le argentee chiomeย al sapore piccante della bruschetta con lโolio nuovo โlโOro di Spello[7]ย – che gli si riverserร in bocca, donandogli la stessa consapevolezzaย e saggezzaย di quegli antichi popoli del Mediterraneo che preservarono la civiltร donando alla terraย alberi di oliva.
[1]G. Hard, Die ยซLandschaftยป der Sprache und die ยซLandschaftยป der Geographen. Semantische und forschunglogische Studien, Bonn Ferd-Dรผmmlers Verlag, 1970, in M. Jakob, Il Paesaggio, Il Mulino, Bologna 2009.โ [2]G. Simmel, Philosophie der Lanschaft, in M. Jakob, Il Paesaggio, Il Mulino, Bologna 2009.โ [3] M. Jakob, Il Paesaggio, Il Mulino, Bologna 2009.โ [4] Ulivo e olio nella storia alimentare dellโUmbria, in www.studiumbri.it โ [5] TreviAmbiente > paesaggi da gustare, 2015โ [6] Umbria: protezione di unโorigine, a cura di D.O.P. Umbria, Consorzio di tutela dellโolio extra vergine di oliva, 2014.โ [7]Da www.reterurale.itโ [8] LโOro di Spello รจ una manifestazione annuale che riunisce la Festa dellโOlivo e la Sagra della Bruschetta.โ
L’articolo รจ stato promosso da Sviluppumbria, la Societร regionale per lo Sviluppo economico dell’Umbria