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ยซSono convinto che difendere il proprio patrimonio identitario sia un fatto essenziale e utile, in senso assoluto. Piรน caratteri specifici possiedi e piรน sei disposto ad aprirti al mondo esterno. Puรฒ sembrare paradossale, ma รจ cosรฌ: รจ una questione di sicurezza nei confronti degli altri, individui o popoli che sianoยป. (Riccardo Francovich)

Il mercato e il circuito dei mestieri di Bevagna hanno vinto il Premio Francovich, ottenendo il 35,86% dei voti. La consegna del riconoscimento รจ in programma a tourismA 2023 (Salone dell’archeologia e del turismo culturale), sabato 25 marzo, alle ore 12, nell’auditorium del Palacongressi di Firenze. Anche nel 2020 Bevagna e il Mercato delle Gaite, insieme al Museo Regionale della Ceramica di Deruta (lโ€™Umbria unica regione in gara con due candidati) sono stati in corsa per aggiudicarsi il premio.

Un premio prestigioso che si aggiunge agli altri ricevuti negli anni precedenti. Grazie a chi ha votato, ma soprattutto grazie, a chi tanti anni fa ha creduto nel progetto, ha ricostruito con passione e amore mercato e mestieri; a chi con tenacia ha creduto nel circuito dei mestieri e ha continuato a farli rivivere negli anni; a chi ha fatto sรฌย  – senza dimenticare chi non รจ piรน tra noi – che la festa diventasse, in tempi brevissimi, la rievocazione storica medievale piรน bella e piรน filologicamente corretta nel vasto panorama di rievocazioni storiche umbre e italiane. Da ricordare che il prof. Riccardo Francovich รจ stato giudice della Gara Mestieri, durante il Mercato delle Gaite, negli anni 1997 e 2004 e che le botteghe del setificio, del dipintore, della cartiera e della cereria sono visitate da circa 40.000 turisti nel corso di dodici mesi.

 

Mercato delle Gaite, foto by Facebook

Il Premio

Riccardo Francovich รจ stato archeologo e medievista italiano. Ha insegnato Archeologia Medievale presso lโ€™Universitร  di Siena e ha diretto il Dipartimento di archeologia e storia delle arti della medesima universitร . Nel 1974 fondรฒ la rivista Archeologia Medievale, diventandone direttore responsabile. Autore di una bibliografia che comprende oltre 150 titoli, si occupรฒ di importanti scavi in Toscana e in altre regioni italiane. Morรฌ improvvisamente nel 2007 per un tragico incidente che non ebbe testimoni. Solo pochi giorni dopo la sua morte venne intitolata alla sua memoria la Scuola di Dottorato di Ricerca in Storia e Archeologia del Medioevo, Istituzioni e Archivi dellโ€™Universitร  degli studi di Siena. A lui รจ stata dedicata la Sala Polivalente del Cassero presso la Fortezza Medicea di Poggio Imperiale, a Poggibonsi. Nel 1994 fondรฒ, insieme a personalitร  di primo piano dellโ€™archeologia medievale, la SAMI (Societร  degli Archeologi Medievisti Italiani).ย  La societร , composta attualmente da quasi 800 soci, รจ una societร  priva di scopi di lucro, che si prefigge la finalitร  di costituire un punto di incontro e di confronto tra gli archeologi medievisti italiani e di promuovere tutte le iniziative volte allโ€™indagine e alla valorizzazione del patrimonio archeologico di etร  medievale sul territorio nazionale. Per commemorare la sua profusione e passione nella diffusione del sapere archeologico e storico in ambito medievale e il suo fondamentale contributo presso il SAMI, la Societร  ha istituito, a partire dal 2013, un premio intitolato alla memoria del professor Riccardo Francovich, conferito al museo o parco archeologico italiano che, a giudizio dei propri soci e dei cittadini partecipanti alla votazione, rappresenta la migliore sintesi fra rigore dei contenuti scientifici ed efficacia nella comunicazione degli stessi verso il pubblico dei non specialisti. Ogni anno la giuria, che si occupa di selezionare i musei siti che concorrono, ha assegnato un premio per la divulgazione e (in alcuni casi) un premio speciale. Nelle prime due edizioni (2013-2014) la votazione รจ stata riservata ai soli soci SAMI; dal 2015 la votazione รจ stata estesa (con conteggio separato) al pubblico. Il premio, dando la possibilitร  di conferire attraverso una votazione aperta a ogni persona una preferenza alle candidature in lizza partecipanti alla gara che riguardano luoghi di interesse storico artistico distribuiti sul territorio italiano, รจ unโ€™opportunitร  unica per permettere alla gente lโ€™esperienza unica di sentirsi parte di unโ€™unica comunitร  che rinsalda le proprie tradizioni e radici come parte attiva alla tutela dellโ€™inestimabile patrimonio che una nazione come la nostra non dovrebbe mai scordarsi di avere.

 

Mercato delle Gaite

 

Per lโ€™anno 2022 sono stati sei i musei-siti individuati dalla commissione per la X edizione Premio Parco e Museo Riccardo Franchovich. La Commissione Giudicatrice, presieduta da Paul Arthur (presidente SAMI, professore di Archeologia medievale, universitร  del Salento) รจ composta da Angela Borzacconi (direttore museo Archeologico nazionale, Cividale), Giovanni Floris (giornalista e conduttore televisivo), Luigi La Rocca (direttore generale Archeologia Belle arti e Paesaggio, MIC), Gabriella Piccinni (professore di Storia medievale, universitร  di Siena), Pietro Pruneti (direttore di Archeologia Viva), Marco Valenti (professore di Archeologia medievale, universitร  di Siena) e ha selezionato i seguenti sei musei-siti: Bevagna: il mercato e il circuito dei mestieri; Brescia: Museo di Santa Giulia; Fasano: Parco Rupestre Lama dโ€™Antico; Firenze: Museo dellโ€™Opera del Duomo; Milano: Chiesa inferiore di San Sepolcro; Positano: Museo Archeologico Romano Santa Maria Assunta.

Le arti e i mestieri al Trasimeno, con i loro saperi, si compenetrano, da tempo immemore, nelle varie attivitร  che dimorano intorno all’antico lago Tarsminass, lo specchio d’acqua cosรฌ chiamato dagli Etruschi.

La pesca, con i suoi antichi metodi e gli atti millenari dei suoi pescatori, ha rappresentato e rappresenta un volano per molte altre attivitร  artigiane, agricole e commerciali. Immaginiamo chi costruiva le barche, chi ne faceva la ferramenta, chi le corde, chi gli accessori, chi le reti da pesca, chi pescava, chi trasformava il pesce e, ancora, chi merlettava o ricamava, chi faceva i cesti, chi lavorava le cannine e chi…

Antiche arti

Un mondo di mani capaci ed esperte che dava forma, vita e attribuzione, con le loro specialitร  o specializzazioni, a ciascun manufatto richiesto o necessario. Il cordaio, il maestro d’ascia, il cestaio o intrecciatore, lo stuoiaio, il cantastorie, il bottaio, il boscaiolo, lo scalpellino, l’arrotino, lo stagnino o calderaio, il materassaio, il fabbro, il falegname, il carradore, il casaro, il frantoiano, il seggiolaio, il mugnaio, il carbonaio, il sellaio, il vasaio o cocciaio, il sensale, la sfilettatrice, lo scrivano, la lavandaia, il pastore, l’orologiaio, il calzolaio, il sarto, la tessitrice, l’arellaia, il banditore, lo stracciaio, il castrino, il ceraiolo, il tintore, il maniscalco, lo scopettaio, il legatore, il conciapelli, il contadino, il ghiacciaiolo, il norcino, il chiodaio, il minatore, il selcino, il pettinaio e il decoratore, …
Molte di queste attivitร  artigianali sono scomparse o sono in via di estinzione; alcune si sono confermate per passione e non certo per redditivitร , talune si sono trasformate e altre sopravvivono a fatica e solo con personale dedizione, amore e sacrificio.

 

Foto di Cooperativa dei Pescatori del Trasimeno

 

Come per i pescatori del Trasimeno, che sono ancora oggi i detentori del sapere della cattura del pesce, con metodi e strumenti rimasti ancora ancestrali, come il giacchio, il tufo e il martavello; le loro gesta sono tramandate oralmente e nella pratica dalle generazioni che perdono le proprie origini pescatorie nelle notti lontane.
Allo stesso modo il ricamo e il merletto delle donne, nell’utilizzazione della tecnica del Filet Modano di San Feliciano o dell’Ars Panicalensis di Panicale o del Pizzo d’Irlanda dell’Isola Maggiore o del Punto Umbro del Pischiello, hanno rappresentato la realizzazione di mirabili elaborati artistico-artigiani attraverso le trame e i filati avvolti nelle loro matassine, a integrazione economica familiare o nell’affrancata similitudine della lavorazione delle reti che gli uomini del lago usavano per la pesca.
Siamo di fronte a delle eccellenze umbre apprezzate a molte latitudini del globo, con delle tipiche unicitร  lacustri, tramandate gelosamente da molte generazioni, fino ad arrivare ai giorni nostri, dove sono residuali le poche testimonianze che portano avanti antichi e differenti saperi.

Il Barchetto del Trasimeno

Poco tempo fa รจ stata completamente riprodotta una vecchia imbarcazione lacustre, andata distrutta in un incendio, chiamata Il Barchetto del Trasimeno.ย Una volta terminata, รจ stata esposta agli occhi affascinati dei visitatori nel piazzale antistante il Museo della Pesca e del lago Trasimeno a San Feliciano di Magione.
Talvolta la barca si puรฒ ammirare in acqua, per le occasioni e ricorrenze importanti, dove la copia gemella dell’antico legno รจ attesa da protagonista. Alla sua ricostruzione ha partecipato un’intera comunitร  lacustre, in un afflato comune, dove le sinergie tra pubblico e privato hanno fatto sรฌ che un’imbarcazione navigante sia stata riprodotta fedelmente sia nell’essenze lignee sia nelle forme, nelle dimensioni come negli antichi metodi costruttivi. Un vero capolavoro artigiano!

 

Barchetto del Trasimeno

 

Nell’occasione, gli artigiani hanno dato sfoggio ad antichi e ritrovati saperi, con la perizia e i suggerimenti di esperti e titolati artieri e storici che hanno donato un particolare, anche minimo, per la riproduzione fedele del Barchetto del Trasimeno.
La tipologia del modello Barchetto ha origine lontane, prima dell’anno mille, e veniva detto del Gorro: era usato per la pesca a strascico che si praticava sul lago piรน antico d’Italia. Nel secolo scorso, tale pesca รจ stata definitivamente vietata.
Il Barchetto del Trasimeno, nella sua omologazione, era stato costruito, nelle forme e dimensioni, come quello del Gorro, successivamente integrato da una cabina passeggeri e da un motore per divenire un piccolo traghetto privato che ha navigato sul Trasimeno fino a qualche decennio fa. Infatti con l’avvento di nuovi materiali, tecnologie e imbarcazioni di moderna concezione, il Barchetto fu accantonato e posizionato in bella mostra ma, purtroppo, dimenticato e disusato. Un recente incendio ha decretato la fine dell’imbarcazione originale ma ha dato l’abbrivio a un vento ispiratore che ha portato al suo rifacimento in un’identica e bella copia e, come l’araba fenice, รจ rinato a nuova vita. Alcuni fantastici e volenterosi artigiani, supportati dalla societร  civile locale, con passione, dedizione, collaborazione e pazienza, hanno fatto sรฌ che tutto ciรฒ accadesse e soprattutto che la manuale creativitร  artigiana trionfasse su quella seriale dei macchinari industriali.
Anche San Francesco si fermรฒ al Trasimeno e con un tipico barchino lacustre dei pescatori, certamente realizzato da un artigiano, fu trasportato sull’Isola Maggiore. Nell’occasione prendiamo in prestito una frase di Francesco, il Santo Patrono d’Italia, sintonica e celebrativa sul tema: Un uomo che lavora con le sue mani รจ un operaio; un uomo che lavora con le sue mani e il suo cervello รจ un artigiano; ma un uomo che lavora con le sue mani, il suo cervello e il suo cuore รจ un artista.

L’itinerario tra i sapori e gli aromi della Valnerina prosegue con altri prodotti di questa terra.

Dopo aver assaporato le lenticchie, il miele e la trota del Nera, il viaggio prosegue con altre prelibatezze nostrane.

Roveja

Questa รจย la storia di alcuni piccoli semi colorati, di due donne tenaci e di un barattolo di vetro. Umbria, Civita di Cascia 1998: Silvana e Geltrude, mentre riordinano la cantina della casa ricostruita dopo il terremoto del ’79, trovano un polveroso barattolo di vetro pieno di semi colorati. Sono rossi, verdi, marroni e neri, insieme a un foglietto sbiadito dal tempo con scritto a matita un nome misterioso: roveja. Trattasi di un legume che sboccia sulle alture dellโ€™Appennino Centrale, tra i proverbi degli alberi e i misteri della montagna, per unirsi senza indugio al bouquet delle eccellenze gastronomiche umbre. Ed รจ proprio lo spirito selvaggio a rendere ancora piรน accattivante la roveja, piccolo ed eroico legume divenuto Presidio Slow Food e sopravvissuto grazie a Silvana e Geltrude allo scorrere del tempo. Cosรฌ nel 2006 la roveja, antico pisello selvatico, considerato quasi erba infestante, torna a fiorire in Valnerina. O forse non aveva mai smesso.

Le norcinerie della Valnerina, foto by Officine Creative Italiane

Norcinerie

Cโ€™รจ un mestiere, nel cuore della Valnerina, che custodisce tra le epigrafi della sapienza umbra lโ€™identitร  di un territorio dal sapore speziato, un atlante le cui pagine invecchiano sotto archi e volte di pietra scavate dal vento, tra gli echi cinerei della tradizione e della memoria: il Norcino, poeta di unโ€™Umbria arcaica celebrata nei templi sacri dei sapori italici, tra orchestre di incensi dagli aromi primordiali. Un sentimento, quello tra uomo e suino, che da elemento antropologico diventa orizzonte culturale e identitario di una cosmologia di artigiani e scultori che conserva nella ritualitร  di antichi costumi il ricordo una civiltร  rurale germogliata tra i sussurri del Tempo. Lโ€™uccisione del maiale,ย cerimoniale arcaico sbocciato le ceneri del Paganesimo, segna nel lunario contadino lโ€™acme della ritualitร  agraria consegnando allโ€™eternitร  della memoria popolare ย pagine acri di una drammaturgia proiettata sugli orizzonti di una civiltร  rurale che evoca, nello svolgimento della macellazione, fantasmi e torri di fumo appartenuti alla mitologia greca e riconducibili al culto dellโ€™ancella Maia, divinitร  consacrata allโ€™agricoltura sui cui altari scorreva il sangue dei maiali immolati in suo onore. Perpetuata con sacralitร  e mistica devozione la lavorazione del maiale, trionfo di sapori e di antichi sentimenti, in Umbria diventa anfiteatro di unโ€™impenetrabile tradizione magico-superstiziosa che individuava in alcune caratteristiche delle interiora della bestia visioni profetiche e rivelatrici.

Zafferano, foto by Officine Creative Italiane

Lo Zafferano

Lโ€™arcano mistero che avvolge lโ€™etimologia della parola Crocus Sativus,ย denominazione scientifica con cui viene comunemente indicato lo Zafferano, si perde nella leggenda del fanciullo Crocco che, avvolto nellโ€™aurea letteraria delle Metamorfosi di Ovidio, si innamorรฒ mortalmente della ninfa Smilace,ย per poi essere tramutato in un biondo fiore diย  zafferano. Simbolo di augurio e prosperitร  coniugale ancora oggi, in Oriente,il Crocus Sativus viene regalato come auspicio di lunga vita in virtรน delle proprietร  terapeutiche e afrodisiacheย con cui esalta il corpo . Impiegato nel corso dei secoli per ottenere il colore giallo nella preparazione delle tonalitร  pastello destinate agli affreschi e per tingere vesti e tessuti, allo Zafferanoย vengono attribuite nobili proprietร  cosmetiche e officinali. La coltivazione dello Zafferano, espressione identitaria della storia e dei costumi umbri, attinge alle esperienze di un passato importante inteso come patrimonio prezioso dal quale trarre ispirazione. Un lavoro in cui lโ€™elemento umano รจ esclusivo: dalla preparazione delย  terreno,alla scelta dei bulbiย passando per il momento della sfioratura fino al confezionamento del prodotto finaleย a fare da cornice a questo arcaico cerimoniale liturgico spetta a montagne dai sapori forti, anfiteatri di roccia e calcare che potenti si stagliano allโ€™orizzonte.


La prima parte