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Umbria Fashion è un format che ho creato nel 2023: una vetrina per la moda umbra, un salotto dove confrontarsi e discutere del mondo fashion, ma soprattutto una passerella in cui i giovani emergenti possono formarsi e venire in contatto con le tante maestranze della regione. La seconda edizione andrà in scena a Perugia il 19-20 ottobre 2024 e per accompagnarvi all’evento ho pensato di raccontarvi la moda a modo mio, in questa rubrica all’interno di AboutUmbria. Passato, presente e futuro di questo sfavillante mondo, ma anche pillole e curiosità… per farvi scoprire le tante realtà umbre, spesso sconosciute ai più!

 

Nella prima puntata di Umbria Fashion vi parlo dell’Umbria tessile con le sue antiche lavorazioni, perché se gli inglesi chiamano la zona del Trasimeno The Cashmere Valley, un motivo c’è.
È proprio nel DNA di questa regione la vocazione alla maglieria e alla confezione di prodotti pregiati che hanno formato e consolidato 500 aziende specializzate nella lavorazione del più nobile e ricercato dei filati. Estimatori della bellezza e cultura vengono da tutto il mondo per visitare i tesori d’arte e le bellezze naturali dell’Umbria, ma anche per lo shopping.
L’Umbria è una delle regioni italiane che vanta il maggior numero di adesioni al sistema di tracciabilità ITF – Italian Textile Fashion, che rappresenta una scelta di trasparenza e denota la volontà di valorizzare il grande patrimonio di professionalità e artigianalità che ne caratterizza le imprese. L’etichetta ITF è una garanzia per il consumatore, che sa di aver acquistato un capo originale senza alcuna contraffazione, ma anche per il produttore che può costruire il suo vantaggio competitivo puntando su qualità ed etica.

 

Il punto umbro, detto anche Sorbello. Foto Casa Museo di Palazzo Sorbello

Antiche lavorazioni

In Umbria sono tuttora attivi molti laboratori artigianali in cui la produzione si basa sull’uso di tecniche e rari macchinari, come il telaio Jacquard di fine Ottocento: l’arte della tessitura, del ricamo e del merletto nella regione ha differenti tradizioni e peculiarità. La tessitura è caratterizzata, a Perugia per esempio, nel tipico ricamo dell’emblema della città: il Grifo, o dei motivi geometrici medievali e rinascimentali; a Città di Castello e Montefalco la peculiarità sono i tessuti finemente lavorati a mano; a Panicale il ricamo su tulle – introdotto all’inizio del secolo scorso – e quello su tessuto che le suore Clarisse di Assisi già praticavano nel Duecento, avendolo forse ereditato dai cristiani Copti; mentre a Orvieto è la lavorazione del merletto a rappresentare la produzione più superba, con l’Ars Wetana, nata nel 1907 per iniziativa degli aristocratici.

Che l’industria tessile sia un simbolo della storia dell’Umbria lo testimonia anche il fatto che i tessuti sono stati protagonisti della vita di uno dei suoi personaggi di spicco, San Francesco d’Assisi: il padre, Pietro di Bernardone, era mercante di stoffe preziose. Il Santo si spogliò di quei meravigliosi tessuti nella piazza di Foligno, quando decise di abbracciare Sorella Povertà. Otto secoli dopo, il tessile umbro è rimasto uno dei settori fiorenti della regione. Un successo che si deve alla capacità delle aziende umbre di valorizzare il proprio patrimonio storico di eccellenze artigianali, in particolare nella maglieria, un segmento produttivo che ha sostenuto la crescita globale di alcuni noti marchi, generando le commesse di marchi internazionali del lusso e dando vita a una fitta rete di fasonisti specializzati in alta gamma.

Festival della Cucina Umbra, dei Borghi più Belli e dei Maestri Artigiani 4.0.

Nel cuore verde dell’Italia, tra colline che si fondono con il cielo e borghi incantati che raccontano storie millenarie, sorge un’iniziativa che promette di far brillare ancora di più la luce dell’Umbria nel firmamento turistico nazionale e internazionale: nasce Umbriamoci.

L’Associazione di promozione sociale Umbriamoci si propone il compito di celebrare e diffondere l’enogastronomia umbra, gioiello culinario spesso sottovalutato al di là dei confini regionali. Guidata da un gruppo di appassionati insegnanti e preside dell’Istituto Alberghiero di Assisi, l’associazione mira a coniugare la tradizione gastronomica umbra con l’innovazione e la sostenibilità, promuovendo i cammini lenti che consentono di scoprire la bellezza e il gusto della regione in modo autentico e rispettoso dell’ambiente.

 

 

Il cuore pulsante dell’azione di Umbriamoci risiede nel suo impegno a favorire l’incontro e il dialogo tra tutti gli attori della ristorazione e dell’offerta turistica ricettiva. Questo ambizioso obiettivo mira a fare emergere l’identità culinaria unica dell’Umbria, fin troppo dispersa tra tanti localismi che hanno impedito il diffondersi di una riconosciuta e riconoscibile identità culinaria persino dentro gli stessi confini regionali. L’obiettivo è riunire attorno ad un tavolo i principali protagonisti dell’offerta ristorativa umbra affinché dalla loro competenza, sensibilità e cultura possano emergere i piatti identitari capaci di caratterizzare l’intera Regione e non solamente le sue microzone.

La scommessa è ardua. Cosa si mangia in Umbria? La risposta dovrà diventare finalmente univoca. Ciò non vuol dire che le microzone cesseranno di caratterizzarsi con i loro piatti tipici, anzi, gli stessi verranno proposti come ulteriore ricchezza attrattiva e distinguente ma dentro la cornice di una Regione che finalmente ha elevato a piatti regionali quelli che fino a quel momento sono stati considerati prettamente territoriali.

 

prodotti tipici umbri

Umbricelli

 

Grazie alla passione e alla competenza dei suoi fondatori, l’associazione si pone come catalizzatore di idee e iniziative che possono trasformare l‘Umbria in una meta turistica di eccellenza, capace di offrire esperienze autentiche e indimenticabili. Con il suo impegno nel promuovere un turismo esperienziale e sostenibile, Umbriamoci candida la regione ad essere ancor più una perla nel panorama italiano e internazionale, dove il viaggiatore diventa parte integrante della cultura e del paesaggio che visita.

A partire dal 2025, nel mese di aprile di ogni anno, Umbriamoci si unisce con la Regione Umbria, il Comune di Assisi, Coldiretti, Federalberghi, Confcommercio, Associazione Borghi più Belli Umbria, Unpli e numerosi altri soggetti pubblici e privati per promuovere il Festival della Cucina Umbra, dei Borghi più Belli e dei Maestri Artigiani 4.0. Una vetrina meravigliosa in cui raccontare l’Umbria sotto tre aspetti:

 

1)        i suoi piatti più significativi che, valorizzando l’identità territoriale, possano esprimere la variegata, originale e unica ricchezza gastronomica;

2)        i suoi borghi più belli capaci di offrire, accanto alle perle del turismo conosciute in tutto il mondo, una dimensione più intima ed emozionale;

3)        i maestri artigiani le cui arti, dalla ceramica al legno, dal ferro alla tessitura e dal ricamo a mano all’oreficeria, affondano le origini in un lontano passato ma che ancora oggi rappresentano un giacimento di ricchezza anche lavorativa da valorizzare e rilanciare. L’idea che i nostri ragazzi terminati i percorsi scolastici possano andare a bottega ad apprendere arti e mestieri è particolarmente suggestiva.

 

Ceramica di Deruta

 

In un mondo sempre più globalizzato, l’Associazione di promozione sociale Umbriamoci vuole rappresentare un faro di autenticità e tradizione, un invito a rallentare e assaporare ogni istante, ogni piatto, ogni passo lungo i cammini che solcano l’Umbria, terra di storia, tradizioni, emozioni e sapori da scoprire.

I piccoli artigiani sono le persone che tramandano un’arte che altrimenti andrebbe persa. A Massa Martana hanno imparato la tecnica della cartapesta leccese per fare i presepi. A Poggio del Papa sono scesi da Bergamo per coltivare i fiori tintori. A Santa Maria degli Angeli si tramanda l’arte millenaria del pizzo chiacchierino.

 

La società di oggi vuole tutto subito e in grandi numeri, invece l’arte artigiana è rimasta manuale e lenta e si prepara un pezzo alla volta. Sono andata a Santa Maria degli Angeli alla scoperta dei gioielli di filo, cioè di monili fatti con un pizzo lavorato a punto chiacchierino. Il pizzo è una tecnica che crea qualcosa dal nulla come quando si lavora la lana o il cotone con l’uncinetto o i ferri da maglia. Da un filo esce una magia. Il pizzo a punto chiacchierino è composto da archetti, cerchietti e pippiolini che si susseguono a formare la cosa voluta. Si usa come bordura o al centro di una tovaglia, come colletto o sulla scollatura di un vestito. L’applicazione su tovaglie, lenzuola, vestiti, tende, centrini e colletti non è più di moda. Adesso non si passano anni a preparare il corredo di nozze. Anche Burano, isola della laguna veneziana famosa per i merletti a tombolo, sta importando lavori simili dalla Cina.

La tecnica di Francesca Scalzo

D’altra parte le ricamatrici sono poche e non sono in grado di accontentare i milioni di turisti che invadono l’isola tutto l’anno. Il tombolo è un lavoro lento, preciso e di conseguenza molto caro, i turisti invece vanno di corsa e vogliono spendere poco. Il merletto a punto chiacchierino è difficile e richiede una grande destrezza. Non si fa con l’ago ma con l’aiuto di una spoletta e del filo di cotone ritorto. Il pollice e l’indice di una mano reggono la spoletta, mentre il filo passa tra le dita dell’altra mano. La spoletta passa veloce tra i fili facendo dei nodi piccolissimi che non si snodano più. Ogni errore è immodificabile e comporta la perdita totale del lavoro.

Lungo il filo, a volte, vengono aggiunte delle perle di ogni tipo che si fanno scorrere fino al punto voluto per decorare e rendere più prezioso il lavoro. Francesca Scalzo ha imparato questa tecnica da bambina, frequentando le suore salesiane di Bianchi nell’alta Sila cosentina e l’ha esportata in Umbria. Mi diceva che per fare questo lavoro ci vuole una grande manualità che lei ha sempre avuto ma presa dall’insegnamento e dalla cura delle figlie e della casa le rimaneva poco spazio per i pizzi. Allora ha pensato di fare delle cose piccole come bracciali, orecchini, collane semplici o abbellite da pietre dure. Francesca vende le sue creazioni ai mercatini e soprattutto ai mercatini antiquari. Ha scelto le atmosfere antiche perché il punto chiacchierino ha una storia millenaria. Pare che ne siano state trovate tracce tre le pitture dell’antico Egitto.

Poi c’è stato un sonno lungo secoli ed è rispuntato fuori nei secoli del barocco e del rococò. Le grandi dame sono state ritratte con in mano la spoletta e il filo e i loro vestiti mostrano una scollatura ornata proprio dal pizzo chiacchierino. Le nobili dame passavano il tempo nei salotti tra filo, spoletta e chiacchiere, da cui il nome. Naturalmente la dama non poteva usare una spoletta qualsiasi, ma solo un gioiello che poteva essere d’oro o argento e ornato con pietre preziose. La spoletta che usa la signora Francesca è modestamente d’alluminio.

 


Facebook: gioilellidifilo

gioiellidifilo@tiscali.it

Un’idea poi uno schizzo: ecco come nascono i vestiti. Poi lo schizzo viene razionalizzato, sviluppato e ingrandito sino a prendere vita sotto forma di cartamodello.

Il cartamodello è la base per scegliere il tessuto più idoneo a valorizzare quello che era solo un abbozzo su carta. Come vuole la prassi, pronto il cartamodello, si può procedere a tagliare la stoffa e a cucire il vestito; la prassi però non è un dogma anche se non sembra essere così facile da ribaltare.

Se a creare vestiti, invece di un sarto, mettiamo un’artista architetto e per di più donna, le cose cambiano e la prassi va in malora. Parte integrante della mentalità dell’architetta è la geometria, ed è proprio la geometria che lei applica anche per realizzare vestiti. Emanuela Romiti è un’architetta che progetta costumi d’epoca partendo da due diversi punti che convergono, ovviamente, nel vestito elaborato e pronto da indossare. I due punti sono il tessuto e la storia rivisitata. Chi viene prima? Dipende. Lei, Emanuela Romiti, è una ricercatrice impulsiva e un’accumulatrice seriale di tessuti e oggetti d’abbigliamento che acquista e accantona dicendo: si vedrà. Finora l’accumulo ha trovato sempre un utilizzo. Come Sherlock Holmes guarda il tessuto e cerca l’indizio giusto che le farà scattare l’idea.
L’indizio può nascondersi dentro il tessuto. Se, ad esempio, il tessuto ha un ricamo a disegno sinuoso, sarà la geometria che si impadronirà del disegno per valorizzarlo.
Ho visto un abito molto bello, morbido e ricco fatto con rettangoli di stoffa: un rettangolo più un rettangolo, più un rettangolo hanno creato una meraviglia che però non ha niente di rettangolare. Magico. Alla fine ha prevalso la fantasia sulla geometria, ma è stata la geometria a guidarla.
Il cartamodello che per tutti i sarti è la base indispensabile per tagliare la stoffa lei non lo usa. All’architetta bastano tessuto, manichino e forbici.

 

 

Altro suo punto di forza è la lettura della storia. Emanuela Romiti crea costumi in base a quello che il personaggio le ispira, senza badare a quello che la storia con la S maiuscola imporrebbe sia nel tessuto sia nel colore.
Eppure, alla fine, quando l’abito è cucito ed è in mostra sul manichino non ci sono dubbi che sia il vestito di quel personaggio e di quell’epoca. I suoi costumi fanno concorrenza agli atelier specializzati in costumi teatrali. Ad agosto 2020 i suoi costumi furono esposti nelle sale del teatro comunale di Todi portando i visitatori ad attraversare i secoli con la fantasia e con le mani.

Alcune creazioni si potevano pure toccare; si partiva da Desdemona per arrivare a Josefine Baker. Immagine e fantasia sono il connubio magico di quei vestiti che invogliano a indossarli. La professoressa che per anni ha insegnato Scienza della moda e progettazione stilistica ha un bagaglio di conoscenze multiplo. Per lei guardare un vestito vuol dire entrare nell’epoca da un punto di vista stilistico, economico per la conoscenza del tessuto e tecnico perché, per deformazione professionale, guarda il tessuto in divenire, esattamente come guarderebbe un terreno che diventerà un palazzo.

Emanuela Romiti, artista dalle molte sfaccettature, non ha un atelier ma un vero e proprio laboratorio nella campagna di Todi. Le colline che vede dalle finestre del laboratorio l’hanno invogliata a riportare su carta l’emozione che le ispirano quei panorami e creare delle acqueforti.

La prossima estate, Covid permettendo, ABC eventi aprirà uno spazio espositivo nel centro di Todi, dove saranno in mostra per essere ammirati vestiti e costumi o forse saranno solo vestiti da sposa di ogni epoca. Vestiti d’artista. Forse si potranno pure provare e magari anche acquistare. Si vedrà.

A ottobre puntuale nel suggestivo borgo di Montone, torna la Festa del Bosco, quattro giornate per celebrare l’autunno con i suoi caratteristici profumi e sapori.

La festa, il nome lo preannuncia, è un vero e proprio elogio alla natura: il borgo si trasforma in un mercato a cielo aperto che promuove i prodotti del bosco e del sottobosco, oltre agli altri prodotti tipici di questo territorio, dai funghi ai tartufi, dal miele alle confetture. Non mancheranno gli stand dedicati agli oggetti di artigianato artistico della lavorazione del ferro, del legno, della ceramica, della canapa e lana. 
Il tutto arricchito da un nutrito programma di eventi: concerti, esposizioni artistiche, laboratori e animazioni per bambini. 

 

 

Gli amanti delle passeggiate all’aria aperta, potranno approfittare di escursioni nel territorio per scoprire percorsi naturalistici suggestivi in assoluta simbiosi con la natura. 
Insomma, una festa in grado di soddisfare diverse esigenze e aspettative, un ponte ideale che ci accompagna verso i mesi più freddi dell’anno, un saluto alla Natura che si avvia verso la sua pausa invernale, in attesa dell’esplosione primaverile e della ripresa del suo ciclo infinito.

In tempi di crisi come quelli che stiamo vivendo, è fondamentale elaborare proposte in grado di rilanciare l’economia tramite l’individuazione di nuove opportunità di lavoro, specie giovanile.

Mai come in questi tempi, ci si sta muovendo verso il recupero di pratiche e attività preziose, in alcuni casi quasi dismesse, se non fosse per vecchi artigiani che continuano a perpetrare mestieri basati su manualità, ingegno e creatività. Oggi si riscopre il valore di questi mestieri che rappresentano un autentico patrimonio da sfruttare e reinventare, coadiuvandolo con le opportunità messe a disposizione dalle nuove tecnologie.
Non sfugge come l’artigianato – che già rappresenta in Europa uno dei più importanti settori economici e che impiega il 66% della forza lavoro – possa anche costituire, sempre meglio e sempre di più, una risorsa per la valorizzazione turistica di un territorio.

 

Il progetto

Per questo l’associazione Botteghe Artigiane del Centro Storico – Articity, nell’ambito della sua mission di preservare e sviluppare le attività artigianali artistiche, ha partecipato al progetto Erasmus+New Technologies for Handicraft – insieme a un altro partner perugino, Infolog e ai partner europei Inneo della Polonia, Svefi della Svezia e Epralima.del Portogallo, per la creazione di una piattaforma e-learning Moodle, in grado di offrire corsi gratuiti sia sulla pratica artigianale che sulla gestione d’impresa.
Il Progetto nasce proprio dalla consapevolezza delle enormi potenzialità del settore H&Ha (Handicraft e Art handicraft) che, oltre a possedere uno specifico valore culturale e sociale, rappresenta un’importante opportunità occupazionale grazie anche agli sviluppi tecnologici e alle “contaminazioni” che lo stanno interessando: aumento della connessione con il design, nuovi strumenti di promozione e vendita (digital marketing, e-commerce…), stampa 3D, ecc…

Percorsi formativi

La piattaforma e-learning offre percorsi per la formazione professionale (VET) nel settore H&Ha, in grado di proporre una varietà di opportunità per i discenti: miglior posizione nel mercato del lavoro, creazione di nuovi business, successi personali e autostima.

 

I corsi prevedono tre moduli principali:

  • design per l’artigianato
  • uso di ICT per la promozione e vendita nel web per H&Ha
  • nuove tecnologie per H&Ha (specie stampa 3D)

 

Le lezioni sono integrate con elementi multimediali e video che illustrano le tecniche che artigiani esperti hanno deciso di condividere con le nuove generazioni. I prossimi 18 e 19 ottobre presso all’Auditorium Santa Cecilia a Perugia, verrà organizzato l’evento conclusivo del progetto – Artigianato, come cambia il racconto – in cui sarà presentata ufficialmente la piattaforma, alla presenza di tutti i partners europei.

 


Per informazioni: Articity, telefono: 3935145793.