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Boschi: “All’Umbria servono contaminazioni”

di Agnese Priorelli

«Appena arrivo a Citerna mi chiedo che cosa ci sono venuto a fare. Poi, dopo un paio di giorni, riprendo il ritmo umano di questi luoghi e non me ne vorrei più andare.» 

Giornalista, autore televisivo e radiofonico per Rai e La7, responsabile editoriale per Stream e dirigente cinema per Tele+, il tutto guidato da un’unica passione: il cinema. Alessandro Boschi, nato a Città di Castello, torna spesso in questi luoghi per ritrovare la dimensione umana che questa terra regala.

 

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Alessandro Boschi

Qual è il suo legame con l’Umbria, considerando che vive fuori da diverso tempo? 

Sicuramente è un legame anagrafico, essendo nato a Città di Castello e cresciuto a Citerna. In Umbria ho la mia famiglia e ho i ricordi legati alla mia infanzia. Ci torno spesso, soprattutto per ritrovare una dimensione più umana. A Roma o a Milano si perdono questi ritmi, tutto è più frenetico, ma il mio lavoro mi ha portato, per forza di cose, a lasciare l’Umbria.

Lei si occupa di cinema, crede che l’Umbria sia ben sfruttata in quest’ambito? 

Non è mal sfruttata, ma all’Umbria servirebbe una mappatura di tutte le attività legate al cinema perché, pur essendo piccola ne ha diverse e molto interessanti: penso ai festival di cinema, come ad esempio il Cdcinema di Città di Castello, di cui sono direttore artistico, o l’Umbria Film Festival di Montone. Servirebbero delle strutture che organizzino e mettano in contatto tra loro tutte le piccole realtà legate a questo mondo. Infine, la Film Commission dovrebbe essere ristrutturata e avere un peso maggiore, come avviene in altre regioni.

Da autore di programmi tivù e radiofonici, se l’Umbria fosse un suo programma come la valorizzerebbe?   

L’Umbria, la sua vocazione, penso a quella religiosa, l’ha individuata e la sfrutta bene. Servirebbero però delle contaminazioni esterne. Mi spiego meglio: mantenere le nostre tradizioni, ma farle guidare da una mente che viene da fuori, per togliere quel provincialismo che c’è e che non permette quel vero salto di qualità che all’Umbria servirebbe. La regione deve aprirsi di più e accettare le contaminazioni esterne, queste la possono solo che far crescere e migliorare.        

Lo stereotipo dell’essere chiusi lo ha mai avvertito, glielo hanno fatto mai notare? 

Certo che esiste, però devo dire che, a me non me lo hanno fatto mai notare. Perugia poi è ancora più chiusa: quando facevo l’università – sono stato qui per poco tempo – ho fatto pochissime amicizie con i perugini. L’Umbria, purtroppo, non ha aperture mentali, è una realtà troppo anacronistica. Serve una legittimazione sociale e occorre al più presto aprire gli occhi e integrarsi al meglio.

Tre parole per descrivere l’Umbria… 

Appetitosa, tranquilla e introversa.  

La prima cosa che le viene in mente pensando a questa regione… 

Penso alla cartina geografica. Al fatto che l’Umbria è l’unica regione italiana che non ha sbocchi né sul mare né su altri Paesi, è chiusa e circondata da altre regioni. Forse la sua chiusura può derivare anche da questo.    

 

 

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Agnese Priorelli

Laureata in Scienze della Comunicazione, è giornalista pubblicista dal 2008. Ha lavorato come collaboratrice e redattrice in quotidiani e settimanali. Ora collabora con un giornale online e con un free press. È appassionata di cinema e sport.